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IGNORED

Due zecche misteriose


Risposte migliori

Buongiorno a tutti,

ribadisco di non essere un esperto di archeologia né di storia antica né di numismatica, ma un semplice appassionato che collabora saltuariamente con giornali e riviste,

Voglio per ora sottoporre a chi legge una piccola riflessione su IRNTI.

Per quanto ne so la lingua osca, come l'etrusco, e l'arabo, non fa uso di vocali, che però si usano nella pronuncia e nella lettura del testo.

Quindi alla parola osca IRNTI si possono attribuire molteplici significati, combinando le varie vocali.

Un possibile significato è IERANTO.

Ricordo a me stesso che Ieranto, con la sua incantevole baia che dà sul Golfo di Salerno, è una località contigua a Punta Campanella e quindi vicina a Sorrento.

Ed a Punta Campanella, come ho potuto rilevare dall'interessante grafico dei ritrovamenti presentato in questo stesso forum, si concentrano le monete di IRNTI (se ben ricordo una quindicina).

La conclusione mi sembra scontata...

Senza dire che il fiume Irno, se ben ricordo, ha assunto la moderna denominazione solo in epoca moderna, mentre in età antica si chiamava Larino, o qualcosa di simile (qui vado a mente).

 

Per Velecha credo di aver messo insieme alcune cose interessanti (oltre ad avere una montagna di interrogativi da porre).

Sto riordinando il materiale e presto lo metterò a disposizione.

Intanto mi sarebbe preziosa qualche notizia sulla cronologia storica delle monete fuse di Velecha.

 

A presto

gerardo2211

(prima ero inscritto come gerardo22, poi ho pasticciato con la pw e ho aperto un nuovo account)

 

 

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Interessante la riflessione sulla fonetica di IRNTHI. In realtà rispetto al fenicio (e arabo) nella lingua osca c'erano le vocali, anche se resta incerta l'effettiva pronuncia di certi fonemi.

In ogni caso appare compatibile la fonetica di Ieranto con l'antica città. Poi in accoglienti baie facilmente si creavano insediamenti. Sarebbe utile conoscere la situazione archeologica della baia di Ieranto, che è veramente un luogo incantevole e sede di un'area naturale di proprietà della FAI (Fondo Ambiente Italia). Non mi risultano reperti di età greca, anche se il nome stesso sembra derivare da Ierax, che in greco significa falcone (e ancora oggi vi nidificano i falchi). Secondo la leggenda era sede della mitica "Hjeron" delle Sirene.

Ci vorrebbe un esperto di lingua osca e greca per verificare il passaggio della prima vocale I a IE.

 

Naturalmente sono benvenute tutte le cosiderazioni sulla monetazione di Velecha, che magari potrebbe essere oggetto di una separata discussione dedicata a questa misteriosa zecca.

L'opinione prevalente sulla cronologia ipotizza che questa monetazione debba risalire al tempo della seconda guerra punica, in particolare negli anni 217-216 a.C.

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La moneta è stata poi ritrovata dal personale della soprintendenza di Nocera o la stanno ancora cercando?

Purtroppo non ho più avuto notizie dal sig. Giuseppe. Nel frattempo la dottoressa Lombardo è andata in pensione. Appena sarò più libero dai miei impegni di lavoro e familiari, cercherò di fare un nuovo tentativo.

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Ringrazio di cuore per l’attenzione riservata al mio recedente intervento.


Vorrei ora sottoporre all'attenzione dei partecipanti al forum un'ipotesi per una possibile localizzazione di Velecha , già proposta in passato e oggi rafforzata sulla base di recenti ritrovamenti archeologici.


Riporto di seguito la prima parte di un articolo pubblicato a mia firma sul Quotidiano del Sud.


 



Fra le monete campane risalenti alla fine del III secolo a.C. è ben nota in ambiente numismatico una serie in bronzo che reca l’epigrafe VELECHA, a volte abbreviata in VE.


Queste monete hanno al dritto una testa raggiante, simbolo del Sole, e al verso il busto di un cavallo o un piccolo elefante.


I caratteri utilizzati appartengono a un alfabeto osco encorio derivato dall’alfabeto greco.


Alcune monete sono ribattute su monete mamertine.


È opinione prevalente degli studiosi che questa serie sia da collocare cronologicamente nell’ambito delle monete emesse dai popoli italici nel corso della seconda guerra punica (vedi sull’argomento Le monete della Campania antica di Renata Cantilena, Napoli 1987, da pag. 175 in avanti).


La provenienza delle monete di Velecha è assegnata in genere alla Campania interna (Friedlander); i più riconducono le monete alla città di Volcei (odierna Buccino), basandosi però solo su una certa assonanza del nome e sulla vicinanza del luogo a Poseidonia.


Velecha fino ad oggi resta in definitiva niente più che una città perduta, dove operava una zecca misteriosa.


Proviamo a cercarla, questa misteriosa città sannita, nelle pieghe della Storia, utilizzando le preziose informazioni trasmesseci dalla nostra moneta, che si rivelerà essere una vera e propria capsula del tempo.


Riviviamo gli anni tumultuosi della seconda guerra punica.


Nella fase iniziale Annibale, dopo l’improvvisa apparizione in Italia e le folgoranti vittorie del Ticino, della Trebbia e del Trasimeno, resta comunque ben consapevole di non poter condurre un attacco diretto a Roma, imprendibile per gli illimitati mezzi a sua disposizione.


Il suo progetto strategico diventa quindi quello di indurre i popoli italici a rinunciare all’alleanza con Roma e quindi di indebolirla per poi concludere la pace alle proprie condizioni.


Annibale si dirige verso le zone della penisola dove ci sono più speranze di far nascere un'opposizione contro Roma, ovvero i territori di lingua osca.


Il suo itinerario lo porta dal lago Trasimeno alla Via Flaminia, e di là attraverso gli Appennini alla costa adriatica. Dopo aver lasciato riposare i suoi uomini nel Piceno, raggiunge 1'Apulia settentrionale.


Nei popoli italici tuttavia sul rancore verso Roma prevale la diffidenza verso un invasore straniero, e non una sola comunità si unisce ai Cartaginesi.


Sarà la disfatta romana di Canne a portare molti fra Sanniti, Lucani, Bruzi, Apuli e Italioti dalla parte di Annibale, anche se non simultaneamente.


Le città campane (Capua, Nocera, Nola e altre), da tempo entrate stabilmente nell’orbita di Roma, si trovano in una situazione particolarmente delicata, divise fra il dovere di restare fedeli e sottomesse e la suggestione di ritrovare le antiche autonomie. Tuttavia la presenza sul territorio campano degli eserciti punici reduci da Canne non poco favorisce la scelta di passare, più o meno spontaneamente, nel campo annibalico.


Gli storici antichi non tramandano un quadro preciso e completo delle città che defezionano ad Annibale, né di quelle conquistate con le armi dall’uno o dall’altro esercito. Alcuni utili riferimenti si ritrovano comunque in Silio Italico e Tito Livio.


Quest’ultimo, quando anticipa i tragici eventi di Canne, elenca i popoli che passeranno in seguito ai Punici: fra questi, in ordine di citazione, i Campani, gli Atellani, i Calatini, gli Irpini, parte degli Apuli, i Sanniti tranne i Pentri, tutti i Bruzi, i Lucani (Libro XXII, cap. LXI).


Silio Italico, quando elenca i popoli che dopo la disfatta di Canne passeranno nel campo punico, elenca i Sanniti, i Bruzii, gli Apuli, gli Irpini, Atella e Calatia, seguiti da numerosi altri (Guerre Puniche, libro XI), mentre per Capua fa un discorso a parte.


Notiamo che entrambi gli autori distinguono i Sanniti dagli Irpini, mentre la tribù dei Pentri è annoverata fra i Sanniti, ancorché restata fedele a Roma.


Seguendo il racconto di Tito Livio, apprendiamo che la prima città a passare nel campo punico dopo la disfatta di Canne è Conza (Libro XXIII, cap. I). Lo storico parla poi delle operazione belliche portate da Magone in Campania per obbligare con la forza i più riluttanti a defezionare, quindi espone dettagliatamente le manovre condotte da Annibale nel tentativo di conquistare i principali centri della regione, da Napoli a Nola, e le contromosse romane.


Roma ha perso numerose battaglie, ma non ha ancora perso la guerra: ha il controllo dei mari e nessun flusso di rifornimenti e rinforzi giunge ad Annibale con regolarità. Il Cartaginese non può essere ovunque nello stesso tempo, difficilmente può chiedere aiuti militari ai nuovi alleati e spesso è lui a doverli proteggere dalle rappresaglie.


Nel 215 il pretore Marco Valerio Levino riconquista agli Irpini i tre piccoli centri di Vercellium, Vescellium e Sicilinum, non ancora localizzati, ma secondo un’interessante ipotesi (articolo a firma di Mario Izzo pubblicato su Airone 113)) ubicati sulle alture della Daunia (Monte Castiglione, Monte Felice e Monte San Chirico), nell’alta valle del fiume Celone (antico Aquilo).


Anche il proconsole Marco Claudio Marcello nel 215 compie stragi e distruzioni sui ribelli, punendo severamente le città riconquistate.


L'anno successivo, consoli Marcello e Fabio, il dominio cartaginese sulla Campania è definitivamente spezzato.


Nel 213 viene portato a termine con successo il rastrellamento delle città caudine e l'anno seguente i Romani serrano le linee d'assedio su Capua, senza che Annibale possa intervenire efficacemente.


Nel 211 Capua si arrende ai romani, seguita dai Calatini, dagli Atellani e dai Sabatini.


A questi quattro popoli Roma riserva l’identica sorte della deportazione in massa e della limitazione dei diritti civili, e alle loro classi dirigenti quella della confisca dei beni e della riduzione in schiavitù (Tito Livio, libro XXVI cap. XXXIII e libro XXVI cap. XXXIV).


Qui fa il suo ingresso sulla ribalta della Storia la misteriosa Velecha .


Edward Togo Salmon, padre dei moderni studi sui Sanniti, ha fatto piena luce sulla questione, ma la cosa è stata inspiegabilmente sottovalutata, se non deliberatamente ignorata, in ambito scientifico.


Salmon parte dall’osservazione che le monete emesse da Velecha sono del tutto simili a quelle emesse da Capua, Atella e Calatia nello stesso periodo (E.T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti, Torino 1985, pag.98), al punto che il retro di alcune monete presenta l’identica immagine di un piccolo elefante da combattimento, circostanza questa unica nel pur vasto scenario della monetazione greco-romana in Italia.


Le caratteristiche morfologiche dell’animale raffigurato avevano portato in un primo tempo gli studiosi a identificarlo con l’odierno elefante indiano, la specie portata in Italia da Pirro, e di conseguenza ad abbassare l’orizzonte cronologico delle serie monetali.


Successivamente l’elefante delle monete è stato correttamente identificato in una specie oggi estinta di elefante africano, molto più piccolo della specie attualmente diffusa nel continente.


Ed è proprio questa specie di elefante quella che veniva utilizzata negli eserciti di Annibale.


Nella realtà storica essi, guidati da un solo uomo in sella e non già muniti di torretta, hanno avuto un peso quasi insignificante nei combattimenti in Italia. Si ritiene che a Canne ne fosse in campo uno solo, essendo tutti gli altri deceduti nell’attraversamento delle Alpi e nelle precedenti battaglie alla Trebbia e al Trasimeno.


Le monete di Velecha ci tramandano in definitiva l’immagine di un animale che già non era più presente nelle file di Annibale, e che oggi è addirittura sparito dal pianeta, ma è proprio l’immagine di questo piccolo elefante impressa sulle monete il filo rosso che ci porta finalmente sulle tracce di Velecha , la città perduta con la sua zecca misteriosa.


Tornando a Salmon, partendo proprio dall’osservazione che Capua, Atella, Calatia e il popolo dei Sabatini si fossero uniti in una sorta di lega contro Roma, tanto da subire tutte insieme la stessa triste sorte, e che Capua, Atella e Calatia e Velecha battessero monete dello stesso tipo, quasi facessero tutte parte di uno stesso piccolo stato cartaginese, lo studioso perviene alla conclusione che Velecha fosse all’epoca la capitale, ovvero la poleis, dei Sabatini (Salmon, op. cit. pag. 347), popolo da identificare con gli abitanti del territorio della valle del Sabato a Sud di Benevento (Salmon, op. cit. pag. 316).


E al centro della valle del Sabato, ovvero del territorio dei Sabatini, è situata la collina della Civita di Atripalda, ove è concordemente localizzata la colonia romana di Abellinum.


Come non concludere che proprio qui, e non altrove, sia da localizzare anche l’antica città di Velecha , da riconoscere quale nobilissima antenata dell’antica città romana e della moderna Avellino?



 


Ammettendo che questa ipotesi sia fondata, si porrebbero altri interrogativi, ognuno dei quali meritevole di specifico approfondimento:


  • quale relazione c’è fra gli abitanti di Velecha (i Sabatini) e i Mamertini, sulle monete dei quali sono ribattute alcune delle monete “velechiane”?
  • sono originari di Velecha alcuni dei mercenari campani reduci dalla Sicilia ai tempi della prima guerra punica?
  • si spiega così l’uso, relativamente insolito, dell’alfabeto greco anziché di quello etrusco, più usuale?
  • in che orizzonte cronologico si colloca l’ampia serie di monete fuse riconducibili a Velecha (come indicate nella catalogazione del Garrucci)?
  • la presenza di questa serie di monete fuse potrebbe sancire in qualche modo l’esistenza di una zecca a Velecha più antica delle altre (Capua, Calatia e Atella)?
  • Come mai su gran parte delle monete fuse ricorrono insieme i simboli del Sole e della Luna?
  • è ipotizzabile per Velecha  il ruolo di zecca unica utilizzata per le emissioni “annibaliche”, in aggiunta se non in alternativa a Capua?
  • è possibile, sulla base delle monete greco-romane analoghe a quelle di Capua. Atella, Calatia e Velecha , ampliare lo scenario delle emissioni riconducibili allo “stato” annibalico?
  • rientrano in questo contesto le monete di IRNTI, MELES, COMPSA, AKUDUNNIAD, ecc.?

Grazie per l'attenzione e a risentirci.


Modificato da gerardo2211
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Aggiornamento.

Questa mattina sono stato alla soprintendenza di Nocera Superiore, dopo che già avevo preso contatto con la nuova responsabile, dottoressa Bisogno. Naturalmente la dottoressa non sapeva niente della questione, quindi una volta che ha appreso tutto, ha convocato il "famoso", ormai, sig. Giuseppe per cercare di capire dove fosse la moneta che stiamo cercando. In poche parole, della moneta per adesso non si sa dove sia. Si è cercato in dei cassetti dell'ufficio chiusi a chiave, ma niente. Siamo rimasti che io, nel frattempo devo fare una richiesta scritta via email al soprintendente di Nocera, mentre la dottoressa Bisogno, la settimana prossima si recherà al deposito dei reperti, per vedere se riescono ad individuare la moneta. In caso positivo, sarò contattato telefonicamente e potrò fotografare l'esemplare che ci interessa. Speriamo bene...

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  • 4 mesi dopo...

Penso di deporre le armi... Il tempo passa, ma purtroppo non ho avuto più notizie. Ho seguito tutto l'iter, ma alla fine credo che la moneta sia andata perduta (nella migliore delle ipotesi). Di seguito la corrispondenza che ho avuto con i diretti interessati.

-------- Messaggio originale --------
Oggetto: Richiesta autorizzazione per riproduzione fotografica
Da: lorenzo ..............................................
Inviato: martedì 17 febbraio 2015 16:31
A: [email protected]
CC:


Alla spettabile attenzione del soprintendente,

Richiedo l'autorizzazione per consultare la raccolta di monete conservate presso la soprintendenza di Nocera, al fine di identificare e fotografare un esemplare che ho consegnato nell'anno 1992. La moneta in questione è un bronzo risalente al IV sec. a. C.  coniato da una polis magnogreca e recante la testa di una divinità al diritto e un toro androprosopo al rovescio.  Lo scopo è quello di reperire informazioni da inserire in uno studio sulla monetazione greca del Sud Italia di quel periodo ed in particolare sulle emissioni di "Irnthi".

Cordiali saluti,
Lorenzo ...........

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Dopo un primo appuntamento con la dott. Bisogno andato a vuoto, tornavo a scrivere.

 

________________________________________
Da: Lorenzo ........
Inviato: mercoledì 8 aprile 2015 18.47
A: SAR-CAM - NOCERA
Oggetto: Re: UFFICIO SCAVI NOCERA SUPERIORE - COMUNICAZIONE-

Salve, volevo sapere quando sarà possibile incontrarci per quella ricerca sulla moneta di IRNTHI.  Cordiali saluti, Lorenzo ........

From: SBA-SA - NOCERA<mailto:[email protected]>
Sent: Friday, March 06, 2015 12:10 PM
To:
Subject: UFFICIO SCAVI NOCERA SUPERIORE - COMUNICAZIONE-


   Con la presente

Gentilissimo Sig. ......, finora  ho cercato inutilmente le monete perciò non mi sono fatta viva. Mi rimane solo il controllo nella cassaforte di Salerno. Mi faccio sentire.
Cordiali saluti Giuseppina Bisogno

Si fa presente che,  causa di imprevisti sopravvenuti , la dott.ssa Bisogno Pinella si scusa ma l’incontro stabilito dovrà essere rimandato .

Modificato da dareios it
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Ormai sono passati due mesi e mezzo circa e se la dott.ssa Bisogno non ha chiamato, vuol dire solo una cosa. Peccato solo che alle ricerche della moneta, io non sia stato invitato di persona, come da autorizzazione scritta, a firma della soprintentende dott.ssa Campanelli. Sarebbe stato molto più facile e veloce trovare o non trovare la moneta, visto che ricordo molto bene l'immagine dei due lati.

 

 

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Caro Lorenzo, che tristezza: ha vinto la burocrazia e soprattutto il disordine nelle Soprintendenze, che non permettono più di ritrovare monetine regolarmente consegnate.

Allora cosa serve custodire nelle Soprintendenze se non si riesce più a studiare il materiale a futura memoria, specialmente se sono monetine di bronzo? Altro che emersione del nostro patrimonio numismatico pubblico.

Meditate...

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  • 1 mese dopo...

Ciao, riprendo questo tema dopo molto tempo. Come ti avevo anticipato in precedenza, trovare monete in quell'ufficio non è facile. Anche una mia moneta di irnthi non si riesce a trovare, quella verdastra di Campomanfoli che puoi vedere in queste discussioni di qualche anno fa. In riferimento alla tua moneta, la scritta dovrebbe essere IDNOI come la mia rinvenuta a S. Maria a castello di Lanzara dove la scritta è evidentissima. Saluti a te e anche ad Acraf.

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Purtroppo sappiamo bene la situazione quasi tragica delle monete depositate nelle varie Soprintendenze.

Nell'ultimo volume di American Journal of Numismatics, vol 26 del 2014, che ho ricevuto alcuni gionri fa, è descritto un ripostiglio di almeno 51 bronzi romani del IV secolo d.C., cementati fra loro, trovato nel corso di scavi archeologici nell'estate del 1961 nel pavimento di una stanza della sinagoga di Ostia Antica. Questo ripostiglio fu consegnato al laboratorio di conservazione del Foro Romano per la necessaria pulizia e infine, negli ultimi anni '60, fu catalogato utilizzando come riferimento il Cohen (!!) e senza dare un numero di inventario (!!!).

Adesso ci sono le schede che furono redatte allora e rintracciate negli archivi, ma l'assenza del numero di inventario non ha reso possibile rintracciare le singole monete, che quindi sono disperse fra i vari materiali provenienti da Ostia Antica (se ci sono ancora....).

Per poter descrivere almeno per sommi capi la composizione di quell'interessante piccolo ripostiglio, l'autrice (dell'Accademia austriaca) ha dovuto utilizzare solo quelle schede cartacee (al solito prive pure della documentazione fotografica)...

E questa è la normalità in Italia, almeno di alcuni anni fa....

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Almeno è stata tempestivamente fotografata e segnalata.

Noto però che nella scheda manca il numero di inventario, che credo avrebbero dovuto citare. Chissà se è stata correttamente inventariata e soprattutto dove si trova ora?

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  • 2 settimane dopo...

Caro Acraf. le invio la descrizione della moneta con il granchio reperita in Soprintendenza e descritta dalla P.ssa R.Cantilena, alla quale probabilmente in passato è stato richiesto il suo contributo dettagliato.

 

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Quindi la diede per una moneta punica, se leggo bene. Non conosco nè posseggo, non essendo monetazione che seguo, il testo citato per la catalogazione. Qualcuno lo ha, per controllare e stabilire se sia corretta l'identificazione, scartando così del tutto l'ipotesi di un nominale inedito di Irnthi?

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Esiste un gruppo di bronzetti che sono caratterizzati dall'avere su un lato il granchio e che sono stati coniati nelle isole della Tunisia (fra le quali forse anche Lampedusa, come in Calciati 4 e 5). Il testo ancora di riferimento basilare è il vecchissimo Muller L., Numismatique de l'Ancien Afrique, 1861 (facilmente scaricabile da internet).

La Cantilena fa riferimento alla sua pagina 179, n. 8.

Allego una schermata che mostra il disegno del bronzetto n. 8 che sembra essere quello in esame. Per una visione gnerale di questi bronzetti con granchio consiglio di leggere su Muller, alle pagine 178-180.

 

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Il tipo n. 8 (con testa di Ercole) non è molto comune, mentre si vede più facilmente il tipo n. 7 (con figura intera di Ercole):

 

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La forma del granchio appare essere molto simile.

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