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Inviato

Ho letto che alcune rarità numismatiche furono riconiate dalla Zecca di Stato in modo più o meno fraudolento nel 1926 (Lire 20 e Centesimi 10 1908), e nel 1957 (Lire 20 1936 e serie 1940 XVIII). Di queste presunte riconiazioni, fatta eccezione per la moneta da Lire 20 1936 che presenta il bordo con rigatura diversa e che appare con una certa frequenza, risulta perlomeno strano che appaiano molto raramente. Un altro aspetto strano è la pressochè identità tra le due coniazioni, tale da rendere indistinguibili il presunto 1° conio (originale) dal 2° conio (riconio) escludendo in questo caso la moneta da 20 lire 1908 che presenta la godronatura più larga (nel riconio). Mentre poi, per quanto riguarda la moneta da Centesimi 10, esiste un cartellino che certifica (?) la presunta riconiazione, nulla risulta agli atti per la serie 1940 XVIII. Da cosa nascono allora queste voci? Se fossero fondate, non dovremmo trovarci di fronte ad una presenza più consistente e diffusa di materiale? E poi, come mai sono uscite dopo 31/32 anni, e disperse tutte tra il 1984 e il 1987, essendo provenienti da casa Azzolini (ex Governatore della Banca d'Italia) e da casa Rizzo (ex Direttore Generale del Ministero del Tesoro)? Credo che i due personaggi citati, avessero nel 1940 tutti gli strumenti legali per fare coniare dalla Zecca di Stato le monete citate, sulla base dei decreti in vigore al momento. Mi sembra azzardata l'ipotesi della riconiazione postuma, senza citare da chi, la quantità, ed a quale scopo, visto che nel 1957 tale serie era sconosciuta anche agli esperti del settore. Gradirei chiarimenti da chi può darne. Grazie.


Inviato

Ciao Elleffe.

Le riconiazioni di cui parli sono state accertate dall'indagine di P.G. che a suo tempo svolse presso la Zecca dello Stato un Utente di questo forum, all'epoca Capitano della G. d. F. e di cui vi è un ampio resoconto nel libro che l'Ufficiale ha scritto per le Edizioni Montenegro nel 2009, dal titolo "Stato e Collezionismo - Indagine sulla Numismatica", che Ti consiglio vivamente di leggere.

Attualmente quell'Ufficiale, che risponde al nome di Domenico Luppino e ricopre oggi il grado di Ten. Col., non interviene più sul forum (troverai però molti suoi interventi con il nick "elledi").

Ciò è un vero peccato, in quanto egli avrebbe potuto rispondere ai Tuoi quesiti con molta competenza e cognizione di causa.

Posso solo dire che da quanto emerse dall'indagine, le riconiazioni non furono "più o meno fraudolente" ma fraudolente tout court.

"Credo che i due personaggi citati, avessero nel 1940 tutti gli strumenti legali per fare coniare dalla Zecca di Stato le monete citate, sulla base dei decreti in vigore al momento".

PotresTi chiarire meglio questo passaggio?

Saluti.

Michele


Inviato

Mi riferivo al Regio Decreto del 1862 (vado a memoria!) che consentiva ai privati di chiedere la coniazione di monete metalliche già normate sotto l'aspetto delle caratteristiche tecniche e di emissione, fornendo il materiale necessario e pagando i diritti di coniazione. Se non sbaglio tale prerogativa è stata usata per le coniazioni auree post 1930 da parte di Istituti bancari.

Ritengo molto interessante al riguardo la nota di accompagnamento del dott. E. Curti al lotto n. 401 (Serie 1940/E.F. XVIII) nel catalogo n. 929 Finarte del 16/03/1995.


Guest ilnumismatico
Inviato

Ragionamento che non farebbe una piega. Però nel primo libro del Luppino leggo mi pare di avere letto che non vi è traccia nei bilanci di conferimento di oro e argento per il 1940. Ergo: quelle monete vennero fatte con i soldini pubblici, tanto per rimanere in tema.Eppoi: i regali istituzionali non dovrebbero rimanere di proprietà della Banca d'Italia e non finire invece nelle capaci sacchettine dei vari funzionari?

Non sono un giurista nè un gendarme, ma quelle monete oggi dovevano trovarsi in banca d'Italia e non alle aste dopo che i vari fortunelli se le sono trovate a casa in eredità. O mi sbaglio?

Inviato

Ritengo molto interessante al riguardo la nota di accompagnamento del dott. E. Curti al lotto n. 401 (Serie 1940/E.F. XVIII) nel catalogo n. 929 Finarte del 16/03/1995.

La puoi riportare integralmente per favore? Se poi procedi ad un' immagine scan ancora meglio... ;)

Saluti

Simone


Inviato

Ciao.

"Mi riferivo al Regio Decreto del 1862 (vado a memoria!) che consentiva ai privati di chiedere la coniazione di monete metalliche già normate sotto l'aspetto delle caratteristiche tecniche e di emissione, fornendo il materiale necessario e pagando i diritti di coniazione. Se non sbaglio tale prerogativa è stata usata per le coniazioni auree post 1930 da parte di Istituti bancari."

Si trattava però di una facoltà che la Legge nr. 788 del 1862 accordava a tutti (privati e Amministrazioni dello Stato) limitatamente alle coniazioni auree, mentre fu attribuita inizialmente ai soli privati per le coniazioni degli scudi d'argento. In seguito all'integrazione degli accordi iniziali della U.M.L., ratificati con Legge nr. 2065 del 1874, le emissioni di scudi vennero invece "contingentate" rigidamente e dunque la relativa coniazione non fu più libera.

Era esclusa invece la facoltà per i privati di far coniare moneta metallica di qualunque altra natura, essendo tali coniazioni contingentate e riservate esclusivamente all'iniziativa dello Stato.

"Ritengo molto interessante al riguardo la nota di accompagnamento del dott. E. Curti al lotto n. 401 (Serie 1940/E.F. XVIII) nel catalogo n. 929 Finarte del 16/03/1995."

Nel libro "Stato e Collezionismo" di D. Luppino, la nota di cui sopra risulta citata a pag. 444 e la riporto di seguito:

"Sull'emissione del 1940/ E.F. XVIII è stato scritto anche troppo. Faccio osservare tuttavia che, nelle discipline storiche e giuridiche, si applicano alcune norme allo scopo di salvaguardare l'identità e l'omogeneità dei parametri di paragone. Una di queste, riguardanti la numismatica, stabilisce che, allorquando una emissione ha connotati di autenticità e di provenienza da zecca o officina controllata dall'autorità emittente, va considerata ufficiale fino a prova contraria. Di conseguenza, per convenzione, è il ricercatore che deve produrre prove documentali atte a modificare la presunzione..."

Premesso che non mi pare per niente chiara, ma semmai, piuttosto "fumosa", la prima parte della nota (fino alla parole "parametri di paragone"), il restante periodo, scritto ben prima che l'indagine della G. di F. accertasse le abusive movimentazioni del materiale creatore di alcune monete, non poteva certamente tenere conto di quanto in seguito venne alla luce, ovvero proprio quelle "prove documentali" che l'estensore della nota sollecita quale dimostrazione della illegittimità di alcune coniazioni/riconiazioni dall'apparenza ufficiale.

Le argomentazioni che dimostrano le suddette irregolarità sono contenute nel libro del Col. Luppino e mi sembra ingeneroso (e anche un tantino scorretto verso l'Autore e l'Editore) riprodurle in questa sede.

Pertanto, inviterei i lettori ad indirizzarsi ad esso per tutti gli ulteriori approfondimenti che ritenessero opportuni.

Saluti.

Michele


Guest ilnumismatico
Inviato

Infatti leggendo il primo libro Luppino aveva scritto sulla nota di Finarte. Evidentemente elleffe non aveva il volume.

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