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Sintesi della discussione (i numeri fra parentesi quadra fanno riferimento alla cartina allegata):

Nel III secolo, in alcune città legate a Roma del Latium Adiectum e della Campania, apparve una nuova serie monetale, composta di nominali simili (per tipologia, stile, simboli e segni) fra loro e a quelli di Roma e Neapolis, insieme a cui furono tesaurizzati. Si ritiene che sia stata il frutto di un trattato di alleanza con Roma, che consentiva ai socii di battere moneta a nome proprio (Garrucci, Head).

La datazione viene fissata tenedo conto alcuni punti fermi. Il termine ante quem è posto dal ripostiglio di Pietrabbondante, del 260. Inoltre, bronzi di Neapolis della III fase (270-250) e bronzi romani sono stati riconiati su bronzi con toro di Cales, Suessa e Teanum, mentre un esemplare con gallo di Aquinum (al British Museum) è riconiato su un bronzo di Neapolis della terza fase. Infine, l'emissione Cr. 17/1 ( http://www.lamoneta.it/topic/99897-bronzo-con-romano-minervaprotome-equina/ ) sembra collegata tipologicamente a quella di Cosa ( http://www.lamoneta.it/topic/101437-bronzi-con-cozano-e-divinitprotome-equina/ ), posteriore al 273, mentre i bronzi di Neapolis vanno considerati in un'evoluzione monetaria che conosce una svalutazione della didracma da 7,2 a 6,6, g., verosimilmente per esigenze belliche.

Rutter ipotizza che le coniazioni coloniali latino-campane siano cominciate nel 268 e finite verso il 240.

Russo ha invece evidenziato che la svalutazione della didracma dovrebbe porsi dopo lo scoppia della Prima Guerra Punica (264), con la conseguenza di far risalire l'emissione latino-campana all'assoggettamento della Magna Grecia, susseguente alla vittoria su Pirro (275) e alla conquista di Tarentum (272), quando Roma, non potendo permettere alle città sconfitte di continuare a coniare a proprio nome, dovette sopperire alle loro emissioni. L'Urbe avrebbe adottato una soluzione pragmatica: dare spazio alle monete napoletane (già ben accette) e nel contempo avviare nuove emissioni basate sulla stessa metrologia, a nome sia dei Romani (Cr. 15/1, se non è anteriore al 275, e la serie argento/doppia unità enea/unità/mezza unità costituita dalla sequenza Cr. 20/1, 23/1, 16/1 e 17/1) che delle popolazioni non compromessesi con Pirro (Aquinum, Arpi, Beneventum, Cales, Compulteria, Cora, Cosa, Nuceria, Suessa, Teanum, Tiati). Alcune di queste monete furono anch'esse coniate a Neapoli, comprese quelle a nome dei Romani; la doppia unità in particolare, Cr. 23/1, potrebbe essere stata coniata in numero limitato non avendo diretta corrispondenza nella monetazione neapoletana. Lo scoppio della Guerra Punica (264) causò in breve tempo la cessazione della produzione delle monete neapoletane e campano-tarentine e soprattutto la svalutazione del didracma; per emettere le nuove monete argentee riaprirono Tarentum (ora alleata di Roma) e altre zecche magnogreche e - forse per la prima volta - la stessa Roma iniziò a produrre gli argenti (Cr. 25/1).

In alternativa, visto che il deposito di Minervino Murge, datato al 280, attesta l'esistenza della monetazione in argento di Arpi (che quindi dovrebbe risalire agli inizi del III secolo o addirittura alla fine del IV), si può supporre che la svalutazione della didracma da 7,2 a 6,6 g sia imputabile alle esigenze belliche del periodo delle guerre contro Pirro, con l'effetto di alzare di un decennio tanto la moneteaiozne romano-campana quanto quella coloniale.

Le zecche interessate da queste produzioni sono:

- Aesernia [2], città sannita dove nel 263 fu dedotta una colonia iuris Latini;

- Aquinum, città Volsca in Lazio, conquistata da Roma in epoca imprecisata;

- Caiatia [8], città osco-sannita espugnata dal console Giunio Bubulco durante la Seconda Guerra Sannitica (326-304);

- Cales [7], prima colonia iuris Latini in Campania ;

- Compulteria [6], centro sannitico distrutto dal Conctator durante la Seconda Guerra Punica, poi ricostruito come municipium;

- Cora, centro dei Prisci Latini e della Lega Latina, di cui residuano scarse notizie; era colonia latina nel 503, ribellatasi a Roma le si federò nuovamente dopo la fine della Guerra Latina (338);

Larinum ;

- Nola [10], fondata dagli Ausoni nell'VIII secolo o dagli Etruschi nel VII e conquistata da Roma nel 312;

- Suessa Aurunca [5], città degli Aurunci annessa da Roma nel 313, con la sconfitta della Pentapoli aurunca; costituita in colonia iuris Latini, battè moneta dal 268 circa sino alla Seconda Guerra Punica;

- Teanum Sidicinum [4], capitale della popolazione osca dei Sidicini, alleatisi nel 340 con i Latini contro Roma, fu conquistata forse nel 334;

- Telesia [1] (ma l'attribuzione delle relative monete è incerta), città di origine sannitica assoggetata da Roma, di cui si sa solo che fu occupata da Annibale dal 217 al 214 e liberata dal Cunctator;

- Venafrum [3] (ma anche l'attribuzione di queste monete è incerta), antico centro sannita assoggettato da Roma (che ne fece una praefectura di seconda classe) nel 290.

La serie era composta da:

- una didracma (detta anche nomos) di piede focese-campano (g 7,2 circa), con tipi differenti differenti a seconda della città;

- un bronzo recante Apollo/toro androprosopo (ispirato ai bronzi di Neapolis);

- un bronzo con Minerva/gallo sovrastato da stella, con peso medio di 6,33 g a Cales e 6 a Teanum e due diverse fasce ponderali a Suessa, da 6,9 a 6 g la prima, da 5 a 4 g la seconda;

- altri tipi di bronzi (ad Aesernia, Suessa e Teanum).

Non tutte le zecche coniarono tutti i nominali; inoltre, a Cales era presente anche la dracma.

Appare evidente che la sovrapposizione dei due tipi di bronzi non avrebbe supponendo un'unica zecca. I bronzi con il toro erano di competenza di Neapolis, fedele alleata di Roma, i coevi bronzi col gallo (destinati a circolare verso la Campania) e con la protome equina (le monete di Cosa, verso lEtruria) erano emissioni di coloni latini e quindi con diversa autonomia e comunque sempre in senso filo-romano

Gnecchi osserva che il gallo è simbolo di solerzia, vigilanza, industria e di combattività, sacro ad Apollo, a Mercurio, a Luni e a Marte. Comparette propone che il gallo simbolizzi la vigilanza costante (anche notturna, da cui la stella) che gli alleati di Roma si impegnarono a mantenere.

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Modificato da L. Licinio Lucullo

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