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Giovino e Sebastiano: i fratelli usurpatori.


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Inviato (modificato)

Scenario storico-politico.

Salve a tutti.

Apro questa breve discussione, correlata, ovviamente, anche di un discreto apparato numismatico, con l'intento di presentarvi le notizie che riguardano altri due personaggi poco noti che calcarono la scena politica del loro tempo. Questa volta ci muoveremo nel cosiddetto Tardo Impero Romano della prima metà del V secolo d.C., quando a reggere le sorti di un Impero sempre più scosso dai barbari, all'esterno, e da un ceto dirigente irrequieto e inetto, all'interno, vi erano Onorio, in Occidente con capitale Ravenna, e Arcadio in Oriente con capitale Costantinopoli. In uno scenario politico come quello dell'epoca, dove le popolazioni germaniche tendevano a conquistare posti e cariche sempre più alte e prestigiose, gli usurpatori spuntavano molto facilmente. Ma di rado si assistè all'ascesa politica di due fratelli che, alleati e non avversari, minacciarono il potere centrale per quasi più di due anni di fila. I loro nomi sono Giovino e Sebastiano. Poche sono le notizie che si hanno su questi due consanguinei prima che si trasformassero in un pericolo per Ravenna e la corte di Onorio. Si sa che Giovino era il nipote di Flavio Valente Giovino, nominato Magister Armorum per Gallias sotto l'Imperatore Giuliano, circa un secolo prima. Giovino fu sicuramente il più forte dei due fratelli e quello dotato di un briciolo di determinazione in più. Sembra che la sua scalata alla porpora fu spalleggiata e apertamente favorita dalla nobiltà e dai maggiorenti della Gallia che, all'epoca, si mostravano spesso insoddisfatti del governo ufficiale ed erano alla continua ricerca, se non di un proprio sovrano eletto da un'assemblea di nobili gallici, almeno di un leader che riuscisse a rendere il loro territorio libero dal giogo dell'Impero centrale, sempre più opprimente. La Gallia, infatti, era, in questo periodo, una vera e propria polveriera: i principali usurpatori provenivano da questa Provincia e, grazie all'avvento più pressante delle popolazioni germaniche, potevano contare su un buon numero di uomini armati per far valere i propri diritti, oltre a godere dell'appoggio, ormai quasi scontato, della nobiltà locale. Anche i barbari, dal canto loro, vedevano il lato positivo della situazione, sperando di introdursi nell'Impero e guadagnarsi, al seguito dell'occupante illecito, un posto nella società, fornendo un contributo in armi e vettovaglie agli ambiziosi usurpatori. Fu, questo, il caso di Giovino: egli, infatti, fu nominato Imperatore nella città di Mogontiacum (l'odierna Magonza) nel 411 d.C. dopo la morte di un altro usurpatore, Costantino III, da un'assemblea di nobili gallici coadiuvati da due re stranieri che fornirono anche i mezzi a Giovino per attestare la propria autorità. Questi furono Gundahar, capo dei Burgundi, e Goar, signore degli Alani. Sia il primo che il secondo si servirono di Giovino per cercare di insediarsi con le rispettive popolazioni entro il limes, rivendicando una porzione di territorio romano abbastanza grande da ospitare le due tribù e da garantirne la sopravvivenza. Per assicurarsi l'appoggio dei due importanti elettori, Giovino concesse a Gundahar e al suo collaboratore il possesso della Germania Prima. Gundahar vi fondò un vero e proprio regno, circoscrivibile tra i fiumi Lauter e Nahe, trasformando la città di Borbetomagus (l'odierna Worms) nella capitale del nuovo Stato germanico. Successivamente, il regno dei Burgundi fu riconosciuto a Gundahar anche dall'Imperatore Flavio Costanzo e dallo stesso Onorio, stando alla testimonianza dello storico Olimpiodoro di Tebe.1 Il ceto dirigente gallico, dal lato suo, era scontento della politica condotta da Ravenna e spinte sempre più indipendentiste caratterizzavano l'ambiente sociale che portò alla porpora Giovino e suo fratello Sebastiano. A questo punto entrò in scena un certo Saro, uno dei più validi aiutanti di Giovino. Di origini gotiche, era, probabilmente, di stanza a Ravenna e faceva parte di una guarnigione quando, nel corso di una faida contro i Balti, la famiglia di Ataulfo, re dei Visigoti, con cui era in pessimi rapporti da tempo, assalì con i suoi seguaci il campo visigoto al di fuori della città e uccise la maggior parte degli uomini che vi si erano fermati. Ataulfo, non contemplando l'agguato, radunò circa 10.000 Visigoti e sorprese in una battaglia disperata Saro, che si era dichiarato alleato e collaboratore di Giovino, e i suoi fedeli che ammontavano a circa una ventina. Furono tutti massacrati, e l'ultimo a morire per mano del nemico fu proprio Saro. Giovino, a capo delle sue truppe, si spostò in fretta dal Reno al Rodano e rifiutò di allersi con Ataulfo, che, ricordiamo, portava con sè come ostaggi sia Prisco Attalo, un Imperatore burattino decaduto, e Galla Placidia, sorellastra di Onorio. Una possibile alleanza tra i due cadde nel vuoto soprattutto per la fine che aveva fatto Saro, e, per vendetta, Giovino nominò al suo posto, come Augusto e co-reggente, suo fratello Sebastiano proprio l'anno successivo, nel 412 d.C. Tutte le trattative diplomatiche che intercorsero allora tra Ataulfo e gli usurpatori non andarono a buon fine, sia per la mancanza di tatto e diplomazia degli ambasciatori visigoti, sia per la petulanza di Giovino che vedeva, ormai, in Ataulfo un traditore. E non aveva tutti i torti: Ataulfo cercava, in realtà, una concessione territoriale entro cui far insediare i suoi Visigoti, come Giovino aveva concesso ai Burgundi di Gundahar nel nord della Provincia germanica. Visto che l'usurpatore gallico non volle concedere alcun territorio dei suoi possedimenti al capo dei Visigoti, Ataulfo si rivolse a Onorio stipulando una sorta di accordo nel quale, possiamo credere, tra le clausole annoverate vi fossero la cattura e la morte degli usurpatori. In questo modo Giovino, che pure aveva avuto il suo ruolo nel rovinare i rapporti con il potente re visigoto, spinto dal sentimento di rivalsa per la triste sorte dell'amico Saro, si era fatto un nuovo nemico: Ataulfo fece sapere a Onorio che i suoi uomini si erano resi disponibili ad accettare un ingaggio nella conseguente lotta contro Giovino e Sebastiano promettendo le loro teste in cambio dell'odierna città di Bordeaux e dello stanziamento dei Visigoti nell'Aquitania Secunda (Gallia sud-occidentale). I due usurpatori si scontrarono inevitabilmente, quindi, con Ataulfo che sconfisse entrambi. Si era nel pieno dell'anno 413 d.C. e la breve parabola politica dei due fratelli, in cui i nobili gallici riponevano le loro speranze d'indipendenza, stava calando verso la fine. Sebastiano e Giovino si rifugiarono con i superstiti all'interno delle mura di Valence, nel sud della Gallia, che fu messa immediatamente sotto assedio dalle truppe visigote di Ataulfo. Questi, però, s'aspettava che i Burgundi o gli Alani sarebbero accorsi in aiuto del loro benefattore, ma nè gli uni, nè tantomeno gli altri si recarono nella città gallica per aiutare Giovino e rompere l'assedio. Ataulfo, sicuro delle proprie forze e sapendo che la questione degli usurpatori fratelli era solo questione di tempo, riuscì, infine, ad entrare facilmente in città, senza incontrare particolare resistenza. I due nemici furono subito catturati e, rispettando il patto con Onorio, il capo dei Visigoti li consegnò al rappresentante del potere ufficiale della Provincia, Claudio Postumo Dardano2, che risiedeva a Narbona. Gli usurpatori furono, naturalmente, condannati a morte e decapitati nella stessa città. Le teste di Giovino e Sebastiano furono consegnate alla corte di Onorio, a Ravenna, che le fece appendere come monito sulle mura della capitale. La reazione dei nobili gallici, soprattutto Arverni, che avevano appoggiato al causa di Giovino e di suo fratello fu violenta e preoccupante, tanto che l'Imperatore d'Occidente incaricò il già menzionato Dardano di porre fine alle rivolte e ai malcontenti che i maggiorenti gallici stavano fomentando in tutta la Provincia per dimostrare la loro lealtà verso il defunto usurpatore e la loro insofferenza nei confronti del governo centrale. La repressione fu dura e spietata: Dardano firmò centinaia di condanne a morte, la maggior parte delle quali riguardava nobili arverni filo-gioviniani. Così, i due fratelli usurpatori, passati alla storia come sovrani fantoccio nelle mani dei barbari, furono ben presto dimenticati e solo coloro che riuscirono a sfuggire alla persecuzione di Dardano poterono, in un Occidente sempre più influenzato dai Germani, raccontare quel poco che vissero e che appresero delle gesta di Giovino e Sebastiano.

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1 Olimpiodoro di Tebe, Discorsi Storici.

2 Olimpiodoro di Tebe, Ibidem, fr. 19.

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La monetazione.

Le monete dei due usurpatori non sono molto distanti, stilisticamente parlando, dalle emissioni ufficiali di Onorio nella Pars Occidentalis dell'Impero e da quelle dell'usurpatore che li aveva preceduti, Costantino III. Le zecche attive per Giovino sono tutte situate in Gallia, ovviamente: sono Treviri (riconoscibile dalla sigla TR), Arelate (con sigla AR) e Lione (con sigla LD). Allo stesso modo, alcune delle già menzionate zecche galliche batterono moneta per suo fratello Sebastiano: Arelate (che assume la sigla KON. oppure KONT. come abbreviazione di Konstan) e Treviri (che mantiene quasi lo stesso segno di zecca, TR o TRPS, sciolto in TR, Treviri, e P S, Argentum Postulatum, ovvero "richiesta, domanda di argento monetato").

I ritratti dei due usurpatori sono eseguiti da maestranze che possedevano comunque una certa abilità: ormai privo di ogni pretesa di rappresentazione del reale, il volto di Giovino, così come quello di suo fratello Sebastiano, è inciso nella sua ferma ieraticità, con l'occhio enorme e le labbra socchiuse, quasi come se volesse emettere un suono. Dopotutto, le monete sono testimonianze parlanti della storia che hanno vissuto. Le monete battute dai due usurpatori non sono molte e forse furono utilizzate, per la maggior parte, come stipendium per le truppe fedeli alla loro autorità. I nominali fino ad ora conosciuti sono:

1) Solido in oro (solamente per Giovino);

2) Siliqua in argento (tipologia battuta sia per Giovino che per Sebastiano);

3) Mezza Siliqua in argento (solamente per Giovino).

Le tipologie di rovescio sono, come sempre, a scopo propagandistico: si incontrano legende che inneggiano a Giovino come Restitutor Reipublicae, cioè come "Salvatore o Restauratore dello Stato" o che riguardano entrambi i fratelli come la più frequente VICTORIA AVGG., sicuramente un augurio o una speranza di Vittoria, sia militare che politica, per il prossimo futuro. Si riscontra anche una particolarità in questa tipologia di legenda in cui AVGG. è scitto con tre G. Una per Giovino, un'altra per Sebastiano, e la terza? Non certo per Ataulfo od Onorio, visto che si erano alleati contro di loro. Forse fu aggiunta per ricordare un terzo fratello di cui si conosce solamente il nome: un certo Sallustio. Non mancano, poi, i rovesci a carattere religioso e patriottico: una mezza siliqua emessa a nome di Giovino porta il rovescio senza iscrizioni nel giro e raffigura una croce, chiara allusione alla religione cristiana, adottata, a scopi politici o meno, dalla gran parte degli Imperatori romani del IV e V secolo d.C. Il rovescio di una siliqua di Sebastiano, invece, è gustosamente di stampo patriottico e decisamente più tradizionale: troviamo, infatti, oltre la raffiguazione della Personificazione di Roma, acclarata anche in alcune emissioni di suo fratello, esplicata in chiare lettere la legenda VRBS ROMA o anche RESTITVTOR ROM. Si noti che Sebastiano è molto più legato all'idea di restaurare Roma come antica capitale (ideologica) dell'Impero, o almeno dell'Occidente, mentre le restaurazioni di Giovino, auspicate in tondello, sono più generiche e si estendono a tutto lo Stato romano (Restitutor Reipublicae).

Inutile affermare che la rarità di questi esemplari è, ad oggi, piuttosto elevata e che le monete di Sebastiano, affiancato al trono del fratello per un solo anno, dal 412 al 413 d.C., lo sono certamente un po' di più.

Proseguiamo, quindi, con l'illustrare le tipologie sopra elencate, prima per Giovino (Gruppo 1) e poi per Sebastiano (Gruppo 2).

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Gruppo 1: Giovino.

Autorità emittente: Jovinus.

D/ D. N. IOVINVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ RESTITVTOR REIP. Giovino in abito militare, in piedi a destra, regge un labaro e un globo sormontato da una Vittoria alata che gli porge una corona, e posa il piede sinistro su di un prigioniero coricato; nel campo, il segno di zecca (TR, AR o LD) e COMOB in esergo. L'esergo è caratterizzato anche dalla sola dicitura della zecca con l'aggiunta dell'officina, ad esempio TROBS, e in questo caso non appaiono, naturalmente, lettere nel campo.

E' importante notare come la sigla in esergo COMOB non costituisse segno di zecca, ma era un marchio di garanzia per il metallo. La sigla può essere, infatti, interpretata come Comite Obryzii, cioè "Oro purissimo" e veniva apposta da chi soprintendeva al controllo della purezza dell'oro utilizzato durante le coniazioni.

Riferimenti bibliografici: Cohen 1; RIC 1708.

Data: 411 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Solido.

Materiale: AU, Oro.

Grado di rarità: R4.

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Esemplare proveniente dalla zecca di Treviri (Ex Hirsch 24, 1909, Consul Weber, 2815; M&M 93, 2003, Bally-Herzog, 305 and Helios 1, 2008, 623 sales).

Una moneta simile costituisce, da quanto sono riuscito a notare in rete, il vanto di una prestigiosa attività di numismatica di Roma, tanto da esporre le foto con la sua storia sul proprio sito internet. Riporto integralmente il testo e l'immagine del solido ritrovato in Inghilterra:

Un rarissimo solido dell’imperatore Giovino scoperto quest’anno nelle campagne inglesi del Kent da un ricercatore appassionato di antichità è stato di recente posto in vendita a Londra in un’asta Sotheby’s - Morton & Eden ed acquistato dalla (ometto il nome della ditta perchè non vorrei fare pubblicità che possa andare contro la regola del presente Forum) di Roma.

Grande l’entusiasmo suscitato dall’avvenimento tra gli esperti del British Museum, che per primi hanno esaminato la moneta certificandone l’autenticità: il solido di Giovino, conosciuto solo in alcuni esemplari, è finora l’unico rinvenuto su suolo inglese.

Il regno di Giovino ebbe vita effimera: durante l’impero di Onorio, Giovino riuscì a farsi proclamare imperatore da una coalizione di popoli residenti nel territorio gallico; qui mantenne il potere dal 411 al 413 d.C. fin quando non venne catturato da Ataulfo, re dei Visigoti e alleato di Onorio, ed infine giustiziato a Narbonne.

Gli Annali di Ravenna ricordano l’arrivo in città il 30 agosto di quell’anno delle teste mozzate di Giovino, di suo fratello Sebastiano, da lui nominato coreggente, e di un altro fratello di nome Sallustio.

Teniamo a sottolineare, oltre all’eccezionalità del pezzo in questione, che la moneta, esaminata e studiata dagli esperti del British Museum, è stata fornita di un certificato di libera circolazione e resa libera da ogni vincolo statale, poiché già presente nelle ricchissime collezioni del Museo Britannico.

Lo splendido esemplare, scoperto all’inizio del 2004 nelle campagne inglesi del Kent da un poliziotto appassionato di storia antica grazie all’aiuto di un metal detector che, fino a quel momento, non gli aveva consentito di raccogliere se non pochi vecchi pennies della regina Elisabetta II e qualche moneta di Giorgio III, ha cambiato le sorti dello scopritore, che proprio allora stava attraversando un periodo di difficoltà economiche: il pezzo in questione, valutato 7.000,00 pounds è stato poi aggiudicato alla considerevole cifra di 16.000,00 sterline!

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Autorità emittente: Jovinus.

D/ D. N. IOVINVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ RESTITVTOR REIP. Roma seduda a sinistra regge un globo sormontato da una Vittoria e un'asta ricurva; in esergo, il segno di zecca KONT, CON, o SMLP.

Riferimenti bibliografici: Cohen 2; RIC 1721.

Data: 411 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R3.

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Autorità emittente: Jovinus.

D/ D. N. IOVINVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ VICTORIA AVGG. Roma seduda a sinistra regge un globo sormontato da una Vittoria e, di solito, uno scettro o una lancia rivolta verso il basso; in esergo, il segno di zecca SMLD, SMLDV, SMLP, TRMA o TRMS.

Riferimenti bibliografici: Cohen 4; RIC 1714.

Data: 411 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R3.

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Autorità emittente: Jovinus.

D/ D. N. IOVINVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ VICTORIA AVGGG. Roma seduta a sinistra regge un globo e un'asta.

Riferimenti bilbiografici: Cohen 6.

Data: 411 - 413 d.C.

Zecca: Vedi precedenti.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R3.


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Autorità emittente: Jovinus.

D/ D. N. IOVINVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ Anepigrafe. Una croce tra A e in esergo SMLD.

Riferimenti bilbiografici: Cohen 8.

Data: 411 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Mezza Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R3

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Gruppo 2: Sebastiano.

Autorità emittente: Sebastianus.

D/ D. N. SEBASTIANVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ VICTORIA AVGG. Roma seduta a sinistra regge una Vittoria su un globo e un'asta ricurva o una lancia rivolta verso il basso; in esergo, il segno di zecca TRMS, KONT.

Riferimenti bibliografici: Cohen 1; RIC 1710 (per il segno TRMS, figura 1.) e RIC 1718 (per il segno KONT, figura 2.).

Data: 412 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R4.

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Figura 1.

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Figura 2.

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Autorità emittente: Sebastianus.

D/ D. N. SEBASTIANVS P. F. AVG. Busto diademato e drappeggiato a destra.

R/ RESTITVTOR ROM. Roma seduta a sinistra regge una Vittoria su un globo e un'asta ricurva o lancia tenuta verso il basso; in esergo, il segno di zecca KON.

Riferimenti bibliografici: RIC 1721 (Nota, questa moneta).

Data: 412 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R4.

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Autorità emittente: Sebastianus.

D/ D. N. SEBASTIANVS P. F. AVG. Busto diademato, corazzato e drappeggiato a destra.

R/ VRBS ROMA. Roma seduta a sinistra regge una Vittoria su un globo e un'asta; in esergo, il segno di zecca TRPS.

Riferimenti bibliografici: Cohen 3.

Data: 412 - 413 d.C.

Zecca: Vedi sopra.

Nominale: Siliqua.

Materiale: AR, Argento.

Grado di rarità: R4.

Modificato da Caio Ottavio

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La cartina mostra gli spostamenti e gli insediamenti dei vari popoli germanici tra la fine del IV e il successivo V secolo d.C.

Si notino, in evidenza, l'Aquitania occupata dai Visigoti di Ataulfo e il secondo regno dei Burgundi.

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Le forze in campo: ricostruzioni rappresentanti alcuni dei guerrieri che presero parte all'avventura di Giovino e Sebastiano....

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La figura 1 mostra un guerriero alano del V secolo d.C. in armamento completo pesante (ricostruzione grafica di A. McBride).

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La figura 2 mostra un arisotocratico gallo-romano ( personaggio contrassegnato dal numero 1) che consegna ad un ufficiale burgundo (a cavallo, col numero 2) l'atto di proprietà di una sua tenuta in Gallia. Dietro il nobile burgundo a cavallo, si scorge un soldato del suo stesso popolo (distinto col numero 3) con l'armamento da schermaglia. V secolo d.C.

...e i soldati che ne contrastarono l'ascesa.

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La figura 3 mostra un guerriero visigoto con armamento completo da battaglia campale. Si notino le due aste che il pesonaggio tiene nella mano destra: un giavellotto da lancio, più leggero e con la punta piccola e munita di barbigli, e una lancia da impatto, più pesante e con la più comune punta allungata a foglia. V secolo d.C.

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La figura 4 mostra un soldato di linea appartenente al corpo degli Auxilia Palatina (IV - V secolo d.C.). Questi soldati costituivano la parte più grande ed importante dell'esercito tardo romano, soprattutto in Occidente. Spesso, i componenti di questo corpo erano reclutati tra i cittadini della Gallia oppure erano di origine germanica. Il particolare elmo indossato dal soldato, in armamento completo e pesante, è munito di cimiero. Fonti letterarie e monumenti del tempo indicano che l'elmo piumato di questo genere era molto popolare. Ad oggi, non si conosce ancora il modo preciso con cui tali cicmieri venivano fissati sull'elmo. I colori più ricorrenti erano il rosso, il giallo, il bianco e il nero. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il colore dei crini di cavallo induriti, che formavano il cimiero, si abbinassero con quelli riportati sugli scudi dipinti per identificare l'unità a cui apparteneva il soldato.

(Illustrazione di G. Embleton).

Spero che questa breve ricerca vi sia piaciuta e che sia stata di qualche utilità.

Grazie a tutti per l'attenzione. :)

Modificato da Caio Ottavio

Inviato

interessante

dimostra che al tempo si era ritornati per necessità ad una circolazione di oro e argento , dopo tanti anni di monete fiduciarie

il rame non è stato battuto da loro , il che dimostra che l autorità si basava sulla capacità di emettere monete di buon metallo

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Inviato

Credo sia andata più o meno così, Rick. I soldati, soprattutto, se mercenari o alleati barbari, badavano molto di più ai metalli preziosi che al rame che, come anche tu hai potuto constatare, non fu battuto nè da Giovino nè da Sebastiano.


Inviato

Spero che questa breve ricerca vi sia piaciuta e che sia stata di qualche utilità.

Grazie a tutti per l'attenzione. :)

a me è piaciuta molto, sia nella parte più strettamente storica che ovviamente in quella numismatica; riguardo gli avvenimenti trattati, puoi indicarmi qualche libro che ne parli? Ti ringrazio!


Inviato

Spero che questa breve ricerca vi sia piaciuta e che sia stata di qualche utilità.

Grazie a tutti per l'attenzione. :)

a me è piaciuta molto, sia nella parte più strettamente storica che ovviamente in quella numismatica; riguardo gli avvenimenti trattati, puoi indicarmi qualche libro che ne parli? Ti ringrazio!

Grazie mille, Druso Galerio. :)

Certo, ti posso suggerire qualche pubblicazione, ma, parlando di usurpatori così poco conosciuti, si trova davvero poco. Ti consiglio questi libri che costituiscono anche la bibliografia da me adoperata per sviluppare questa ricerca:

  1. Edward Gibbon, Declino e caduta dell'Impero Romano. Oscar storia Mondadori, 2010. (Compendio in un solo volume);
  2. Bryan Ward-Perkins, La caduta di Roma e la fine della civiltà. Editori Laterza, Economica 526, 2010.
  3. Andrea Frediani, I grandi condottieri di Roma antica. Saggistica contemporanea, Tascabili Newton Storia. 2011. (Il più completo al riguardo).
  4. Peter Heather, L'Impero e i barbari. Garzanti, collezione storica. 2010 (vedi, Sebastiano, note, pag. 833).


Inviato

d altronde i milites si trasformano in solidati quando iniziano a chiedere il pagamento in solidi d oro

a me interesserebbe sapere l andamento demografico delle provincie occidentali e l andamento economico , su cosa si basava l economia in questo periodo ?


Inviato

Spero che questa breve ricerca vi sia piaciuta e che sia stata di qualche utilità.

Grazie a tutti per l'attenzione. :)

a me è piaciuta molto, sia nella parte più strettamente storica che ovviamente in quella numismatica; riguardo gli avvenimenti trattati, puoi indicarmi qualche libro che ne parli? Ti ringrazio!

Grazie mille, Druso Galerio. :)

Certo, ti posso suggerire qualche pubblicazione, ma, parlando di usurpatori così poco conosciuti, si trova davvero poco. Ti consiglio questi libri che costituiscono anche la bibliografia da me adoperata per sviluppare questa ricerca:

  1. Edward Gibbon, Declino e caduta dell'Impero Romano. Oscar storia Mondadori, 2010. (Compendio in un solo volume);
  2. Bryan Ward-Perkins, La caduta di Roma e la fine della civiltà. Editori Laterza, Economica 526, 2010.
  3. Andrea Frediani, I grandi condottieri di Roma antica. Saggistica contemporanea, Tascabili Newton Storia. 2011. (Il più completo al riguardo).
  4. Peter Heather, L'Impero e i barbari. Garzanti, collezione storica. 2010 (vedi, Sebastiano, note, pag. 833).

Grazie a te! Per fortuna ho visto che sono tutti reperibili con facilità.


Inviato (modificato)

Be', l'andamento demografico era in stretta correlazione con quello economico. In questo periodo, l'Impero, soprattutto l'Occidente, era scosso da continue scorrerie e guerre che vedevano contrapposti i Romani e i loro alleati e quei popoli barbari che non avevano intenzione di venire a patti con i Romani. Guerre e saccheggi si affiancavano al malgoverno di un potere inetto e scarsamente coeso, come, in questo caso, quello della corte ravennate di Onorio. L'economia ne risentì: i traffici commerciali divennero sempre meno sicuri, a causa delle scorribande barbare, e gli artigiani videro la domanda di prodotto calare drasticamente con non poche difficoltà per i propri affari produttivi. L'agricoltura, che manifestava segni di decadenza già dai primi secoli dell'Impero, fu la più colpita: molti campi e coltivazioni furono devastate o abbandonate e nelle zone più fertili delle Province iniziarono a regredire i campi coltivati a favore della selva. Almeno stando alle fonti ufficiali. Si vide, così, una vera e propria migrazione di contadini dalle campagne alle città. I centri urbani, però, non sempre erano pronti a ricevere tante persone, così anche i cittadini si trovarono in difficoltà con una popolazione che aumentava di giorno in giorno, anche se di poco. I mercanti e i proprietari che se lo potevano permettere ingaggiarono dei mercenari per proteggere i loro interessi economici, istituendo dei veri e propri eserciti privati (i cosiddetti Buccellarii). Questi uomini andavano pagati e non si accontentavano certo del rame e del bronzo. Richiedevano qualcosa di più concreto. Ecco che entrarono in gioco i nominali d'argento, come le silique, in questo caso, e quelli d'oro, come il solido. Qust'ultimo fu la principale moneta d'oro romana in sostituzione dell'aureo, creata da Costantino e fu in uso fino al X secolo d.C., circa. I solidi avevano un diametro maggiore rispetto all'aureo alto-imperiale, ma erano più sottili, quindi avevano un peso minore e contenevano un quantitativo di fino inferiore rispetto agli aurei dell'Alto Impero. Il suo peso teorico era di 1/72 di libbra romana, corrispondente a circa 4,5 grammi. Accanto all'oro vi era, poi, una richiesta costante di argento monetato come dimostra la sigla P S che veniva messa, a volte, accanto a quella della zecca (vedi il mio post #2). Non a caso, come hai accennato anche tu, "soldato" deriva proprio da solidus, la moneta più ambita per le paghe dai militari.

Modificato da Caio Ottavio

Inviato

Sì, Druso Galerio, si trovano tutti in libreria. Sono libri al cui interno puoi trovare esplicate in un contesto molto più ampio le cose che ho cercato di raggruppare qui, nel particolare. :)


Inviato

Complimenti

non ricordo se Diegi ne aveva parlato di Giovino e Sebastiano su Panorama Numismatico,ma ,se la memoria non m'inganna credo di no.

--Salutoni

-odjob


Inviato

Grazie Odjob. :)

Essendo una vicenda per la quale sono reperibili scarne notizie e trattandosi di due personaggi non molto conosciuti, spesso non vengono neanche menzionati nelle varie pubblicazioni di storia. La bibliografia che ho indicato è prettamente storica, ma sono gli unici libri che ho e che ho consultato che trattano l'argomento, chi più, chi meno.


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