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I simboli delle legioni


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Cris McNab (L'esercito di Roma, pp. 37-38), sulla base di un passo antiquario (ma non molto chiaro) di Plinio, ipotizza che in origine le 4 legioni "consolari" (ossia le 2 legioni che "spettavano" istituzionalmente a ciascun console, fatta salva la necessità, nei secoli, di aggiungerne altre per esigenze belliche) avessero 4 diversi signa standardizzati e - ipotesi ancora più suggestiva - che ciascuno di essi, facendo riferimento a un'origine etnica, potrebbe in epoca risalente indicare la provenienza geografica dei soldati componenti la legione.

I quattro signa che Plinio attesta (riferendoli, però, agli ordines, non alle legiones) sono la lupa, il cinghiale, il "minotauro" (questa la parola usata nella traduzione italiana del libro di McNab; probabilmente si tratta del toro androposopo) e il cavallo.

La lupa, simbolo di Roma (in quanto animale totemico di Marte, al pari del picchio) sarebbe stata attribuita alla legione alimentata da cittadini Romani.

Il cinghiale potrebbe essere stato, secondo McNab, un animale totemico di Quirino e, quindi, rappresentare la legione alimentata dalla popolazione dei colles.

Qui bisogna fermarci un attimo, e richiamare l'opera di Carandini.

In origine, "Roma" fu la sola cittadella regia, lo spazio inaugurato da Romolo all'interno del pomerium. In seguito "Roma" inglobò l'intero Septimontium (una sorta di federazioni fra popolazioni preistoriche contermini) e venne quindi a estendersi su tutti i sette montes "più uno". I montes, giova precisare, erano sette villaggi, uno dei quali a fondo valle (la Suburra); il termine "mons", sebbene legato etimologicamente al fatto che i primi insediamenti erano stati allocati sulla cima delle alture, indicava insomma uno status giuridico riconosciuto ai primi insediamenti proto-latini, non, come ritiene la vulgata, la situazione altimetrica del sito di Roma. "Più uno" fa riferimento al Campidoglio, che non era un mons, ma la rocca sacra fortificata, comune all'intera federazione; un District of Columbia ante litteram, insomma.

In un secondo momento, "Roma" si fuse con una seconda federazione contermine, i cui insediamenti a popolazione prevalentemente sabina (a differenza dei montes, a prevalenza latina) si chiamavano colles. Questa fusione corrisponderebbe, nella memoria mitologica, all'associazione del re sabino Tito Tazio a quello latino Romolo, sul trono di Roma.

La "capitale" dei colles era il Colle per antonomasia, il Quirinale ovviamente, che prendeva il suo nome dal tempio di Quirino.

Qui dobbiamo aprire una parentesi nella parentesi, e chiarire chi era Quirino, sempre affidandoci a Carandini. In premessa, chiariamo che Quirino non è un nome, ma un aggettivo; è, cioè, l'attributo di un altro dio. Significa "(dio) dei Quiriti". Quiriti, a sua volta, significa "coloro che si associano in curie" e le curie, *co-viriae, erano "riunioni di vires", ossia (più o meno) di "uomini atti alle armi" (vir-tus era infatti il "valore guerresco", non la nostra "virtù"). Questo dimostra che il dio quirino era il dio dell'intero sito di Roma (montes e colles), per tre ragioni. Primo, perché a riunirsi in curie erano anche, sicuramente, gli abitanti dei montes. Secondo, perché "Quiriti" si dicevano tutti gli abitanti del sito di Roma, come attesta l'arcaica formula sacrale Senatus [et] Populus Romanus [et] Quirites (che indicava le tre entità costituzionali di Roma, assemblea degli anziani / esercito regio / popolazione atta alle armi), dove si riconosce un rapporto di specie a genere (gli anziani facevano parte dell'esercito regio, i soldati del re facevano parte dell'intera popolazione abile a combattere). Terzo, perché il dio cui competeva l'attributo di quirino era il primordiale mitico abitatore del sito, divinità suprema di montes e colles, ovvero Giano. "(Giano) Quirino" era, insomma, il Giano adorato dai Quiriti, ossia dagli uomini atti alle armi che abitavano montes e colles.

In un'epoca molto antica, tuttavia si perse memoria dell'identità di Quirino e allora, dato che il suo tempio si trovava sulla "capitale" dei colles, fu ritenuto la divinità che identificava gli abitanti (sabini?) dei colles, così come quelli dei montes (latini?) si identificavano in Marte, padre di Romolo. Per conseguenza, il termine Quiriti fu attribuito non a tutti gli abitanti del sito di Roma, ma ai soli abitanti dei colles, e la nota formula mutò in Senatus [et] Populus Quiritium [aut]Romanorum (l'imperituro SPQR, per interderci).

Quindi: lupa (Marte) e cinghiale (Quirino) erano il simbolo delle due legioni alimentate, diremmo oggi, dagli abitanti del "centro storico" (i montes) e da quelli dell'hinterland (i colles).

In effetti, Plutarco riferisce che Romolo, in conseguenza dell'annessione dei Sabini, raddoppiò l'entità del suo esercito. Possiamo immaginare che l'aggiunta di una seconda insegna ricordi questa duplicazione? (non dimentichiamo che la memoria storica dei romani era pervicacemente resistente, secolo dopo secolo)

Ad essi si aggiunsero, forse proprio quando il numero delle legioni fu raddoppiato:

  • il cavallo, per una legione alimentata dai "nuovi cittadini" provenienti da coloniae civium e civitates sine suffragio che - godendo di cittadinanza romana - possiamo supporre combattessero nelle legioni, anziché nelle alae alleate;
  • il toro androposopo, per una legione alimentata dai Campani che, con la deditio di Capua, si erano "dati" a Roma.

Anche se nei secoli il numero delle legioni crebbe per esigenze belliche, la memoria storica delle "prime" quattro era forte, tant'è vero che le altre non ricevettero mai (salvo che alla fine della Repubblica) i numeri I, II, III e IV.

E' quindi verosimile che, se avevano quei quattro signa nel V secolo, li abbiano conservati sino al III, quando comparve la moneta in ambiente romano e latino.

Vogliamo provare a cercare quegli stessi simboli sulle monete di Roma e dei suoi alleati, nel III secolo?

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Modificato da L. Licinio Lucullo
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La lupa compare in effetti su una didracma della prima metà del III secolo:

http://numismatica-c...t/moneta/R-RC/8

e su un sestante semilibrale:

http://numismatica-c...oneta/R-RRB12/3

Potrebbe esserci anche un intento di glorificazione militare nella scelta di questo tipo monetale?

E' se sì, l'animale al dritto potrebbe essere - anziché il corvo - l'aquila, l'animale totemico di Giove, che accompagnava le legioni assicurandone l'invicibilità (tanto da diventare, con Mario, il signum standard di tutte le legioni)?

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Anche il cinghiale compare nella prima metà del III secolo, sull'aes grave di Roma:

http://numismatica-c...moneta/R-RRB2/4

Ancora più significativa, ai nostri fini, la su comparsa sull'aes grave attribuito a zecche ignote del centro Italia, che lo potrebbe avvalorare come simbolo dei Romani-non-Latini: sul semisse cratere/cinghiale classificato Sydenham (S.) 101 e sul sestante gufo/cinghiale classificato Turlow-Vecchi (T.V.) 217, S. 174 e HN Italy 381.

Compare in verità anche su altria aera grava, in Apulia (quadroncia cinghiale / lyra, S. 173, e bioncia gufo / cinghiale, S. 174), a Venusia (asse cinghiale / cane T.V. 289, S. 153 e HN Italy 707), a Taquinia (asse cinghiale/punta di lancia, ignoro la classificazione).

Compare infine, abbondantemente, sulla monetazione coniata. Anche qui c'è un dato interessante: è infatti presente su alcune fra le più antiche monete coniate del Lazio, l'obolo di Signia (HN Italy 343). Guarda caso, l'altra città che emise oboli di tipologia corrispondente, Alba, scelse ... l'aquila (HN Italy 241, 243 e 244), un altro simbolo militare.

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Aver introdotto il discorso sull'aes grave mi ha fatto venire un "prurito": anche il signum del livello tattico più basso, ovvero il manipulus, compare sugli aera grava di Roma: che sia un caso?

Cito qui il caro amico Rapax che nella discussione http://www.lamoneta....b-urbe-condita/ ricorda che:

E' curioso sapere che il manipolo, su cui già si basava la legione manipolare liviana del IV secolo a.C., deve il suo nome alla parola latina manipulus, ovvero manciata, atta ad indicare quella presa di fieno avvolta intorno ad una lunga asta che fungeva da insegna sotto cui l'unità tattica operava. In seguito l'insegna del manipolo non fu più costituita da una manciata di fieno ma, pur mantenendo il medesimo significato intrinseco, venne sostituita dalla famosa mano aperta.

La medesima rappresentazione della mano aperta appare anche su quadranti appartenenti alle prime serie fuse:

Quadrante Giano/Mercurio

http://numismatica-c...moneta/R-RRB1/4

Quadrante Giano/Mercurio con falcetto

http://numismatica-c...moneta/R-RRB6/4

Quadrante Roma/Roma

http://numismatica-c...moneta/R-RRB4/4

Quadrante Roma/Roma con clava

http://numismatica-c...moneta/R-RRB8/4

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Il toro androposopo era così diffuso, come simbolo della Campania, che non merita neanche di soffermarcisi.

Ricordiamo solo, "per sfizio", che è presente sulla prima moneta coniata "per" Roma:

http://numismatica-c...t/moneta/R-RC/1

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Anche il cavallo, strumento di guerra, è sin troppo scontato come tipo monetale.

Comunque sia, merita anche qui ricordare che la protome equina compare sulla prima moneta coniata "su commissione di" Roma:

http://numismatica-c...t/moneta/R-RC/3

(guarda caso, è abbinata all'effige del dio della guerra ...)

Com'è arcinoto, passa poi alle litre, a legenda sia "ROMANO" che "ROMA".

Per quanto riguarda il cavallo rampante, appare sin dall' aes grave:

http://numismatica-c...moneta/R-RRB5/5

compare inoltre sulla didracma immediatamente successiva a quella precedente:

http://numismatica-c...t/moneta/R-RC/5

e passa infine anch'esso sulla litra, dove si trova associato a un'arma primitiva, la clava:

http://numismatica-c.../moneta/R-RC/19

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Quel che più ci interessa, l'aes grave dimostra che era, in qualche modo, una simbologia adottata in ambiente latino, ma all'esterno dell'urbe; lo troviamo infatti sul bellissimo asse (di zecca incerta lazioale o campana) di cui s'è ampiamente parlato qui:

http://www.lamoneta....usi-molto-rari/

Lo troviamo anche sul nominale maggiore di Luceria, dopo la deduzione della colonia (T.V. 280)

Infine, il cavallo rampante caratterizza numerose emissioni coniate di Arpi

Modificato da L. Licinio Lucullo

Inviato (modificato)

Non sono ovviamente argomentazioni solide, e neppure labili indizi: che la lupa fosse il simbolo di Roma e il toro androposopo quello della Campania è come scoprire l'acqua calda, mentre cinghiale e cavallo sono animali tanto presenti, nella cultura dell'epoca, da comparire ovviamente sulle monete, che avessero o no anche un immediato significato militare.

Resta il fatto che se McNab ha ragione, chi prendeva in mano quelle monete poteva pensare (anche) alla legione che aveva adottato lo stesso signum.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Staff
Inviato

Licinio Lucullo, in questi ultimi giorni hai postato dei contributi davvero interessantissimi e molto ben articolati che, lo ammetto, purtroppo non sono ancora riuscito a leggere con la dovuta e necessaria calma... ma cercherò di rimediare quanto prima ;).

L'argomento di questa discussione è estremamente affascinante e, come hai già sottolineato, è altrettanto insidioso per via delle difficoltà che si hanno nel trovare inconfutabili riscontri. Tuttavia inquadrare in simili contesti un filo logico e con esso dare forma ad una seppur ipotetica teoria non è cosa da poco e mi complimento con te per esserci riuscito.

...in questa, per dir così, ambiguità, personalmente non trovo nulla di strano né di riprovevole. Vi è molto spesso nella soggettistica monetale, come, ancor di più, in quella medaglistica di tutti i tempi, la presenza di elementi collocati da chi ha concepito la scena che appartengono alla sua motivazione intima e deludono lo sforzo di analisi dell'osservatore. La sostanza è chiara, ed è ciò che interessava al monetario e che egli si proponeva venisse capita da tutti.

Seguendo questo concetto espresso da Gian Guido Belloni (La moneta romana, società, politica, cultura) ne legherei un altro, già richiamato da Lucullo: non possiamo escludere che alcune tematiche monetali siano state concepite sfruttando, volutamente, soggetti polivalenti.

PS: Lucullo, se ancora non ce l'hai, ti consiglio di prendere la trilogia di Giuseppe Cascarino "L'esercito romano, armamento e organizzazione", Il Cerchio iniziative editoriali. Secondo me è un'opera che merita davvero.

Awards

Inviato

Non ho letto CAscarino e ... correrò ai ripari. Visto che siamo in argomento, però, consiglio un recente libro che, "sebbene" sia un recente best seller, è scritto molto bene dal punto di vista sia tecnico che militare: Gastone Breccia, I figli di Marte.


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