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Inviato

Per il Pierreale di Pietro II segnalo

un passaggio in asta 137 del 2008 da Kunker lotto n°3846 aggiudicato ad € 305 + diritti d'asta

ed un altro passaggio in asta Numismatica Ars Classica asta n°57 del 2010 riguardante la vendita della collezione Filippo Patti,il lotto in cui fu venduta la moneta era il n°156 e fu aggiudicata ad € 1200 + diritti d'asta ,da una base di partenza di € 350

--Salutoni

-odjob


  • 3 settimane dopo...
Inviato (modificato)

LUDOVICO Luigi d'Aragona, re di Sicilia (Trinacria). - Nacque a Catania, il 4 febbr. 1338, dal re di Sicilia Pietro II e dalla regina Elisabetta di Carinzia.

Lo stesso giorno della nascita il padre annunciò l'evento a tutte le Universitates, assicurando la successione al trono, giacché, dopo la morte nel 1325 del primogenito Federico, il re aveva avuto fino ad allora solo discendenti femminili. Come scrisse in un documento del 12 febbraio, che esonerava i Catanesi dal pagamento dell'ospitalità ai sovrani e alla corte, il re ritenne che la nascita fosse dovuta all'intercessione di S. Agata, protettrice di Catania, nella cui festività Ludovico era nato.

Alla morte del padre, nell'agosto del 1342, Ludovico come primogenito, ed in quanto infans, ricevette soltanto il titolo di successor, mentre lo zio Giovanni d'Aragona, duca d'Atene e di Neopatria, come vicario del Regno, assunse la reggenza. Il 1 settembre Giovanni invitò i Palermitani a nominare i loro rappresentanti per prestare il giuramento di fedeltà nell'incoronazione del nuovo re. La cerimonia avvenne nella cattedrale di Palermo il 15 sett. 1342, e Ludovico ottenne il titolo di re di Sicilia.

Fu poi condotto a Catania, dove rimase tra l'ottobre 1342 e il marzo successivo. Vi fu una trattativa, a fine 1344, per il suo matrimonio con Costanza, figlia del re d'Aragona Pietro IV; nel giugno 1346 un ambasciatore di re Luigi d'Ungheria avrebbe invece proposto le nozze con una parente del sovrano angioino.

In seguito al trattato di pace concluso con il Regno napoletano il 7 nov. 1347, Ludovico ottenne il riconoscimento del possesso del Regno siciliano, con l'impegno ad assumere il titolo di re di Trinacria, ma al trattato mancò la firma consensuale del papa Clemente VI. Dopo la morte di Giovanni d'Aragona avvenuta il 3 aprile del 1348, poiché Ludovico era ancora minore, la reggenza, per disposizione testamentaria del duca, fu assunta da Blasco Alagona il Giovane, che ricopriva anche l'ufficio di gran giustiziere del Regno e svolgeva le funzioni di luogotenente del vicario dall'ottobre del 1342.

Al ritorno in Sicilia nella prima metà di giugno 1348 del conte Matteo Palizzi, esule a Pisa, Ludovico fu invitato da Alagona a trasferirsi a Catania, ma dopo una sosta a Taormina verso la prima metà di novembre 1348 si stabilì invece con la regina madre nel castello di Montalbano, da dove Elisabetta poté prendere contatto e accordarsi con Palizzi, al quale, tornati a Messina, affidò la tutela del giovane re.

Mentre aveva luogo un duro scontro tra Alagona da una parte, Palizzi e Chiaramonte dall'altra, e i rispettivi sostenitori, Ludovico era a Lentini da fine marzo ad aprile, ad Augusta in maggio e fino all'inizio di giugno, e da giugno a luglio 1349 era presente all'assedio di Catania. Il 22 luglio era di nuovo a Lentini, quindi tra settembre e ottobre a Castrogiovanni, a novembre a San Filippo d'Argirò e dal dicembre 1349 riprese a risiedere a Messina.

Un accordo, concluso tra i baroni in conflitto il 1 settembre 1350 in presenza del re, stabilì il congelamento della situazione, finché Ludovico avesse raggiunto la maggiore età. Dopo che Ludovico ebbe compiuto il quattordicesimo anno, il 23 febbraio del 1352, Palizzi gli fece scrivere una lettera, per comunicare ai Catanesi la volontà di assumere il governo del Regno, ma suscitò una reazione negativa dettata da Blasco Alagona, al quale Ludovico il 22 agosto inviò ambasciatori. Ai primi di ottobre fu conclusa la pace.

Il 9 giugno 1353 Ludovico lasciò Messina, accompagnato dai Chiaramonte.

Tornato a Taormina, non riuscì, per l'opposizione dei Chiaramonte, a incontrare Alagona, secondo gli accordi presi da sua sorella, la badessa Costanza, che lo accompagnava, giacché la regina Elisabetta era morta tra maggio e luglio del 1349. A fine giugno tornò a Messina, nella cui cattedrale assistette alla sepoltura del fratello Giovanni.

Benché Ludovico si fosse adoperato per evitare l'assalto della città, il 17 luglio un tumulto popolare aprì le porte di Messina e consentì l'ingresso degli uomini condotti da Rosso e dal conte Simone Chiaramonte. Il 19 luglio Ludovico rifiutò la consegna di Palizzi alla folla che invase il palazzo reale. Mentre Palizzi fu scoperto e ucciso, Ludovico riuscì a mettersi in salvo.

Imbarcatosi su una nave catalana, il 29 luglio arrivò a Catania, dove fu accolto da Alagona e si stabilì nel castello Ursino. Un documento del 10 novembre ci informa che le funzioni di vicaria erano ormai svolte dalla sorella Costanza.

Il 2 ottobre partì con Alagona alla testa di una spedizione contro Milazzo, ma dovette ritirarsi e rientrò a Catania il 24 ottobre. L'8 novembre dichiarò i Chiaramonte traditori. Il 15 novembre entrò ad Agira, proseguendo poi per Calascibetta, ma non riuscì a entrare a Castrogiovanni, sicché il 28 novembre fu deciso il ritorno a Catania. Pochi giorni dopo entrava a Taormina, ma il 4 dicembre era di nuovo a Catania.

Nel maggio 1354 fu inviato a Napoli un ambasciatore per protestare a nome di Ludovico contro l'invasione della Sicilia, avvenuta in alleanza con i Chiaramonte. Il 4 giugno un'altra ambasceria partì per chiedere soccorso al re d'Aragona, Pietro IV. In giugno L. provvide poi alla riabilitazione e reintegrazione degli antichi rivali dei Chiaramonte, i Ventimiglia, cui già aveva concesso a vita l'ufficio di camerario.

A novembre Ludovico condusse personalmente un tentativo di riconquista di Piazza, cui seguirono alcune azioni militari condotte in Val di Mazara, che determinarono l'occupazione di Cammarata - mentre Castronovo gli resistette - nonché di Trapani e Calatafimi, dove si trovava tra la fine di dicembre e i primi di gennaio. Dopo essere stato a Giuliana il 7 gennaio del 1355, a febbraio era a Catania, da dove il 13 maggio, con gli Alagona, guidò una spedizione contro Lentini, il cui assedio fu tolto a metà giugno. Il 1 luglio, per un'epidemia di peste, lasciò Catania e si stabilì a Messina, da dove condusse un'offensiva navale e terrestre contro Palermo, che si limitò alla devastazione delle campagne attorno alla città. A settembre tornò a Catania.

Il 10 ottobre 1355 la sorella Eleonora, regina d'Aragona, gli aveva scritto riaprendo le trattative per il matrimonio di Ludovico con Costanza d'Aragona. Altre trattative erano in corso per il matrimonio con una figlia di Matteo Visconti o con Margherita di Durazzo.

Da Catania Ludovico si era trasferito ad Aci, dove, colpito dalla peste, morì la mattina del 16 ottobre del 1355.

La sera stessa il corpo fu trasportato a Catania nella chiesa fuori le mura di S. Maria la Grande. Il 17 ottobre il corteo funebre attraversò la città fino alla cattedrale, dove fu sepolto nella tomba in cui già riposavano il nonno Federico III e lo zio Giovanni d'Aragona. Lasciò due figli illegittimi: Antonio e Luigi, allevati a Barcellona dalla zia, la regina Eleonora.

A succedergli fu il fratello Federico.

Anche Giovanni Duca di Etene e Neopatria morì di peste a Mascali nell'aprile del 1348 .

Fonte web da enciclopedia treccani on line

Non si conoscono monete d'oro di Lodovico D'Aragona.Poche monete furono coniate di questo Re e le tipologie furono il Pierreale ed il Denaro

Vi presento un

Pierreale:LODOVICO D'ARAGONA(1342-1355) Zecca di Messina ,Argento mm.24

D/Aquila ad ali spiegate entro cornice d'archetti;scritta periferica +: LODOVICUS : FELIX :

R/Stemma aragonese,con ai lati due cerchietti, entro cornice d'archetti;scritta periferica + : DEI: GRA : REX : SICILIE :

Riferimenti:MAUGERI 14;SPAHR 3;MEC 14,784;BIAGGI 1316;MIR 190

Ai lati dello stemma aragonese possono esserci anche rosette o punti,oppure lettere IG o LG

La moneta appartiene a collezione privata

--Salutoni

-odjob

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Modificato da odjob

Inviato

Nel 1355 la morte nera,la peste,che evidenziò l'uguaglianza tra ricchi e poveri dinanzi alla morte,colpì il Re Lodovico D'Aragona

Per approfondire le caratteristiche storiche e socuo-economiche della pandemia che colpì l'Europa a metà del secolo XIV ed uccise un terzo della popolazione europea vi rimando a questa discussione a cui potrete,eventualmente,fornire un vostro contributo culturale per far comprendere al meglio il quadro storico che si delineò in Europa durante e dopo: http://www.lamoneta.it/topic/97101-la-peste-del-1347-50/

Vi posto la foto del bellissimo dipinto di Pieter Bruegel il vecchio che s'intitola "Il trionfo della morte"che è consono per essere associato alla peste nera che mai come in quel periodo creò il trionfo della morte

--Salutoni

-odjob

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Inviato

In seguito alla morte di peste del cugino Federico, Signore di Aci e figlio di Giovanni D'Aragona, avvenuta nel 1355, Lodovico si recò dalla fortezza di Agira dove aveva cercato riparo dalla peste nera, al Castello di Aci. La pandemia, però, non risparmiò neanche il Re che, contagiato, spirò nella fortezza acese il 16 ottobre del 1355

--odjob


Inviato

Quest'oggi Vi posto ancora un

Pierreale:LODOVICO D'ARAGONA(1342-1355) Zecca di Messina ,Argento mm.24

D/Aquila ad ali spiegate entro cornice d'archetti;scritta periferica +: LODOVICUS : FELIX :

R/Stemma aragonese,con ai lati lettere I G, entro cornice d'archetti;scritta periferica + : DEI: GRA : REX : SICILIE :

Riferimenti:MAUGERI 14;SPAHR 15;MEC 14,784;BIAGGI 1316;MIR 190

Ai lati dello stemma aragonese possono esserci anche rosette o punti,oppure lettere IG o LG

La moneta appartiene a collezione privata

--Salutoni

-odjob

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Inviato

Buongiorno!!!!

Arrivati a Ludovico ,dopo svariati Pierreali non mi rimane di aggiungere anche qualche denaro di emissione Ludoviciana Messinese::::

Allego foto:

post-28945-0-99377400-1360231335_thumb.j

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........ricordiamo che i millesimali aragonesi sono piuttosto rari date anche le sue molteplici varianti !!!! :)

A voi commenti,pareri,trame.......( e magari perche' no anche qualche altro esemplare)!!! ;)

A nuovi riscontri

Saluti


Inviato

Grande rex!!!

è difficile trovare queste monete non tosate

--odjob


Inviato

Per quel che concerne i Pierreali di Ludovico D'Aragona

si conoscono una ventina di varianti

la misura del diametro è di cm.24 ed il peso varia da gr.3 a 3,30

--odjob


  • 2 settimane dopo...
Inviato (modificato)

Bene ,con questa discussione siamo giunti a 4100 visite........non male.

Dopo Lodovico o Ludovico D'Aragona abbiamo:

Federico IV D'Aragona(1355-1377),detto "il semplice",ereditò il Regno di Sicilia quando la sovranità faceva parte dello strapotere dei nobili.
Il giovane Re sposò Costanza D'Aragona,figlia di Pietro IV D'Aragona e dal matrimonio nacque Maria futura Regina di Sicilia.
Nel 1363 Costanza morì e gli angioini ripresero ad avanzare pretese sulla Sicilia,ma Papa Gregorio IX pose fine alla contesa.Federico continuò a regnare in Sicilia ma dovette divenire vassallo della Regina di Napoli Giovanna e pagare annualmente al Papa una notevole somma in denaro.
Nel 1377 Federico IV morì a Messina


Da collezione privata questo :

Pierreale:FEDERICO IV D'ARAGONA(1355-1377) Zecca di Messina ,argento

D/+FRIDERICUS:DEI :GRA:REX:SICILIE:;aquila ad ali spiegate in cornice d'archi

R/+AC:ATENARU:2:NEOPATRIE:DUX;stemma aragonese in cornice d'archi sormontato da corona ed accantonato da lettere G L


Riferimenti:MAUGERI 16;MIR 194/9;SPAHR 41-50;BIAGGI 1322


--Salutoni
-odjob

FEDERICO IV d'Aragona, detto il Semplice(per la sua pacatezza e,qualche volta,per la sua inettitudine). - Nacque a Catania da Elisabetta di Carinzia figlia di Ottone III del Tirolo e di Eufemia di Slesia-Liegnitz e da Pietro II Re di Sicilia(che morì il 15 agosto del 1342 senza veder nascere il secondogenito).

il 4 dicembre 1342, dopo la morte del padre Pietro II(15 agosto 1342), re di Sicilia. Nel luglio 1355, poiché il cugino Federico d'Aragona era stato contagiato mortalmente dalla peste, fuggì da Catania, insieme con il fratello Ludovico, re di Sicilia. A Mascali fu preso dalle febbri. Proseguì ugualmente fino a Messina, dove la sua guarigione assicurò continuità alla dinastia. Il 16 ottobre infatti Ludovico morì.

Il 22 nov. 1355 a Messina ricevette l'omaggio e il giuramento di fedeltà da un'assemblea di baroni e sindaci. Essendo minore d'età e privo di tutore, fu nominata come sua vicaria la sorella Eufemia, con un patto che ne limitava i poteri. L'autorità regia non solo era ormai pesantemente condizionata dal baronaggio, ma non si estendeva più a tutta la Sicilia, perché nei territori controllati dai Chiaramonte era riconosciuta come regina Giovanna I d'Angiò. L'incoronazione, prevista forse per il Natale, fu poi rinviata, inizialmente alla Pentecoste (12 giugno) del 1356, anche nella speranza che potesse tenersi, secondo la tradizione, a Palermo, che sfuggiva al controllo regio.

Tra i primi atti di governo di F. IV fu l'integrazione nel Consiglio reale di alcuni nobili assenti a Messina e l'invito ad altre universitates locali a prestare il giuramento di fedeltà, come di fatto avvenne tra la fine del 1355 e l'inizio del 1356. La posizione di F. IV rimase comunque precaria, tanto da indurlo a intitolarsi soltanto "Fridericus infans Dei gracia legitimus Regni Siciliae dominus", con richiamo alla qualifica di signore assunta dall'avo Federico III, prima del titolo regio. Per diritto di successione assunse inoltre il titolo di duca d'Atene e Neopatria. Nel dicembre 1355 delegò ad Artale d'Alagona, in guerra con i Chiaramonte, i tentativi di conciliazione già avviati con essi, affiancandogli poi Enrico Rosso. Cercò pure di eliminare le rivalità tra i baroni fedeli; fece infatti restituire a Guglielmo Ventimiglia il castello di Cristia (gennaio 1356) e concesse in cambio quello di Giuliana, tenuto dal Ventimiglia, a Guglielmo Peralta. Si preoccupava inoltre di ristabilire l'ordine a Patti, dove in dicembre seguaci del Rosso avevano scacciato Bonifacio d'Aragona. A motivo della guerra, l'Alagona si rifiutava però di versare gli introiti delle secrezie di Paternò, Mineo e altre terre e i proventi dell'episcopato vacante di Catania.

I primi progetti matrimoniali si riallacciarono alle trattative avviate per Ludovico. Le candidate erano una figlia di Matteo Visconti, e Margherita, secondogenita del duca Luigi di Durazzo. Quest'ultimo offriva alleanza contro Giovanna d'Angiò e Luigi di Taranto, ma l'Erario siciliano non era in grado di sostenere l'armamento di sei galee da impiegare nella guerra in Calabria. Con la morte di Ludovico erano rimaste in sospeso anche le trattative con la Curia avignonese, condotte da Pietro IV, re d'Aragona, e dalla regina Eleonora, sorella di F. IV, che richiedevano il pagamento ad Innocenzo VI e al Collegio cardinalizio di 14.000 fiorini. Precaria era la situazione del Ducato di Atene e Neopatria, dove l'autorità di F. IV non riusciva a farsi valere, mentre le universitates locali chiedevano un vicario di sangue reale.

A fine febbraio 1356 F. IV progettò di lasciare Messina, divenuta insicura. Il gran senescalco napoletano Niccolò Acciaiuoli era entrato nel porto con quattro galee. Si temevano inoltre disordini contro Enrico Rosso, che la governava. La scelta della nuova residenza determinò gravi contrasti e la rottura dei patti tra il baronaggio fedele. Artale d'Alagona, gran giustiziere, voleva che il re si stabilisse a Catania, da lui dominata. Enrico Rosso, cancelliere, e Francesco Ventimiglia, gran camerario, volevano invece che andasse a Randazzo. La vicaria Eufemia pare fosse d'accordo con loro. Colloqui e accordi segreti precedettero la partenza. Forse per evitare le reazioni dei Messinesi, fu annunciato che il re andava a Randazzo, dove progettava di riunire una nuova assemblea di baroni e sperava di concludere la pace con i Chiaramonte. Il 18 marzo F. IV giunse con Eufemia a Taormina. L'Alagona però impose il trasferimento del re a Catania, dove entrò il 22 sera. F. IV rimase così nelle mani della sola parzialità catalana, separato dalla vicaria, privo di Cancelleria, isolato da quella parte del baronaggio "latino" che gli era fedele. Il Rosso e il Ventimiglia furono accusati di tradimento dei patti con l'Alagona, di congiura, di collusione coi Chiaramonte. Eufemia che si era unita al Rosso e al Ventimiglia, fu accusata di partecipazione al complotto. F. IV convalidò la versione alagonese, secondo la quale l'andata a Catania era stata necessaria, perché richiesta dai Chiaramonte per concludere la pace. Il trasferimento pose gravi problemi di legittimità per gli atti di governo. F. IV chiese al Rosso di spedirgli sigilli e registri e qualcuno che reggesse l'ufficio al suo posto, ma i registri rimasero a Messina. Invano chiamò accanto a sé la vicaria, ritenendola poi trattenuta con la forza. Intanto, già il 23 marzo, certo per ispirazione dell'Alagona, ne dichiarò sospesi i poteri, perché lontana da lui. L'11 aprile fu costretto a rinnovare la disposizione, con maggiori motivazioni, giacché Eufemia non solo continuava ad emanare provvedimenti, usando il sigillo regio, ma sobillava anche alla sedizione.

A Catania F. IV trovò gli ambasciatori di Pietro ed Eleonora d'Aragona, che gli proposero subito il matrimonio, progettato già per Ludovico, con Costanza, figlia di primo letto di Pietro IV, il quale aveva già chiesto ad Innocenzo VI sia la dispensa canonica, sia la conferma del Regno per il futuro genero. L'allontanamento della vicaria (alla quale era proposto un matrimonio in Francia), il trasferimento di F. IV sotto la protezione del baronaggio catalano e il suo matrimonio con la principessa aragonese rientravano nell'obiettivo (al quale l'Alagona dava sostegno e s'opponeva la parzialità latina) di evitare l'uscita dell'isola dall'orbita della Corona d'Aragona. Il contratto matrimoniale fu concluso per procura a Perpignano il 21 sett. 1356, ma l'arrivo della sposa, previsto entro maggio dell'anno successivo con quaranta galee, non avvenne per l'inizio della guerra decennale tra Aragona e Castiglia.

Respinte a fine maggio le richieste del Rosso e del Ventimiglia, che volevano fosse riaffidata loro, fino al compimento della maggiore età, la persona del re, e tolte ai nemici Messina e la Piana di Milazzo, l'Alagona riuscì a fine luglio a condurre a Catania Eufemia, la quale riprese subito ad esercitare accanto a F. IV le funzioni vicariali. Mentre anche Francesco Ventimiglia, alla fine di settembre, si riappacificava con l'Alagona, i Chiaramonte, ai quali si era unito Enrico Rosso, dopo avere preso Piazza e Motta Sant'Anastasia, nella seconda metà di novembre entrarono a Messina. In seguito i reali napoletani, passato lo Stretto, ricevettero per il Natale del 1356 l'omaggio dei sudditi siciliani. La misteriosa morte di Simone Chiaramonte (il cui progetto di matrimonio con Bianca d'Aragona, una sorella di F. IV catturata a Messina, poteva avere risvolti pericolosi, non solo per i sovrani angioini, ma per F. IV stesso), incrinando le relazioni tra Angioini e Chiaramontani, segnò in marzo una prima svolta della situazione.

Ai primi di maggio del 1357 la conquista angioina di Aci mise pero in pericolo Catania e scosse gravemente F. IV, il quale fu soccorso dal Ventimiglia, avvertito a Nicosia personalmente da Eufemia. Per riparare alle ristrettezze finanziarie, il re, con la garanzia dell'Alagona, impegnò parte della corona. La vittoria ottenuta da F. IV il 27 maggio ad Aci indusse Enrico Rosso alla riappacificazione, dopo un incontro a Taormina cui parteciparono Eufemia e Artale d'Alagona. La rinnovata adesione baronale consentì a F. IV di assumere il titolo di re di Sicilia. Si pose però nuovamente il problema della residenza, perché si levarono proteste contro la permanenza di F. IV a Catania, interrotta solo da brevi viaggi, contrariamente alla tradizione, giacché determinava un eccesso di potere per l'Alagona, accusato di trattenerlo contro la sua volontà. Per evitare nuovi dissidi, ai primi di luglio F. IV fu lasciato partire con la vicaria, per andare presso i Ventimiglia, prima a Gagliano, poi a Polizzi.

Si riaprì anche la questione dei matrimonio con Costanza e dei legami con l'Aragona. In cambio di aiuti militari e sostegno diplomatico presso la Curia pontificia, Eleonora pretendeva che F. IV le donasse sia il Regno di Sicilia, sia il Ducato di Atene e Neopatria, nonché i diritti sull'isola di Gerba e quelli sull'eredità materna in Carinzia, riservandosi la facoltà di cederli ad uno dei figli, nel caso che F. IV morisse senza discendenti legittimi. Secondo alcune voci, diffuse negli ambienti angioini e avignonesi, ma smentite in quelli aragonesi, il re non godeva infatti di buona salute fisica e mentale, anzi avrebbe sofferto di una malattia incurabile. Eleonora chiese inoltre che baroni e universitates prestassero intanto omaggio e fedeltà a lei o al figlio, come re di Sicilia.

D'accordo con i baroni, F. IV accettò le richieste aragonesi, in considerazione della guerra, della ribellione e dell'incognita della sua successione (per la mancanza non solo di discendenti, ma anche di collaterali legittimi di sesso maschile, e perché in base al testamento di Federico 111 in tale caso la successione sarebbe toccata al re d'Aragona), ma pose come condizione che i soccorsi militari fossero inviati sollecitamente e che Costanza giungesse in - Sicilia entro febbraio. Per il caso che si fosse realizzata l'unione con l'Aragona, furono poste una serie di condizioni a garanzia dei baroni. A fine settembre 1357, con il ritiro delle truppe angioine determinato dalla ribellione dei Durazzo, l'invasione napoletana ebbe fine. Continuò però la ribellione di Manfredi Chiaramonte, nonostante la tregua con l'Alagona in Val di Noto a metà novembre. Da Polizzi F. IV si muoveva per le Madonie, soggiornando a Gangi e a Castelbuono, scendendo fino a Termini e Cefalù, spingendosi nei territori a lui fedeli fino a Castrogiovanni (Enna) ed Agira. Mentre si moltiplicavano le iniziative per riprendere i territori ancora ribelli, Eleonora, fallita la pacificazione con la Castiglia, chiedeva al sultano del Marocco aiuti militari per la Sicilia.

All'inizio del 1358 la situazione era migliorata, se F. IV sollecitava l'Alagona e gli altri baroni a rompere ogni tregua e riprendere la guerra con i Chiaramonte. Il miglioramento era rappresentato simbolicamente dal riscatto della corona, ad opera del Ventimiglia. A gennaio anche Artale d'Alagona era accanto al re a Cefalù, insieme con la vicaria e con Francesco Ventimiglia. Mentre le speranze si nutrivano della falsa notizia della morte di Giovanna d'Angiò, fu recuperata Mazara. Furono inviati ambasciatori a Genova, per sventare un'alleanza del Comune coi Chiaramonte. F. IV dette ampi poteri all'Alagona, che in aprile riprese le ostilità in Val di Noto, assediando Lentini, Vizzini e Avola e occupando Caltagirone e Piazza. I soccorsi ricevuti da Napoli permisero a Marifredi Chiaramonte di arrivare fin sotto le mura di Catania. F. IV ordinava intanto la demolizione di tutte le fortificazioni recenti in prossimità di luoghi abitati. Dopo essere stato a Castrogiovanni, nell'estate del 1358, sempre con la vicaria e il Ventimiglia, alla volontà del quale era accusato di soggiacere, andò all'assedio di Corleone, dove concluse una tregua con Federico Chiaramonte, a decorrere dal 10 ottobre. Tornato a Polizzi, ebbe un nuovo incontro con Artale d'Alagona.

Dopo la morte della vicaria Eufernia (21 febbr. 1359) F. IV passò ufficialmente "sub baliatu atque gubernatione" di Francesco Ventimiglia. Lo seguì in Val di Mazara, dove furono occupate Salemi, Alcamo e Castellammare. Ai primi di giugno arrivarono dinanzi alle mura di Palermo. Conclusa una tregua fino a settembre con Federico Chiaramonte, a luglio erano a Trapani, dove F. IV estese il potere dei Ventimiglia, prima del ritorno a Polizzi. Alla ripresa delle ostilità, nell'aprile 1360 tornò davanti a Palermo, sperando inutilmente di procurarvi una ribellione. I baroni della parzialità catalana, riuniti a Siracusa, attorno ad Artale d'Alagona e ad Orlando d'Aragona, zio del re, lamentavano intanto che il baliato del Ventimiglia si fosse trasformato in una detenzione. Temendo anche che Francesco Ventimiglia convincesse F. IV a sposare la bella figlia del duca di Durazzo, verso i primi di dicembre del 1360 decisero di rivolgersi a Pietro IV d'Aragona perché si realizzasse il matrimonio con Costanza. Contemporaneamente F. IV emanava da Polizzi un provvedimento per facilitare il pentimento o l'esilio dei ribelli.

Raccolta anche una parte del baronaggio latino, il 14 novembre l'Alagona si presentò con un forte esercito a Gagliano, al colloquio che avrebbe dovuto avere da solo col Ventimiglia. Dopo un incontro segreto, nel quale spiegò i motivi, non propalabili, che determinavano l'"inattitudine" di F. IV a una partenza immediata, Francesco Ventimiglia giurò nelle mani dell'Alagona che per la festa di s. Agata (5 febbraio) avrebbe condotto a Catania il re, giunto ormai al compimento della maggiore età. L'Alagona otteneva intanto un importante successo sui Chiaramonte: dopo un lungo assedio, a fine dicembre del 1360 cadde Lentini.

Il 9 genn. 1361 dopo la missione di Orlando d'Aragona presso Pietro IV, Costanza d'Aragona giunse nelle acque di Trapani, ma Guido Ventimiglia le impedì di entrare nella città. Intanto Francesco Ventimiglia, all'insaputa dell'Alagona, si riappacificava e si alleava con Federico Chiaramonte. Nella prima metà del 1361 restavano quindi ribelli all'autorità, seppur nominale, di F. IV soltanto Messina, dove trovò riparo Manfredi Chiaramonte, con Milazzo e le Eolie. Ad opera dell'Alagona caddero infatti anche Scicli ed Eraclea (Gela). Andato ad incontrare Costanza a Trapani, F. IV neppure la vide, pare perché impedito o influenzato dal Ventimiglia; rifiutò addirittura il matrimonio, rispolverando, con sentimenti anticatalani, il progetto di unione con i Durazzo. Era forse soltanto uno stratagemma per non insospettire il balio, alla cui vigilanza aveva deciso di sottrarsi. Tornato a Cefalù, ricevette le minacciose rimostranze dell'ambasciatore aragonese, al quale pare svelasse segretamente i suoi piani. Il 14 febbr. 1361 fuggì a Mistretta, feudo di Artale d'Alagona; dove giunse "ilare, ma sfinito". Il Ventimiglia, rassegnato, gli rimise l'amministrazione della Camera. Il 26 fu raggiunto dall'Alagona. Insieme, attraverso Asaro e Paternò, il 10 marzo arrivarono a Mineo, dove li attendeva Costanza, e subito il vescovo di Catania, Marziale, celebrò gli sponsali. Entrato il 5 marzo in città, F. IV convocò a Catania tutti i baroni per la Pasqua (28 marzo), per la solenne celebrazione delle nozze e forse per un'assemblea o un parlamento. L'assenza del Ventimiglia e di Federico Chiaramonte determinò pero un rinvio delle nozze, celebrate il 15 aprile nella cattedrale di Catania, dopo l'assegnazione a Costanza di Trapani e Monte San Giuliano (Erice).

Le galee catalane che avevano accompagnato la regina, dopo un tentativo di prendere Messina e una scorreria nelle Eolie, lasciarono Catania, perché F. IV non era in grado di pagarne gli stipendi. Con i buoni uffici di Enrico Rosso, dopo un incontro a Paternò a fine maggio e altri due l'8 e il 14 giugno a Motta Sant'Anastasia, si riconciliò col Ventimiglia e col Chiaramonte. Facendo affidamento sul patto concluso, il 15 settembre partì per Palermo, per farsi incoronare. Glielo impedì Francesco Ventimiglia che, impadronitosi di Castrogiovanni, lo costrinse a rimanere un mese e mezzo a Piazza. Riuscì a insediarsi con i suoi sostenitori a Caltanissetta, minacciando di procedere per lesa maestà contro Chiaramonte e Ventimiglia, che si erano diretti in armi contro di lui.

Trattative svoltesi a Piazza e a Castrogiovanni condussero il 13 ott. 1362 a un nuovo patto tra i baroni, ratificato da F. IV e dalla regina. Si riconosceva l'esistenza di due partiti: uno guidato dall'Alagona (al quale F. IV riconobbe il 18 genn. 1363 l'ereditarietà del gran giustizierato), l'altro dal Ventimiglia e da Federico Chiaramonte (i cui rapporti erano regolati - si accettavano le rispetdai precedenti patti), tive sfere d'influenza e se ne dichiarava l'immodificabilità; si ammetteva la partecipazione di tutti al governo e all'amministrazione della giustizia.

Nell'agosto del 1363, colpita dalla peste, morì la regina Costanza, lasciando una figlia, Maria. Già in luglio F. IV aveva intavolato trattative di pace con Giovanna d'Angiò. La morte di Costanza, allentando i vincoli con l'Aragona, sembrò facilitarne la conclusione, tanto più che si riproponeva la possibilità di una unione matrimoniale. Pare però che F. IV pensasse anche di potere sposare la figlia di un barone siciliano. Al matrimonio con Giovanna di Durazzo, nipote della regina e presunta erede del trono napoletano, benché ottenesse l'approvazione sia di Giovanna d'Angiò, sia di Urbano V (il quale, come Innocenzo VI, continuava a considerare F. IV illegittimo detentore dell'isola, sottoposta all'interdetto), si opponeva tuttavia l'interessata, tanto più che sul conto di F. IV si riferivano "cose orribili". Fu proposto in alternativa il matrimonio con la sorella minore, Margherita.

Sospettoso perché le trattative erano condotte dall'Alagona, Francesco Ventimiglia protestò e chiese di intervenirvi, mentre Enrico Rosso intercettava i messaggi provenienti da Napoli. Ricordando di avere ormai un'età adulta, F. IV rivendicava intanto la pienezza dei suoi poteri nei confronti del baronaggio, i cui contrasti non si erano risolti, e non accettava che il trattato dovesse essere giurato anche da baroni e universitates. Tuttavia, nell'ottobre 1363 rappresentava lucidamente la gravità della situazione: per l'inadempimento dei patti, per la potenza dei baroni collegati da accordi e unioni matrimoniali, per la loro ricchezza, a fronte della povertà del re spogliato del Demanio, per l'appropriazione delle funzioni pubbliche, che spingeva la disgregazione fino ad un'amministrazione separata della giustizia, sicché gli uffici maggiori non avevano potere reale.

Ai primi del 1364 la malattia di Giacomo di Maiorca, marito di Giovanna d'Angiò, fece supporre che F. IV potesse sposare la stessa regina, ma il 16 genn. 1364, dopo un mese di prigionia, Giovanna di Durazzo fu costretta a firmare la promessa di matrimonio. L'accordo preliminare, concluso contemporaneamente, era subordinato all'approvazione pontificia e ancora indefinito in alcune parti. Secondo una versione, F. IV non solo ottenne il riconoscimento dell'ereditarietà del possesso dell'isola, ma anche la successione femminile (importante novità a danno di Pietro IV, al quale era negato ogni diritto), con obbligo in tal caso di matrimonio con un membro della famiglia reale napoletana. Riconobbe l'unità del Regnum Siciliae, iltitolo del quale era riservato ai sovrani angioini, tanto da consentirne l'incoronazione a Palermo, alla quale il re era obbligato di partecipare. Accettò di tenere l'isola non è chiaro se con il titolo di re o piuttosto di dominator di Trinacria, per concessione di Giovanna d'Angiò, dietro prestazione di omaggio ligio e giuramento di fedeltà, di un sussidio sostitutivo del servitium e di una partecipazione al pagamento del censo dovuto alla Sede apostolica. Consentì inoltre che Messina e il suo distretto, Milazzo e la sua Piana, le Eolie e alcuni castelli restassero angioini e si impegnò a non interferire in Oriente, quale duca d'Atene e Neopatria, con i diritti del principe di Taranto, in quanto imperatore di Costantinopoli e principe di Acaia. Promise infine di restituire in Sicilia i feudi paterni a Manfredi Chiaramonte, coinvolto nelle trattative.

Nel febbraio 1364 fu anche progettato il matrimonio della figlia di Federico IV, Maria, con Carlo di Durazzo. Frattanto però Urbano V aveva mutato parere (sia per il consenso estorto alla sposa, sia per le opposizioni nel Collegio cardinalizio, dopo la morte del principale sostenitore degli accordi, il cardinale H. de Talleyrand de Périgord) e il 27 febbraio si opponeva al matrimonio di F. IV con Giovanna di Durazzo. Le trattative, interrotte ai primi di aprile, si chiusero bruscamente quando la riappacificazione con Manfredi Chiaramonte consentì a F. IV di approfittare della tregua con gli Angioini per entrare a Messina, ai primi di giugno. Ottenuta la fedeltà di tutta l'isola, cercò di dare un nuovo assetto all'equilibrio tra le forze baronali, con la nomina ad ammiraglio del Chiaramonte, in ottobre, e con lo scambio, in favore dell'Alagona, ad aprile del 1365, della contea di Mistretta, concessa a Manfredi Chiaramonte, con quella di Paternò, limitrofa a Catania. A garantire la propria neutralità, pare volesse stabilire la residenza a Messina, per governarvi con un Consiglio di soli 12 membri e non di parte.

Nella primavera del 1366 poté entrare finalmente a Palermo. Per provvedere all'armamento della flotta, nel marzo 1367 impegno nuovamente i gioielli della Corona. Approfittando della pace, in novembre tentò una riforma dell'amministrazione, ma nel gennaio 1368 reintegrò nell'ufficio di cancelliere Enrico Rosso, che aveva sostituito per alcuni anni con Vinciguerra d'Aragona. Col favore di Urbano V aveva ripreso nel 1366 le trattative con Giovanna d'Angiò attorno all'ipotesi di un matrimonio con Margherita di Durazzo, ma ai primi del 1368 queste trattative si interruppero, perché Margherita fu promessa a Carlo di Durazzo. Eleonora d'Aragona nel 1366 gli aveva proposto a sua volta il matrimonio con l'infanta Isabella, figlia del re del Portogallo. Il 13 ott. 1371, a Messina, F. IV fu pugnalato al ventre da un francese, o fiammingo, il quale, condannato al rogo, denunciò come mandante un cavaliere catanese, che Artale d'Alagona si sarebbe però rifiutato di arrestare.

Ad un matrimonio di Federico IV con Antonia, figlia di Bernabò Visconti, si era pensato fin. dal 1365, ma il progetto fu osteggiato sia da Urbano V, sia da Gregorio XI. La conclusione della pace con Giovanna d'Angiò (le trattative erano state riprese nel 1371) fu invece accompagnata dal matrimonio del re con Antonia Del Balzo, figlia di Francesco conte d'Andria. Quando il trattato preliminare, sottoscritto nel gennaio 1372, fu Sottoposto all'approvazione di Gregorio XI, si levarono le proteste di Pietro IV d'Aragona e di Eleonora. In febbraio il re aragonese chiese al papa che, come signore feudale, affidasse la Sicilia ad Eleonora, data l'incapacità a governare di F. IV, aggiungendo che tale era anche la richiesta del baronaggio siciliano. Si temette che la flotta catalana potesse dirigersi dai porti provenzali verso la Sicilia. Gregorio XI respinse però energicamente pretese e rninacce aragonesi e ratificò il trattato, ma impose come modifica a F. IV (cui sarebbe andato il titolo di re di Trinacria e che intanto il papa aveva preso a denominare regens insule Trinaclie) di prestare omaggio e giuramento di fedeltà anche alla Sede apostolica, oltre che alla regina napoletana. Ad essa soltanto doveva inoltre versare annualmente un censo di 3.000 onze d'oro e prestare il servitium. Furono così salvi sia i diritti feudali della Chiesa, sia l'ideale unità del Regnum Siciliae, entro il quale la Trinacria veniva riconosciuta come Regno a sé stante. Il papa liberò infine la Sicilia dall'interdetto e ottenne da F. IV una serie di impegni sulla situazione della Chiesa locale, che comportavano la piena accettazione dei principî del diritto canonico. Venne riconosciuto anche il diritto di Maria a succedere al padre sul trono, ma le integrazioni di Gregorio XI ammisero alla successione la sola discendenza di F. IV, perché, in base alla bolla di ratifica del trattato (20 ag. 1372), si era costituito un regno del tutto nuovo. Le nozze con Antonia Del Balzo furono celebrate a Messina il 26 nov. 1373. Il 17 dicembre F. IV giurò l'osservanza del trattato. Un mese dopo (17 gennaio 1374) prestò omaggio e giuramento di fedeltà alla Sede apostolica nelle mani del legato, il quale provvide a togliere l'interdetto.

Tra la fine d'ottobre e i primi di novembre del 1372 Federico IV, con l'aiuto di navi genovesi, era riuscito a recuperare il possesso di Malta. Dopo un'infermità patita nel 1373, continuò ad impegnarsi personalmente nel recupero del Demanio regio, ma pare senza veri risultati. Nel febbraio 1374 Manfredi Chiaramonte gli impedì di entrare a Palermo, dove intendeva essere incoronato. Fu invece accolto nella città in settembre, ma inutilmente chiese al papa di autorizzare il vescovo di Catania all'incoronazione. Era sorta nuova materia di contrasto, perché F. IV rifiutava di prestare omaggio e fedeltà alla regina napoletana. La morte della regina Antonia (23 genn. 1375), mentre la coppia reale era impedita da Enrico Rosso di rientrare a Messina, riaprì nel novembre 1376 le trattative per un'alleanza matrimoniale con i Visconti. Si conclusero a Messina nel febbraio 1377 con la promessa di matrimonio con Antonia, figlia di Bernabò Visconti. Gregorio XI, che in luglio aveva concesso al re un terzo del sussidio raccolto nel Regno e che lo assisteva nei rapporti coi baroni, gli aveva invece proposto di sposare l'infanta Maria del Portogallo.

Federico IV morì a Messina il 27 luglio 1377, per un cancro all'intestino o per una dissenteria, ma si sospettò anche che fosse stato avvelenato da Artale d'Alagona.

Nel testamento, redatto il 19 luglio, aveva nominato l'Alagona vicario generale e tutore della figlia Maria. Ad un figlio illegittimo, Guglielmo, lasciò la contea di Malta, il governo di Messina e i diritti sulla Carinzia. L'appellativo di "semplice", riferito a una presunta deficienza mentale ("ingenio simplex, propter quod Siculi eurn Asinum appellavere": Nicolò da Marsala, p. 108), riflette tanto il disappunto per la debolezza del suo potere, per quel defectum regiminis, che gli attirò disprezzo ("minime, pullus aquile solus nuncupatus, dignus est regnandi": Brevis cronica, p. 47), quanto le esigenze di esautorazione della storiografia catalano-aragonese. L'oggettivo stato di grave difficoltà politica nel quale ereditò il Regno e fu costretto a vivere, privo di quelle doti personali eccezionali, necessarie per poterne uscire, anzi con malferma salute fisica, forse anche psichica, non gli impedì tuttavia di mantenere autonomia e recuperare una certa unità alla Sicilia, - ma senza riuscire, nonostante i tentativi, ad arrestarne il processo di frammentazione e disintegrazione e solo ritardandone la perdita dell'indipendenza.

Era il figlio maschio secondogenito del re di Trinacria, Pietro II, quarto re della dinastia aragonese e di Elisabetta di Carinzia, figlia di Ottone III del Tirolo e di Eufemia di Slesia-Liegnitz.





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Modificato da odjob

Inviato

Federico IV non coniò Pierreali in oro

La sua monetazione è la più vasta fra tutti i regnanti aragonesi succedutisi sul trono di Sicilia fino al 1479

Di Pierreali in argento se ne trovano in abbondanza.

--Salutoni

-odjob


Inviato

fu pubblicato un articolo su Cronaca Numismatica n°65

riguardante il rarissimo Pierreale di Federico IV con al D/+FRIDERICUS:FELIX: : ed al R/+DEIGRACIA:REX:SICILIE coniato dalla Zecca di Messina

Lo stile di questo Pierreale si rifà a quelli di Lodovico D'Aragona.

--Salutoni

-odjob

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Inviato

............seguo.. (o almeno,al tempo che fu.. :( mio malgrado!!!!!) ....sempre con amore queste affascinanti monete!!!!ops...... :mellow:

..............dimenticavo...........anche queste discussioni che ne parlono. :) :)

Buon lavoro.

Ce ne da raccontare...... ;)

Saluti


Inviato (modificato)

Vorrei partecipare a questa interessante discussione postando anch'io un pierreale di Federico IV :)

D/+FRIDIRICUS DEI GRA:REX SICIL aquila spiegata coronata

R/+AC ATENARU:NEOPAT:DUX;stemma aragonese coronato

Riferimenti:MIR 194/1;SPAHR 2/9

Non ho lo Spahr, il riferimento è preso dal Mir.

Mi confermate la catalogazione?

federicoa.jpg

Saluti

Modificato da Cecco

Inviato

Ciao Cecco

ringrazio per essere intervenuto in questa discussione postando foto del Pierreale di Federico IV che oltretutto differisce da quello postato precedentemente da me.

Debbo dire che le foto ti vengono molto bene ed,in tal modo,la moneta si può apprezzare in ogni suo rilievo.

Faccio notare che il tuo al D/ ha la scritta FRIDIRICUS e non FRIDERICUS

Comunque dovrebbe essere SPAHR 2

La catalogazione è giusta

--Salutoni

-odjob


Inviato

Grazie odjob, faccio notare che oltre alla scritta FRIDIRICUS, questo pierreale non ha segni di interpunzione tra alcune parti della legenda.

OT: Secondo voi qual'è il grado di conservazione di questa moneta?

Un BB ci può stare?


Inviato

Vorrei partecipare a questa interessante discussione postando anch'io un pierreale di Federico IV :)

D/+FRIDIRICUS DEI GRA:REX SICIL aquila spiegata coronata

R/+AC ATENARU:NEOPAT:DUX;stemma aragonese coronato

Riferimenti:MIR 194/1;SPAHR 2/9

Non ho lo Spahr, il riferimento è preso dal Mir.

Mi confermate la catalogazione?

federicoa.jpg

Saluti

Il tuo tondello è piacevolissimo per la tipologia sempre ostica, tosature, schiacciature di conio, ondulazioni e irregolarità di tondello, ecc. ecc.

Per quanto concerne la classificazione, a mio parere è sparh n° 1

Eros


Inviato

Ciao Eros, ma Spahr 1 non ha la scritta DUX SICLI invece di REX SICILIE ?

Il Mir lo classifica R4, ma non credo sia il mio ( magari :) )


Inviato

Grazie odjob, faccio notare che oltre alla scritta FRIDIRICUS, questo pierreale non ha segni di interpunzione tra alcune parti della legenda.

OT: Secondo voi qual'è il grado di conservazione di questa moneta?

Un BB ci può stare?

Per me, visto la tipologia, è un ottimo BB++ che rasenta il q.SPL


Inviato (modificato)

Ciao Eros, ma Spahr 1 non ha la scritta DUX SICLI invece di REX SICILIE ?

Il Mir lo classifica R4, ma non credo sia il mio ( magari :) )

Si hai ragione è una sorta di fritto misto :rofl: se vogliamo andare a fondo infatti la scritta FRIDIRICUS per esteso senza sigle e presente solo su questa tipologia.

Invece per lo Sparh 2, esistono diverse incongruenze che nel tuo tondello non sono presenti, FRID ( invece che FRIDIRICUS), GRACIA ( invece di GRA), SICILIAE (invece di SICLI).

Quindi potrebbe essere una variante dello Sparh 1, altrimenti un Cecco 1..... :pleasantry: oppure...........................

Comunque sia un tondello interessante...

Eros

Modificato da eracle62
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Inviato

Si hai ragione è una sorta di fritto misto :rofl: se vogliamo andare a fondo infatti la scritta FRIDIRICUS per esteso senza sigle e presente solo su questa tipologia.

Invece per lo Sparh 2, esistono diverse incongruenze che nel tuo tondello non sono presenti, FRID ( invece che FRIDIRICUS), GRACIA ( invece di GRA), SICILIAE (invece di SICLI).

Quindi potrebbe essere una variante dello Sparh 1, altrimenti un Cecco 1..... :pleasantry: oppure...........................

Comunque sia un tondello interessante...

Eros

:lol: vada per il Cecco1 :D

  • Mi piace 1

Inviato

Dopo quello di Cecco

anch'io oggi posto un

Denaro:FEDERICO IV D'ARAGONA Zecca di Messina ,rame

D/+FRIDERICUS:DEI:;testa coronata del Re volta a sinistra entro circolo perlinato

R/+GRA:REX:SOCILIE;croce patente

Riferimenti:MAUGERI 20;BIAGGI 1325(tipo);MIR 204;SPAHR 216-220

--Salutoni

-odjob

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