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Intervista con dr. FERRI


Risposte migliori

Ho notato nel sito:

http://www.archeologia.beniculturali.it

una intervista al noto ex-magistrato dr. Ferri, ora consulente legale del MiBAC, dove sono esposte sue opinioni sul problema della restituzione dei beni culturali (che possono riguardare anche le monete, specialmente antiche), opinioni che sono condivise dal dr. Malnati, direttore generale per l'antichità del Ministero.

Sono opinioni necessariamente "astratte" per la complessità del problema, ma rivelano anche alcuni aspetti di buon senso.

Sarebbe utile analizzare più a fondo queste sue opinioni.

La restituzione dei beni culturali: problemi etici e giuridici

Cedo in questa occasione la parola a Paolo Giorgio Ferri, magistrato e consulente giuridico della Direzione Generale per le Antichità, che ha dedicato una parte importante della propria attività alle indagini e alle istruttorie nazionali ed internazionali per la repressione del commercio clandestino del materiale archeologico, con risultati veramente eccellenti e ben noti sia in campo specialistico sia alla stampa e al pubblico colto. Abbiamo chiesto al dott. Ferri di tracciare in forma sintetica un bilancio critico della tematica delle “restituzioni” del materiale archeologico esportato clandestinamente, valutandone non solo le implicazioni di carattere giuridico internazionale ma anche le ragioni di opportunità e il contesto culturale in cui queste operazioni si devono collocare. Le opinioni del dott. Ferri sono da me del tutto condivise.

Luigi Malnati

Nell’affrontare il tema delle problematiche concernenti la restituzione dei beni culturali, va da subito sottolineato come esse siano al centro di molte delle Raccomandazioni formulate dallo “United Nations Economic and Social Council”, il quale ha più volte invitato gli Stati Membri a stipulare accordi internazionali volti a migliorare e a semplificare le procedure riguardanti “the return or, as appropriate, the repatriation, or the restitution of stolen cultural property to its rightful owner”. Analoghi sforzi sono stati e vengono compiuti dall’UNESCO, pure attraverso lo “Intergovernmental Committee for Promoting the Return of Cultural Property to its Countries of Origin or its Restitution in Case of Illicit Appropriation”, i cui mandati dovrebbero essere ampliati almeno per evitare le lungaggini ed i costi veramente proibitivi delle liti in ambito giudiziario. A tal punto che sovente il legittimo proprietario finisce per rinunciare ai suoi diritti, finendo però per convalidare la condotta illecita alla quale non si è doverosamente opposto.

Per dare soluzione ai tanti problemi giuridici, sociali, etici e politici che vengono sollevati ogni qualvolta la lite concerne un bene culturale, si può anche fare ricorso allo International Council of Museums” (ICOM) ed ai suoi programmi di mediazione allorché la disputa sia tra due Istituzioni museali; ma se la lite coinvolge altri soggetti non vanno dimenticati il ruolo e le competenze dello Art-Law Centre di Ginevra. Non solo. Va pure ricordato come attualmente si progetti la formazione in ambito UNESCO di un database che raccolga casi ed esperienze che concernono la restituzione di beni culturali, in modo da evidenziare soluzioni alternative e/o creative che potranno costituire linee guida, specie in caso di negoziati difficili o che risultino bloccati.

Invero, come già in parte indicato, le controversie riguardanti la restituzione di beni culturali hanno precise peculiarità che possono così essere riassunte:

1) coinvolgono una varietà non omogenea di parti, talora pubbliche e tal’altra private, quali Stati, Comunità Indigene, musei, artisti, case d’aste, collezionisti, commercianti, galleristi, e molti altri;

2) possono avere origine contrattuale (ad esempio, da vendita, da prestito, da rapporto assicurativo) e non contrattuale (da atto illecito, quale il furto, lo scavo clandestino, l’esportazione clandestina e/o illegale);

3) hanno ad oggetto interessi di varia natura, non solo legali e/o economici, ma spesso pure di ordine culturale, emotivo/affettivo, etico, storico, morale, politico, religioso e/o spirituale;

4) non richiedono sempre e comunque un verdetto finale che dichiari una parte soccombente e l’altra vittoriosa; ed anzi spesso propongono di scongiurare tali decisioni, sovente controproducenti per gli interessi in gioco;

5) hanno sempre più un respiro internazionale e tale ultimo aspetto rende tali dispute particolarmente onerose sotto il profilo economico e per quanto riguarda i tempi di loro soluzione. Non solo. Si debbono risolvere complicati conflitti ordinamentali e legislativi, con alto rischio di sentenze controverse e contraddittorie, proprio perché la materia è lungi dall’avere una legislazione unificata o almeno omogenea ed armonica.

Al riguardo, va anche sottolineato come tra i due estremi verdetti (di restituzione accolta o al contrario rifiutata) vi possono essere molte altre opzioni, non tutte peraltro a mio avviso positive. Così, per esemplificare, in materia di beni culturali si può ricorrere a prestiti di lungo termine, a diritti di comproprietà, a scambi di oggetti, a depositi, a progetti di ricerca comuni o ad esibizioni congiunte volte ad esaltare il valore di un dato bene, fino alla predisposizioni di repliche od immagini virtuali dell’oggetto conteso (al riguardo la 34ª sessione della Conferenza Generale dell’UNESCO, tenuta nel 2007, ha definitivamente condannato tale ultima soluzione, proprio perché la Comunità internazionale considera jus cogens il diritto di tutti i popoli alla restituzione di quella proprietà culturale che è parte della loro identità). Taluno arriva addirittura - ma opportunamente - a richiedere che l’UNESCO classifichi taluni beni culturali come “tesori” internazionali, obbligando i soggetti interessati a presentarli alle esibizioni; così da evitare gelosie ed accaparramenti, avanzando il valore economico e culturale del bene e promovendo scambi di conoscenze rispetto al nostro “common human heritage”.

Tuttavia, tutte queste soluzioni possono in pratica essere realizzate solo se esse sono basate su norme internazionali comuni, convenzioni bi-multi-laterali alla cui ratificazione oramai nessuno Stato si può più sottrarre per non rimanere isolato, vale a dire almeno al di fuori del circuito dei prestiti e degli scambi. E lo sviluppo di questa “integrazione culturale” consentirà di abbattere i vantaggi economici del traffico illecito ed in ultima analisi i profitti dei criminali i quali, com’è noto, a causa dell’elevata domanda, propongono ogni sorta di bene senza alcuna remora rispetto alla loro illecita provenienza, arrivando pure a falsificarli.

Al riguardo, va sottolineato come le recenti proposte italiane, anche giudiziarie, non scaturiscono affatto da un malcelato nazionalismo di tipo culturale. Proponendo una nuova politica di prestiti anche di lungo termine (quattro anni rinnovabili), accompagnata da azioni di recupero in sede civile e penale, le Autorità del nostro Paese vogliono così contrastare la criminalità di settore che ovviamente non può essere contenuta con risposte di tipo solo giudiziario, proprio perché risulta assai difficile un controllo capillare di un “territorio culturale” vasto e ricco quale è quello italiano. Non solo. Non vi sarà in futuro più alcuna possibilità di ripetere quelle condotte da parte di curatori di importanti musei i quali non dovrebbero più trarre motivo di vanto, ovvero assegnare un compito educativo a beni culturali che siano frutto di furto, di danneggiamento, di saccheggio di aree archeologiche e dei relativi contesti, di attività coloniali comunque predatorie. Di conseguenza, le richieste di restituzione e le proposte di prestito hanno un unico fine preventivo, al di là della portata di quanto recuperato e/o dato in cambio: il contrasto alla criminalità di settore ed ai suoi associati e/o “fiancheggiatori”. Non sono infatti immaginabili risultati di maggiore rilievo. Gli oggetti di valore archeologico, una volta resi, difficilmente potranno essere ricontestualizzati, trattandosi di beni per lo più muti e di valore solo estetico; e quelli prestati al pari di quelli trafugati sono ambasciatori della cultura italiana. Ma con un maggiore e differente valore preventivo che è pari solo alla provenienza lecita e conosciuta del bene.

Va anche detto che questo “new italian deal” trae vantaggio da quel recente trend dei musei la cui missione educativa sembra indirizzata non più ad acquisire beni in proprietà, ma verso l’organizzazione di mostre specifiche e tematiche di beni culturali. Come se una nuova visione della cultura stia alterando quel senso di universale possesso che governava fino a poco tempo or sono la creazione dei musei e la loro “collecting mania”. Mentre ora si ripropone quella che era l’originale vocazione museale di spazi destinati alle espressioni, allo scambio ed al dialogo culturale.

In conclusione vorrei sottolineare come - nonostante il dictumars grata legi” e tutti i procedimenti penali avviati - l’approccio etico sia più appagante di quello strettamente giuridico, sia con riferimento alla restituzione dei beni culturali, sia ovviamente per un migliore dialogo tra curatori di istituzioni scientifiche e culturali. Invero, salve rare eccezioni, è ben difficile raccogliere sufficienti prove della malafede di curatori o collezionisti in genere; mentre è agevole dimostrare la “unethical provenance” del bene culturale illecitamente commercializzato. Inoltre, ogni rivendica in sede giudiziaria blocca le occasioni di dialogo tra le parti interessate.

Tutto questo impone di sollecitare trasparenza ed una ridotta conflittualità nel trattare richieste di restituzione di beni culturali, essendo opportune soluzioni “etiche” piuttosto che basate su argomenti di solo rilievo tecnico-giuridico. E comunque, pure in tale ambito, in caso di dubbio, dovrebbe essere favorito il proprietario privato del possesso: mutatis mutandis, si potrebbe fare ricorso ai principi stabiliti dalle Conferenze di Washington e di Praga, quelle tenute nel 1998 e nel 2009 per affrontare le tematiche riguardanti i beni confiscati dai nazisti. È infatti noto come la rimozione dei beni culturali appartenenti ad un popolo sottrae ad esso la sua identità e la sua “psiche collettiva”; ed in questa ottica dovrebbe essere affermato che il diritto al patrimonio culturale costituisce un fondamentale diritto della persona e la sua violazione parziale o totale deve essere intesa al pari di quella portata ai fondamentali diritti umani.

Paolo Giorgio Ferri

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Grazie Acraf

l'articolo esprime riflessioni assai sofisticate , in particiolare il passaggio in cui si accenna al "diritto al patrimonio culturale" come fondamentale diritto della persona, equiparandolo ad uno dei fondamentali diritti umani.

Sono state fatte chiose o commenti, da parte di pubblicisti o esperti di settore, all'articolo di Ferri ?

Sarebbe interessante annotare le reazioni che la sua posizione ha suscitato.

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Guest ilnumismatico

Scusate, io sono un po' ignorante e questo peraltro mi sembra uno dei discorsi preparati da uno della vecchia Democrazia Cristiana. Qualcuno di buon cuore potrebbe trasformare queste forbite elucubrazioni in una spiegazione terra terra che possa andar bene per grandi e piccini?

Grazie in anticipo

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Non mi risultano chiose o commenti all'intervista di Ferri e per questo chiedevo la collaborazione dei forumisti, se hanno avuto qualche notizia.

Forse Fabio Isman sa qualcosa, anche, da buon giornalista, per "volgarizzare" meglio il pensiero di Ferri e illuminare la mente anche dei nostri giuristi che stanno curando gli interessi dei collezionisti e commercianti numismatici....

Anch'io ho trovato abbastanza "criptico" il suo discorso...... al di là del giusto ma vago accenno all'importanza del patrimonio culturale quale diritto fondamentale della persona.....

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"Nessuno che può spiegarmi quello che viene detto da Ferri? Signor Bizerba, ci può aiutare a noi poco avvezzi?"

Mica facile.......si parla di "massimi sistemi".....mica di quelle cose di cui ci occupiamo quotidianamente noi comuni mortali..... :crazy:

Saluti.

M.

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Guest ilnumismatico

Signor Bizerba e allora che faccio? Butto via anche quelle quattro monetine che mi ha lasciato mio nonno e che sono di Vittorio Emanuele e di Umberto?

Chi è che può spiegarmi/ci questi massimi sistemi?

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Ciao ilnumismatico.

"Signor Bizerba e allora che faccio? Butto via anche quelle quattro monetine che mi ha lasciato mio nonno e che sono di Vittorio Emanuele e di Umberto?"

Ma no....tienile....un ricordo del nonnino non si butta mai via.... :clapping:

"Chi è che può spiegarmi/ci questi massimi sistemi?"

C'è il personale delle Soprintendenze che potrà illuminarTi sulla materia.....sono lì apposta per consigliare i cittadini...Chiedi a loro e Ti sarà risposto...(forse...).... :crazy: .

Saluti.

Michele

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Ho notato nel sito:

http://www.archeolog...eniculturali.it

una intervista al noto ex-magistrato dr. Ferri, ora consulente legale del MiBAC, dove sono esposte sue opinioni sul problema della restituzione dei beni culturali (che possono riguardare anche le monete, specialmente antiche), opinioni che sono condivise dal dr. Malnati, direttore generale per l'antichità del Ministero.

Sono opinioni necessariamente "astratte" per la complessità del problema, ma rivelano anche alcuni aspetti di buon senso.

Sarebbe utile analizzare più a fondo queste sue opinioni.

........

....In conclusione vorrei sottolineare come - nonostante il dictum “ars grata legi” e tutti i procedimenti penali avviati - l’approccio etico sia più appagante di quello strettamente giuridico, sia con riferimento alla restituzione dei beni culturali, sia ovviamente per un migliore dialogo tra curatori di istituzioni scientifiche e culturali. Invero, salve rare eccezioni, è ben difficile raccogliere sufficienti prove della malafede di curatori o collezionisti in genere; mentre è agevole dimostrare la “unethical provenance” del bene culturale illecitamente commercializzato. Inoltre, ogni rivendica in sede giudiziaria blocca le occasioni di dialogo tra le parti interessate.

Tutto questo impone di sollecitare trasparenza ed una ridotta conflittualità nel trattare richieste di restituzione di beni culturali, essendo opportune soluzioni “etiche” piuttosto che basate su argomenti di solo rilievo tecnico-giuridico. E comunque, pure in tale ambito, in caso di dubbio, dovrebbe essere favorito il proprietario privato del possesso.

......la rimozione dei beni culturali appartenenti ad un popolo sottrae ad esso la sua identità e la sua “psiche collettiva”; ed in questa ottica dovrebbe essere affermato che il diritto al patrimonio culturale costituisce un fondamentale diritto della persona e la sua violazione parziale o totale deve essere intesa al pari di quella portata ai fondamentali diritti umani.

Paolo Giorgio Ferri

Ho voluto sopra evidenziare in neretto ed in colore alcuni passi salienti.

Senza nulla togliere all'intero excursus proposto brillantemente e dottamente dal Dott. Ferri...mi consento di richiamare, di seguito, i passi che possono essere oggetto di interesse per gli appassionati di numismatica, specificamente per i Collezionisti.

Al riguardo volendo tentare una analisi sintetica e stringente qui richiesta da alcuni utenti, l'esperienza giudiziale dell'illustre Giurista richiamerebbe da un lato la riscontrata buona fede dei collezionisti che, per quanto detto, raramente si sarebbero rivelati - nel corso dei giudizi - in mala fede.

Per converso sarebbe frequente l'illecita commercializzazione di oggetti di provenenza non etica (probabilmente...illecita).

Non spetta a me, tanto meno in questa sede, approfondire o appalesare ulteriormente tali osservazioni. In ogni caso credo che sia agevole coglierne il senso che, a dire il vero, appare del tutto condivisibile.

.

Inoltre il dott. Ferri, acutamente, osserva che:

ogni rivendica in sede giudiziaria blocca le occasioni di dialogo tra le parti interessate.

Cioè...l'esercizio pur necessario e doveroso della tutela del patrimonio culturale che comporti l'inizio di una vertenza tra Stati, Enti museali e, è d'obbligo qui rilevare, tra Stato e collezionista, crea attriti, rancori, timori, tentazioni non etiche, che non favoriscono non solo il dialogo...ma mi sento di aggiungere, anche l'emersione e la libera circolazione del patrimonio culturale in mani private.

Come non essere d'accordo!

E comunque..... in caso di dubbio, dovrebbe essere favorito il proprietario privato del possesso.

Infine il Dott. Ferri si appella al fondamentale diritto di un popolo di poter fruire e godere del proprio patrimonio culturale che, con il saccheggio e l'illecita commercializzazione...vede leso un fondamentale diritto dell'umanità.

Ed anche su questo punto credo che questo Sito possa essere unanimente concorde.

LETTERA APERTA AL DOTT. PAOLO GIORGIO FERRI

Colgo allora l'occasione della pubblicazione su La moneta.it dell'estratto di intrervista su riportata, per comunicare e ribadire la piena disponibilità di buona parte dei numismatici studiosi e collezionisti per un migliore dialogo, al fine di sollecitare trasparenza ed una ridotta conflittualità.

Mi permetto di osservare, al riguardo, che per le finalità che stanno a cuore sia al MiBAC che all'Illustre Dott. Ferri si renderebbe necessario avviare il miglior dialogo tra il mondo del Collezionismo ed il competente Ministero. Tale auspicabile dialogo si porrebbe come dato fondamentale ed imprescindibile per tentare di avviare ad equa e radicale soluzione ogni correlata problematica.

Al riguardo ho scritto recentemente ed appositamente al Dott. Luigi Malnati, esimio dirirettore generale del Servizio Antichità, al MiBAC.

Per converso, potrebbe apparire incongruo e contradittorio che ogni migliore occasione tesa ad esplorare la possibilità di favorire il Collezionismo alla luce del sole, in un'ottica di totale disponibilità e collaborazione tra il Ministero competente e gli appassionati fruitori e possessori (studiosi e collezionisti), venga non coltivata...ma piuttosto perduta.

In tal caso, oltre ogni brillante e illuminata riflessione, la gestione dei Beni Culturali in Italia continuerebbe ad apparire, a molti, del tutto monolitica. Al riguardo si finirebbe per favorire ancora e sempre coloro che superano i monoliti...girandoci intorno.

Avv. Renzo Apolloni

Modificato da piakos
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Guest ilnumismatico

Ciao ilnumismatico.

"Signor Bizerba e allora che faccio? Butto via anche quelle quattro monetine che mi ha lasciato mio nonno e che sono di Vittorio Emanuele e di Umberto?"

Ma no....tienile....un ricordo del nonnino non si butta mai via.... :clapping:

"Chi è che può spiegarmi/ci questi massimi sistemi?"

C'è il personale delle Soprintendenze che potrà illuminarTi sulla materia.....sono lì apposta per consigliare i cittadini...Chiedi a loro e Ti sarà risposto...(forse...).... :crazy: .

Saluti.

Michele

Però mi scusi, signor Bizerba, ma se mi risponde così, allora a che serve questa sezione? Avevo chiesto chiarezza e semplicità e voi mi riempite la testa di paroloni, anche in latino, belle senz'altro ma che mi confondono ancora di più.

Non si potrebbe fare degli esempi semplici semplici?

Es. se Marcellino trova una monetina nel campo cosa deve fare?

Es. Se giovannino ha delle monete del nonno, cosa deve fare per essere in regola?

Non potete scrivermi tre pagine di norme e regolamenti! Per l'amor di Dio, capisco che l'argomento deve essere trattato a norma di legge, ma non sarebbe meglio partire da un livello più basso per poi giungere alle conclusioni con i riferimenti alle leggi?

Non so se la mia proposta può essere accolta, vedete un po' voi. Certo che la lettera aperta a FERRI che forse mai leggerà mi sembra un po poco.

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Es. se Marcellino trova una monetina nel campo cosa deve fare?

Es. Se giovannino ha delle monete del nonno, cosa deve fare per essere in regola?

Marcellino va dai Carabinieri, o alla Sovrintendenza, e dice: "Passeggiando ieri in campagna col mio cane, nel posto tale e tale ho trovato casualmente questa monetina, che vi consegno perché so che essa è proprietà dello stato, a norma di legge, e può avere un valore storico o archeologico: magari potrebbe indicare la posizione di un sito archeologico ancora non censito". Infatti Marcellino frequenta il forum, ha letto questo post:

Lamoneta.it e Metaldetector

e sa come comportarsi.

Giovannino le monete del nonno se le tiene e se le gode, perché per essere in regola non deve fare proprio niente, e nessuno verrà mai a questionargli qualcosa. Se però un giorno decidesse di venderle, farebbe bene a rivolgersi a dei canali commerciali professionali, evitando accuratamente i siti di aste online specialmente se le monete sono di potenziale interesse storico o archeologico. Anzi, a dire la verità, se Giovannino sospetta che il nonno fosse un "archeologo fai da te", farebbe forse bene a interpellare preventivamente le autorità preposte... ma questa è una questione che riguarda lui e la sua coscienza civica. Anche Giovannino legge il forum, e queste cose ormai le ha capite bene.

Altri pure leggono il forum, ma preferiscono fare i finti tonti...

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Guest utente3487

Io però approvo l'idea di fare esempi chiari, semplici e brevi.

Filosofia e paroloni vanno a cozzare con la genuina semplicità della maggior parte dei collezionisti.

Perchè non fare delle schede esemplificative di Giovannino collezionista, Giovannino erede del nonno, Giovannino che compra alle aste, Giovannino che compra al mercatino, Giovannino che usa il MD.

Spiegare il lecito, l'illecito e come cercare di collezionare alla luce del sole, senza tanti paroloni, dissertazioni e dissertazioni filosofiche varie.

Non è meglio delle lettere aperte e delle tavole rotonde che poi di rotondo hanno solo il di dietro di chi occupa certe poltrone?

La gente perbene, semplice, onesta ha bisogno di chiarezza e semplicità, non di paroloni. Quelli lasciamoli a chi pontifica bene e razzolla male.

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Più che giusto in linea di principio, ma non così banale da realizzare. Ti faccio un esempio: quante volte ci siamo trovati ad analizzare situazioni in cui c'era evidente conflitto tra ciò che è "giusto" fare e ciò che è "opportuno"? Tornando a Giovannino di sopra, immagina che lui sappia con certezza che il nonno ha comprato le sue monete antiche da Santamaria negli anni Cinquanta, ma che non abbia nessuna documentazione al riguardo (perché le ha perse nell'ultimo trasloco, perché il nonno semplicemente non se ne è preoccupato, perché ... ). Queste sono monete di legittima provenienza, e quindi sarebbe assolutamente "giusto" che Giovannino possa farci quello che gli pare, incluso venderle su eBay. Ma sarebbe "opportuno" consigliargli di farlo, senza preoccuparsi delle potenziali conseguenze?

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Guest utente3487

Giusto quello che dici. Però si potrebbe in una ipotetica scheda suggerire di non porre in vendita le monete in quanto prive di documentazione, almeno su ebay, suggerendo altresì, dopo aver stilato una sorta di autocertificazione, la vendita attraverso canali prettamente numismatici, quali commercianti accreditati.

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In questi termini sarei assolutamente d'accordo, ma chi si prende la responsabilità? E se poi qualcuno davanti al giudice dice "ho fatto così perché me l'ha detto Lamoneta..."? (scherzo, ma insomma, stiamo parlando di questioni delicate)

Forse la cosa migliore da fare sarebbe "volgarizzare" (intendo in senso buono, non dispregiativo) quelle (poche) indicazioni ufficiali date dagli organi preposti, ad esempio come è stato fatto QUI. Almeno in questi casi ci muoviamo partendo da qualcosa di certo e concreto (per poi scoprire, magari, che alla Soprintendenza accanto la pensano in maniera diametralmente opposta...)

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Guest utente3487

In passato avevo suggerito di inviare alla sovrintendenze competenti per territorio la lista delle monete possedute, una sorta di autocertificazione. QUesta, unita alla documentazione di acquisto, secondo me, poteva mettere ragionevolmente al riparo un collezionista, fatto salvo ovviamente il possesso di monete poi scoperte provento di furto o scavo clandestino. Ma mi sembra di ricordare che la mia idea venne bocciata poichè molti, per tante ragioni, non sempre lecite, preferiscono mantenere l'anonimato e non rivelare le monete possedute, che potrebbero essere, in collezioni importanti, indice di una ricchezza magari fiscalmente non nota.

Capite perchè stiamo sprecando tempo? Perchè chi ha tante monete cari miei, non ha nessuna intenzione di notiziare le Autorità, invocando il fatto che non è prevista la denunzia alle Sovrintendenze. Bene, non è prevista. E allora? Nemmeno il casco ai miei tempi era obbligatorio, ma molti lo mettevano. Il problema di fondo è che i collezionisti, per tanti motivi, e non ultimo è la paura di emergere fiscalmente, non hanno interesse a svelare le proprie collezioni. Già, perchè se autocertifico una moneta che ho pagato centomila euro a fronte di un mio reddito di euro diecimila, hai visto mai che arriva la Finanza?

Quindi che si fa? Niente. Si esprime solidarietà a coloro che subiscono perquisizioni e sequestri e ci si nasconde sperando poi di non essere a propria volta oggetto di interesse delle Autorità.

Inoltre, desidero fare presente che in tanti anni ho imparato una cosa: il collezionista, anche il più onesto, nella sua vita di raccoglitore, prima o poi è stato tentato di acquistare un esemplare dai natali oscuri. Non lo neghiamo. Ebbene, quanti collezionisti possono giurare di non avere nessun esemplare "sporco" in raccolta?

Per "sporco" non intendo necessariamente un oggetto proveniente da un furto o da uno specifico scavo clandestino, ma magari per essere stato semplicemente rinvenuto su una spiaggia. Da qui ecco nascere timori e preoccupazioni.

Sapete quanti collezionisti di armi sono finiti nei guai per avere tra le centinaia di armi regolarmente denunciate, un esemplare con matricola abrasa, giusto per il brivido di un'arma che magari era stata strumento di un crimine?

Facciamo dunque un bell'esame di coscienza. Poi possiamo passare a discutere di leggi afflittive e amenità varie.

Io rimango dell'idea che trasmettere la lista delle monete possedute alle sovrintendenze sia una cosa positiva.

Poi, ognuno faccia come gli pare.

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scusate pero se parliamo di un vademecum giuridico per il collezionista, questo deve essere allora redatto su criteri oggettivi, riscontrabili nella legislazione (nonche giursipsrudenza!) vigente e segnalare alla luce di quanto legiferato disposto o passato in giudicato sinora), quanto sia lecito o non lecito fare. Altrimenti il rischio e che diventi una sorta di manuale delle giovani marmotte che lascia il tempo che trova, una sorta di decalogo generalista guidato piu dal buon senso o, peggio, dalle interpretazioni personali.

Mi pare di ricordare che proprio su queste colonne (forse era la discussione di Antonio Bernardo) una lettera di una soprintendenza (Torino - vado a memoria) , quindi un documento scritto ed emesso dall-amministrazione dei beni culturali preposta alla loro tutela, ribadisse, a chiare lettere, la non necessita'di notificare le proprie collezioni a tale ente. Quindi se adesso rimettiamo in discussione tale principio, a rigore logico e di legge, dovremmo citare il provvedimento che ne inverte la sostanza, altrimenti ripeto il vademecum diviene una sorta di decalogo arbitrario e non serve gli scopi di quanti vi si affiderebbero per avere una lettura piu chiara della normativa vigente.

Torno comunque a dire che in ogni caso la normativa vigente e ancora in profonda evoluzione e non poche sono le disposizioni soggette a diverse interpretazioni o anche le contraddizioni con la giurisprudenza applicata , quindi la redazione di un tale vademecum non sarebbe in ogni caso un compito facile facile..

Infine una piccola annotazione. Perche in Italia si parte spesso con la presunzione che un collezionista, che normalmente si presume persona onesta intelligente e magari anche culturalmente avanzata, sia un individuo prone a fare necessariamente qualcosa di illecito e quindi a dover espiare dei peccati commessi. Devo dire che non ho riscontrato, in motli paesi all-estero , tali atteggiamenti, ove si da per principio fiducia al cittadino, salvo naturalmente poi a redarguirlo/punirlo in caso di errori. Ma il presupposto iniziale e di maggiore fiducia , oserei dire di maggiore rispetto. Mi auguro che anche nel nostro bel Paese si possa instaurare un clima positivo e d maggiore fiducia pur nel pieno rispetto delle norme e delle leggi vigenti.

Modificato da numa numa
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Guest utente3487

Dimentichiamo che il nostro Paese è tra i primi al mondo per evasione fiscale e se oggi siamo in queste condizioni è perchè il nostro è il Paese dei furbi e furbetti.

I furbetti poi pensano: collezioni (non solo di monete, ma quadri, ceramiche di pregio e via dicendo), potrebbero far scattare delle presunzioni di ricchezza, quindi meglio evitare.

Il fatto che "una" sovrintendenza evidenzia la non necessità di notificare le monete non significa nulla. Perchè non provare, come dissi, a notidicarle ai Beni Culturali MIBAC inviando le notifiche ai CC TPA o GdiF TPA? Se tutti facessero così sarebbe sicuro un quesito da parte dei Comandi Generali dell'Arma e della GdiF al Ministero e la risposta sarebbe autorevole eccome. Però come ho detto, meglio stare zitti zitti e sperare di non essere mai tirati in ballo.

Non ci prendiamo in giro.

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Dimentichiamo che il nostro Paese è tra i primi al mondo per evasione fiscale e se oggi siamo in queste condizioni è perchè il nostro è il Paese dei furbi e furbetti.

I furbetti poi pensano: collezioni (non solo di monete, ma quadri, ceramiche di pregio e via dicendo), potrebbero far scattare delle presunzioni di ricchezza, quindi meglio evitare.

Il fatto che "una" sovrintendenza evidenzia la non necessità di notificare le monete non significa nulla. Perchè non provare, come dissi, a notidicarle ai Beni Culturali MIBAC inviando le notifiche ai CC TPA o GdiF TPA? Se tutti facessero così sarebbe sicuro un quesito da parte dei Comandi Generali dell'Arma e della GdiF al Ministero e la risposta sarebbe autorevole eccome. Però come ho detto, meglio stare zitti zitti e sperare di non essere mai tirati in ballo.

Non ci prendiamo in giro.

Buonasera, però è anche vero che dove non cè una chiara normativa a riguardo, si potrebbe correre il rischio, che mentre da una parte ti dicono che non serve notificare le monete e che pertanto un eventuale notifica potrebbe fare piacere, inviata la stessa notifica altrove potrebbe far scattare altro (anche perchè non dimentichiamoci che a volte le disposizioni attuative vengono interpretate in modo soggettivo da funzionari diversi....)..

credo sia questo il problema che puo far preoccupare, anche perchè immagino che se un collezionista ha monete "borderline" di certo non va a notificarle....

ciao

skuby

Modificato da skubydu
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Guest utente3487

Non credo. Potrebbero chiedere precisazioni e chiarimenti. Ma mi sento di escludere, proprio per deontologia professionale dei funzionari, effetti boomerang. Il problema è che qualcuno non se la sente di portare a conoscenza lo Stato di avere, per esempio, una moneta conosciuta in un unico esemplare, sia pure acquisito regolarmente (esemplare in possesso della propria famiglia da almeno 200 anni).

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Non credo. Potrebbero chiedere precisazioni e chiarimenti. Ma mi sento di escludere, proprio per deontologia professionale dei funzionari, effetti boomerang. Il problema è che qualcuno non se la sente di portare a conoscenza lo Stato di avere, per esempio, una moneta conosciuta in un unico esemplare, sia pure acquisito regolarmente (esemplare in possesso della propria famiglia da almeno 200 anni).

Non ho scritto che funzionari non lavorano come dovrebbero perchè chiudono un occhio (relativamente alla deontologia professionale), ho scritto solo che dove la normativa non è chiara, e mi sembra che sia questo uno dei punti per il quale se ne discute da anni, ci si trova ad interpretare una normativa ....(lo affermo con cognizione di causa in quanto lavoro nel settore pubblico da 10 anni..), e quando si interpreta, nonostante i vari gruppi di lavoro ai quali si puo aderire per relazionare e raffrontarsi, alla fine i risultati sono a volte diversi. Credo che anche nel suo settore succeda. sbaglio?

skuby

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Guest utente3487

sono trent'anni che lavoro nella pubblica amministrazione e ormai posso dire che molte delle nostre norme sono poco chiare ma non spetta a me modificarle o criticarle. Io devo applicarle. Ho dovuto, nel corso della mia carriera, procedere a sequestri di monete e ho operato sempre rispettando la controparte e con il massimo rispetto anche per i beni sequestrati.

Dire che la normativa non è chiara non significa nulla. Io la linea che seguirei se fossi un collezionista di monete antiche l'ho esposta. E sono convinto che non sbaglierei.Per avere una linea di condotta da parte del Ministero, occorre presentargli un quesito. Mi rendo conto che il quesito del privato magari dovrebbe affrontare tempi biblici, ma se le sovrintendenze fossero investite da migliaia di notifiche, non credete che per gestirle interpellerebbero il Ministero per chiedere lumi? Io penso proprio di si. Ma come ho detto chi colleziona nell'ombra si guarderà bene da svelare le proprie collezioni, non necessariamente perchè non sono legali ma magari solo perchè indici di una potenziale ricchezza sconosciuta al fisco. Trent'anni che sono in Finanza, conosco i miei polli.

Purtroppo non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire...

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Guest utente3487

L'emersione del collezionismo (non solo di monete), gioverebbe al nostro patrimonio culturale, contrasterebbe i traffici illeciti di beni archeologici, consentirebbe di conoscere quello che ancora abbiamo e servirebbe anche per gli studi.Ma sappiamo benissimo che molti preferiscono stare nell'ombra...oh se lo sappiamo...

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Forse molti non si "fidano troppo", e io credo moltissimi in buona fede e con qualche ragione, dopo aver letto questa considerazione di Sheldon Richman:

“In sintesi il potere di imposizione produce necessariamente due classi: coloro che creano ricchezza e coloro che la estorcono con la predazione. I produttori di ricchezza, naturalmente, desiderano poterne disporre e utilizzarla per la realizzazione dei propri personalissimi scopi. Coloro che vogliono impossessarsene cercano invece di escogitare le modalità più subdole per sottrarre le risorse senza troppo sconvolgere i loro creatori”.

P.S. E' con grande piacere che rileggo il "nostro" elledi e mi dispiace un po' scrivere il mio commento da "pollo" che un po' contrasta con la sua tesi. Io credo ancora che ci siano persone oneste nel nostro Stato e avere a che fare con queste mi appaga del fatto che a volte i "furbetti" sembrino la maggioranza.

Voglio sottolineare che non sono un economista, conosco pochissimo Richman e ho difficoltà ad interpretare oltre quello che, da semplice lettore, leggo. Sorry

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