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Inviato

Vorrei chiarirmi un po' le idee su una questione che non mi è molto chiara: dritto e rovescio delle monete!... spesso, nelle monete medioevali, ci si trova a parlare di D/ e R/ per quelli che convenzionalmente sono sui libri e nelle raffigurazioni storiche, ma in realtà, qual'è il Dritto di una moneta?

Nei post mi capita spesso di leggere che sia la parte incisa sul conio di incudine, altrettanto spesso leggo che il D/ è la parte più rappresentativa dell' autorità emittente, altre ancora che è rappresentativo delle città.

Se Dritto si considera la parte della moneta ottenuta dal conio di incudine, credo che sia molto difficile da individuare, mentre invece, sull'iconografia si puo ragionare (anche se, molto spesso la situazione è comunque ardua)...

Ci sono monete come le fiorentine che portano al D/ il simbolo cittadino (in questo caso il giglio) e il nome della città, non lasciando alcun dubbio nella scelta tra D/ e R/... ce ne sono molte altre che non riportano segni cittadini o appartenenti all'autorità chiari, in più, le leggende (abbinando D/ e R/ ) appaiono alquanto equivoche (ad esempio, nell'agontano qual'è il D/ e quale R/?).

spero potrete togliermi qualche dubbio ;)

Saluti, Magdi

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Inviato

Si, ne abbiamo parlato ,in una discussione si riteneva il diritto quello inciso sul conio di incudine ,altri l'autorità emittente, ma poi era così sicura e sempre l'autorità emittente, l'imperiale, la comunale.?

Mi affido a Grierson :il diritto designa di norma la faccia su cui è impresso il tipo principale,alcuni però indicano il diritto come la faccia che reca la leggenda principale,poichè è quest'ultima che informa sull'autorità di emissione della moneta. Gli specialisti di monete classiche lo considerano la faccia impressa a mezzo del conio inferiore ( d'incudine ). Qualche volta tutti e tre gli elementi coincidono , come nel caso di alcune monete inglesi .

Ove non lo fosse spetta allo studioso decidere quale faccia considerare il diritto.

Così Grierson, credo comunque che sia un argomento dibattutto e che appassiona essenzialmente gli studiosi numismatici, all'epoca quello che guardavano gli utilizzatori era che la moneta fosse riconoscibile,buona ,spendibile, che circolasse ,che fosse accreditata il più possibile,sul diritto e sul rovescio ,l'analfabeta del medioevo non credo ci facesse poi certo caso....


Inviato

Oltre le argomentazioni proposte da magdi e dabbene, un'altra discriminante potrebbe essere di ordine pratico (l'uomo medievale andrebbe rivalutato anche sotto questo aspetto). Generalmente nel conio ad incudine veniva incisa la faccia della moneta più complessa e difficoltosa nella sua produzione. Considerando che un conio di incudine aveva una durata maggiore di quello a martello. Questo partendo dal presupposto che il conio ad incudine si possa considerare il dritto della moneta, chiaramente.

La discussione è molto interessante e mi aspetto molti commenti a riguardo

Saluti

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Inviato

Quando l'autorità emittente è sul conio di incudine questo lato è sicuramente quello principale, ovvero il dritto. I problemi sorgono quando l'autorità emittente risulta sul rovescio o, come gistamente ribadito da Dabbene, quando ci sono due autorità (imperatore e comune ad es.) o, come nel caso dell'agontano, quando non si capisce bene chi o cosa rappresenti l'autorità (il Santo protettore o il nome della città). Bisogna allora ricorrere a convenzioni (come proposto da Adolfos) o usare di volta in volta altri criteri. Mi ricordo che la Travaini citava il caso di una moneta napoletana (purtroppo non ricordo quale, ma comunque medievale) dove è stata cambiata la tradizionale concezione di dritto e rovescio dopo la scoperta di un documento dell'epoca che parlava di dritto e rovescio, che non erano quelli ritenuti fino ad allora.

Credo che il modo migliore sia proprio quello di ricercare per ogni singola moneta quale possa essere il dritto. E cerco di spiegare con un esempio pratico, perchè adottare l'equazione ''conio di incudine = dritto'' non possa essere universale.

Parliamo della zecca di Aquileia e per la precisione delle emissioni del patriarca Gregorio (1251 - 1269). Le prime emissioni dei denari di questo patriarca portano sul dritto la figura di Gregorio al dritto, come succedeva anche con i predecessori. L'ultimo denaro, invece, ha il ritratto del patriarca sul conio di martello. Non solo. Ma da allora in poi, finchè i denari hanno il bordo rialzato, tutti i patriarchi sono rappresentati sul conio di martello (Raimondo, Pietro, Ottobono e Pagano). Fu un attacco di umiltà che fece trasferire l'immagine del patriarca sul rovescio o dobbiamo da allora considerare come dritto il conio di martello? Ovviamente la seconda. Infatti il problema era che nella circolazione si usurava molto più velocemente il conio di incudine, per la particolare configurazione della moneta che aveva i bordi rialzati che proteggevano il conio di martello. Ed è per questo motivo che l'immagine del patriarca si trasferisce sul conio di martello, per essere ben visibile più a lungo. E quindi il dritto diventa il conio di martello.

Arka

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Inviato

Il dritto di una moneta o medaglia è il lato riportante la raffigurazione o il riferimento all'autorità emittente al di là della presenza o meno del nome stesso che a volte può essere ubicato al rovescio. In alcune monete napoletane di epoca aragonese troviamo l'effigie del re corredata da un motto latino che allude al sovrano stesso e che è quindi parte integrante dell''iconografia regale. Per quanto concerne il discorso del conio d'incudine faccio notare che proprio in queste monete la parte con l'effigie del re è quella con i rilievi più alti rispetto allo stemma al rovescio e per tanto veniva posizionata sul conio d'incudine, ragion per cui, anche da un punto di vista tecnico è da considerarsi dritto (cfr. ad esempio varie tipologie di ducati d'oro di Ferdinando I o Alfonso II d'Aragona).

Consiglio a Magdi la lettura di questa discussione, il discorso è complesso ma allo stesso tenpo di una semplicità unica, so che uno studioso ha intenzione di pubblicare uno studio sui dritti e rovesci riguardanti le monete di zecche siciliane. http://www.lamoneta.it/topic/74616-dritto-e-rovescio-nelle-monete-napoletane/


Inviato

La moneta a cui fà riferimento Arka e trattata da Travaini, se non ricordo male, dovrebbe essere il carlino d'oro e d'argento per la zecca di Napoli. Lascio il pallino ai medievisti che si occuopano di monetazione dell'Italia meridionale, comunque ;) .

Sono d'accordo con Francesco per l'analisi tecnica idonea ad individuare la faccia della moneta coniata su incudine. Anche se non sempre è agevole farla.

E' comunque sempre meglio ed utile osservare i due lati di ogni moneta per poter giungere ad una conclusione ragionevole.

Saluti


Inviato

La moneta a cui fà riferimento Arka e trattata da Travaini, se non ricordo male, dovrebbe essere il carlino d'oro e d'argento per la zecca di Napoli. Lascio il pallino ai medievisti che si occuopano di monetazione dell'Italia meridionale, comunque ;) .

Sono d'accordo con Francesco per l'analisi tecnica idonea ad individuare la faccia della moneta coniata su incudine. Anche se non sempre è agevole farla.

E' comunque sempre meglio ed utile osservare i due lati di ogni moneta per poter giungere ad una conclusione ragionevole.

Saluti

Grazie Adolfo, io penso che è molto importante valutare il dritto moneta per moneta, magari con l'ausilio dei documenti d'archivio. Infatti lo studio sui dritti e rovesci nelle monete napoletane è stato scritto tenendo conto degli inopinabili documenti di zecca di epoca aragonese (cfr. EDITTO DI TERRACINA).


Inviato (modificato)

Grazie a te Francesco, per il tuo interessante intervento. Inviterei tutti a leggere questa discussione ed in particolare il post n.9 del nostro valente teofrasto (ci sono interessantissime considerazioni riguardo l'argomento trattato): Spero teofrasto ci legga ed intervenga su questo argomento che sicuramente lo e ci appassiona. Attendiamo anche pareri da altri amici. Saluti

Modificato da adolfos

Inviato

La moneta a cui fà riferimento Arka e trattata da Travaini, se non ricordo male, dovrebbe essere il carlino d'oro e d'argento per la zecca di Napoli. Lascio il pallino ai medievisti che si occuopano di monetazione dell'Italia meridionale, comunque ;) .

Sono d'accordo con Francesco per l'analisi tecnica idonea ad individuare la faccia della moneta coniata su incudine. Anche se non sempre è agevole farla.

E' comunque sempre meglio ed utile osservare i due lati di ogni moneta per poter giungere ad una conclusione ragionevole.

Saluti

Grazie Adolfo, io penso che è molto importante valutare il dritto moneta per moneta, magari con l'ausilio dei documenti d'archivio. Infatti lo studio sui dritti e rovesci nelle monete napoletane è stato scritto tenendo conto degli inopinabili documenti di zecca di epoca aragonese (cfr. EDITTO DI TERRACINA).

Trattando monete medioevali, non sempre esistono documenti adeguati e specifici all'individuazione di un Dritto o di un Rovescio... e spesso, anche osservando l'iconografia se le leggende non risulta facile la selezione... prendendo, ad esempio, in analisi il denaro di lucca, abbiamo su un lato il monogramma imperiale, dall'altro le lettere della città in croce... quale prendere come D/? quale è la faccia più rilevante?... questa è un'ardua sentenza, a cui, comunque, siamo sottoposti nelle monete medioevali... ad esempio, nel caso di Volterra (sempre per fare un esempio casuale), la moneta riporta su un lato il vescovo (che è l'autorità), dall' altro la croce (che comunque rappresenta l'autorità ecclesiastica)... oppure sugli agontani comuni, dove su un lato c'è il santo della città e sull' altro la croce patente... queste sono monete difficili sotto l'individuazione del Dritto... soprattutto perchè, come sottolineavo all'inizio, non sempre ci sono documenti a supporto.

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Inviato (modificato)

Post che trovo molto interessante.

A vostro avviso, l'autorità emittente di una moneta che porta

- ad un lato il nome dell'imperatore che ha concesso il diritto di battere moneta

- all'altro lato la città che l'ha coniata, esercitando tale diritto (magari revocabile...)

legalmente, chi è ...?

grazie per ogni vostro parere

Modificato da adamaney

Inviato (modificato)

In un periodo ( XIV secolo ) in cui l' autorità imperiale era meno salda degli anni in cui era stato concesso lo jus cudendi monetae, un periodo in cui l' autorità di riferimento era il libero comune, io considererei la faccia principale quella con il nome della città; anche se poi bisogna vedere caso per caso. Mi viene in mente IANVA e CUNRAD1 REX, con il D/ sulla prima... Questo per le monete che hanno il nome dell' imperatore in una faccia. Poi anche il fatto che il conio di incudine si rovini meno, potrebbe significare che fosse adatto maggiormente alla faccia più importante e che doveva deteriorasi meno.

Questa discussione ( che avevo in mente da qualche tempo di aprire :) ) è molto interessante.

Giusto per dire qualcosa, ma lascio la parola a chi di monete medievali se ne intende maggiormente, in modo da poter imparare il più possibile ;) ;)

Riccardo

Modificato da coins

Inviato

@ Ciao adamaney

Detta così come hai scritto la risposta sembra scontata. Il dritto della moneta dovrebbe essere quello in cui appare il nome o il monogramma di chi ha concesso il diritto di zecca. Se ho ben capito il tuo messaggio altrimenti ti prego di comunicarmelo ;) . Tuttavia i rapporti di forza tra i comuni e l'autorità imperiale vengono in qualche modo messi in discussione e probabilmente un cambiamento del conio di incudine dove appare il nome della città potrebbe rappresentarne un primo tentativo di sganciamento. Molto importante considerando il ruolo basilare di propaganda che la moneta rivestiva. Opinione del tutto personale. Attendo tue impressioni.

@ magdi

Ti ringraziamo per aver lanciato questa interessante discussione.

Citando i denari enriciani di Lucca hai colto molto bene il segno. Ci stiamo ragionando sopra, infatti.

Devo ammettere che ultimamente stai facendo passi da gigante. Bravo.

Saluti a tutti

  • Mi piace 1

Inviato

@ magdi

Ti ringraziamo per aver lanciato questa interessante discussione.

Citando i denari enriciani di Lucca hai colto molto bene il segno. Ci stiamo ragionando sopra, infatti.

Devo ammettere che ultimamente stai facendo passi da gigante. Bravo.

Saluti a tutti

grazie adolfo :) ne sono molto felice !!!

Post che trovo molto interessante.

A vostro avviso, l'autorità emittente di una moneta che porta

- ad un lato il nome dell'imperatore che ha concesso il diritto di battere moneta

- all'altro lato la città che l'ha coniata, esercitando tale diritto (magari revocabile...)

legalmente, chi è ...?

grazie per ogni vostro parere

Io credo che il discorso vari di epoca in epoca... c'è da dire che in un primo periodo l'autorità Imperiale era veramente importante ed era maggiormente rilevante sulle emissioni rispetto alle singole città, che erano comunque sottoposte al volere dell' Imperatore... dopo, invece, l'Imperatore rimaneva solo come figura, ma non aveva certo lo stesso peso di un tempo, a quel punto, infatti, erano le singole città ad avere il totale controllo sulla moneta... diciamo che l'imperatore appariva unicamente in maniera simbolica...

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Inviato

Ad esempio la moneta pepolese, in una faccia il nome di Taddeo Pepoli e la croce, nell' altra l' iniziale del Santo, la sua figura e il nome della città... In questo caso? :)


Supporter
Inviato (modificato)

Sono d'accordo con adolfos. E con molte cose dette in precedenza da dabbene, da arka, ed ancora da magdi.

Si possono dare delle definizioni generali come dritto = autorità emittente e/o motivo principale, oppure dritto = conio di incudine, che come già detto da altri tende a coincidere con il primo, anche se per vari motivi ciò non accade sempre, o non su tutti i nominali allo stesso modo (i casi di Arezzo e di Aquileia già segnalati, ma anche quello di Pisa nel '200, secondo me lo fanno capire bene): quindi la cosa va verificata e valutata di caso in caso.

Volendo poi considerare il problema dell'autorità emittente nello specifico, e rispondere alla domanda di adamaney secondo me bisognerebbe prima di tutto definire: che prerogative ha o dovrebbe avere l'autorità emittente?

Il termine è composto dalla parola "autorità" ovvero in base a vari dizionari di lingua italiana la facoltà o potestà legalmente riconosciuta, e quindi per traslato potere legale o legittimo di fare certe cose. A questo segue il termine "emittente", ovvero che emette, che è fonte di una legge, la moneta etc. In particolare per questo termine va focalizzata l'attenzione sul fatto che siamo difronte ad un participio presente. Il participio presente italiano deriva, ovviamente dal latino e quindi, da definizione "Ha significato attivo ed esprime la contemporaneità".

Quindi l'autorità emittente è quella persona fisica e/o giuridica che ha l'autorità legale o legittima per emettere in quel determinato momento una comunicazione, una legge, una moneta etc... stabilendone i principi e le norme e garantendo per essa.

Visto questo, ribalto la domanda: chi è l'autorità emittente? Quella che è fonte e da cui discende - magari ab antiquo - la legittimazione per esercitare un diritto, o quella che ne è fonte nel presente, legittimamente e attivamente di quel diritto?

Del resto chi stabiliva quali, quante e come emettere le monete e garantiva per esse?

Questo va poi calato nella realtà medievale della penisola italica e visto bene nello spazio (a seconda delle aree e delle zecche ci sono diversità) e nel tempo. Un conto sarà valutare la cosa nel X-XI secolo (gli imperatori, i re d'italia, i marchesi etc...), un conto cosa accade a partire dal pieno XII secolo; un conto il regno normanno-svevo, un conto l'Italia dei Comuni.

E forse non è un caso che il XII secolo sia il periodo in cui si immobilizzano la maggior parte dei tipi monetali delle zecche già attive in Italia centro-settentrionale, o nascono già immobilizzati quelli delle nuove ... o vogliamo davvero ritenere che Corrado III sia l'autorità emittente delle monete della Respublica Ianuensis fino al XVII secolo ;)?

D'altro canto vi sono anche monetazioni comunali tra XII e XIII secolo che pur avendo avuto il riconoscimento imperiale non ricordano il nome di alcun imperatore o i suoi simboli sulle proprie monete (vedi ad esempio Siena), o quelle che cominciano a coniare senza concessione imperiale tout-court (almeno non nota e senza riferimento infatti sulle monete: Firenze; questo tralasciando i possibili riferimenti alla monetazione in età carolingia, alla Matzke). Ed infine anche disposizioni imperiali in fatto di moneta completamente disattese e composte solo con un accordo diretto tra i due governi comunali (vogliamo ricordare il caso di Pisa e Lucca?).

Attendo vostre considerazioni in merito

Un saluto MB

Modificato da monbalda
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Inviato

Grazie Monbalda, un utile contributo :)


Inviato

quindi, Monica, secondo te, fino a quale periodo si può ritenere autorità preponderante l' imperatore (e quindi il D/ il lato con il suo monogramma) ? e ti faccio anche un'altra domanda... secondo te, per una città, è più rappresentativo il Santo o il simbolo cittadino? o meglio, l' "uomo medioevale medio" riconosceva la città da cui veniva emesso il pezzo maggiormente dalla figura del Santo o dal simbolo cittadino/imperiale (faccio riferimento a grossi come quello di lucca, al fiorino, o agli agontani)?

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Inviato (modificato)

Vorrei aggiungere alcune considerazioni al precedente splendido intervento della nostra monbalda.

Non sono farina del mio sacco (magari!! :D ) ma bensì alcune argomentazioni estrapolate in sintesi da un saggio di A.Finetti.

Durante il XII secolo il potere imperiale si dimostra evanescente e la moneta perde sempre di più quel carattere di ius regis che ne aveva condizionato il complesso delle caratteristiche esterne e, soprattutto, ne aveva garantito il corso.

Dunque già all’inizio del secolo saranno ben poche le zecche comunali ad apporre sulle loro emissioni il nome dell’Imperatore, dato che ormai il successo della loro moneta dipendeva unicamente dal prestigio che era in grado di acquisire nei mercati. Non interessava se sul loro mezzo di scambio abituale il nome dell’istituto garante dell’emissione non coincideva con quello che esercitava un potere effettivo sul loro territorio: la vera garanzia poggiava sulla qualità ed il prestigio della moneta.

Come già accennato ogni moneta va analizzata singolarmente perché molte sono le variabili che si possono verificare.......

Cari saluti

Modificato da adolfos
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Inviato

Ogni qualvolta si parla di D/ e R/ delle monete mi pongo sempre la domanda se questo è solo un nostro problema o se lo ponevano anche al momento della coniatura.

E' chiaro che per determinare quale sia il D/ ed il R/ nelle monete in cui esso non è ben chiaro, bisogna valutare il singolo caso e purtroppo non è possibile dare una regola generale.

Leggendo poi le varie teorie di attribuzioni del recto e del verso viene poi quasi spontaneo una suddivisione di essi in base alla scelta adottata per stabilire il D/ ed il R/.

Un po arzigogolato... provo semplificare facendo degli esempi.

Il caso classico è il D/ e R/ convenzionale, cioè quello in cui, convenzionalmente, si attribuisce come D/ il lato in cui è indicata l’autorità emittente e fin qui non ci piove.

Poi potremmo avere, nel caso dubbio, il D/ e R/ tecnico, cioe' quello in cui viene indicato come D/ il verso ottenuto dal conio di incudine, sicuramente più usato nella monetazione classica, difficile per quella medievale in quanto non sempre si è in grado di stabilire quale sia il lato coniato dalla pila.

Per ultimo potremmo definire anche il D/ e R/ documentale, cioè quello in cui recto e verso sono stabiliti da documenti d'epoca che provano la volontà dell'autorità emittente di stabilire quale sia la faccia principale della moneta. Classico caso del saluto di Carlo I d'Angiò, dove va ricordato che oltre al verso il re ha preteso anche l'orientamento dei due lati della moneta, cioè che ruotando la moneta, la punta dello stemma, corrispondesse ai piedi della scena dell'annunciazione (Volumus et mandaìnus ut Karolenses ipsos secundum istum modum et formam cudi de cetero faciatis ut uniforme reddantur, ita quod capita ymaginum predictis capitis predicti scuti, et pedes earumdem ymaginum punte seu pedes eiusdem scuti respondeant… ), cosa che sicuramente implicava quantomeno un segno sui coni per avere il giusto allineamento (tra l'altro l'ottimo studio fatto dalla Travaini sui saluti d'argento del ripostiglio di Oschiri dimostra che la disposizione era rispettata in maniera abbastanza precisa).

Detto questo io mi trovo a concordare con chi mi ha preceduto che sulla monetazione medievale, spesso il conio di incudine era riservato al verso della moneta più difficile da realizzare, avendo la pila una durata superiore al conio di martello.

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Inviato

molto interessante, penso che l'uomo medievale non si ponesse molto il problema diritto/ rovescio.

Come utilizzatore, guardava entrambi i lati con interesse, come se fossero due dritti, per verificare che avesse avuto il prezzo o la paga giusta.

Secondo me certe monete erano "internazionali", tipo il tornese, il provisino o il bolognino. Quindi da un lato avevano un "logo" riconoscibile e accettato nei diversi mercati, dall'altro avevano il "logo" tipico della località di emissione.

Non so se l'enigma verrà risolto del tutto, comunque un po' di mistero ci vuole...

oo)

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Inviato

molto interessante, penso che l'uomo medievale non si ponesse molto il problema diritto/ rovescio.

Come utilizzatore, guardava entrambi i lati con interesse, come se fossero due dritti, per verificare che avesse avuto il prezzo o la paga giusta.

Secondo me non è proprio così... una faccia più importante c'è sempre... pensa ai 2 € (facendo un esempio banale) il D/ è realmente la faccia che tutti teniamo in mente dell' euro, che ti mostra che la moneta è stata emessa dall'unione europea.... così era anche la lira... vedendola, anche un bambino riconosce l'autorità che la emette e percepisce che quella moneta è legale, puo circolare... il D/ è la parte della moneta che focalizzi subito, che utilizzando la moneta è la più diretta, che ti fa capire al primo colpo che la moneta che usi è buona, è coniata da un ente di cui puoi "fidarti" ed è accettata nel commercio... vedendo una moneta lucchese, aretina, fiorentina, genovese o milanese, l'uomo medioevale medio, da quale faccia era rassicurato sul fatto che la moneta fosse "buona"? quale lato gli garantiva che la sua moneta sarebbe stata accettata nei suoi scambi? e quale simbolo era collegato mentalmente al concetto di "moneta buona e spendibile" ? secondo me quello che risponde a queste caratteristiche è il lato del D/...

se scendiamo nel particolare del torsello/pila = rovescio/dritto, secondo me, non raggiungiamo mai la concezione del lato più importante... insomma... è logico che se su un lato c'era una figura più complessa, allora si metteva sotto perchè durasse di più... ma questo non significa che quella figura fosse la più importante....

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Inviato (modificato)

Volevo tornare su questi ultimi post con qualche riflessione prima che questo topic venga abbandonato, riflessione che spero sia utile soprattutto agli utenti più giovani.

La moneta come qualsiasi altra fonte si presta a livelli diversi di lettura, tanto oggi quanto al momento della sua emissione e circolazione. E direi che nessuna è più importante di un'altra in senso assoluto, anche se vi saranno letture percepite da un numero maggiore di persone o in modo più evidente rispetto ad altre.

E' chiaro che chi progettava e stabiliva legalmente quale dovesse essere il tipo monetale, ovvero cosa andasse raffigurato e scritto su una moneta per essere ritenuta valida, dovesse tenere presenti più di uno di questi "livelli":

1) Le altre autorità di diritto pubblico, a partire dall'Imperatore, ma anche il Pontefice soprattutto per certe città (non lo dimentichiamo...vedi il caso genovese, appunto) fino agli altri stati comunali o meno, le cui valute potevano gravitare nella stessa area monetaria.

2) I ceti dirigenti della società locale (aristocratici, ricchi mercanti etcc. che andavano a formare e sostenere i governi cittadini), alla quale senz'altro ci si rivolgeva e per la quale la moneta era mezzo di comunicazione come di attuazione di certe politiche economiche.

3) I ceti inferiori della società locale e delle altre società comprese nell'area monetaria di riferimento e circolazione

Si tratta per ciò di almeno tre livelli differenti che potranno avere avuto un peso diverso anche nella progettazione del tipo monetale (ma non è sempre detto) a seconda dei nominali e dei vari periodi.

Possiamo pensare infatti che fino al pieno XII secolo soltanto pochi sapessero leggere e quindi capissero bene ad esempio cosa mutava nelle legende al cambio del nome dell'imperatore. D'altro canto fino alla fine XI/prima metà XII secolo l'uso di moneta non sembra ancora così frequente e ricorrente nella vita quotidiana della maggior parte delle persone, ed era impiegata soprattutto da coloro che probabilmente potevano leggerla anche nelle iscrizioni lungo il bordo ad esempio.

Dal tardo XII secolo ed ancora più nel XIII secolo sicuramente l'alfabetizzazione e la cultura scritta si diffusero (vedi crescita del notariato e del ricorso alla documentazione scritta, ma sopratutto apertura delle scuole per mercanti e diffusione della cultura mercantesca), ma aumentarono in modo esponenziale le transazioni anche di piccolo calibro regolate con moneta e quindi le persone anche non alfabetizzate che potevano usare i nominali inferiori.

Seguendo il discorso di magdi, poi, anche oggi un conto è come guardiamo ai due euro, un altro conto come osserviamo i duecento: i primi più corsivamente e velocemente giusto per riconoscerne il taglio quando li usiamo e magari si trovano nel borsello con le altre monete di piccolo taglio (a parte chi li colleziona...), i secondi , senz'altro più rari, con maggior attenzione ai particolari, per più motivi.

Inoltre si saranno guardate con più attenzione tutte le monete ogni qualvolta che si sapeva di qualche nuova emissione arrivata sul mercato, proprio come è successo per noi quando dalla lira siamo passati all'euro.

Quindi anche per capire come potesse essere percepita una moneta va valutato bene il periodo, il tipo di moneta e quant'altro, pensando che fino ad un certa epoca formano i tipi del conio ci si sarà riferiti essenzialmente ai primi due gruppi di cui sopra, e da un certo momento in poi anche al terzo sopratutto per i nominali di taglio inferiore emedio, pur senza dimenticare i primi due.

Spero di essere stata chiara, ed attendo vostre eventuali ulteriori considerazioni in merito

Un saluto MB

Modificato da monbalda
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Inviato

Istruttive le considerazioni di Monbalda secondo le quali occorre sempre riferirsi al contesto storico e dell'autorità emittente per poter procedere ad un riconoscimento del tipo monetale e quindi della distinzione convenzionale tra un lato di diritto ed uno di rovescio.

Mi domandavo se i trattati di mercatura in primis e alcuni "money book" , che appaiono relativamente più tardi (fine XVmo) possano assisterci in questa indagine , riportando le descrizioni, o , almeno per i coin book , le raffigurazioni delle monete e quindi identificando, convenzionalmente secondo il nostro sistema di scrittura/lettura che procede da sinistra a destra, il lato del diritto come il lato sinistro e quello destro come il rovescio nelle raffigurazioni di queste monete in queste fonti.

Per i periodi più antichi, e quindi antecedenti a questi trattati, si potrebbe fare riferimento alle scritture notarili che descrivono le tipologie monete oggetto di un determinato contratto, spesso (non sempre) riportando minuziosamente la descrizione dei tipi figurativi delle stesse e quindi potendo identificare il lato del diritto con la prima parte della descrizione riportata per la moneta in questione.

Sto pensando che descrizioni di questo tipo ci possano assistere ad identificare il lato considerato di diritto , ad esempio, negli stellati longobardi..:)


Supporter
Inviato (modificato)

Caro numa numa,

magari le scritture notarili riportassero descrizioni così minute e dettagliate: è già tanto se invece della moneta di conto dicono in che moneta/e reale/i venivano effettuate le transazioni!. Nelle liste si scrivono in più i nomi con i quali erano conosciute ed apprezzate le monete, ed il titolo, piuttosto che altro. E più si va indietro nel medioevo e peggio è (c'è anche il problema della cosiddetta "moneta sostitutiva").

Vi sono altri documenti che, talvolta ma raramente, dicono cosa era raffigurato sulle monete come le fonti pubbliche, gli statuti etc.., oppure cronache, ma sono in genere tarde (dal tardo XII e soprattutto XIV secolo) e guarda caso nella descrizione dicono sempre "su una faccia" e "sull'altra", oppure "da una parte" e "dall'altra" (ad esempio chi ha il mio studio su Pisa o anche quello di Vanni, se non l'articolo di Violante può leggere la provisione degli anziani che descrive il picciolo tra il 1314 e 1317).

C'è da tenere in considerazione infatti un'ultima cosa che mi pareva fosse stata accennata da qualcuno all'inizio della discussione: al di là della caratterizzazione dei tipi monetali e dei diversi livelli di comunicazione e di lettura delle monete, ben presenti fino da quel tempo e senz'altro differenziati tra motivi nel campo e iscrizioni in legenda, oltre che distribuiti sulle due facce, la definizione vera e propria di dritto e rovescio è una convenzione degli studi numismatici fioriti più tardi ... :).

Un saluto e ...a presto MB

Modificato da monbalda

Inviato

Monbalda dice bene.

Solo in alcuni rari casi i documenti notarili ci vengono in aiuto.Un piccolo ma emblematico esempio sono alcuni documenti romani che descrivono i primi provisini senatoriali (XII secolo) come "provisinos ad manganum" riferito al tipico pettine che appare in iconografia. Lo stesso per i denari di Provens del Conte Enrico II che ebbero corso legale insieme alla nuova produzione romana e vengono descritti nei documenti notarili come "de flore" riferito alla Y accantonata da due crescenti che almeno apparentemente sembra un fiore.

In questi casi la parte più importante delle monete mi sembra ben evidenziata.

Cari saluti


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