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IGNORED

Dioboli con Atena/Ercole strangolante


Risposte migliori

Ringrazio miglio81 per l'ottima analisi.

Indubbiamente l'attribuzione dei dioboli all'una o all'altra zecca spesso comporta dei problemi.

Purtroppo sono stati allestiti moltissimi conii e con stili che vanno dall'eccelso al mediocre.

L'importante è intanto enucleare dei gruppi di dioboli che presentino caratteristiche omogenee e caratterizzanti.

Il gruppo postato in #24 è sicuramente riconducibile a una sola zecca, che è Heraclea (in proposito noto che i pezzi 3 e 4 provengono da una stessa coppia di conii).

Sicuramente il discorso diventa difficile nel caso di esemplari di stile più scadente, dove diventa necessario l'etnico per il riconoscimento della zecca emittente.

I due dioboli postati in # 25, pur diversi, presentano uno stile molto simile, con caratteristico taglio della bocca e profilo sfuggente. Grazie all'etnico sono di Heraclea ed è probabile che altri dioboli, anonimi, ma con simile stile, possano appartenere alla stessa zecca.

E' comunque un lavoro di puzzle molto difficile e delicato e probabilmente non potrà sempre portare a risultati probanti.

E' uno dei tanti campi dove è possibile condurre una inedita ricerca, che resta molto difficile.

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Per quanto riguarda le monete suberate, da quando l'uomo ha cominciato a battere moneta con l'utilizzo di metallo nobile, esistono i suberati e non mi pare esistano monetazioni che si salvano da questo fenomeno.

Anche i frazionali sono sempre stati soggetti a falsificazione come ogni altro nominale.

Ci sono esemplari suberati già dalla fine del VII secolo in Lydia, poi Persia, Athene e nelle monetazioni macedoni, fino alla "nostra" Magna Grecia, per questo le monete venivano "saggiate" o controllate.

Credo che molti studi diano per certo il fatto che la stessa autorità emittente prevedesse un certo numero di suberati per risparmiare.

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Modificato da miglio81
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Inoltre ringrazio acraf per un'ottimo contributo su una serie di emissioni probabilmente poco studiate a giudicare dai riferimenti e dagli studi specifici, tutt'ora fermi al XIX secolo e al Garrucci.

A giudicare dai pochi esemplari conosciuti o per lo meno pubblicati, l'esemplare SNG ANS, quello conservato al British Museum, quello apparso alla NAC 52 e i Garrucci 9, 10, 11 e 12 (possono essere stati mal interpretati e recare tutti la medesima iscrizione al rovescio sopra il leone, da capire se ARPA, APOL, etc..., con la Delta tra Eracle e le zampre del leone) potrebbero riferirsi ad unica emissione, che potrebbe variare solo al dritto con la presenza della sola legenda CER... oppure ARP-CER come l'esemplare apparso alla NAC e catalogato al numero 10 dal Garrucci.

In sintesi è probabile che il rovescio sia il medesimo con la sola variante di legenda al dritto, mentre diventa molto interessante l'esemplare numero 13 con Eracle stante e al dritto una legenda completa CERTIENA (secondo il Garrucci).

In questo caso cambiano proprio i tipi, ma oltre a questo disegno, non esistono prove dell'esistenza di questa moneta e apparentemente sembrerebbe l'unico esemplare noto.

Bisognerebbe avere la possibilità di esaminarlo personalmente, ma non conosco l'odierna ubicazione e non ci sono altri esemplari pubblicati.

L'ipotesi Herdonia del Migliarini, che Garrucci sembra inizialmente considerare e che poi abbandona leggendo un passo di Strabone che parla della popolazione lucana degli Overtini, potrebbe non essere poi così sbagliata.

Come in effetti sostenuto precedentemente da acraf, la collocazione lungo il fiume Bradano, sembra un pò forzata per un'alleanza di questo tipo.

Mentre Herdonia era molto vicina ad Arpi e si trovava in una collocazione strategica per la viabilità e i commerci, tant'è che Traiano, secoli dopo decise di farvi passare la nuova via Appia, dove sicuramente erano già presenti collegamenti e strade di notevole importanza.

Inoltre, per pura curiosità controllando sulla tavola Peutingeriana Herdonia è contrassegnata con Crdonia...probabile trascrizione latina di un precedente alfabeto presente nella zona?? (altre cartine rinascimentali riportano il nome Cerdona)

Rimane da capire se la C quadra fosse di derivazione Osca (vista la grande influenza sannitica preromana in Daunia) o fosse in realtà derivante da qualche altro alfabeto o dialetto interno, come ad esempio alcune emissioni della vicina Salapia dove ritroviamo l'etnico CALPINON, con la C che in questo caso sarebbe pronunciata con l'odierna "S".

La forma della C, propriamente detta quadra mi fa propendere per la prima soluzione e non credo possa trattarsi dell'alfabeto Messapico.

Modificato da miglio81
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Resta poco da aggiungere su Herdonia e la sua monetazione, dopo le belle dissertazioni di miglio81 e acraf.

Non sono riuscito a trovare nessuna foto buona sui dioboli di Herdonia, nessun passaggio in asta, eccetto quello indicato da acraf.

Questi sono i riferimenti bibliografici che sono riuscito a trovare grazie al mio strumento di cui parlavo nel mio post precedente:

HN Italy 637 (attribuita ad Arpi)

HerdoniaHNItaly637.jpg

Montenegro 1049 (che pubblica la stessa foto del SNG ANS 695)

HerdoniaMontenegro1049eANS695.jpg

SNG Gale 146 (attribuita ad Arpi)

SNGGaletesto.jpg

HerdoniaSNGGale146.jpg

Historia Nummorum di Head a pag.39

HerdoniaHead.jpg

Un'altra attribuzione ad Arpi a pag 181 del testo: Konigliche Museen zu Berlin – Beschreibung der Antiken Münzen; Dritter Band Abtheilung 1 – Italien; W. Spemann, Berlin 1894

kmberlin.jpg

Mionnet Supplement 419, attribuita ad Arpi (Description de Médailles antiques Grecques et Romaines – Supplement, Tome Premiere; par T. E. Mionnet; Paris 1819)

HerdoniaMionnet.jpg

Una ulteriore attribuzione ad Arpi nel testo: Repertorio, ossia descrizione e tassa delle monete di città antiche comprese ne’ perimetri delle provincie componenti l’attuale Regno delle due Sicilie al di qua del faro. Per Gennaro Riccio – Napoli 1852

repertoriopag38.jpg

E, infine, tre monete, sempre attribuite ad Arpi, pubblicate a pag 71 del testo: Recherches sur les Anciennes Monnaies de l’Italie Méridionale; par L. Sambon; Naples 1863

sambonRAMIM.jpg

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Un ottimo e importante contributo di TARAS, dove sono emerse nuove prove dell'esistenza di queste emissioni, anche se bisognerebbe fare un pò d'ordine per capire quanti esemplari siano stati pubblicati e quali invece siano stati studiati, riportati e pubblicati più volte, perchè ho l'impressione che alcuni studi soprattutto del XIX secolo, si riferiscano alle medesime monete, tant'è che lo stesso Garrucci, tratta queste emissioni, dichiarando di aggiungere due monete a 3 esemplari già esaminati dal Minervini.

L'argomento è molto interessante, ma senza poter esaminare gli esemplari personalmente o da buone immagini, si rischia di ripetere errori e cattive interpretazioni di chi ci ha preceduto con gli strumenti dell'epoca...

Facendo un riassunto e trascurando alcune pubblicazioni sembrerebbero 3 le varianti per queste emissioni:

1) D/ Testa di Athena con elmo corinzio ornato da ippocampo a destra, davanti CEPTI ?

R/ Eracle inginocchiato verso destra, tiene con il braccio sinistro il leone Nemeo, con il destro la clava, sopra al leone APΠA, sotto Δ;

2) D/ Testa di Athena con elmo corinzio ornato da ippocampo a destra, davanti APΠ-CEP;

R/ Eracle inginocchiato verso destra, tiene con il braccio sinistro il leone Nemeo, con il destro la clava, sotto Δ;

3) D/ Testa di Athena con elmo corinzio ornato da ippocampo a destra, davanti CEPTIETA ?;

R/ Eracle in piedi verso destra nell'atto di strozzare leone Nemeo.

Il terzo esemplare in particolare è sconosciuto o non ci sono immagini, ma il Garrucci dichiara la posizione al Museo di Parma.

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Riguardo l'antico sito di Herdonia, da una breve ricerca tra i miei libri ed ebooks, ho appreso quanto segue:

L’antica città di Herdonia occupa una serie di colline situate a sud

della pianura foggiana, lungo la riva destra del Carapelle, nei pressi

dell’odierna cittadina di Ordona e precisamente ad ovest di questa, là

dove va a finire dolcemente l’altopiano di Ascoli, lungi 7 miglia da

questo.

Il nome della città si riscontra in diverse fonti antiche greche e latine.

Esso presenta diverse varianti: le più correnti sono Herdonia e

Herdoniae. Le fonti greche riportano la forma cEp~ttW61 e Ksp8wv62 Le

fonti latine riportano la forma Herdonea63 (però troviamo in Livio pure

l’espressione « ad Ardaneas »64 in relazione con gli avvenimenti del

214 a. C., comunemente interpretata come Herdonea) oppure Herdonia65

; gli abitanti sono chiamati Herdonienses66; il « Liber Coloniarum

» riporta due forme Herdona e Ardona; gli itinerari: Tabula Peutingeriana,

itin. antonino e il gerosolimitano rispettivamente hanno

Herdonia, Erdonias, Serdonis.

Alcuni autori attribuiscono alla città le monete con la leggenda

L~EP, come pure l’emissione con la leggenda~APAQ databile al IV

sec. a. C. e quelle contemporanee con la leggenda EP~ANQN (oppure

APz~ANQN); altre monete, datate al III sec. a. C. e presentanti nel

campo la lettera H, sono, qualche volta, attribuite a Ordona67.

L’origine del nome è stata variamente interpretata: secondo alcuni

è nome osco-sabellico; recentemente invece, si è parlato di una consonanza

illyrico - iapygio – messapica68. Un’ipotesi interessante è quella

del Calderone il quale identifica i ~p~to~ menzionati in una iscrizione

del VI sec. a. C. trovata ad Olimpia con gli abitanti di Herdonia69. Se

questa ipotesi si dimostrerà esatta si potrà in avvenire dire qualche cosa

in più sulla città dauna, in un periodo anteriore alla seconda guerra

punica.

(tratto da: "Tre centri dell'antica Daunia. Salapia – Herdonea – Ausculum" di Meluta D. Marin, in La Capitanata - Quadrimestrale della Biblioteca Provinciale di Foggia Anno VII (1969) - Parte prima)

Ora, voglio esporvi alcune idee. Sottolineo che le mie sono solo ipotesi, alquanto fantasiose, e non hanno alcuna pretesa di scientificità.

Leggendo due testi di Stazio, in particolare "Storia monetaria dell'Italia preromana" (1978) e "Modelli di gestione del territorio delle poleis italiote e siceliote nella documentazione numismatica" (1995), emerge che la teoria dei dioboli Athena/Herakles come "emissione federale" va rivista. Infatti questi tipi furono coniati in numerosi centri italici in aree lontane ed isolate dalla Lega Italiota, come i centri Peuceti di:

Kailia (Ceglie del Campo)

KailiaSNGANS664.jpg

e Rubi (Ruvo di Puglia),

RubiNACOlot1043.jpg

e quelli Dauni di:

Teate (Chieti)

Teate.jpg

e, appunto, i dioboli già visti di Arpi (Arpinova) ed Herdonia (Ordona).

Accanto a questi sono da considerare degli oboli, attribuiti al misterioso centro di Pitanatan, probabilmente un centro sannitico sotto l'influenza di Taranto, una sorta di avamposto di frontiera con la funzione di controllare l'avanzata dei romani verso sud. Questi oboli mostrano al R/ proprio il tipo di cui ci stiamo occupando:

PitanatanSNGFrance309.jpg

Come dicevo, i tipi Athena/Herakles ricorrono in coniazioni lontane ed estranee alla Lega Italiota.

Dunque i nostri dioboli, piuttosto che moneta federale, andrebbero considerati come monete strumento di penetrazione economica di traffici e di rapporti con i popoli italici della antica Apulia.

Citando Stazio: "Visto in questa luce, il problema dei dioboli non va più limitato all'ambito ristretto della monetazione di Taranto o di Heraklea o a quello più ampio, ma anch'esso circoscritto, di un esperimento di emissioni federali di città italiote, ma deve essere considerato nel quadro, ben più complesso e articolato, dei rapporti tra l'ambiente greco e quello indigeno, che proprio in quest'epoca (tra IV e III sec. a.C.) appaiono particolarmente stretti e vivaci".

Tornando a Herdonia, ho fatto uno screen da google heart, che mette in luce come il centro antico fosse situato in una posizione strategica... sulla riva destra del fiume Carapelle, punto di passaggio verso sud per chi, come i romani, provenisse da ovest dopo aver attraversato gli appennini.

Herdonia.jpg

Questa carta tratta dall'articolo "Tra Ausculum e Herdonia: i paesaggi di età daunia e romana della Valle del Carapelle" (Goffredo-Ficco 2009), rende ancora meglio l'idea:

HerdoniatopografdaGoffredoFicco.jpg

L'importanza strategica del fiume Carapelle (è il caso di ricordare che proprio nei pressi del fiume si svolgerà la decisiva battaglia di Ascoli Satriano tra romani e Pirro.) è attestata dal ponte che i romani vi costruiranno in seguito, proprio a Herdonia, dove passerà la via Traiana (che ricalcava nel suo decorso nel nord della puglia precedenti tracciati percorsi dai Dauni).

Questa immagine (tratta dall'articolo di Meluta D. Marin del 1969), in cui ho evidenziato con due pallini rossi Arpi ed Herdonia, e con una freccia il fiume Carapele che arriva dall'appennino, mostra gli antichi tracciati stradali della Daunia Antica, prima della conquista romana:

stradedaunia.jpg

Considerato ciò, non possiamo immaginare che Taranto abbia fatto uso di milizie mercenarie dai suddetti centri per arginare l'avanzata dei romani prima che questi fondassero Venusia e dilagassero nel nord della Puglia?

Mi sembra interessante a questo proposito quanto scrive Alberto D'Andrea nel volumetto "Le monete della Daunia", a proposito dei dioboli attribuiti a Herdonia: "(la moneta) tipologicamente è ascrivibile alle emissioni tarantine e, soprattutto, ai centri ad essa federati o assoldati come mercenariato, per cui, come per emissioni analoghe, potrebbe benissimo essere stata battuta a Taranto o in qualche accampamento militare e destinate alle milizie di Herdonia".

La tesi del D'andrea, per quanto ardita, mi pare piuttosto affascinante. Egli in pratica propone l'ipotesi che i dioboli di Herdonia, così come quelli di Arpi, di Kailia, ecc., siano stati coniati a Taranto e destinati a truppe mercenarie italiche provenienti dai centri a cui gli etnici si riferiscono, come "monete personalizzate per le varie brigate".

Che fossero questi i "rapporti particolarmente stretti e vivaci" a cui accenna Stazio senza sbilanciarsi oltre?

Chiudo con una ulteriore suggestione a sostegno di questa spericolata ipotesi "mercenariale", che mi rendo conto essere ai limiti dell'improponibile, ma mi intriga molto.

Che io sappia, ma potrei anche sbagliarmi, i tipi Athena/Herakles sui dioboli appaiono, come abbiamo visto, su centri indigeni di Daunia e Peucezia, ma non appaiono su alcuna moneta coniata in Messapia.

Ettore De Julis nel suo bel libro "Magna Grecia - L'Italia meridionale dalle origini leggendarie alla conquista romana", cita a pag 219 un passo di Strabone che riferisce come, presumibilmente alla fine del IV a.C., "i Tarantini combatterono per Heraclea contro i Messapi, avendo come alleati il re dei Dauni e quello dei Peuceti".

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Sull'argomento vorrei segnalare quanto scritto dal dottor Vincenzo La Notte, nel suo bel volume "La Monetazione della Daunia. Storia degli studi e analisi della produzione", Foggia 2011, in cui le ultime monete segnalate sono trattate.

In essa vi è presente un'analisi bibliografica completa sull'argomento.

Alle pag. 99-100 sono trattate le monete con epigrafe "ARP CERT" e "CERTI", mentre quella con iscrizione "CERTIENA" è inserita alla pag. 111 del volume e posta fra quelle di dubbia esistenza, essendo l'esemplare di Parma, unico segnalato bibliograficamente, non più rintracciabile.

Per quanto concerne l'attribuzione, nel libro, viene espressa una posizione dubitativa, non essendovi elementi dirimenti per decidere in maniera definitiva.

Cordiali Saluti

Maria A.

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Avrei una domanda e una precisazione da fare.

La prima è se a Salapia la C veniva letta come S, perchè a Herdonea(questo è il nome latino originario), essendo sovrapponibili come scritto da acraf, dovrebbe leggersi V.

La precisazione è che della moneta con iscrizione ARP CERT sono conosciuti solo due esemplari.

Quello apparso in Asta Nac e uno a Berlino. L'esemplare della Collezione McClean397 è in realta un obolo.

Scusate ho un'altra domanda.

Volevo sapere da dove deriva l'interpretazione dell'iscrizione fatta al post30 da Miglio81.

Garrucci parla di CERTIENA e così la bibliografia successiva.

Non ho letto a nessuna parte CERTIETA. Cioè la T al posto della N.

Grazie.

Modificato da MAP
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Avrei una domanda e una precisazione da fare.

La prima è se a Salapia la C veniva letta come S, perchè a Herdonea(questo è il nome latino originario), essendo sovrapponibili come scritto da acraf, dovrebbe leggersi V.

La precisazione è che della moneta con iscrizione ARP CERT sono conosciuti solo due esemplari.

Quello apparso in Asta Nac e uno a Berlino. L'esemplare della Collezione McClean397 è in realta un obolo.

Scusate ho un'altra domanda.

Volevo sapere da dove deriva l'interpretazione dell'iscrizione fatta al post30 da Miglio81.

Garrucci parla di CERTIENA e così la bibliografia successiva.

Non ho letto a nessuna parte CERTIETA. Cioè la T al posto della N.

Grazie.

In realtà si "ipotizza" che la "C" quadra ben definita, possa essere di derivazione Osca (essendo una lettera usata in questo alfabeto ed essendo la Daunia influenzata in epoca preromana dagli Osci) e foneticamente "V", già il Garrucci e il Migliarini la interpretarono foneticamente così, facendo alcune comparazioni anche con influenze esterne.

Nella sola emissione di Salapia però la "C" non è quadra e foneticamente è da tradurre con "S", probabilmente per un dialetto locale e-o per l'influenza di altre popolazioni.

Per quanto riguarda il secondo quesito, in realtà il Garrucci potrebbe aver forzato la lettura, influenzato dal passo di Strabone che parla del popolo dei Vertini e della città di Vertina in Lucania, associandola foneticamente alla legenda.

La lettura CERTIETA in realtà è quello che pare di vedere esaminando il disegno che lui stesso realizzò, tutto mi sembra fuorchè una "N", forse una "Gamma" !?

Chiaro che si tratta solo di un disegno e senza vedere l'esemplare, non si possono nemmeno impostare ipotesi e non capisco perchè sia considerato non più rintracciabile, qualcuno a suo tempo ha provato a esaminare o a rintracciare la moneta a Parma?

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Modificato da miglio81
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Personalmente nutro dei forti dubbi sull'interpretazione della prima lettera come un V, considerando anche l'interdipendenza storico-politica, nel IV-III secolo a.C., fra Arpi e Salapia.

Probabilmente essa fu anche linguistica e quindi se la C in Salapia aveva valore di S, credo che anche in questo caso possa avere tale valore. Ma non sono certa.

Certo voler interpretare come forzatura il pensiero dell'autore che fece il disegno e poi esplicitò in lettere quello che vide(o credette di vedere), è a sua volta una forzatura.

Anche perchè con CERTIETA non si avrebbe una soluzione alternativa e definitiva o semplicemente per fugare qualche dubbio. CERTIENA no e CERTIETA cosa corrisponderebbe?

Occorrerebbe qualche esemplare chiaro, perchè se anche fosse rintracciabile quello di Parma(e ne dubito, considerando lo zelo del dottor La Notte che avrà fatto delle ricerche in proposito, sicuramente), probabilmente sarebbe mancante proprio nella parte della legenda, come disegnato dal Garrucci.

Si ha notizia di qualche esemplare in mano a collezionista privato, disposto a concedere qualche foto?

Maria A.

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Inviato (modificato)

Purtroppo per l'esemplare Garrucci n. 13 (vedi il mio post # 18 e riportato pure nel libro di Vincenzo La Notte, senza ulteriori note) esiste solo un disegno, che costituisce l'unica testimonianza di una legenda più estesa e completa e quindi utile ai fini della comprensione delle strane lettere CEPT e CEPTI.

L'esemplare, come testimonia Garrucci, stava al Museo di Parma e sarebbe bello che qualcuno del museo lo cerchi....

Il Garrucci legge la scritta come CEPTIENA, con la lettera N molto sghemba. A vedere il disegno la penultima lettera sembra in effetti più una T che una N, con conseguente CEPTIETA (anche se è da vedere se il Garrucci l'abbia vista dal vivo o magari ha avuto solo un calco, come si usava ai suoi tempi).

Bisogna sempre stare molto attenti alle vecchie notizie, del XIX secolo: molto spesso una errata lettura viene riportata pedissequamente anche in autori successivi, senza possibilità di controllo.

Resta ancora aperta la questione della pronuncia. E' vero che a Salapia, in una delle sue prime emissioni (cfr. la pagina 254 del libro di La Notte) compare la lettera C al posto della S del nome della città (per il resto scritto in perfetto greco). Però questa lettera ha una forma differente, perfettamente curvilinea, proprio una C, e mai con la forma squadrata come in questi dioboli.

Continuo a ritenere, anche se ovviamente solo allo stadio di ipotesi, che è la sesta lettera dell'alfabeto osco, che era usato in Lucania e in parte anche nella Daunia, che appunto viene pronunciato come una V (e allora l'esemplare di Parma verrebbe letta come VERTIENA oppure VERTIETA anzichè SERTIENA oppure SERTIETA, che pure esse non suggeriscono alcuna località nota).

L'ipotesi di Herdonia abbisogna ancora di conferma e non è affatto molto sicura. Era stata già avanzata dal Minervini, come moneta di alleanza con Arpi.

Basta osservare la cartina postata dall'ottimo Taras (si vede che è un attento bibliofilo e ha già tratto utili riferimenti) per rendersi conto che, almeno a livello teorico, le due città possono essere unite da un patto, dettato dal fatto che insieme possono controllare una porzione molto strategica della Daunia, con almeno due fiumi (ora poco più che torrentelli) in mezzo, il Cervaro e il Carapelle.

Se è corretta la pronunzia, che doveva essere piuttosto aspra, dell'osco, come già evidenziato dal Minervini, si ottiene una parola che suona abbastanza vicina al successivo nome di Herdonia (con piccole modifiche specie a livello di vocali e quindi storicamente non assurde).....

Tutto qui, ancora a livello di ipotesi, e per questo è molto importante sperare che compaiano esemplari con legende più lunghe e complete del già noto CEPT.

Molto opportunamente Taras ha sollevato il quesito della reale funzione di questi dioboli.

In effetti appare un pò riduttivo ricondurre la loro produzione alla lega italiota, che al limite può avere avuto una funzione aggiuntiva (specie per Tarentum e Heraclea). In ogni caso la prima metà del IV secolo a.C. vide numerose guerre e battaglie, dirette soprattutto da Tarentum, per estendere la propria area di influenza verso le zone interne della Lucania e della Daunia, dove appunto si parlava prevalentemente l'osco, con forti contaminazioni in greco.

Come giiustamente evidenziato da Stazio, che ha studiato non poco queste monetine, e pure già accennato nei posts precedenti, è possibile che servizzero per meglio entrare nell'area economica delle popolazioni indigene, che preferivano ridotti nominali.

Molto probabilmente, anche proprio per facilitare tale penetrazione verso l'interno, alcune monetine erano state coniate da o per i mercenari indigeni, al soldo dei Tarentini.

Molto istruttiva è la rara monetazione dei Peripoloi Pitanatan, in greco, accennata nell'ultimo post di Taras (monetazione da me descritta nel dettaglio e con tutti i pezzi noti nel volume "Pietre e Monete" pubblicato da Editrice Diana nel 2009), più tardiva degli oboli con CEPT risalendo all'ultimo decennio del IV secolo a.C., ad opera quasi sicuramente di mercenari sanniti filo-tarentini posti a guardia di una stazione di frontiera tra Samnium e Apulia, forse per bloccare la discesa dei Romani verso la Peucezia.

Il termine "Pitanati" deriva dagli abitanti di uno dei distretti di Sparta, ma anche di Tarentum, che era una colonia laconica, e forse fu usato dai Tarentini per lusingare i loro vicini Sanniti, a quel tempo assai potenti e insieme guadagnare la loro amicizia, dal momento che i Sanniti potevano allora mettere inseme con facilità 80.000 soldati di fanteria e 8.000 cavalieri (così la testimonianza di Strabone, Geo., V, 4, 12).

Magari continuamo ad approfondire questi benedetti dioboli....

Modificato da acraf
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Personalmente nutro dei forti dubbi sull'interpretazione della prima lettera come un V, considerando anche l'interdipendenza storico-politica, nel IV-III secolo a.C., fra Arpi e Salapia.

Probabilmente essa fu anche linguistica e quindi se la C in Salapia aveva valore di S, credo che anche in questo caso possa avere tale valore. Ma non sono certa.

Certo voler interpretare come forzatura il pensiero dell'autore che fece il disegno e poi esplicitò in lettere quello che vide(o credette di vedere), è a sua volta una forzatura.

Ha perfettamente ragione, come darle torto...

Mi ha colpito che nell'unico esemplare dove la legenda sembra completa, l'autore avesse identificato con CEPTIENA una legenda, che vuoi per caso, vuoi per un effettivo calco al carboncino, risultasse leggibile in CEPTIETA o CEPTIEΓA... ma come facevo presente sopra, si tratta solo di un disegno e indubbiamente ho sbagliato io a leggere direttamente dalla legenda dell'immagine senza riportare quella effettiva pubblicata nel testo.

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Speravo che il dottor La Notte, più competente su questa monetazione di me, intervenisse in maniera diretta, ma pare che abbia deciso di abbandonare il forum.

Cercherò di sintetizzare quanto da lui scritto.

Dal punto di vista bibliografico è utile precisare che un esemplare di questa emissione era già conosciuto nel 1808 dall'Avellino(Italiae veteris, 102 addenda)che scrisse già allora di non comprendere bene il significato delle lettere CE(uniche a lui visibili).

Solo successivamente, venne ampliato il numero e aggiunte dellle varianti dal Minervini(come riportato da acraf)e poi dal Garrucci che ne fece una panoramica generale, tramite disegni.

Inoltre, le varianti attestate finora sono solo quelle con epigrafe CERTI e ARP CERT, mentre sugli altri vi sono ancora dei dubbi, in attesa di testimonianza materiale e fotografica.

La prudenza espressa nel volume di La Notte è del tutto condivisibile, in quanto non vi sono al momento elementi distinguenti e che potrebbero far fare attribuzioni certe.

L'ipotesi della C quadra con valore differente della C salapica non è provabile con la differente forma delle lettere.(E' sufficiente vedere il caso di Luceria che utilizza sia la L quadra che quella acuta con medesimo valore. Grafia differente, medesima fonetica.)

Bisogna aspettare l'emersione di nuovi esemplari per dare risposte definitive.

Un'ultima osservazione vorrei farla sull'utilizzo spropositato della bibliografia ottocentesca, non conoscendo e/o volontariamente non menzionando gli studi successivi che l'hanno superata.

Definire, come fatto da acraf, il lavoro del Garrucci come la sintesi più completa sull'argomento(post18 "Il Garrucci finora ha offerto), ad oggi, è inesatto, in quanto il volume del dottor La Notte, non solo riporta tutti gli esemplari del Garrucci, non solo sostituisce, a imprecisi disegni, delle foto, ma fornisce anche un maggiore precisione bibliografica e maggiormente aggiornata.

Come ho già scritto in altre discussioni(dato che è accaduto più volte il dimenticarsi del lavoro altrui)se c'è qualcuno che vorrà proporre qualcosa di più preciso, lo leggeremo con piacere.

Maria A.

Modificato da MAP
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In effetti speravo pure io che intervenisse Vincenzo, con la sua ottima conoscenza della monetazione dauna.

Mi scuso di non avere adeguatamente citato il suo libro, che fornisce alcuni maggiori dettagli, anche bibliografici, rispetto ai disegni del Garrucci (in pratica m'ero fermato alle pagine 110-111 del volume di Vincenzo, che riprendeva e ingrandiva i disegni del Garrucci.

Ovviamente bisogna restare in attesa di nuovi esemplari, alcuni dei quali sono presentati nel suddetto volume,

Per la verità mi ha molto colpito un inedito esemplare riprodotto a pagina 99, n. 11c, con la legenda CEPTI, facendo intravvedere l'esistenza di una sesta lettera (forse una E oppure T oppure Γ, ossia un gamma).

Purtroppo non è specificata la provenienza di tale esemplare illustrato a colori, anche per rintracciare una possibile immagine digitale che permetta una visione più nitida.

Si può sapere che esemplare era e se è possibile postare una sua immagine digitale?

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Ovviamente bisogna restare in attesa di nuovi esemplari, alcuni dei quali sono presentati nel suddetto volume,

Per la verità mi ha molto colpito un inedito esemplare riprodotto a pagina 99, n. 11c, con la legenda CEPTI, facendo intravvedere l'esistenza di una sesta lettera (forse una E oppure T oppure Γ, ossia un gamma).

Purtroppo non è specificata la provenienza di tale esemplare illustrato a colori, anche per rintracciare una possibile immagine digitale che permetta una visione più nitida.

Si può sapere che esemplare era e se è possibile postare una sua immagine digitale?

Non capisco perchè si sia parlato in precedenza di dubbia esistenza di questa emissione, quando in realtà mi pare di capire che il Dott. La Notte ha pubblicato un esemplare che non è quello "ipoteticamente" conservato a Parma.

Quindi il Garrucci ha effettivamente visto questa emissione recante al rovescio Eracle in piedi, che è stata poco più di un anno fa, pubblicata anche con un altro esemplare ora noto, dal Dott. La Notte, come indicato da acraf, pag 99, n.11c.

Non sarebbe male vedere un'immagine ad alta risoluzione di questo esemplare, diritti permettendo.

Modificato da miglio81
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Ho risolto almeno un piccolo mistero, la provenienza dell'esemplare 11c di Arpi sul volume di La Notte, dove manca il riferimento.

Esso era riportato da Colucci nel suo articolo dedicato ad Arpi nel volume degli Atti del I Congresso Numismatico di Bari (dedicato fra l'altro alla Daunia), pubblicato nel 2009, come appartenente a una collezione privata.

Ho provato a scansionarlo in B/N (anche per togliere l'innaturale colore ivi presente, assieme alla relativa scheda, riportata a pagina 56 del volume (al n. 8):

post-7204-0-81023700-1342016378_thumb.jp

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Nello stesso articolo di Colucci sono descritti altri dioboli attribuiti ad Arpi con gli stessi tipi (una decina, otto dei quali però senza illustrazione, fra cui 6 con CEP e simili, e citando precedenti autori, in particolare Pasquale Battista, L'Apulia e le sue monete, Foggia 1966).

C'è da rilevare che Battista era un appassionato collezionista privato di monete apule e nel 1981 vendette la sua collezione personale al Museo Civico di Foggia su delibera della Giunta Municipale (datata 20 febbraio 1981), per la somma di 12.500.000 lire. La collezione era stata definita di grande pregio, per essere formata quasi esclusivamente di monete di zecche locali, molte delle quali di buona rarità (grazie alla perizia giurata firmata da Attilio Stazio). La collezione comprendeva 143 monete; 7 in argento e 143 in bronzo, quasi tutte di buona conservazione eccetto quattro che erano illeggibili.

Le 139 monete leggibili sono state poi catalogate, disegnate e fotografate da Carla Russo, per una sua tesi di laurea e poi pubblicate col titolo "Le Monete della Collezione Battista nel Museo Civico di Foggia", Fondazione Banca del Monte - Domenico Siniscalco Ceci - Foggia, 2008.

Purtroppo questa collezione non comprendeva dioboli, né tantomeno quelli in questione, e quindi le testimonianze di Battista riportate nel suo modesto volumetto del 1966 restano senza riscontro....

Tormando all'articolo di Colucci, una sua nota (nota n. 16 a pagina 56) rivela che lui in pratica segue la vecchia tesi di Garrucci e legge la C squadrata come una V e ipotizza essere una emissione riferita alla città di Vertiena, attuale Verzina, ai confini della Lucania verso Venosa e inoltre che un esemplare è stato trovato in una tomba a Botromagno (una collina vicino Gravina di Puglia, che era l'antica Sidion-Silvium) e quindi in Peucezia (purtroppo non è citata l'esatta fonte bibliografica e debbo verificare). E' una piccola traccia e per comodità ho allestito una cartina, modificando quella presente in Historia Numorum di Rutter.

Ho messo Herdonia (che mancava) in caratteri azzurri e un asterisco rosso nella zona che dovrebbe grosso modo corrispondere a Verzina e un & rosso il luogo del ritrovamento di un esemplare, che in effetti sembra gravitare più verso la Lucania al confine con Venusia (ed esisteva una strada greca che collegava direttamente Sidion con Venusia)....

La cosa buffa è che da Garrucci a Colucci, tutti danno per scontata l'esistenza di un paese lucano di nome Verzina. Non sono mai riuscito a trovarlo sulle cartine. Di contro Verzina è un cognome relativamente comune, ma non corrisponde ad alcun comune o località (forse perché nel frattempo cambiato).

Qualcuno potrebbe aiutarmi a identificarlo? e se magari esistono tracce archeologiche.....

post-7204-0-54490900-1342017653_thumb.jp Cartina delle zecche dell'Apulia e Lucania

Modificato da acraf
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Ho risolto almeno un piccolo mistero, la provenienza dell'esemplare 11c di Arpi sul volume di La Notte, dove manca il riferimento.

In realtà il riferimento è ben presente nel volume del dottor La Notte alla pag. 122 n° 11c.(Colucci, Arpi, pag. 56 n° 8).

Non ci sono foto inserite nel libro senza che viene citata la fonte dalla quale sono estratte, trattandosi di pubblicazione scientifica. Essa è riportata alla fine di ogni capitolo/città.

Saluti.

Modificato da MAP
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La cosa buffa è che da Garrucci a Colucci, tutti danno per scontata l'esistenza di un paese lucano di nome Verzina. Non sono mai riuscito a trovarlo sulle cartine. Di contro Verzina è un cognome relativamente comune, ma non corrisponde ad alcun comune o località (forse perché nel frattempo cambiato).

Qualcuno potrebbe aiutarmi a identificarlo? e se magari esistono tracce archeologiche.....

post-7204-0-54490900-1342017653_thumb.jp Cartina delle zecche dell'Apulia e Lucania

Non ho trovato nessun luogo di nome Verzina in Lucania.

Però pare che esistesse un insediamento con un nome simile nel Bruttium.

http://www.perseus.t...ry=vertinae-geo

VERTINAE

VERTINAE (Οὐερτῖναι: Verzino), a small town of Bruttium, mentioned only by Strabo (vi. p.254), who places it in the interior of that country. Its name is still retained by the village of Verzino, about 7 miles NW. of Strongoli, the ancient Petelia.

[E.H.B]

Dictionary of Greek and Roman Geography, illustrated by numerous engravings on wood. William Smith, LLD. London. Walton and Maberly, Upper Gower Street and Ivy Lane, Paternoster Row; John Murray, Albemarle Street. 1854.

Modificato da TARAS
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Ringrazio MAP per la precisazione e mi scuso se mi era sfuggita la parte finale del capitolo, fuorviato anche dal fatto che spesso e referenze sono riportat invece sotto l'immagine e descrizione del tipo o variante. In ogni caso è un libro che rispetta correttamente i riferimenti ai lavori pubblicati.

Circa Verzina o Vertinae, citata solo da un passo di Strabone, in effetti andrebbe ubicata nel Bruttium, ad almeno 400 km da Arpi e in provincia di Crotone (attuale Verzino, con la O finale). Quindi ritengo che Garrucci abbia fatto confusione (e con lui anche autori successivi come il Colucci, mentre La Notte ha giustamente assunto una posizione più prudente).

Siamo ben lontani dalla zona lucana e dai confini verso Venusia..... e non è pensabile che Arpi abbia stretto qualche allenza con questo oscuro centro bruzio.

Ho controllato e comunque Verzino ha chiare tracce archeologche che risalgono in tempi antichi, ma non credo abbia chiare attinenze con le monete con CEP e CEPTI, a meno che non si confermi la presenza di tali monetine nel suo territorio. Nella zona sono state trovate non poche monete, che credo siano state depositate al museo di Crotone:

http://www.bibliotecaverzino.it/index.php?option=com_content&view=article&id=74:la-storia-di-verzino&catid=83&Itemid=497

Ringrazio per la collaborazione.

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Intanto ho potuto prendere visione di un articolo importante per una corretta analisi dei dioboli con Atena/Ercole strangolante:

Cantilena R., Cerchiai L. e Pontrandolfo A., Eracle in lotta contro il leone nell’iconografia del IV sec. a.C., in: La tradizione iconica come fonte storica (a cura di M. Caccamo Caltabiano, D. Castrizio e M. Puglisi), Ed. Falzea, Reggio Calabria 2004, p. 131-150.

E’ un articolo molto ricco di annotazioni e osservazioni sulla diffusione della rappresentazione di Eracle che strangola il leone Nemeo. E’ anche un buon esempio di letteratura accademica che fa il punto aggiornato della complessa questione dei dioboli tarentini (e Renata Cantilena è una delle migliori docenti in circolazione in Italia).

Per limitare al contesto del problema dei dioboli tarentini ed eraclei oltre che di imitazione in area apula e lucana, desidero riportare vari stralci tratti dal suddetto articolo, non reperibile su internet e senza riportare anche le numerose note. Ho evidenziato in neretto le frasi più importanti. Le immagini le ho postate io dal materiale apparso in aste per meglio comprendere il testo.

“…. Sui dioboli [di Heraclea] il tipo ricorre in numerose varianti (in piedi, in ginocchio con entrambe le ginocchia per terra o con una delle gambe tesa, con le braccia intorno al collo della belva o con la presa di un unico braccio e la clava in mano) in modo del tutto analogo a quanto si riscontra sui dioboli emessi da Taranto, in quantità assai cospicua.

Il grande rilievo dato ad Eraclea al culto dell’eroe dorico, denunciato dalla stessa denominazione della città, è legato alle sue origini tarentine e all’importanza del mito a Taranto, ben documentato da fonti letterarie, epigrafiche ed archeologiche [per un esaustivo testo sull’argomento: vedi http://books.google.it/books/about/Taranto.html?id=TldoAAAAMAAJ&redir_esc=y]. E, sebbene non siano pervenute informazioni al riguardo, a Taranto tra V e IV a.C. dovevano esservi numerose statue e raffigurazioni di vario genere di Eracle, non soltanto in atteggiamento di riposo come il colosso scolpito da Lisippo e trafugato nel 209 a.C. da Q. Fabio Massimo, che pure compare su un’emissione aurea di Eraclea, ma anche di Eracle battagliero ……

Sulle monete di Taranto, nel IV sec. a.C. Eracle è raffigurato su più serie divisionali dell’argento e , nel III sec. a.C., anche su frazioni auree e in bronzo, e tra le sue imprese quella più comunemente rappresentata è proprio l’uccisione del leone nemeo.

La scena della lotta contro il leone caratterizza, in particolare, la serie dei dioboli tarentini, i quali sono a tal punto simili a quelli di Heraclea (anche la decorazione dell’elmo attico di Atena al D/ presenta gli stessi motivi, come l’ippocampo alato o Scilla che scaglia un sasso) che, quando non compaiono o non sono leggibili elementi di differenziazione quali l’etnico o le iniziali di nomi di magistrati, risulta assai difficile stabilirne l’attribuzione.

Non vi è dubbio, quindi, che nel caso dei dioboli ci troviamo di fronte ad un fenomeno di coniazione congiunta da parte delle due città, dato questo che trova piena conferma nei ritrovamenti archeologici. I dioboli di Taranto e di Eraclea, infatti, si trovano spesso in associazione (senza evidenti distinzioni tra le serie con Eracle che lotta contro il leone raffigurato in piedi o in ginocchio) e quindi ebbero la medesima funzione e circolarono negli stessi ambiti.

Taranto fu l’elemento propulsore per la coniazione di queste frazioni in argento, che ebbero capillare diffusione, oltre che ovviamente nei territori dei centri di emissione (a Taranto, ad esempio, sono stati recuperati in abbondanza nelle stipi del santuario di Saturo o in ripostigli; ad Heraclea esemplari si trovano nei corredi funerari della necropoli meridionale), in tutta la Puglia (Arpi, Ceglie Messapica, Mesagne, Valesio-Torchiarolo, Maglie, Carosino) e in Lucania, sia a Metaponto che peraltro emise un raro obolo con lo stesso tipo di Eracle in ginocchio contro il leone., sia in ambienti indigeni dove questi dioboli sono satti rinvenuti in tesoretti (Ruvo, Oppido Lucano), in tombe o in stipi votive (Armento, Ruvello, Rossano di Vaglio, San Chirico, S. Maria d’Anglona, Timmari), giungendo in area tirrena fino a Poseidonia e nel Sannio irpino (Carife).

Nonostante la ricchezza della documentazione di cui si dispone, è ancora irrisolto il problema della definizione della datazione iniziale di questa cospicua produzione di frazioni d’argento, che tradizionalmente viene assegnata a partire dall’età di Archita, ma che è attestata in circolazione con grande intensità soprattutto nell’ultimo trentennio del IV e il principio del III sec. a.C. In effetti l’attribuzione della data iniziale della loro coniazione al tempo di Archita poggia sulle considerazioni che sono alla base della classificazione cronologica degli stateri tarantini dello Evans, ormai in gran parte per più aspetti confutate.

I dioboli, infatti, sono stati datati dal Ravel, nel catalogo della celebre collezione Vlasto, dal 380 a.C. e fino al III secolo avanzato, e la cronologia delle fasi iniziali è stata stabilita sulla base della ricorrenza di analoghe lettere o sigle, iniziali di antroponimi, che compaiono sui dioboli come sugli stateri, in particolare sulle serie assegnate dallo Evans ai suoi III e IV periodi (rispettivamente, 380-345 a.C. e 345-334 a.C.). Tuttavia le serie monetali comprese in questi periodi, alla luce degli studi più recenti, non risalgono oltre la metà del IV secolo a.C. [mia nota: in particolare Fischer-Bossert data i due periodi rispettivamente al 355-340 e al 340-325. Peraltro i dioboli datati dal Ravel al 380-345 a.C. sono stati trivati in ottimo stato di conservazione nel ripostiglio di Carosino, il cui seppelimento è datato dal Fischert-Bossert al 330-325 a.C.].

Quanto alla cronologia dei ritrovamenti, in soli due casi si ha notizia di dioboli con il tipo che strozza il leone in associazione con monete il cui terminus ante quem è precedente alla metà del IV sec. a.C. e si tratta, purtroppo, in entrambi i casi di vecchi dati difficilmente controllabili….., di Paestum (IGCH 1904, del 1858 e poi disperso) e di Maruggio, vicino Taranto (IGCH 1914, sequestrato forse da una stipe e consegnato al Museo di Taranto nel 1905)…...

La data iniziale della ricca produzione di dioboli a Taranto e ad Heraclea, basata come si è visto sulle osservazioni dello Evans e del Vlasto, ha spinto più studiosi ad avanzare l’ipotesi che essa fu un’emissione federale coniata dalle due città al tempo di Archita, quando erano una capo e l’altra sede della lega italiota, congettura probabile, ma non provata. E, come nel caso degli aurei di Siracusa, si è voluto cogliere nella tipologia degli stateri e dei dioboli di Heraclea, emessi al tempo del conflitto tra le città greche della lega italiota e le popolazioni lucane, un analogo significato di contrapposizione tra Greci e barbari. Al di là delle interpretazioni proposte, l’immagine rende con evidenza la forza poderosa del giovane eroe che affronta a mani nude la pericolosa belva in una lotta mortale e quindi non vi è dubbio che essa evoca una condizione di scontro.

Quanto alla data finale, l’analisi del materiale mostra che ad Heraclea sui dioboli come sugli stateri, il tipo di Eracl che strozza il leone su sostituito, all’inizio del III sec. a.C. dalla figura di Eracle stante con la leontè sul braccio.

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A Taranto, invece, sui dioboli la figura di Eracle in lotta contro il leone continuò ad essere raffigurata ancora nel III sec. a.C., abbinata alla testa di Atena con elmo corinzio ed anche su emissioni in bronzo.

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(mia nota: quindi è importante controllare se l’elmo di Atena è attico oppure, più tardivamente, corinzio).

In attesa di un’analisi più dettagliata delle particolarità tipologiche e delle varianti attestate dalle serie di dioboli di Eraclea e di Taranto ritrovate in contesti di scavo ben datati, si può affermare che i nominali con la testa di Atena con l’elmo attico e Eracle contro il leone si diffuse con maggiore intensità in ambiente apulo e lucano non prima della metà del III sec. a.C.

Veniamo al problema della diffusione di questa iconografia in ambito non greco.

Il tipo monetale di Eracle che strozza il leone, oltre che sui dioboli eracleoti e tarantini, è attestato in area apula sulle serie dei dioboli di Arpi, di Tiati, di Rubi e di Caeliae, ugualmente abbinato alla testa di Atena, in emissioni la cui finzione è stata interpretata da Siciliano come il “tentativo di sfruttare, col probabile appoggio di Roma, una situazione favorevole a seguito di un indebolimento di taranto, per un inserimento in mercati in cui circolava soprattutto la moneta tarantina”, da parte di centri tra i quali si è ipotizzato un collegamento politico-economico in una regione ormai controllata da Roma. In realtà, queste emissioni, piuttosto rare, sono note per lo più da vecchi cataloghi, …. con documentazione poco chiara.

post-7204-0-07936200-1342108647_thumb.jp Diobolo di Arpi

post-7204-0-62339800-1342108670_thumb.jp Diobolo di Rubi

post-7204-0-02690400-1342108697_thumb.jp Diobolo di Caelia

post-7204-0-59010800-1342108717_thumb.jp Diobolo di Tiati

Ciò nonostante, a un’attenta lettura iconografica, si colgono differenze tra le serie dei diversi centri: Arpi, Rubi e Caeliae riproducono al R/ Eracle in ginocchio e al D/ Atna con elmo attico…. come sulle serie eracleote e tarentine comprese ancora in IV sec. a.C.

Invece i dioboli di Tiati hanno la testa di Atena con l’elmo corinzio e Eracle in piedi in lotta contro il leone, cioè tipi simili a quelli dei dioboli e del bronzo di Taranto del III sec. a.C. L’impressione che si ricava è che la coniazione a Tiati sia avvenuta quando il centro era già pienamente entrato nell’orbita romana …..

Invece ad Arpi la coniazione dei dioboli con Eracle, che risultano per la loro tipologia isolati dal resto della produzione dell’argento di questa comunità, attribuita ad età pirrica, potrebbe collocarsi in epoca anteriore alla coniazione delle altre serie arpane, non è ben chiaro se in epoca precedente o successiva agli anni della II sannitica, quando maturarono le condizioni per il consolidamento, in funzione antitarantina, dei patti di alleanza tra i Romani e le aristocrazie daune.

In tal senso il fenomeno di imitazione puntuale dei tipi della moneta tarantina nel mondo apulo ci fa comprendere come in una regione dominata da forti tensioni politiche e da episodi di scontro bellico tra Roma, le popolazioni indigene e Taranto, l’immagine di Eracle in lotta contro il leone abbia potuto assumere differenti valenze e sfumature di significato”.

La lettura di questi brani della Cantilena permette di avere un quadro un poco più chiaro e soprattutto il diverso contesto che vide la produzione dei dioboli di imitazione, come ad esempio quelli di Arpi.

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In realtà esistono due versioni di dioboli di Tiati Apula. Una con Ercole in piedi e l'altra con l'Ercole in ginocchiato(La Notte, pag. 294 n° 4), il che indicherebbe una parziale contemporaneità fra le due monete. Testimoniata altresì dall'utilizzo del piede ponderale tarantino ridotto.

Saluti.

Maria A.

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La lettura di questi brani della Cantilena permette di avere un quadro un poco più chiaro e soprattutto il diverso contesto che vide la produzione dei dioboli di imitazione, come ad esempio quelli di Arpi.

Grazie dello splendido post acraf! :good:

Il volume che hai citato è tra quelli per cui sono in attesa di un prestito interbibliografico, ora so con certezza che sarà un'ottima lettura.

Purtroppo non ho trovato nel catalogo OPAC il testo di La Notte.

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Rispondo a MAP:

è vero che il Garrucci e anche La Notte giustamente registrano due tipi di dioboli.

Il primo e forse recenziore è quello citato da te e si collega al Garrucci n. 4 (che a sua volta riprende il vecchio Sambon, Recherches):

post-7204-0-65793200-1342137629_thumb.jp

dove si vedrebbe bene TIA TI.

Recentemente, all'asta Gemini è comparso un nuovo esemplare, riportato al n. 4 da La Notte, con la stessa testa di Atena del Garrucci, caratterizzata dall'elmo attico e dalla particolarissima decorazione della calotta con fiorellini (che non credo di avere visto da altra parte):

post-7204-0-35119100-1342137733_thumb.jp

Tuttavia la lettura delle lettere non risulta sicura e dobbiamo fidarci del Sambon-Garrucci. Da un attento confronto però sopra il leone, sull'esemplare Gemini, pare di cogliere tre lettere e non due come sul Garrucci. Per certi aspetti lo stile del rovescio richiama molto da vicino certi dioboli di Heraclea (come quelli postati da Miglio81). Quindi si tratta di una variante da confermare al 100% (mentre per l'altro diobolo, con testa corinzia sono noti diversi esemplari "sicuri").

Rispondo a Taras:

Il libro di La Notte credo che non sia in commercio e infatti non ha codice ISBN. Dovrebbe essere dstribuito solo privatamente dall'autore. Prova a contattarlo via MP

Modificato da acraf
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Per Acraf:

concordo che occorre aspettare nuovi esemplari, ma l'immagine mi sembra evidenziare chiaramente tre delle lettere che formano il nome TIATI.

Per Taras:

puoi cogliere informazioni sul libro qui: http://www.castaldi.biz/

Non credo che il dottor La Notte parteciperà nuovamente alla vita del forum, quindi sarebbe inutile inviargli un MP.

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Ho risolto un altro piccolo mistero.

Dal momento che mi aveva molti colpito sia la particolare e rara decorazione con tre rosette sulla calotta dell'elmo attico sia lo stile molto accurato, ho effettuato alcune ricerche, che hanno portato alla seguente conclusione.

La moneta non è di Tiati (Teate Apula), ma di Tarentum.

Infatti i dioboli con queste caratteristiche appartengono al gruppo Vlasto 1372-1374 e al gruppo SNG Copenhagen 984-986 ed esistono alcune varianti, che confluiscono nel grande "calderone" di Historia Numorun m. 976.

Accenno ad alcune varianti (le immagini sono state reperite su monete corrispondenti, da CoinArchives):

Senza lettere (Vl. 1372-1373):

post-7204-0-17584800-1342187501_thumb.jp

post-7204-0-32974800-1342187513_thumb.jp

Con lettere M dietro la testa e A sulla paranuca (SNG Cop. 984):

post-7204-0-19429000-1342187599_thumb.jp

Questo esemplare è MOLTO IMPORTANTE, in quanto conferma senza ombra di dubbio che al rovescio l'etnico è TAPANTINON.

Con lettera delta davanti al mento (SNG Cop. 985):

che dovrebbe corrispondere all'esemplare postato prima da me ed erroneamente attribuito a Tiati.

Un esemplare col rovescio simile, con K tra Eracle e leone e TAPANTINON, sta nel SNG Cop. 988, ove però è abbinato con una testa di Atena con elmo attico decorato con ippocampo.

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