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IGNORED

I nominali etruschi


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Inviato

Salve a tutti,

Non mi ero mai occupato di numismatica antica, adesso mi é venuta la voglia di allargarmi e andare oltre il limite dei regni longobardi che fino ad oggi mi ero posto... Mi sono buttato... Come unica infarinatura avevo le nozioni del manuale di numismatica Gnecchi-Ambrosoli che ho letto qualche tempo fa... Adesso ho preso il libro sulle etrusche di Catalli "monete etrusche" che é un bel libricino e mi ha tolto diversi interrogativi, soprattutto sulla nascita della moneta e le tecniche di fabbricazione che giá avevo letto sul Finetti (numismatica e tecnologia) che, comunque, é un'opera generica e le trattava meno approfonditamente.

Altra infarinatura sulla materia mi é arrivata da una vacanza in un centro archeologico che feci con gli amici qualche anno fa e in cui ci mostrarono i processi di produzione sperimentalmente con un forno, la coppella, le formine ecc.ecc. (Purtroppo l'attenzione era rivolta a ben altro in quel periodo :) )

Per farla breve, adesso ho una grande confusione in testa sui nominali, i piedi ed i pesi delle monete.

Il Catalli parla di diversi piedi, tra cui uno piú antico ed uno piú nuovo... Ma non ho alcun riferimento e mi sarebbe di grande aiuto una buon'anima che volesse spiegarmi in parole semplici come funzionano i pesi in questo periodo e se ci sono dei nominali di riferimento...

Grazie a chi vorrá aiutarmi in questa parte della numismatica per me nuova.

Ciao, Magdi

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Inviato

Caro Magdi, la tua é una domandona... Credo ci siano alcune vecchie discussioni su alcuni aspetti di questo tema. Che comunque é un tema piuttosto complesso : non c'é solo il fattore cronologico, ma anche quello geografico (che forse sarebbe meglio definire culturale, o economico, o economico-culturale) da prendere in considerazione. E le differenze, a livello delle analisi dei dati e delle conclusioni, offrono ancora un ventaglio di abbastanza amplio. Non esiste una "verità" assodata su questo tema. Il Catalli offre, a mio avviso, una buona sintesi, al di là della quale tocca immergersi in un mare di bibliografia, quasi sempre contraddittoria, tentando di acquisire i dati e trarre conclusioni utilizzando la propria testa. Non esiste nulla che possa essere preso, in generale, come "oro colato". Detto questo, qual'é il periodo che ti interessa, e quale zona? Parlare genericamente di Etruschi é, ahimé,un po' troppo... generico.

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Inviato (modificato)

Ciao, grazie per la risposta... Credevo che ci fossero delle misure standard concordate tra le varie cittá... In questo caso mi piacerebbe partire da Volterra (Velathri) che é a due passi da casa mia e ho sott'occhio le monete quando voglio vederle ;)

Ti ringrazio ancora, ciao

Magdi

Modificato da magdi
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Inviato

Per quanto riguarda la zecca di Velathri, attiva nel III secolo, il Rutter identifica tre serie, fuse con nominali appartenenti al sistema duodecimale (dal dupondio all'oncia). Al dritto il tipo con la testa di Culsans è fisso.

Serie del valore (HN Italy 108), basata su un asse di peso teorico pari a 144 grammi.

Serie della clava (HN Italy 109), basata su un asse di peso teorico pari a 158 grammi.

Serie del delfino (HN Italy 110), basata su un asse di peso teorico pari a 132 grammi.

I link rimandano al portale del Monetiere di Firenze, ove sono caricate le schede di tutti gli esemplari presenti.

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Inviato (modificato)

Grazie Rapax per l'intervento. L'argomento é di quelli "pesanti" -in senso buono- e merita un certo impegno nell'affrontarlo compiutamente.

Per dare un'idea di quella che é la differenza tra quella che potrebbe essere percepita come un'unitarietà della civiltà etrusca e di quella che é la reale situazione in termini numismatici, riporto qui una citazione di Panvini Rosati che a mio avviso rende l'idea in maniera eccellente.

"La monetazione etrusca o, come sarebbe meglio dire, le monetazioni etrusche [...] è varia, non omogenea, presenta serie diverse sostanzialmente una dall'altra per metallo, tecnica, sistema monetario, tipologia, zecca etc.

Proprio per questi suoi caratteri divergenti non può essere considerata in blocco: la soluzione proposta per una serie non può essere valida per le altre serie. Molti gruppi di emissioni (per es. quelli con leggenda THEZI, le emissioni in oro con testa leonina, le emissioni con il polipo che fuoriesce dal vaso o quelle con il cinghiale) sono indipendenti l'una dall'altra.

Nel bronzo le emissioni incuse con il segno del valore sono del tutto anomale per tecnica, sistema monetale e tipi dalle altre serie coniate del bronzo, con le quali non hanno in comune una continuità: l'esempio più notevole per largento è quello delle serie di Populonia con il Gorgoneion, per il bronzo le serie di Vetulonia. In alcune serie si notano invece sospensioni nelle emissioni: la serie di Thezi dopo le prime emissioni con Gorgone in corsa/ruota (alcune delle quali anepigrafi) si interrompe e riappare dopo molto tempo con tipi diversi.

Altre serie hanno breve durata e dopo poche emissioni scompaiono. Così il problema cronologico si spezza in mille parti e ogni serie presenta un suo problema particolare.

A questa frammentarietà originaria della monetazione etrusca si aggiungono le note difficoltà, alle quali però non mi sembra sia dato il dovuto rilievo, costituite dalla totale assenza di fonti letterarie, che ci priva di ogni base storica di discussione, e dalla mancanza di dati di scavo circa ritrovamenti monetari, tali da poterci fornire precisi riferimenti cronologici.

A ciò si accompagna la scarsa documentazione circa i ritrovamenti in se stessi, di cui per lo più si ha notizia da vecchi autori, benemeriti per i nostri studi ma spesso imprecisi nei loro riferimenti.

Si può cosi avere un quadro delle condizioni in cui il numismatico è costretto a lavorare quando si avvicina alla monetazione etrusca."

In questo quadro é evidente che l'interpretazione dei dati possa dar luogo ad ipotesi totalmente divergenti, sia in merito alle attribuzioni, che ai sistemi ponderali, ma soprattutto a livello cronologico-culturale.

Emissioni che per alcuni sono di 5° sec., con agganci magnogreci, per altri si situano durante la seconda guerra punica e sono legate al denario romano...
La differenza non é esattamente una sfumatura.

Questa in breve la situazione.

Magari ci torniamo su.

Modificato da g.aulisio
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Inviato

Caro Magdi,

ho ricevuto anche i tuo messaggio MP sullo stesso argomento.

In effetti la metrologia etrusca nell'insieme è molto complessa e dipende dalle zecche e dai periodi, nonchè se è monetazione in argento o in bronzo, a sua volta distintra tra bronzo coniato e bronzo fuso.

Penso che non pochi chiarimenti si avranno con la prossima uscita del Corpus di Vecchi proprio sulle monete etrusche. A MIlano ho visto Rodolfo Martini, il quale mi ha assicurato che è praticamente in corso di stampa e le prime copie dovrebbero apparire a febbraio.

Oltre all'ottimo Catalli, per una visione ancora più rapida e concisa (forse anche troppo) consiglio l'opera di Rutter, Historia Numorum, che fornisce appunto una succinta panoramica sulle varie zecche antiche dell'Italia e perciò utile per chi vuole accostarsi a tale periodo.

So che sei di Volterra e quindi particolarmente interessato alla monetazione di quella città, evidentemente anche nel periodo antico.

Rapax ha già fornito una prima traccia.

Per Velathri o Volaterrae esistono alcuni studi più specifici, citati a pagina 30 del Rutter.

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Un buon catalogo è quello del Catalli apparso nel 1971-1972 au AIIN. Su richiesta posso scansionarlo. Se ha potuto individuare le tre serie con pesi leggermente diversi, egli non approfondisce la questione del confronto metrologico (invero assai complesso). Aggiunge poco nell'aggiornamento del 1976.

Nell'insieme la media generale per le tre serie riporta a un asse di quasi 145 g, non lontano al peso teorico di 151,60 g, che già Haeberlin aveva teorizzato essere pari a 1/5 della mina pesante fenicia di 750 grammi (con talento di 37900 grammi), che sembra caratteristico dell'Etruria orientale, ritrovandosi anche nelle serie fuse Ruota/Anfora, Ruota/Ancora, Ruota arcaica/Ruota arcaica, Ruota arcaica/Tre crescenti, Serie ovale umbra.

Comunque è meglio attendere l'opera generale del Vecchi per approfondire meglio.

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Inviato

Il problema é che, per citare gli autori... citati, la posizione del Vecchi (che a sua volta si rifà al lavoro di Thomsen, del Crawford, del Marchetti e dell'Hackens, e non tiene conto del rinvenimento di Prestino) é totalmente inconciliabile con quella del Catalli (Panvini Rosati, Parise, ecc.).

Questo é il grosso problema nell'approccio a questa monetazione, o in alternatva il grande stimolo: é necessario analizzare gli elementi proposti e farsi un'idea propria. Non esistono verità rivelate.

Quanto all'aes grave di Volterra, é forse tra le più "inquadrate" tra le monetazioni etrusche, e non pone particolari problemi. Ma non sappiamo se le emissioni della città si esauriscano li'.. Ci sono ancora tante emissioni argentee in cerca d'autore.

Una precisazione: il riferimento metrologico tra l'aes grave volterrano e la serie ovale é corretto, ma quest'ultima, tradizionalmente considerata di area umbra, é stata ricollocata recentemente in area etrusca anch'essa, con un'attribuzione a Volsinii.

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Inviato

Grazie a tutti delle risposte, sono appena rientrato e, poiché domattina ho scuola, non posso leggere e commentare adesso; domani leggeró tutto con calma ;) grazie ancora a tutti gli intervenuti.

Magdi

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Inviato

Aulisio ha pienamente ragione ad accennare al problema metrologico (e anche cronologico).

Conosciamo bene la posizione di Italo Vecchi, strenuo sostenitore della teoria "middle" del denario e tende a concentrare la monetazione etrusca al periodo della seconda guerra punica, come grande sforzo economico sostenuto dagli alleati etruschi verso Roma.

Se ho citato la prossima opera del Vecchi è appunto per verificare la sua posizione verso le varie e spesso mal definite emissioni etrusche. Sono curioso di sentire la sua opinione sul ritrovamento di Praeneste (e c'è un altro esemplare, ora al museo di Como) i cui contesti sembrano riportare a un'epoca ben anteriore all'ultimo quarto del III secolo a.C.

Aspetteremo la sua pubblicazione (in realtà il suo Corpus era già pronto da almeno 5 anni e se ha perso tempo era per completare appunto le numerose note che servono per supportare le proprie opinioni) e poi avremo modo di approfondire i vari aspetti ancora controversi.

Giusto il rilievo sui cosiddetti fusi ovali, tradizionalmente (da Haeberlin) considerati di area umbra. In effetti gli studi più recenti tendono a riportare pure questi a un'area più propriamente etrusca (Volsinii secondo una recente opinione di Crawford). Se li ho definiti umbri era per mantenere, a scanso di equivoci, una tradizionale attribuzione, in attesa appunto di maggiori riscontri.


Inviato

Speriamo che le idee ti si siano chiarite, Magdi, e non confuse :) .

Certo avrai capito che si tratta di un tema complesso in cui c'e ancora molto da fare. Proprio per questo é cosi' stimolante.

Rispetto al nuovo lavoro del Vecchi, attendiamo e vediamo. Personalmente devo confessare di non avere grandi aspettative: il ritrovamento di Prestino (Como) della gorgone di Populonia in strato datato al V sec. era noto al Vecchi nel momento della stesura della sua serie di articoli sulla SNR. Tant'é che in quella sede, molto correttamente, lo cita, in quanto elemento problematico. Nello stesso tempo pero' né lo contesta né ne tiene conto (e questo oggettivamente é un po bizzarro) e mantiene la datazione agli ultimi decenni del III sec. ...

Il tema della datazione del denario al 211 o poco prima (la cosiddetta datazione "middle" citata da Acraf, proposta a suo tempo da Thomsen e ora quasi universalmente accettata, con qualche sacca di resistenza in una parte degli studiosi italiani -e qui non valgono le regole democratiche: la maggioranza potrebbe aver torto :) ) nella diatriba delle emissioni etrusche argentee con segno di valore c'entra in maniera secondaria.

Cerco di spiegarmi meglio: il problema sussisterebbe in pieno anche se la datazione alta, "tradizionale", del denario fosse universalmente riconosciuta e accettata.

Il problema non é tanto la datazione del denario, quanto la relazione col denario delle emissioni etrusche con segno di valore.

I fautori della datazione bassa di queste emissioni basano la loro proposta sull'ipotesi che gli etruschi responsabili di queste emissioni abbiano mutuato il sistema di suddivisione decimale e l'apposizione dei segni di valore dalle emissioni romane contemporanee, e quindi dal denario. Ergo, se il denario si situa al 211 (o 214-213), necessariamente si trascina dietro la datazione delle emissioni etrusche.

I fautori della datazione alta (sarebbe meglio dire delle datazioni alte) delle emissioni argentee etrusche con segno di valore al contrario negano la dipendenza di queste emissioni da quella del denario Romano. Gli etruschi hanno trasmesso ai romani un sacco di cose. Tra queste anche i numerali. Non si capisce perché avrebbero dovuto aspettare che i romani emettessero monete con segno di valore X per farlo anche loro...

Quanto alla suddivisione decimale il riferimento puo' essere trovato facilmente in Sicilia, in epoca ben anteriore, con la suddivisione della didramma in 10 litre. Oltre a cio' tutta una serie di altri elementi suggeriscono una relazione piuttosto stretta (non solo di incontro, ma anche di... scontro) con l'area siceliota e Siracusa in particolare. Da cio', e da altri elementi, una datazione al V sec. delle emissioni. Datazione che il ritrovamento di Prestino tenderebbe a confermare.

Nel tentativo di riassumere ho banalizzato notevolmente i termini della questione. Me ne rendo conto e me ne scuso. Altri li ho completamente tralasciati (unità microasiatica, ecc.). Quello che mi premeva sottolineare é che se anche i fautori della datazione "bassa" delle emissioni argentee etrusche aderissero alle teorie tradizionali di datazione "alta" del denario, i termini della questione non cambierebbero, ci sarebbe giusto qualche decennio di "décalage", niente di piu'. Dato che nessuno si sogna di datare il denario al V sec.

Vorrei segnalare come in questa questione, al di la' dell'aspetto cronologico che puo' essere di importanza realativa, si racchiuda in realtà un problema molto più ampio, che investe la prospettiva storica e l'"essere" della civiltà etrusca, nelle sue relazioni con il contesto mediterraneo e con Roma.

Cio' che appare come una diatriba cronologica nasconde in realtà una divergenza sostanziale nell'interpretazione della civiltà etrusca...

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Quindi l'unico fattore preso in considerazione per la datazione é la datazione di nominali simili nelle altre civiltá?

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Ringrazio delle corrette puntualizzazioni di Aulisio.

Purtroppo la fretta nell'impostare delle risposte (per esempio m'era momentaneamente sfuggito che il pezzo di Preneste era poi lo stesso presente nel museo di Como e non due pezzi diversi) tende anche a banalizzare questioni che invece meriterebbero maggiore attenzione.

In effetti non c'è solo il problema cronologico, che pure esiste, ma anche il problema delle relazioni sia interne che con l'esterno delle varie monete etrusche.

Bisogna stare attenti a una visione troppo "romanocentrica". Non è detto che debbano essere per forza i Romani a insegnare agli Etruschi come fare le monete e impostare al loro modo la stessa metrologia.

E' possibile che gli Etruschi abbiano anticipato (come in molti altri settori) l'uso di affini segni di valore.

Bisogna analizzare a fondo anche i contesti archeologici (non molti per la verità) con le monete etrusche (purtroppo molti grandi ritrovamenti di monete etrusche erano nel XIX secolo e con scarsi dettagli oppure semplicemente clandestini e quindi senza valide informazioni).


Inviato
Quindi l'unico fattore preso in considerazione per la datazione é la datazione di nominali simili nelle altre civiltá?

No, Magdi, non é l'unico fattore preso in considerazione. Ma lo studio di queste monetazioni, cosi' come delle altre coeve di altri luoghi, non puo' prescindere dal fatto di prendere in conto, nell'analisi, i dati relativi alle monetazioni "straniere" con cui esse avevano un rapporto.

La numismatica antica, in particolar modo quella di questo periodo sconta il fatto che le fonti scritte, letterarie o epigrafiche, relative alla monetazione siano scarse e spesso contraddittorie. Per cio' che concerne le monetazioni etrusche semplicemente assenti. E' quindi normale che il tentativo che puo' essere fatto per datarle é basato sullo studio dei (pochi) rinvenimenti, sull'analisi del materiale dal punto di vista iconografico, metrologico, chimico-fisico (anche se qui siamo molto indietro) in relazione con materiai coevi di altre aree.

Analizzando l'insieme dei dati si puo' sperare di avvicinarsi in qualche modo ad una ricostruzione verosimile della realtà storica.

Certo, si tratta di un castello di carte.

Proprio per questo, trattandosi di questo argomento, ho ritenuto che fosse necessario riportare la considerazione di Panvini Rosati che trovi qualche post piu' in alto.

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Interessantissima discussione, in cui c'è poco da aggiungere, al momento, considerati gli esaustivi e puntuali interventi di ausilio e acraf.

Non entro nelle questioni cronologiche, di per sè problematiche e spesso irrisolvibili, ma vorrei rimarcare alcune note di metodo.

Gli studiosi classicisti italiani, sin dal 1800, si sono basati su un visione assolutamente "romanocentrica", teorizzando che nessuna civiltà italica potesse precedere in qualsivoglia invenzione quella romana.

Essi furono trasportati da un errore di fondo, ancora in parte diffuso, che li portò a determinare "la superiorità" di una civiltà antica, in base a quello che ci ha lasciato in eredità(monumenti, poemi, epigrafi) e non in base alla situazione contingente che la produsse.
Per tale ragione anche la numismatica ha seguito questo percorso.
Tale fu il pensiero dei Padri Marchi e Tessieri(fra i primi a dichiarare esplicitamente la "superiorità" di Roma), a cui fecero seguito gli scritti di Avellino, Fiorelli, Minervini.
Gli immani studiosi che si sono susseguiti, sempre nella Scuola Italiana, fra i quali Breglia, Cesano, Panvini Rosati, Stazio non sono riusciti a distaccarsi da questa visione, credendo di fatto in uno iato incomprensibile fra la Roma dei primi secoli e le altre città italiche, fra cui quelle etrusche.

Stranamente anche gli studiosi stranieri, spesso in contrasto con quelli italiani, fra i quali Mommsen, Babelon, Grueber, Thomsen, Crawford, Marchetti, Buttrey, Rutter non hanno saputo esimersi da questa visione.

In realtà, la storia si presenta in maniera differente.
Roma nel VI secolo a.C., era una città etrusca a tutti gli effetti. Alla fine del medesimo secolo, dominava a Roma la famiglia etrusca dei Tarquinii.

Nel IV secolo a.C., i Sanniti popolazione italica, avevano magistrature simili a quelle di Roma e come dimostrato da Salmon, non vi fu un "trasferimento" di cariche da Roma al Sannio, ma uno scambio simbiotico fra le due civiltà.
Per fare solo due esempi.

Numismaticamente parlando non è affatto escludibile che Roma abbia appreso dagli Etruschi il significato e il senso dell'utilizzo della moneta, non è escluso che ne sia stata influenzata dalle popoloziani italiche circostanti.

E' necessario, quindi, un capovolgimento della prospettiva per il progresso degli studi. Analizzare le monetazioni italiche(fra le quali quella etrusca), per fornire luce a quella di Roma, non essendo quest'ultima monetazione in grado di rispondere per se stessa ad alcuni quesiti, fra i quali quello dell'emissione del denario.
E' una strada sicuramente più complessa, ma che va tentata e si sta tentando.

Due incisi, per concludere.

Il volume di Vecchi aldilà delle conclusioni cronologiche che apporterà, condivisibili o meno, se rispetterà il suo titolo, cioè quello di Corpus(con le caratteristiche precise che tale termine intende), sarà uno strumento molto utile per ulteriori indagini.
Questo tipo di opere va favorito e auspicato, in quanto un Corpus non è solo un'elencazione di dati numerici(pesi e diametri), ma può offrire un quadro della complessità della situazione e può essere un ottimo punto di partenza.

Infine, una "parola di conforto" ad ausilio sulla datazione alta del denario :) .

Certo siamo minoranza(anche se non solo italiani), certo gli studiosi "middle" hanno più risonanza(e spesso rindondanza), ma mi permetto di sottolineare che, dal punto di vista metologico,(ciò che distingue il corretto dallo scorretto nelle scienze "morbide", non essendovi risultato esatto e matematico) l'Ortodossia sia dalla parte dei tradizionalisti.
"Non si può accettare la definitiva affermazione di una nuova teoria, fino a quando quest'ultima non è in grado di confutare scientificamente tutti i principi di quella precedente.". Ciò non è ancora avvenuto, attendiamo impazienti!

Saluti.

Vincenzo.

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Inviato (modificato)

Scusate l'intromissione, ho solo letto quà e là qualcosa sugli etruschi ed anche ovviamente sulle loro monete, tutto sommato era una delle popolazioni della mia terra.

Mi sembra di ricordare che il massimo splendore della civiltà etrusca fosse stato attorno al VI-V sec. a.C., od almeno cosi sembrerebbe per l'accuratezza e la ricchezza dei corredi funebri e degli oggetti ritrovati; Roma allora era una piccola città in mano etrusca, importante logisticamente per il controllo del Tevere ma di poco conto per il resto.

Gli etruschi, le cui origini mi sembra siano ancora in discussione pur prevalendo l'opinione che venissero da zone dell'attuale Turchia (quando ?, e la loro lingua viene da li ?), erano un popolo che aveva conoscenze di architettura, misurazioni del terreno, medicina, oreficeria, ecc... assai superiori a tutte le contemporanee popolazioni dell'Italia del periodo; solo per alcune zone, in particolare quelle confinanti con le colonie greche in Italia, si avevano conoscenze paragonabili (ovviamente le colonie greche facevano "parte a se' ").

Le conoscenze in molti campi (misurazioni del terreno, metallurgia ovviamente, tecniche architettoniche, ecc...) cosi come alcuni costumi (fascio ad esempio) dei romani sembrano spesso derivare più dagli etruschi che da altre popolazioni,

Inoltre gli etruschi svolgevano un forte commercio non solo con le colonie greche, ma anche con la Grecia stessa, i fenici, tutto il Mediterraneo insomma (qualcuno dice che fossero pure notevoli pirati...).

Le rotte mercantili inoltre erano pure sviluppate per via terrestre fin a contatti con i Galli e probabilmente oltre per un verso (ambra dal Baltico ?) e per l'altro verso l'Adriatico (Spina).

Molti dei vasi creduti "etruschi" dai primi studiosi di quel popolo si sono rivelati ad uno studio piu' attento come vasi greci, cosi come molti altri oggetti sono chiaramente di importazione; d'altra parte gli etruschi erano al tempo la "miniera" di ferro, ma non solo, per tutti i popoli con cui commerciavano per cui disponevano di "merce di scambio" adeguata.

Le vicissitudini e gli scontri con le colonie greche, nonostante l'alleanza dei fenici, li hanno poi visti perdenti fino allo scontro "finale" (Cuma, se non ricordo male) in cui persero la possibilità di confrontarsi con gli altri sul mare... e da qui il progressivo declino; ma Roma fin allora era nella pratica "inesistente".

Veniamo a cosa ho capito sulla monetazione: conosco l'ipotesi del Vecchi ed anche quella del Catalli (che mi sembra che sia quella più "gettonata" in Italia, ma non all'estero).

Innanzi tutto da notare che i fenici, per essendo fra i popoli che più commerciavano nell'antichita', svilupparono tardi un sistema di monetazione rispetto alla Grecia e forse nemmeno proprio "spontaneamente"; la moneta quindi sembrava non essere "essenziale" per il commercio, si andava a peso (e forse anche le monete di altre popolazioni erano accettate solo a peso... ).

Che gli etruschi possano non aver sviluppato una monetazione copiosa e tantomeno costante, nonostante la fiorente attività commerciale, non sembra quindi sorprendente.

D'altra parte la vicinanza con le colonie greche, del sud dell'Italia ma anche Marsiglia per esempio, nonchè la presenza di immigrati greci in Etruria, non può non aver fatto nascere l'idea di coniare monete; su che piede... mah, a quel punto quello delle colonie greche mi sembrerebbe il più probabile.

Sembrerebbe che le prime emissioni abbiano comunque avuto poco successo.... si rivedrà poi qualcosa diverso tempo dopo, nel periodo della 2° guerra punica, ma in un contesto assai diverso, in cui il commercio e la potenza etrusche di un tempo erano solo un ricordo ed ormai le città etrusche erano sotto il dominio romano pur con un minimo do autonomia.

Da notare inoltre che allora, ma diciamo pure ancora oggi..., c'era una certa rivalità fra le città etrusche per cui sembrerebbe che dal punto di vista economico, politico e militare ognuno "andasse per conto suo"; anche qui niente di strano se ognuno avesse fatto come meglio credeva anche per le monetazioni ed il loro valore infischiandosene delle altre città e quindi con basi metrologiche pure diverse, anche alla fine della nazione etrusca.

Abbiate pazienza, gradirei magari un parere ed eventualmente le correzioni del caso a questo piccolo riassuntino dei miei ricordi; grazie.

Modificato da Giuseppe
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Inviato
a notare inoltre che allora, ma diciamo pure ancora oggi..., c'era una certa rivalità fra le città etrusche per cui sembrerebbe che dal punto di vista economico, politico e militare ognuno "andasse per conto suo"; anche qui niente di strano se ognuno avesse fatto come meglio credeva anche per le monetazioni ed il loro valore infischiandosene delle altre città e quindi con basi metrologiche pure diverse, anche alla fine della nazione etrusca.

In realtá, pur ammettendo le rivalitá che potevano sussistere tra le varie realtá, credo che le basi metrologiche dovevano essere (almeno approssimativamente) simili... La concezione di moneta sará pur sempre la stessa, anche cambiando luogo, nello stesso momento storico e, per farla accettare nella societá, doveva comunque rispettare certi standard, immagino.

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Oggi ragionamo di basi ponderali, metriche, ecc... come se fosse ovvio che dovessero essere unitarie, almeno per gran parte dei paesi collegati da commerci e relazioni frequenti.

Fino a Napoleone, ed un pò anche dopo, queste cose non sembravano però tanto ovvie.

La stessa Toscana recente, quella dei Medici ed ancora dei Lorena, pur unificata ne era un esempio: si coniavano piastre per Firenze, talleri per Pisa e tolleri per Livorno simili ma ciascuno su base intrinseco (titolo e/o peso) diversi, poi c'era anche Lucca che ad esempio nel periodo dei Lorena aveva il sistema decimale napoleonico ancor diverso dai precedenti; siccome le cose parevano ancora troppo semplici Firenze in un certo periodo introdusse pure la lira ed i suoi multipli dena e 1/2 dena per un certo periodo in uso contemporaneo con il sistema del paolo (ed il rapporto non era poi tanto lineare).

In certi periodi medioevali si cercarono accordi fra città vicine in modo da avere sistemi se non uguali per lo meno compatibili, ma non sempre le cose riuscivano o duravano a lungo.

Le misure metriche e ponderali erano poi su base regionale, ma assai spesso sopravvivevano differenze su base locale.

Certo, c'erano tabelle di conversione, "agenti di cambio", e quant'altro serviva ma insomma...

Ovviamente sopra stavo parlando di realtà che conosco meglio, non degli etruschi; per questi i sistemi ponderali e metrici immagino dovessero essere in qualche modo simili o per lo meno compatibili, ma sull'estendere l'idea di una unitarietà alla monetazione ci andrei cauto.

Per quel poco che ne so di quel periodo "antico" credo che per certi sistemi monetari o perlomeno per molti nominali l'uso era previsto solo per l'ambito cittadino o quasi (monetazione fiduciaria) per cui non appariva molto importante avere unità compatibili con i vicini; inoltre in genere anche la monetazione di maggior valore veniva accettata in base peso o cambiata per l'uso in città o stati diversi (certo, ci sono monete come dei nominali ateniesi od ancora altre di larga diffusione che, in certi periodi, venivano accettate tal quali quasi dappertutto ma mi sembrano eccezioni).

Per le stesse città greche e colonie non mi sembra che esistesse poi una grande unitarietà nella monetazione (ma per l'epoca antica chiedo il parere degli esperti per quelle monetazioni, non ho le conoscenze per essere attendibile per quell'epoca....).

Modificato da Giuseppe

Inviato

Premetto che non sono un esperto di questa monetazione, ma qualcosa ho letto su questa affascinante monetazione.

Innanzitutto la casistica di monete etrusche note a oggi è purtroppo limitata e questo non depone a favore di uno studio preciso ed organico sulla materia.

Ciò non toglie che delle ipotesi sulla metrologia etrusca siano state fatte, per esempio quella recente di una provenienza diretta dall'asia Minore, senza il tramite dei greci, ed utlizzata in Etruria a seconda delle necessità.

Altre serie emesse sembrano seguire il sistema ponderale vigente euboico-attico, diffuso nelle colonie greche siciliane e anche i confronti stilistici sembrano dare risposte positive e in sintonia coi dati metrologici.

Si diffonde comunque l'idea di una produzione limitata, la circolazione degli stessi altrettanto minima, con dei nominali alti ; probabilmente la produzione era effettivamente legata ai vari gruppi presenti sul territorio e questo spiegherebbe la disomogeneità dei campioni esistenti.

L'influenza greca comunque sicuramente ebbe il suo peso, ma comunque siamo agli albori dell'idea di moneta, almeno per come la conosciamo per le epoche successive, d'altronde siamo anche tra la fine del VI secolo e primi del V secolo a.c., siamo vicini all'epoca ancora arcaica dell'idea dello scambio e della moneta

vista come aspetto e segno di prestigio, ricchezza, la visione come strumento preciso di valore economico deve ancora prendere piede completamente.


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Sono romane, ma nemmeno si applicano a tutte le serie di asse librale romano...

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Gentile Magdi,

in realtà bisogna sottolineare che, al contrario della visione odierna, il mondo antico(almeno per i secoli VIII-I a.C.) non mirava ad uniformare, ma era distinguente, non voleva essere omogeneo, ma diversificato.

Se una città raggiungeva l'indipendenza da un'altra, la prima(o fra le prime cose che faceva)era mutare il proprio sistema monetale.

Se si ebbero dei passaggi e coinvogliamenti a sistemi monetari alloctoni è frutto di conquista, solo rarissimamente per scelta volontaria.

Da questo ne consegue che i sistemi ponderali, di città anche molto vicine, non obbligatoriamente sono simili, anzi, spesso, sono molto differenti, proprio per il principio di differenzazione di cui ho scritto prima.

E' più probabile, paradossalmente, che da un'origine comune, si abbiano sistemi simili tra città a notevole distanza fra loro, che non fra "vicini di casa".

Vincenzo.

Modificato da Vincenzo
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Un concetto giusto.

Un esempio lampante lo vediamo nelle monete arcaiche incuse della Magna Grecia. Non erano tutte dello stesso piede ponderale e grosso modo possiamo identificare un piede attico e un piede focese (vado a memoria e posso sbagliarmi).

Un elemento unificante era la comune origine della stirpe greca che ha fondato la città, per cui effettivamente alcune città avevano uno stesso piede metrologico e altre, magari alcune più vicine, ne avevano diverso.

Solo col tempo e progressivamente, per ragioni principalmente economiche, ci fu una confluenza verso un più comune piede metrologico, ancora maggiore con la dominazione romana....

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la vicinanza con le colonie greche, del sud dell'Italia ma anche Marsiglia per esempio, nonchè la presenza di immigrati greci in Etruria, non può non aver fatto nascere l'idea di coniare monete; su che piede... mah, a quel punto quello delle colonie greche mi sembrerebbe il più probabile.

In effetti, ho letto che ritrovamenti attestano come la costa etrusca sia stata interessata all'interessantissimo fenomeno della monetazione "tipo Auriol", che interessò tutto il Mediterraneo nord-occidentale in un'epoca (numismaticamente parlando) remota con l'emissione di tipi simili, su piede focese, ad attestazione della frequenza e forza degli scambi commerciali via mare. Se la datazione della monetazione tipo Auriol (su cui pregeherei qualcuno che ci capisce più di me di delucidarci, io posso solo rinviare a wikipedia - http://it.wikipedia.org/wiki/Monetazione_tipo_Auriol) è esatta, la monete sarebbe comparsa in Etruria contemporaneamente alla Magna Grecia e, quindi, non poco più tardi della sua nascita in Asia Minore.

Il piede focese si spiega con l'assoluta predominanza marittima (in questa zona) di Massilia, colonia focese appunto.

In questo senso, le prime coniazioni in Etruria si vogliono attribuire a fabbri focesi, installatisi sulla costa dell'odierna toscana per tenere i contatti commericiali con Alaisa (l'odierna Alesia), che a sua volta fungeva da tappa intermedia sulla rotta con Massilia.

All'Etruria si deve anche, almeno secondo Panvini Rosati, la comparsa dell'aes grave: quello di Velathri (Volaterrae, per i Romani) infatti sarebbe il primo in assoluto (a onta dell'adozione di un piede ponderale pari a circa la metà di quello, successivo, romano), e risalirebbe più o meno al 325 a.C..

La presenza di questo marcato bimetallismo (argento leggero su piede focese, bronzo pesante su piede indigeno) si spiega, per quel poco che ne so, in due modi: con ragioni geografiche (Panvini Rosati) o cronologiche (Amisano).

Dal primo punto di vista, le differenze possono essere imputate alla frammentazione politica e commerciale: le città costiere quindi, spinte da esigenze di mercato, si sarebbero adattate alla montezione di tipo greco; quelle interne, parcellizzate nel loro particolarismo, avrebbero inventato l'aes grave, peraltro con metrologie difformi.

Amisano invece propone una ricostruzione suggestiva, ma essendo io ignorante in monetazione etrusca (più ancora che in quella romana!) non so se e quanto le sue idee siano eccentriche. Egli parte dalla comparsa dell'aes grave, avvenuta più o meno in tutta Italia fra il 320 e 280 a.C., e ritiene che l'introduzione di una moneta a pieno valore intrinseco sia la reazione a una svalutazione/inflazione galoppante e insostenibile. Per contrasto, quindi, individua alcune insignificanti monetine etrusche, in bronzo benché rechino i simboli di valore denariali (X e XX, se ricordo bene), come le ultime sopravvissute di questa svalutazione galoppante, e risale quindi nel tempo, collocando cronologicamente una dopo l'altra (a seconda di peso e stile) le precedenti emissioni in argento con i medesimi segni.

Ovviamente, nel primo caso (successione geografica) le emissioni possono esser coesistite, nel secondo (successione cronologica) la comparsa dell'aes grave deve aver determinato la sparizione, almeno temporanea, dell'argento

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Inviato

In questa vecchia discussione http://www.lamoneta.it/topic/76470-far-west/ si trattava appunto della monetazione arcaica occidentale di derivazione focese, del tesoro di Volterra e delle prime emissioni argentee etrusche.

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