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IL RITORNO ALL'ORO NEL SEC. XIII


Risposte migliori

Buon Giorno,

Alcune annotazioni disordinate:

Non è stato facile introdurre il fiorino sul mercato degli scambi commerciali, nel periodo immediatamente successivo all’introduzione il suo gradimento da parte degli operatori economici fu scarso, per diverso tempo è stato considerato al contempo una moneta e una merce (Peter Spufford) e questa caratteristica è in qualche modo rimasta con implicazioni diverse, legata alla caratteristica delle monete di valere il loro contenuto di “fino”, la moneta aveva, a prescindere dall’autenticità, un valore rapportato al peso, l’autorità emittente garantiva titolo e peso delle sue monete nuove, solo il titolo delle monete autentiche circolate.

Negli scambi dove interviene il trasferimento fisico delle monete queste non si contano, si pesano, esistono modi di certificare tale peso (fiorini di suggello)

Per le singole/poche monete si controlla la correttezza del peso, per grossi trasferimenti verificato il titolo si pesa come per i tarì (siamo ancora lontani dalla moneta fiduciaria)

Forse per giustificare la diffidenza, a parte la novità, qualche importanza potrebbe averla il “taglio” non proprio popolare della nuova moneta (proviamo a considerare, a parte le limitazioni di circolazione del contante, a una banconota di grosso taglio, molto superiore a quello delle banconote circolanti di scarsa praticità nelle transazioni quotidiane) oltre alle difficoltà di “inventare e pianificare” un metodo che consentisse di verificare il titolo e il peso della moneta.

metabolizzare le novità richiedeva più tempo rispetto ai nostri standard

cordialità

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Immagino che numa numa intendesse riferirsi all'Augustale di Federico II°, ovviamente. ;)

Per Carlo d'Angiò abbiamo il reale se non sbaglio, oltre al tarì e al saluto.

Modificato da aemilianus253
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Grazie a tutti dei vostri interventi, Ghezzi colla sua prestigiosa disamina sul fiorino, a Numa ( tu non devi dire se posso .....tu sei l'organizzatore...., devi intervenire con le tue conoscenze anche più spesso,poi che il successo sia della squadra, dei bravi collaboratori, del forum ,di tutti, va bene , c'è anche questo .....)

A presto,

Mario

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Supporter

Buon Giorno,

Alcune annotazioni disordinate:

Non è stato facile introdurre il fiorino sul mercato degli scambi commerciali, nel periodo immediatamente successivo allintroduzione il suo gradimento da parte degli operatori economici fu scarso, per diverso tempo è stato considerato al contempo una moneta e una merce (Peter Spufford) e questa caratteristica è in qualche modo rimasta con implicazioni diverse, legata alla caratteristica delle monete di valere il loro contenuto di fino, la moneta aveva, a prescindere dallautenticità, un valore rapportato al peso, lautorità emittente garantiva titolo e peso delle sue monete nuove, solo il titolo delle monete autentiche circolate.

Negli scambi dove interviene il trasferimento fisico delle monete queste non si contano, si pesano, esistono modi di certificare tale peso (fiorini di suggello)

Per le singole/poche monete si controlla la correttezza del peso, per grossi trasferimenti verificato il titolo si pesa come per i tarì (siamo ancora lontani dalla moneta fiduciaria)

Forse per giustificare la diffidenza, a parte la novità, qualche importanza potrebbe averla il taglio non proprio popolare della nuova moneta (proviamo a considerare, a parte le limitazioni di circolazione del contante, a una banconota di grosso taglio, molto superiore a quello delle banconote circolanti di scarsa praticità nelle transazioni quotidiane) oltre alle difficoltà di inventare e pianificare un metodo che consentisse di verificare il titolo e il peso della moneta.

metabolizzare le novità richiedeva più tempo rispetto ai nostri standard

cordialità

Buon pomeriggio

Caro Ghezzi,

faccio mie le tue considerazioni....lo stesso avvenne per il ducato veneziano, che ebbe all'inizio una accoglienza molto "tiepida".

D'altra parte sono convinto che Venezia si trovò ad operare una scelta con non molta convinzione; non credo dovuta ad incoscienza, ma anzi dovuta alla lungimiranza di pochi che non furono granché appoggiati; pochi che "scommisero" sulla forza commerciale e politica di Venezia e sulla necessità di avere una moneta che si potesse confrontare nei mercati esteri con Genova, Firenze e Bisanzio.

Pochi che fortunatamente ebbero il numero appena sufficiente per fare approvare la legge ed ai quali il tempo darà ragione.

Saluti

Luciano

Come è andata a finire lo sappiamo

Modificato da 417sonia
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Immagino che numa numa intendesse riferirsi all'Augustale di Federico II°, ovviamente. ;)

Per Carlo d'Angiò abbiamo il reale se non sbaglio, oltre al tarì e al saluto.

yeahh, thks :)

anche i reali furono moneta di ostentazione e propaganda piu che valuta per i commerci

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Venezia fu (soprattutto in epoca medievale) la più grande città commerciale dell'occidente. La scelta di battere moneta d'oro fu presa nel momento in cui fu chiaro che tale coniazione fosse conveniente o addirittura necessaria. E non credo che abbia avuto tante difficoltà, visto che Pietro Gradenigo, il secondo doge che coniò i ducati, è abbastanza comune.

Arka

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Nella storia monetaria medioevale dell'europa meridionale quattro date sono fondamentali da ricordare:

1202 : creazione del grosso d'argento a venezia

1252 : introduzione della monetazione aurea a genova e firenze

1278 : emissione del carlino d'argento a napoli

1284 : introduzione del ducato veneziano (con risoluzione de lo Maggior Consiglio in data 31 ottobre 1294)

ciascuna di queste monete ebbe una parte fondamentale nella storia monetaria dell'europa medioevale (eccetto forse per il genovino - che Fra non me ne voglia ..)

Interessante è notare che il grosso d'argento veneziano perde , alla metà del XIV secolo, la sua importanza, insidiato dalla contemporanea circolazione aurea. Tutti gli Stati infatti dovettero affrontare il problema della coesistenza di una relazione fissa nel tempo tra oneta aurea e moneta d'argento. I veneziani finirono con l'abbandonare l'emissione , per un certo tempo, dei grossi, affidando il loro prestigio commerciale al ducato d'oro fino. La moneta spicciola che doveva sostituire i grossi era invece destinata essenzialmente ad una circolazione interna.

Il prestigio e il successo della moneta d'oro veneziana era legato a quattro fattori, secondo Grierson:

- il mantenimento inalterato della lega

- la capacità del governo veneziano di emettere moneta aurea in quantità sufficienti per il mercato interno ed estero

- la capacità di Venezia di importare oro in quantità sufficienti

- l'assenza di una seria concorrenza europea (genovino e fiorino a parte)

La monetazione di Napoli fu un'eccezione rispetto al monometallismo carolingio instauratosi nella maggior parte dell'europa.

Predominava infatti una monetazione aurea e di rame ispirata ai modelli greci ed arabi. Gli svevi vi sostituirono il rame con denari in mistura che si degradarono rapidamente. Ma nel 1278 Carlo d'Angiò, privato della zecca di Roma (dove aveva battuto buoni grossi d'argento senatoriali), emise a napoli una moneta chiamata "carlino". (in seguito detto anche gigliato dalla croce al rovescio).

Tale u il successo di questo nominale che si può dire divenne il corrispondente d'argento del ducato veneziano nel commercio del mediterraneo. Napoli si trovo ben presto di fronte al medesimo dilemma di Venezia, la difficoltà a mantenere un rapporto fisso tra oro e argento. Roberto II (1309-43) fece la scelta opposta e preferì abbandonare l'oro a favore dell'argento.

Fino al regno aragonese di oro a napoli se conia infatti molto poco e servi come moneta di conto del valore di 10 carlini.

Il gigliato fu imitatissimo e venne battuto in zecche diversissime coem la zecca papale di Ponte della Sorga, a Rodi dai Cavalieri di San Giovanni, e da vari emirati turchi dell'asia minore.

Ooops mi sono accorto che sto scivolando suu altri temi. Chiudo qui, l'assunto era sul ritorno della monetazione aurea... :)

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Dimenticavo , per chi vuoel approfondire la storia monetaria di Venezia :

Gino Luzzatto. L'oro e l'argento nella politica monetaria veneziana dei secc. XIII e XIV (in : Luzzatto - studi di storia economica veneziana , Padova 1954)

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Gli ultimi studi anticipano l'introduzione del ducato d'argento (detto poi grosso) agli ultimi anni del XII secolo. La crisi del grosso avviene, invece, alla metà del trecento. Infatti l'ultimo doge a coniare il primo tipo del grosso fu Giovanni Gradenigo. Tuttavia l'aggrassiva politica monetaria di Francesco I da Carrara obbligò il governo veneziano a ribattere il grosso nel 1379, anche se svalutato (vedi Saccocci 2004).

Arka

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Ringrazio Arka per i suoi interventi su Venezia e Numa per il suo intervento, quando parlavo di ripasso ampliato intendevo qualcosa del genere, forse qualcuno dirà lo sapevo ,ma quanti o che hanno iniziato da poco a leggerci o seguono altre tipologie monetali sanno tutto questo ? Anche questo è divulgazione....

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Inviato (modificato)

Vediamo se riusciamo a continuare e in Toscana, Firenze a parte cosa succede ? E a Pisa per esempio l'altra Repubblica Marinara cosa succede ? In Toscana si prende tempo, Pisa non conia fino al XIV secolo, rimane legata alla moneta argentea : c'è da dire che molte città partono tardi con la coniazione aurea , abbiamo visto Venezia, la stessa Siena per rimanere in Toscana .

Una certa decadenza economica potrebbe spiegare il tutto,quindi motivi economici, ma come sempre politici.

Rileggo il libro della Baldassarri su Pisa e riporto : "Per i fiorentini....che potevano gestire ampie somme in oro ottenute in pagamento dei propri prodotti manifatturieri , la coniazione del fiorino fu una occasiione per tentare di liberarsi della quasi secolare dipendenza da Pisa e da Lucca,che era legata alla coniazione dei nominali in lega d'argento ".

Quindi motivi economici, politici, mettiamoci anche di prestigio .

Ma la considerazione che mi fa riflettere della Baldassarri e che vi voglio riportare è questa : tutte le città che coniarono moneta aurea subito il 1251 , Genova, Firenze, Lucca erano con governi filo - guelfi , può essere che tutto questo coincida , si domanda l'autrice con una politica di propaganda anti - ghibellina ?

E' una domanda che ritengo possa avere una risposta positiva, ma perchè non chiederlo magari a uno di voi, magari di Genova, di cui in questa discussione si è detto poco ,oltre al ritorno della discussione di tre anni e mezzo fa ?

Genova coniò monete aureee nel 1252 ...( leggerò i libri di Banca Carige così studio un poco ...).

Pisa , torniamo a Pisa,Pisa il prestigio in realtà lo aveva già, commerciava col Mediterraneo, oltre alla fiorente monetazione argentea , poteva disporrre di tarì', spezzati di tarì', augustali che arrivavano tramite i buoni rapporti con la casa imperiale e tramite i loro commerci nel Mediterraneo, per questo e per la fiducia e il forte legame con l'argento Pisa ritardò ad arrivare alle coniazioni auree.

In futuro potremmo parlare anche di Siena che vanta una buona monetazione aurea, di Lucca , magari chissà anche di Genova .

Di certo questa discussione , come diceva il buon Numa, oltre al perchè nasce il grosso, che vedremo il 31 marzo,il perchè ,quando e perchè si torna all'oro è un capisaldo dei punti salienti della monetazione medievale e quindi , evento del 31 marzo a parte, merita qualche riflessione, diciamo qualche....

Modificato da dabbene
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La storia di Lucca e l'oro è controversa ; Lucca conia tra i primi monete d'oro : il grosso d'oro sicuramente una monete della numismatica medievale più affascinanti e amate.

Una moneta ora rarissima ,un R5, il Bellesia ne riporta 8 di cui 5 di collezioni private.

Ufficialmente a detta del Concioni Lucca conia monete d'oro nel 1257 subito, addirittura qualcuno dice anche prima ; Cordero di San Quintino sulla base di un documento parla addirittura del 1246 ,comunque sia Lucca abbraccia subito il monetario aureo.

Il fiorino di Firenze e il grosso di Lucca sembrano avere le stesse caratteristiche, in realtà sembra che quello di Lucca fosse di titolo leggermente inferiore.

Il grosso lucchese nonostante pare fosse stato battuto in gran numero visto i numerosi coniii trovati,però pare non ebbe molto successo.

Forse fu la lega inferiore a quella del fiorino a influire, ma la ragione principale è che fu schiacciato dalla concorrenza del vicino fiorino,troppo vicini come bacini e troppo grande la differenza che ebbe il fiorino come penetrazione commerciale.

Nel 1255 ambasciatori di Lucca e Firenze andarono a Siena per accordarsi su una monetazione con standard comuni anche con accordi con Arezzo e Pisa .

Nel ritrovamento del Duomo di Pisa, furono ritrovati 119 tarì con relativi multipli e frazioni,16 augustali,91 fiorini d'oro di Firenze, 1 solo grosso d'oro di Lucca.

Ovviamente può anche essere un dato casuale, ma certamente questo fornisce un dato sul circolante degli ultimi anni del duecento,con una grossa presenza di tarì svevi, e la sola presenza di un grosso d'oro di Lucca che testimonierebbe lo schiacciamento del fiorino sul grosso lucchese d'oro.

Dal punto di vista stilistico la moneta presenta un Volto Santo di profilo addirittura straordinario, quasi un quadro, i tratti di una precisione unica.

Sul dritto, come,da tradizione Lucca conferma un monogramma modificato ma che richiama quello dei denari e dei grossi, un monogramma di Ottone con due grosse aste ornate a forma di T e una sottile barra orizzontale che li unisce.

Quindi a Lucca ci sono difficoltà per imporsi come monetazione aurea, ma di certo a livello stilistico Lucca è sempre come minimo all'avanguardia, come lo fu nel grosso argenteo.

Che ne pensano gli amici dei denari di Lucca ?

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Supporter

Un paio di precisazioni, Mario: il ripostiglio di monete auree trovato a Pisa è stato rinvenuto non presso il Duomo, ma sotto le attuali Logge dei Banchi, ovvero tra le fondazioni di un edificio medievale nei pressi dell'odierno Ponte di mezzo, al tempo il Ponte Nuovo, il principale della città e nella zona di numerose "botteghe".

Tale ripostiglio in realtà probabilmente non è integro perchè fu trovato dagli operai che negli anni Trenta costruivano là sotto un "bagno diurno", e che di nascosto se lo spartirono, cercando di rivenderlo in vari modi.

Le monete furono recuperate dalle autorità competenti (poi ci fu anche un processo) presso alcuni collezionisti ed antiquari che le avevano comperate, ma pare che una parte di tarì fosse stata addirittura venduta agli orefici come oro a peso e fosse stata rifusa.

Certamente il numero dei soldi o grossi d'oro di Lucca era molto minoritario rispetto alle altre monete, ma è difficile ragionare a livello quantitativo sulla presenza della moneta aurea in città sulla base di questo unico ripostiglio. Tra l'altro c'è chi pensa fosse la quota accantanota per riscattare il Conte Ugolino, ed in tal senso sarebbe cosa ancora più particolare.

Un caro saluto MB

Modificato da monbalda
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... ma perchè non chiederlo magari a uno di voi, magari di Genova, di cui in questa discussione si è detto poco ,oltre al ritorno della discussione di tre anni e mezzo fa ?

Carissimo Dabbene, come potrai immaginare i “genovesi” avrebbero una voglia matta di parlare della coniazione genovese e, forse, materiale ce ne sarebbe anche ma, credo io (...e da adesso parlo solo per me alla faccia della grammatica), ho qualche questione in sospeso e sono in attesa che una prossima pubblicazione mi dia qualche indicazione in più.

Allo stato attuale l’ultima notizia in ordine di tempo l'ho trovata sul Libro delle Zecche Italiane che per Genova dice:

dal 1250 a fine XIII secolo viene coniato il genovino IANVA, la quartarola e l’ottavino,

dalla fine del XIII secolo al 1339 viene coniato il genovino di II tipo (CIvitas Ianva) e quello di III tipo (I.Q.D.P) …

Io ero ancora a "studiare" quanto ha scritto il Lopez, nella pubblicazione già citata, e quanto gli ha contestato l’Astengo nel 1961 con la sua “L’inizio della coniazione dell’oro a Genova ed una pubblicazione del Prof. R. S. Lopez della Yale University”.

Non volendo essere pro o contro, non avendo le capacità e la cultura di contestare nessuno degli amati studiosi e dei loro successori e non volendo scrivere strafalcioni (di cui ho già raggiunto il massimo consentito) sto aspettando notizie e non me la sento di dire la mia semplicemente ....perché non ce l’ho.

Per il momento lascio la porta aperta e cerco di leggere tutte le notizie che posso sperando presto di avere le idee più chiare e fino ad allora mi Astengo ….opss ...l’ho scritto con la maiuscola! Perbacco!

Ma continuerò a leggervi con "fame di sapere" ...

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Caro Dizzeta, questo ci basta per il momento, capisco ora anche le motivazioni,e questa testimonianza può essere già sufficiente per una partecipazione di Genova a questa discussione.

D'altronde non dire nulla di Genova in questo ambito equivaleva a non parlare di Venezia nella nascita dei grossi, quasi camminare con una gamba sola....

Ti aspetto il 31 ,con qualche grosso possibilmente,

un caro saluto,

Mario

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Mannaggia!!

Per starvi dietro ho dovuto rileggere e metabolizzare (si fa per dire...)

Voglio soffermarmi sulla zecca senatoriale di Roma (a proposito, noto che non è mai citata ma credo sia dovuto al limitato interesse che essa riscuote anche a livello di studio). A parte il fantomatico "romanino d'oro" presente nelle fonti scritte ma di cui non esiste esemplare giunto fino a noi, Roma conia moneta d'oro all'inizio e a metà del XIV secolo. Lo fa imitando prima il fiorino e poi il ducato veneziano. Interviene, quindi, con notevole ritardo rispetto ad altre zecche. E' utile notare che l'economia romana è di grande spessore e in continua evoluzione. Perchè attendere così a lungo? E' difficile rispondere. Probabile che il suo sistema monetario basato sul monometallismo argenteo sia solido (sono ben cinque i nominali di cui si giova)e un uso di monetazione aurea di area meridionale. Detto questo possiamo fare qualche considerazione. L'imitazione di altri tipi mette in secondo piano l'ipotesi del motivo di prestigio nella nascita della moneta d'oro. Idem la motivazione politica anche se sicuramente importante.

Io sarei favorevole per il ritorno dell'oro monetato per motivazioni di ordine pratico ovvero sostituire la tradizionale funzione della lira di conto come riferimento valutario. Qualcuno ha già detto che la moneta d'oro altro non è che un peso con un taglio stabile e solido e con il quale si ottiene un sistema di computo semplice ed efficace. Sono d'accordo. Il Medioevo è un'epoca ricca di fervore e creatività ma allo stesso tempo non doveva mancare il senso pratico delle cose.

Probabile io abbia scritto banalità e mi assumo la responsabilità per eventuali castronerie.

Meglio partecipare comunque.

Cari saluti

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Non voglio entrare nel merito della questione, decisamente tropo complessa, volevo solo suggeririvi alcuni piccoli punti utili secondo me ad inquadrare la stessa discussione.

L'enorme appeal dell'oro, e poi anche un titolo indovinatissimo quale quello di Lopez 'il ritorno all'oro', hanno fatto nascere e poi crescere un dibattito vivacissimo, con anche divertenti venature campanilistiche del tipo "prima io, no tu no!", oppure, 'parché no' ghemo scominsia prima nialtri de Venessia...sigh? ", (mi riferisco alla letteratura, non prendo in giro nessuno, mi raccomando, come toscano cresciuto in Veneto ed operante in Friuli mi considero apolide :D ) ma non rendono conto di una realtà di fatto (per altro ben descritta nei saggi di Lopez):

- non c'è stato nessun ritorno all'oro nel XIII secolo, perché negli scambi internazionali da sempre si utilizzava l'oro, sia in lingotti, giolelli, monete (bizantine e poi arabe). Ben prima del '200 le rendite complessive della chiesa, ad esempio, erano calcolate in moneta aurea, fossero questi solidi, mancusi, bisanti, marabottini etc.).

- le monete d'oro venivano comunque pesate a prescindere, per cui la differenza di valore tra una moneta ed un lingotto era minima e poteva non esserci alcuna convenienza a batter moneta aurea se, ad esempio, il mercato era sufficientemente rifornito da monete straniere che svolgevano egregiamente il loro compito (ad esempio avrebbe rappresentato una perdita fondere fiorini per realizzare ducati, se poi questi dovevano essere smerciati allo stesso valore dei concorrenti)

- Cosa avviene nel XIII secolo, allora? Semplicemente capita che anche alcune città italiane cominciano a battere moneta aurea per usarla al posto dei lingotti e delle monete straniere, ed io direi per una ragione semplicissima, perché era divenuto conveniente farlo. Lopez ha dato un 'ottima e convincente spiegazione di questo perché, ma ce ne possono esser altre, ma io direi che tutte dovrebbero partire da un dato di fatto: nel mercato era disponibile metallo a peso che era apprezzato meno di quanto erano apprezzate le monete coniate. Ed allora perché non approfittarne?

- Ovviamente questa situazione poteva verificarsi in tempi diversi nei vari mercati, per mille motivi (compreso il fatto che se il metallo arrivava non più in polvere o lingotti ma nelle monete di chi era partito per primo la convenienza andava a farsi benedire, non trovate?)

- La moneta aurea aveva una vocazione essenzialmente internazionale e svolgeva un ruolo minimo nel sistema monetario interno, anche se era stata quasi sempre introdotta con un valore tondo nella valuta locale. Tale valore però si era alterato subito, e se fiorini e ducati d'oro erano sopravvissuti come uno dei valori nominali fissi di un sistema, si trattava sempre di pure unità di conto senza più alcun rapporto con la corrispondente moneta effettiva. Quindi è al mercato inernazionale che dobbiamo guardare

Secondo me questi punti molto pratici dovrebbero essere sempre considerati in una discussione sulla moneta aurea, prima di passare a motivazioni di orgoglio o prestigio politico (avete notato che riguardo alla moneta nelle fonti sono sempre a posteriori: vi ricordate per caso di un'autore che affermi "quanto disgraziati siamo, che non riusciamo a battere neanche una monetuccia d'oro"), o di natura unicamente 'ideologica'.

Saluti, :lazy:.. anche a chi giustamente non ce l'ha fatta a sopportare tutta 'sta pappardella

Andreas

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Tale ripostiglio in realtà probabilmente non è integro perchè fu trovato dagli operai che negli anni Trenta costruivano là sotto un "bagno diurno", e che di nascosto se lo spartirono, cercando di rivenderlo in vari modi.

Le monete furono recuperate dalle autorità competenti (poi ci fu anche un processo) presso alcuni collezionisti ed antiquari che le avevano comperate, ma pare che una parte di tarì fosse stata addirittura venduta agli orefici come oro a peso e fosse stata rifusa.

purtroppo ultimamente ho poco tempo per scrivere, comunque, appena avrò un po'd'aria riprenderò come prima...

visto che è stato citato il ripostiglio dei banche delle logge (dal quale peraltro, secondo me, provengono tutti i fiorini di S. Jacopo ad oggi presenti sul mercato), c'è da dire che il numero stimato di fiorini rinvenuti era di diverse centinaia, contro i "soli" 91 recuperati dalle forze dell'ordine; molti di questi sono, ad oggi, negli states; la vendita illecita, infatti, fu in gran parte affidata ad un orafo fiorentino che vendette i fiorini per la somma di £ 100 cad1 a turisti soprattutto americani.

per chi volesse approfondire, esiste un testo di difficile reperibilità ma che riporta la descrizione generale del ripostiglio e minuziosamente le descrizioni e le foto di ogni singola moneta rinvenuta, in più tutti i documenti del processo fotografati, gli articoli di giornale... Il ripostiglio di monete auree scoperto in Pisa sotto le logge dei banchi - Luciano Lenzi, Pisa 1978

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io ho una domanda :acute: : come circolava l'oro? a parte il fatto che non so bene cosa si potesse comprare con un fiorino d'oro (una lira) alla metà del XIII sec, (so che alla fine del XIV sec. un podere di 5 ettari costava circa 25 fiorini, poi ho letto da qualche parte che Macchiavelli, per i suoi incarichi pubblici guadagnava 5 fiorini al mese....).

A parte questo, non mi sono chiari i metodi veri e propri di circolazione: so che le piccole-medie transazioni erano fatte in fiorini "sfusi", ma per le grandi so che si utilizzavano sacchetti appositi sigillati dalla zecca contenenti fiorini d'oro controllati dall'ente; come si usavano questi sacchetti? come si faceva ad essere sicuri che non contenessero tondelli di rame dal momento che erano chiusi con un semplice sigillo che chiunque poteva essere in grado di riprodurre?

grazie in anticipo a chi risponderà ;)

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Grande, fra

Che monumento ti dedico, ora? :unknw:

Credo di essermi allargato troppo!

Comunque, aperitivo pagato quando avrò il piacere di conoscerti personalmente. Non a caso sono nato a Genova :D

Salutoni e grazie

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Grande, fra

Che monumento ti dedico, ora? :unknw:

Credo di essermi allargato troppo!

Comunque, aperitivo pagato quando avrò il piacere di conoscerti personalmente. Non a caso sono nato a Genova :D

Salutoni e grazie

Intanto poni le fondamenta :D comunque potrei accontentarmi di una copia del grifone in bronzo del 1226 di cui oggi abbiamo ahimé solo una copia in marmo ;)

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Grande, fra Che monumento ti dedico, ora? :unknw: Credo di essermi allargato troppo! Comunque, aperitivo pagato quando avrò il piacere di conoscerti personalmente. Non a caso sono nato a Genova :D Salutoni e grazie
Intanto poni le fondamenta :D comunque potrei accontentarmi di una copia del grifone in bronzo del 1226 di cui oggi abbiamo ahimé solo una copia in marmo ;)
Ho dato una veloce letta alla prima parte del testo. Molto interessante, scorrevole e comprensibile nella sua esecuzione. Chiaramente da rileggere con più impegno. Grazie per la splendida collaborazione. Ho dato ordine io alla fusione della bestia, mi occorreva metallo da cannone :lol: . Sorry. Cavolo, in questi ultimi tempi ne sparo di grosse. Pazienza. Dai, facciamo i seri prima che qualcuno dello staff ci riprenda ;) Cordiali saluti Modificato da adolfos
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Si può essere d'accordo o meno con questo grande studioso, ma credo che tutti si sia concordi sulla sua grande preparazione e meticolosità :hi:

Domani dovrei riuscire a postare altre pagine nella galleria. Intanto qualche impressione sulla "premessa" ?

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