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La monetazione delle colonie


L. Licinio Lucullo

Risposte migliori

Quindi mi sembra logico che i primi bronzi di Cosa non siano stati battuti prima di pochi anni dopo la fondazione, a partire dal 270 a.C. circa.

...

i comuni bronzi con Toro androprosopo a nome di Cales, Suessa e Teanum sono stati utilizzati come tondelli per la riconiatura di bronzi di Neapolis con gli stessi tipi, della III fase ma anche di bronzi romani con Protome di cavallo e ROMANO (Cr. 17/1, come ad esempio sul Garrucci p. 60, tav. LXXVII, n. 22). Al British Museum esiste un esemplare di Aquinum con Minerva-Atena/Gallo e astro che è risultato essere riconiato sopra un bronzo di Neapolis con Apollo/Toro androprosopo e Nike della terza fase…..

...

I bronzi con Toro androprosopo erano di competenza neapolitana, fedele alleata di Roma e con importante porto, mentre invece i coevi bronzi con il Gallo (prevalentemente verso la Campania) e con la Protome equina (verso l’Etruria) erano emissioni di coloni latini

Sul piano cronologico, mi sembra che questo consenta di argomentare un "aggancio" fra i bronzi di Cosa, quelli di Roma e la serie con il gallo.

Quindi ti chiedo: se la moneta di Cosa può essere fatta ascndere al 270 circa (ma anche al 272 o 271, visto che la disponibilità di moneta, se non è proprio la primissima esigenza di una nuova comunità, mi sembra comunque fra le prime), quella della metropoli non dovrebbe essere, per logica anteriore?

E a questo punto, se è vero che i bronzi "federali" col toro sono coevi di quelli romani (come attesta la riconiazione) e quelli "colonialI" col gallo sono, a loro volta, coevi di quelli col toro, non potrebbe tutto il sistema monetario risalire al 275-273?

In fin dei conti, i ripostigli attestano, per necessità logica, solo termini ante quem.

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Domande da quel solito novizio che sono:

i coevi bronzi ... con la Protome equina (verso l’Etruria) erano emissioni di coloni latini

Ne esistono altri, oltre a quelli di Cosa?

Allego una cartina che mostra chiaramente come nella Campania e nel Sannio nella prima metà del III secolo a.C. ambedue i tipi di bronzo abbiano circolato insieme e quindi sono stati trovati insieme nei ripostigli dell’epoca (la cartina è tratta dalla pagina 155 del bel volume di R. Cantilena, “Monete della Campania antica”, Banco di Napoli 1988

Sai indicarmi la classificazione delle emissioni con il toro di Venafrum e Nola, per cortesia?

Sai se ce ne sia anche una attribuita a Cora (mi sembra di aver letto di sì, ma non ricordo dove)?

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Stai toccando un argomento molto delicato e cruciale per la comprensione di alcune emissioni romane, italiche e magnogreche e sono d'accordo che i dati dei ripostigli indicano soprattutto un terminus ante quem e non risolvono compiutamente i problemi cronologici.

Il vero problema è la comprensione degli eventi monetari che si sono succeduti in un determinato arco temporale compreso tra la vittoria di Beneventum del 275 a.C. (che segnò il ritiro di Pirro dalla campagna d'Italia) e soprattutto, dal punto di vista economico ancora più rilevante, la caduta di Tarentum nel 272 a.C. (che segnò appunto la fine della forte influenza tarentina nella Magnagrecia) fino allo scoppio della prima guerra punica, nel 264 a.C. (e durò fino alla vittoria definitiva per i Romani alle isole Egadi, nel 242 a.C.).

Provo a ricostruire, anche sulla scorta delle interessanti intuizioni di Roberto Russo in un suo articolo apparso in un fascicoletto "Numismatica sottovoce", con poche correzioni di data.

Praticamente fino al 275-272 a.C. molte città magnogreche battevano la propria moneta e quindi affermavano in maniera tangibile la propria esistenza come Stato indipendente. Dopo la vittoria di Beneventum e il duro assedio a Tarentum sorsero per Roma seri problemi di carattere politico-economico. Innanzi tutto Roma, ormai divenuta padrona di tutta la Magnagrecia, non poteva più permettere alle non poche città greche sconfitte (Taranto, Metaponto, Eraclea, Velia, Locri, ecc.) di poter continuare a coniare monete con il loro nome. Si trovò costretta a rivedere la produzione monetaria in Magna Grecia, senza però stravolgere troppo le abitudini delle popolazioni del sud Italia. Roma aveva di fronte due possibilità: o imporre in brevi tempi nuove monete a nome di Roma o, più semplicemente, imporre la moneta di Neapolis (sua fedele alleata), peraltro molto conosciuta e bene accettata da queste popolazioni.

Ben presto Roma scelse una soluzione assai pragmatica. Diede ampio spazio alle monete napoletane e nel contempo avviò nuove emissioni con leggenda ROMANO assieme a monete di alcune città, prevalentemente campane, che non erano compromesse con la guerra di Pirro.

E' per questo motivo che alcune città campane iniziarono a coniare monete sia in argento sia in bronzo (Cales, Suessa, Teanum, Nuceria) alle quali si devono aggiungere alcune zecche non campane (in Apulia come Arpi, Tiati e nel Latium come Cora). Altre città invece coniarono monete esclusivamente in bronzo (appunto Aquinum, Cosa, Compulteria, Beneventum, ecc.).

E' intuibile, osservando la struttura e composizione di tali emissioni, che l'asse portante della produzione monetaria fu sempre la monetazione di Neapolis, a cui si aggiunsero due nuove monete d'argento di Roma con leggenda ROMANO (Cr. 15/1 e 20/1 e resta da stabilire se effettivamente Cr. 15/1 possa essere stata coniata già durante la guerra di Pirro e quindi prima della battaglia di Beneventum), affiancate da tre monete in bronzo (Cr. 23/1, 16/1 e 17/1), rispettivamente doppia unità (con aquila), unità (con leone) e mezza unità (con cavallo), coniate molto probabilmente nella stessa zecca di Neapolis. E' interessante osservare che moneta di doppia unità (Cr. 23/1) non ha diretta corrispondenza con la moneta neapoletana e, per questa ragione, coniata in un numero molto limitato di esemplari. Non credo proprio che sia coniata a Messana, bensì sempre a Neapolis.

Ovviamente questa sorta di riforma monetaria richiese alcuni anni e non risolse una sorta di dicotomia tra un sistema ancora bimetallico (argento e bronzo) in vigore specialmente nella Magnagrecia e un sistema monometallico basato sul valore intrinseco del bronzo, in vigore a Roma e nelle zone interne dell'Italia. Non posso escludere che proprio in tale periodo siano stati emessi i quadrilateri, che, come i futuri aes grave, avevano valore per il peso e circolavano anche frammentati e sicuramente la loro emissione avvenne in un arco temporale piuttosto ristretto.

Tra il 275 e il 264 a.C. i due sistemi continuarono a rimanere separati senza alcuna moneta in comune.

A mio giudizio, dopo la vittoria del 272 a.C. con la capitolazione di Tarentum e sua immediata entrata nell'influenza romana, Roma aveva bisogno, per ovvii motivi logistici, di produrre monete nel sud Italia e aveva bisogno di affiancare a Neapolis una seconda zecca che doveva avere già buona esperienza monetaria. Con molta lungimiranza, Roma riaprì subito la zecca di Taranto per produrre monete che però non portavano il nome della città emittente, per ovvie ragioni politiche e propagandistiche (la guerra di Pirro era ancora troppo vicina e Roma non poteva concedere a Taranto la dignità di oniare monete col proprio nome e senza evidenti tipi che avevano caratterizzato questa zecca).

In questa maniera furono prodotti i didrammi cosiddetti "campano-tarentine", che altrimenti non trovano una chiara giustificazione per la loro emissione. La serie campano-tarentina dovette durare ininterrottamente almeno fino al 264 a.C. (sarebbe utile ricostruire in un Corpus tutta questa serie per meglio comprendere la sua sequenza e se può essere durata in un decennio circa).

Forse prima dello scoppio della guerra punica nel 264, poco dopo la serie dei quadrilateri, Roma iniziò per la sua storica area di influenza geografica le prime serie fuse con l'asse e suoi sottomultipli (Cr. 14/1-6, 18/1-6, 19/1-2, 21/1-6).

Per la prima volta Roma diede a questi fusi un loro valore ben determinato, dall'asse all'uncia, anche se il valore rimase strettamente legato a quello del metallo contenuto. Era sempre e ancora un sistema monometallico e basato sul peso, anche se fu introdotta l'innovazione di indicare il valore, senza quindi più bisogno di spezzare nè di pesare.

Lo scoppio della prima guerra punica causò in breve tempo la cessazione della produzione delle monete neapoletane e campano-tarentine e soprattutto un cambiamento ponderale del didramma, che scese da 7,3 a 6,6 grammi. Tale svalutazione rese necessaria una massiccia produzione di numerario per sostituire le vecchie monete e non poche zecche magnogreche, che prima, al tempo di Pirro, erano state avversarie di Roma e avevano subito l'ostracismo, ora ripresero a produrre monete. Anche Taranto, che ora aiutava Roma ad allestire la sua flotta, riprese a coniare col nuovo peso gli stateri con cavaliere/Phalantos su delfino (es. SNG ANS 1081-1262).

Ora, per la prima volta, la stessa zecca di Roma iniziò a produrre "in casa" nuovi stateri con questo peso ridotto (forse Cr. 22/1 era ancora coniata a Neapolis, ma già con 25/1 in poi le monete erano battute a Roma). Continuarono nuove monete fuse, assieme a monete coniate, destinate ad aree di circolazione diverse.

Ma ora stiamo uscendo dai limiti di questa discussione e torniamo alla protome equina di Cosa e di Roma. Sono solo queste due zecche ad avere la combinazione testa di Minerva e protome equina, anche se quest'ultima può ritrovarsi da sola e con alcune variazioni in altre zecche, come Tiati (H.N. 699), senza avere lo stesso significato politico.

Per Venafrum rimando alla mia vecchia monografia, disponibile su:

numis.me/archivio/Venafrum.pdf

L'obolo di Venafrum con toro androprosopo è noto in unico esemplare su Garrucci tav. LXXXVIII, n. 17, ma non è stato poi rintracciato. Quindi persistono ancora dubbi sull'effettiva esistenza di questa emissione (bisogna vedere come Garrucci abbia letto l'etnico e magari con un pò di fantasia....).

Per Nola, allego un esemplare apparso su NAC:

post-7204-0-76724600-1343054909_thumb.jp

Per Cora, rimando a un'altra mia monografia:

numis.me/archivio/Cora.pdf

Noterai che in effetti persistono oscillazioni tra prima e dopo l'inizio della prima guerra punica, che sicuramente costituì un importante "spartiacque" tra le varie emissioni monetarie.

Ho fatto sopra il mio ragionamento, sulla falsariga del compianto Russo, per evidenziare che in effetti non appare sbagliato attribuire le monete con protome equina (Cosa) e con gallo (Aquinum, ecc.) ad anni precedenti di poco la prima guerra punica, grosso modo tra il 272 e 264 a.C.

Data la vicinanza cronologica, mi sembra in effetti ovvio che soprattutto i ripostigli risalenti al tempo della prima guerra punica possano contenere tali monete che però possono essere un poco anteriori. Inoltre non dimentichiamo che le occasioni per la sepoltura di ripostigli aumentano molto in tempi di mobilitazione e di guerra e quindi soprattutto durante la prima guerra punica.

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La Tua semplicità di esposizione mi è stata molto utile. Riallaccio ora assieme alcuni frammenti di informazione che avevo letto qua e là senza riuscire a ricomporli a sistema! Grazie

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Visto lo sviluppo delle argomentazioni, consiglio ai curatori di "taggare" anche questa discussione, per agevolare future ricerche, come RRC_17/1

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Stai toccando un argomento molto delicato e cruciale per la comprensione di alcune emissioni romane, italiche e magnogreche e sono d'accordo che i dati dei ripostigli indicano soprattutto un terminus ante quem e non risolvono compiutamente i problemi cronologici.

Il vero problema è la comprensione degli eventi monetari che si sono succeduti in un determinato arco temporale compreso tra la vittoria di Beneventum del 275 a.C. (che segnò il ritiro di Pirro dalla campagna d'Italia) e soprattutto, dal punto di vista economico ancora più rilevante, la caduta di Tarentum nel 272 a.C. (che segnò appunto la fine della forte influenza tarentina nella Magnagrecia) fino allo scoppio della prima guerra punica, nel 264 a.C. (e durò fino alla vittoria definitiva per i Romani alle isole Egadi, nel 242 a.C.).

Provo a ricostruire, anche sulla scorta delle interessanti intuizioni di Roberto Russo in un suo articolo apparso in un fascicoletto "Numismatica sottovoce", con poche correzioni di data.

Praticamente fino al 275-272 a.C. molte città magnogreche battevano la propria moneta e quindi affermavano in maniera tangibile la propria esistenza come Stato indipendente. Dopo la vittoria di Beneventum e il duro assedio a Tarentum sorsero per Roma seri problemi di carattere politico-economico. Innanzi tutto Roma, ormai divenuta padrona di tutta la Magnagrecia, non poteva più permettere alle non poche città greche sconfitte (Taranto, Metaponto, Eraclea, Velia, Locri, ecc.) di poter continuare a coniare monete con il loro nome. Si trovò costretta a rivedere la produzione monetaria in Magna Grecia, senza però stravolgere troppo le abitudini delle popolazioni del sud Italia. Roma aveva di fronte due possibilità: o imporre in brevi tempi nuove monete a nome di Roma o, più semplicemente, imporre la moneta di Neapolis (sua fedele alleata), peraltro molto conosciuta e bene accettata da queste popolazioni.

Ben presto Roma scelse una soluzione assai pragmatica. Diede ampio spazio alle monete napoletane e nel contempo avviò nuove emissioni con leggenda ROMANO assieme a monete di alcune città, prevalentemente campane, che non erano compromesse con la guerra di Pirro.

E' per questo motivo che alcune città campane iniziarono a coniare monete sia in argento sia in bronzo (Cales, Suessa, Teanum, Nuceria) alle quali si devono aggiungere alcune zecche non campane (in Apulia come Arpi, Tiati e nel Latium come Cora). Altre città invece coniarono monete esclusivamente in bronzo (appunto Aquinum, Cosa, Compulteria, Beneventum, ecc.).

E' intuibile, osservando la struttura e composizione di tali emissioni, che l'asse portante della produzione monetaria fu sempre la monetazione di Neapolis, a cui si aggiunsero due nuove monete d'argento di Roma con leggenda ROMANO (Cr. 15/1 e 20/1 e resta da stabilire se effettivamente Cr. 15/1 possa essere stata coniata già durante la guerra di Pirro e quindi prima della battaglia di Beneventum), affiancate da tre monete in bronzo (Cr. 23/1, 16/1 e 17/1), rispettivamente doppia unità (con aquila), unità (con leone) e mezza unità (con cavallo), coniate molto probabilmente nella stessa zecca di Neapolis. E' interessante osservare che moneta di doppia unità (Cr. 23/1) non ha diretta corrispondenza con la moneta neapoletana e, per questa ragione, coniata in un numero molto limitato di esemplari. Non credo proprio che sia coniata a Messana, bensì sempre a Neapolis.

Ovviamente questa sorta di riforma monetaria richiese alcuni anni e non risolse una sorta di dicotomia tra un sistema ancora bimetallico (argento e bronzo) in vigore specialmente nella Magnagrecia e un sistema monometallico basato sul valore intrinseco del bronzo, in vigore a Roma e nelle zone interne dell'Italia. Non posso escludere che proprio in tale periodo siano stati emessi i quadrilateri, che, come i futuri aes grave, avevano valore per il peso e circolavano anche frammentati e sicuramente la loro emissione avvenne in un arco temporale piuttosto ristretto.

Tra il 275 e il 264 a.C. i due sistemi continuarono a rimanere separati senza alcuna moneta in comune.

A mio giudizio, dopo la vittoria del 272 a.C. con la capitolazione di Tarentum e sua immediata entrata nell'influenza romana, Roma aveva bisogno, per ovvii motivi logistici, di produrre monete nel sud Italia e aveva bisogno di affiancare a Neapolis una seconda zecca che doveva avere già buona esperienza monetaria. Con molta lungimiranza, Roma riaprì subito la zecca di Taranto per produrre monete che però non portavano il nome della città emittente, per ovvie ragioni politiche e propagandistiche (la guerra di Pirro era ancora troppo vicina e Roma non poteva concedere a Taranto la dignità di oniare monete col proprio nome e senza evidenti tipi che avevano caratterizzato questa zecca).

In questa maniera furono prodotti i didrammi cosiddetti "campano-tarentine", che altrimenti non trovano una chiara giustificazione per la loro emissione. La serie campano-tarentina dovette durare ininterrottamente almeno fino al 264 a.C. (sarebbe utile ricostruire in un Corpus tutta questa serie per meglio comprendere la sua sequenza e se può essere durata in un decennio circa).

Forse prima dello scoppio della guerra punica nel 264, poco dopo la serie dei quadrilateri, Roma iniziò per la sua storica area di influenza geografica le prime serie fuse con l'asse e suoi sottomultipli (Cr. 14/1-6, 18/1-6, 19/1-2, 21/1-6).

Per la prima volta Roma diede a questi fusi un loro valore ben determinato, dall'asse all'uncia, anche se il valore rimase strettamente legato a quello del metallo contenuto. Era sempre e ancora un sistema monometallico e basato sul peso, anche se fu introdotta l'innovazione di indicare il valore, senza quindi più bisogno di spezzare nè di pesare.

Lo scoppio della prima guerra punica causò in breve tempo la cessazione della produzione delle monete neapoletane e campano-tarentine e soprattutto un cambiamento ponderale del didramma, che scese da 7,3 a 6,6 grammi. Tale svalutazione rese necessaria una massiccia produzione di numerario per sostituire le vecchie monete e non poche zecche magnogreche, che prima, al tempo di Pirro, erano state avversarie di Roma e avevano subito l'ostracismo, ora ripresero a produrre monete. Anche Taranto, che ora aiutava Roma ad allestire la sua flotta, riprese a coniare col nuovo peso gli stateri con cavaliere/Phalantos su delfino (es. SNG ANS 1081-1262).

Ora, per la prima volta, la stessa zecca di Roma iniziò a produrre "in casa" nuovi stateri con questo peso ridotto (forse Cr. 22/1 era ancora coniata a Neapolis, ma già con 25/1 in poi le monete erano battute a Roma). Continuarono nuove monete fuse, assieme a monete coniate, destinate ad aree di circolazione diverse.

Ma ora stiamo uscendo dai limiti di questa discussione e torniamo alla protome equina di Cosa e di Roma. Sono solo queste due zecche ad avere la combinazione testa di Minerva e protome equina, anche se quest'ultima può ritrovarsi da sola e con alcune variazioni in altre zecche, come Tiati (H.N. 699), senza avere lo stesso significato politico.

Per Venafrum rimando alla mia vecchia monografia, disponibile su:

numis.me/archivio/Venafrum.pdf

L'obolo di Venafrum con toro androprosopo è noto in unico esemplare su Garrucci tav. LXXXVIII, n. 17, ma non è stato poi rintracciato. Quindi persistono ancora dubbi sull'effettiva esistenza di questa emissione (bisogna vedere come Garrucci abbia letto l'etnico e magari con un pò di fantasia....).

Per Nola, allego un esemplare apparso su NAC:

post-7204-0-76724600-1343054909_thumb.jp

Per Cora, rimando a un'altra mia monografia:

numis.me/archivio/Cora.pdf

Noterai che in effetti persistono oscillazioni tra prima e dopo l'inizio della prima guerra punica, che sicuramente costituì un importante "spartiacque" tra le varie emissioni monetarie.

Ho fatto sopra il mio ragionamento, sulla falsariga del compianto Russo, per evidenziare che in effetti non appare sbagliato attribuire le monete con protome equina (Cosa) e con gallo (Aquinum, ecc.) ad anni precedenti di poco la prima guerra punica, grosso modo tra il 272 e 264 a.C.

Data la vicinanza cronologica, mi sembra in effetti ovvio che soprattutto i ripostigli risalenti al tempo della prima guerra punica possano contenere tali monete che però possono essere un poco anteriori. Inoltre non dimentichiamo che le occasioni per la sepoltura di ripostigli aumentano molto in tempi di mobilitazione e di guerra e quindi soprattutto durante la prima guerra punica.

Vorrei sottolineare che questa è solo una delle ipotesi ricostruttive sulla prima monetazione romana.

Non esistono prove oggettive che la monetazione romano-campana sia stata emessa a partire dalla caduta di Taranto o nelle vicinanze di quel periodo.

Non esistono prove oggettive, anzi i dati da scavi dicono il contrario(tesoretto di Minervino Murge datato al 280 a.C. circa), che la monetazione di tipo romano-campano, emessa ad Arpi non sia cominciata agli inizi del III secolo a.C. o addirittura alla fine del IV secolo a.C.

Non esistono prove oggettive per legare il decadimento da 7,20 gr. a 6,60 gr. alla prima guerra punica e non alla guerra pirrica, alzando il tutto di un decennio.

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Infatti ho solo proposto una possibile ricostruzione, che in fondo si allinea alla cosiddetta teoria ribassista, prendendo spunto da proposte di Roberto Russo, che comunque ha visto migliaia di monete romane e magnogreche e per di più da una privilegiata posizione, potendo anche osservare intere collezioni e forse anche ripostigli.

Ho solo messo in evidenza l'importanza del periodo che va dalla guerra di Pirro alla prima guerra punica.

Sono in fondo 10-15 anni e quindi è un arco di tempo molto ristretto per poter sicuramente collocare cronologicamente emissioni che sono in qualche modo correlate.

Ad esempio l'importante svalutazione del didramma da 7,3 a 6,6 grammi costituisce uno dei fondamentali "snodi" per meglio sequenziare molte emissioni della prima metà del III secolo a.C.

Non c'è assoluta certezza per collocare tale svalutazione, se al periodo pirrico o anche poco prima oppure alla prima guerra contro Cartagine.

Nella mia modesta ricostruzione ho intanto evidenziato anche l'importanza di tenere conto delle correlazioni con alcune emissioni locali che potrebbero avere maggiori probabilità di una datazione più verosimile, come ad esempio Cosa. E' praticamente inverosimile una sua emissione prima della fondazione coloniale, attestata con sufficiente sicurezza dalle fonti letterarie al 273 a.C.

Naturalmente il bronzo di Cosa con protome equina non è detto che debba per forza essere contemporaneo a quello simile romano, ma,a lmeno in termini di probabilità e di buon senso, è possibile ipotizzare una stretta vicinanza cronologica e così via.....

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Da un po' di mesi si sente parlare dello studio compiuto da Roberto Russo.

Spero vivamente che venga pubblicato per intero(e non solo la fase preliminare)e sottoposto al vaglio della critica specialistica. Anche perchè vedere tante monete non è sinonimo di comprensione veritiera della questione.

Altrimenti il Mommsen sarebbe ancora vigente e non superato in campo epigrafico e numismatico, avendo visto più di tutti, epigrafi e monete.

Dice bene acraf, non vi è nessun parametro che stabilisce contemporaneità dei tipi.

La didracma argentea di Arpi è attestata, tramite scavo e tesoretto, ad un periodo precedente al 280 a.C.; il similare bronzo beneventano ad un periodo posteriore al 268 a.C..

La ripetizione di alcuni tipi ed addirittura stili è un fenomeno comunemente diffuso in ambito numismatico, ma anche in altri ambiti archeologici.

Saluti.

Maria A.

Modificato da MAP
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Ringrazio per le giuste osservazioni.

So che da tempo Roberto Russo stava lavorando sulle monete del periodo repubblicano, specialmente di bronzo, e la sua malattia e morte hanno malauguratamente interrotto i suoi studi.

So che nella sua sede di Londra aveva comunque discusso con alcuni studiosi (purtroppo io non l'ho frequentato negli ultimi anni, a causa soprattutto della lontananza geografica) e credo che uno dei suoi "discepoli" più assidui sia stato Ahala, che dovrebbe avere avuto diversi suoi appunti e sta lavorando alla prossima pubblicazione di diverse emissioni, fra quali Lucera....

Spero che Ahala si faccia vivo per confermare quanto sopra.

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  • 3 mesi dopo...

Una curiosità: la deduzione della colonia di Cales fu curata consolare Gaio Duilio, padre o nonno dell'autore della grande battaglia navale di Mylae

Modificato da L. Licinio Lucullo
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In realtà a fare la deduzione coloniale di Cales, nel 336 a.C., fu il console Cesone Duilio (non Caio Duilio), assieme all'altro console T. Quinctio e a un cittadino romano che contribuì alla conquista della città, M. Fabio (su Livio VIII, 16).

Non si conosce la composizione familiare e nemmeno di Caio Duilio (il vincitore della battaglia di Milazzo o Mylae nel 260) si conoscono i suoi diretti antenati, anche perché appartenente a una famiglia non propriamente aristocratica.

Il prenome è diverso e quindi non credo a una parentela diretta tra Cesone Duilio (console nel 336 a.C.) e Caio Duilio (console nel 260 a.C.).

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Il prenome è diverso e quindi non credo a una parentela diretta tra Cesone Duilio (console nel 336 a.C.) e Caio Duilio (console nel 260 a.C.).

Per la verità, l'ipotesi di parentela all'interno di una stessa gens Duilia è propugnata proprio da un Tuo articolo (allego nel post seguente la pagina d'interesse), dove scrivi appunto "Un altro Caio Duilio, forse il figlio o il nipote del precedente ..." e in nota 51 spieghi che Caeso è ritenuto "una attestazione più antica del gentilizio". Hai cambiato opinione?

A margine, posso chiederTi perchè scrivi "Caio" e "Cesone"? Non dovrebbero essere entrambi "Caius" e "Kaeso" (se usi l'alfabeto latino arcaico), oppure entrambi "Gaius" e "Caeso" (se, invece, quello latino classico) o, infine, "Gaio" e "Cesone" (se, infine, scrivi in Italiano)?

Oppure, nel corso dei Tuoi studi, hai avuto motivo di ritenere che il praenomen si pronunciasse effettivamente "caius", anziché "gaius", e non sia invece, come per Cnaeus, la sopravvivenza di una grafia arcaica?

Modificato da L. Licinio Lucullo
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Ecco lo stralcio dell'articolo (scusate le dimensioni piccole, da questo computer cade la linea quando carico files grafici troppo pesanti):

post-13865-0-44824100-1351498789_thumb.j

Modificato da L. Licinio Lucullo
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In effetti per Cales avevo parlato di Caio Duilio, rendendo quindi più probabile la parentela con il vincitore di Mylae. A proposito, il nome Caio (in latino Caius) si scrive con la C, mentre esistono ancora controversie sull'esatta pronuncia al tempo romano; la parola Gaio, con la G, deriva da una pronuncia che si usava in vecchio ambiente ecclesiastico (per cui anche Cneo veniva pronunciato come Gneo, ma questa pronuncia "sibilante" appare sopravvissuta fino ad oggi, mentre ancora c'è incertezza sull'esatto suono romano della consonante gutturale).

Da successive letture mi sembra più corretto, per il fondatore di Cales, il prenome Cesone (in italiano, mentre in latino era Caeso o, usando un arcaicismo, Kaeso).

Comunque è passato del tempo e non ero più tornato sull'argomento, che meriterebbe un approfondimento, eventualmente con bibliografia più aggiornata.

Se qualcuno conosce meglio l'argomento, con adeguate citazioni, è pregato di riferire.

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  • 6 anni dopo...

Ravvivo questa discussione per sottoporvi l'immagine di una litra/emilitra/obolo (?) esitata nell'asta Bertolami conclusasi ieri.

Questa la descrizione: Anonymous, Rome, c. 260 BC. Æ (18mm, 5.21g, 6h). Helmeted head of Minerva r. R/ Head of bridled horse l. Crawford 17/1f; HNItaly 278. Green patina, Fine

895.thumb.jpg.062836c7878d78cbda4e6b28bc485476.jpg

 

Grazie alla segnalazione di un amico esperto, dopo un'attenta analisi, sarei propenso ad attribuire questa monetina alla zecca di Cosa, serie I (testa di Marte), gruppo 2 (testa di Marte a dx e protome equina a sx) secondo la classificazione di Vecchi. Indizio inequivocabile la A della legenda [COS]A[NO] ben visibile davanti alle briglie del cavallo. Peccato per la modesta conservazione che non consente di individuare altri particolari soprattutto della legenda. Inoltre, la somiglianza dei tipi del diritto e del rovescio con quelli dell'analogo esemplare (già pubblicato in questa e altre discussioni e riproposto qui sotto) cosano, dovrebbe fugare ogni rimanente dubbio.

1040290944_QuartonciadiCosa.jpg.cc8124978e481b7738ebb45b1519e485.jpg

Che ne pensate, autorevoli utenti? Siete concordi?

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Inviato (modificato)

Complimenti, bella moneta. Non me ne sono accorto che era in asta, se no avrei cercato di soffiartela.

Ritengo anche io che sia la moneta di Cosa.  La presenza della "A" al retro non è un argomento decisivo: compare anche nelle monete di Roma e, nelle molte varianti note di questa moneta, assume molte posizioni diverse. L'elemento di discrimine mi sembra il fatto che la testa al dritto, malgrado segni di una pulitura drastica, conservi i segni della barba, e si tratti quindi di Marte.

Tuttavia, con quel grado di conservazione, è difficile - almeno per un non professionista - avere sicurezze; ad esempio, la tua moneta assomiglia a quest'altra che ti posto, che è sicuramente di Roma. Secondo me, dovresti farla periziare

 

Immagine.jpg

Modificato da L. Licinio Lucullo
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  • 3 settimane dopo...

Buongiorno

La moneta seguente era stata classificata come anonima di Neapolis, (7. 28 gr.),

mi sono chiesto se si potesse aggiungere qualcos'altro senza arrivare a conclusioni, grazie a chiunque abbia suggerimenti in merito

215b.jpg

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