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IGNORED

I PRIMI GROSSI ITALIANI


Risposte migliori

Supporter

@@matteo95, sempre per non anticipare troppo in questa sede quelli che saranno alcuni dei temi della conferenza del 17, per adesso mi asterrò da qualsiasi commento sulle cronologie dei grossi di Genova. Dico solo che saranno vi proposte alcune "corpose" novità, anche rispetto a cose edite dalla sottoscritta qualche anno or sono. Ci saranno anche alcune novità per Lucca e forse qualche altra zecca.

Il bello della ricerca è che non si puoi mai mettere la parola "fine" e bisogna avere la capacità di sottoporre a vaglio critico sia le cose scritte da altri, ma anche le proprie, senza timore di correggersi, anche perché possono sempre emergere nuovi dati da raccogliere, che possono far vedere le cose sotto una diversa luce e prospettiva. Prezioso poi per Genova è stato il confronto in diverso modo e occasioni con alcuni colleghi ed anche cultori e collezionisti, con uno dei quali ho firmato per l'appunto uno dei saggi predetti.

La cosa da notare per quanto riguarda i grossi genovesi del ripostiglio di Oschiri e da tenere presente al momento e che sono delle due tipologie rammentate correttamente da Matteo: a) tre esemplari del tipo +I.A.NV.A. / CVNRADI.REX. con punto sotto l'imago, corrispondenti in effetti ai tipi Carige nn. 298-300; b) uno del tipo +IA.NV.A ./ CVNRADIREX: con imago con i cosiddetti "capitelli", simile al tipo Carige n. 301.

I primi tre hanno rispettivamente pesi di 1,00 g, 1,02 g e 1,21 g presentando una certa usura soprattutto nei due più leggeri; il quarto pesa 1,11 g e comunque anch'esso ha circolato con ogni evidenza.

Se messi a confronto con tutti gli altri grossi del ripostiglio, in generale mi paiono quelli che mostrano una consunzione maggiore. Non so se queste cose vi possono dire qualcosa insieme a tutto il resto. Ovviamente a me qualcosa hanno suggerito, soprattutto se visto insieme ai dati degli altri ritrovamenti.

Ringrazio @@fedafa per le sue spiegazioni e approfondimenti sui carlini ed i gigliati, esposti in questo post http://www.lamoneta.it/topic/86557-i-primi-grossi-ita, che posso dire di condividere. Oltre a questi motivi ne ho anche un altro che mi ronza per la testa, dettato dai miei ultimi studi sulla legislazione monetaria di Enrico VII, che però non esprimerò finché non si sono consolidati con maggiori riflessioni ed evidenze. Diciamo però che Roberto d'Angiò non era tra i suoi migliori amici...

Invece rilancio (ma solo se vi diverte, e non vi sembra di "essere a scuola"...mamma mia che brutto :P): ma c'è qualcuno a caso come @@giollo2, o @@eligio, o anche altri, che avrebbe voglia di raccontarci qualcosa dei grossi di Asti e di quelli di Piacenza nel corso del Duecento, che invece in questo ripostiglio non ci sono (anche se forse avrebbero potuto esserci...o no?).

Un saluto MB

Modificato da monbalda
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Supporter

Prima di dedicarmi ad altro (altre monete...), devo una risposta per quanto posso ad @@Andreas.

Come si potrebbe dire? "Sono completamente d'accordo a metà con il mister" :D!

Nel senso che condivido davvero buona parte delle tue riflessioni sulle quantità di argento che si spostavano, sul metallo in lingotti, sulle possibili tipologie di impieghi delle monete grosse in argento e quant'altro.

Epperò, prima di concludere il ragionamento, vedrei bene di guardare in fondo alle cronologie e alle seriazioni dei grossi tirrenici, che anche io, dando per buone alcune cose note secondo gli studi della tradizione, ma anche di illustri colleghi in tempi più recenti, avevo riproposto fino ad un paio di anni or sono, e che potrebbero invece stare diversamente. Come ho detto anche a Matteo, è il bello della ricerca, ed è per questo che ci piace farla.

Per quanto riguarda la frequenza di attestazione di vari tipologie di monete grosse a confronto tra documenti e ritrovamenti, in area tirrenica che è quella che conosco meglio perché mi sono letta e mi sto leggendo di persona tutte le fonti scritte che posso, francamente non trovo molta discrepanza (vedi ad esempio proprio il caso delle sterline), ma in altre aree di Italia la situazione era senz'altro diversa.

Un'ultima annotazione: di grossi genovesi emessi nella seconda metà del Duecento in giro per il Mediterraneo ce ne sono relativamente pochi, quasi tanto quanto quelli coniati nella prima metà del secolo. Sebbene non sia una questione dirimente, soprattutto rispetto ad altre, andava comunque ricordata.

Di più davvero non posso davvero dire adesso: spero che Andrea capisca e non me ne voglia troppo ;). Ormai del resto non manca molto ed è bene mantenere un poco di suspence per qualche giorno, per divertirsi tutti insieme nella discussione che vorremmo fare in occasione di questa "Seconda giornata del grosso", per la quale è stato lasciato molto tempo la mattina, e che volendo si potrà riprendere, monete alla mano, anche nel pomeriggio.

un caro saluto e a presto spero, MB

Modificato da monbalda
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Figurati, Monica, non mi aspettavo nemmeno che tu rispondessi qui. Mi avevano incuriosito certe domande molto valide sul perché i grossi veneziani venissero imitati e quelli delle zecche tirreniche no, e di getto ho pensato di darvi la mia opinione, forse senza nemmeno riuscire ad essere troppo chiaro (volevo solo dire che se i grossi tirrenici circolavano soprattutto come argento a peso verso le aree dove il metallo bianco valeva di più, questo potrebbe spiegare la mancata presenza nei ripostigli, così come avveniva per gli sterlini in Italia ed in nord Africa). In realtà ho solo buttato giù un argomento che mi sarebbe piaciuto sollevare a Genova, se avessi potuto venire. Mi dispiace anzi di averti costretto ad anticipare in parte quanto dirai alla manifestazione, proprio non volevo.

Comunque ancora un grande in bocca al lupo a te e tutti voi per il 17 :good: .

Andrea

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Supporter

No, non ti preoccupare: di fatto non ho anticipato molto. Ma se avessi dovuto rispondere compiutamente alle tue osservazioni, avrei finito con il farlo. Vedrai che riprendiamo senz'altro la discussione con maggiore agio più avanti, magari trovando anche qualche possibile divergenza, così ci si può divertire anche di più nel confronto di idee.

Grazie per gli "in bocca al lupo" (e che crepi, povero lupo). In genere quando propongo certe novità in determinati ambiti collezionistici, che hanno una grande tradizione, non sono prese sempre bene :unknw: ; in più qui tocco un argomento importante, peraltro trattato da tutti voi "big" della numismatica medievale italiana, oltre che internazionale. Quindi penso di averne proprio bisogno :D!

Per il resto della giornata mi pare che il Circolo Numismatico Astengo abbia predisposto tutto al meglio, e la visita alla collezione numismatica esposta a Palazzo Tursi sarà un altro momento di sicuro interessante per chi potrà intervenire. Ma su queste cose magari avrà modo di intervenire direttamente @@fra crasellame.

Di nuovo un saluto e...buona notte MB

Modificato da monbalda
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@@monbalda, viste le proposte cronologiche che farai proprio al Circolo Astengo, ho contattato alcuni balestrieri della parte "estrinseca" per tua difesa personale :D

Per quanto riguarda il dopo conferenza, per i sopravvissuti :rofl: , ricordo che bisogna prenotarsi per il pranzo. Sarebbe bene iniziare a farlo, scrivendo all'indirizzo email sulla locandina, così iniziamo a contarci e riusciamo ad avvertire la "Locanda/Taverna".

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Awards

Era stata fatta una domanda, al momento senza risposte, su Asti e su Piacenza, in attesa di altri interventi, provo a rispondere.

Parlare di Asti inevitabilmente ci porta a riferirci ai loro mercanti, ai prestatori di denaro, alla loro abilità a frequentare le fiere della Champagne, ai loro rapporti con oltrealpe, alla loro capacità di trasportare merci attraverso le Alpi, ad avere basi dalla parte francese del Moncenisio.

Da Asti si passava in Francia tramite il Moncenisio, ma a ritroso il cammino ci portava verso Tortona e da qui lo sbocco era il mare, il porto di Genova.

Ma tornando a Tortona da qui si poteva accedere verso Piacenza che era sulla frequentata e conosciuta via francigena, strada che si collegava con la Francia passando dal Gran San Bernardo e che ovviamente poi portava in senso opposto verso la Toscana e Roma.

Quindi storie incrociate tra Asti, Genova, Piacenza sulle grandi vie del commercio e dei mercanti che poi tornavano a collegarsi con lo sbocco verso il mare.

Poi Asti e Genova hanno altri punti in comune....ma per il momento mi fermo qui, sperando in un sei meno, meno, almeno politico.... :blum: ,

Mario

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Per quanto riguarda Piacenza:

Prima emissione (1219)

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Identificazione: all'inizio della legenda del rovescio crocetta e globetto a sinistra

Nell’agosto del 1219 il Codagnello registrò la prima coniazione del grosso da 6 denari piacentini “veteribus”: "Eodem anno (ndr: 1219) mense augusti proximi sequentis, placentini minuti qui dicuntur quarteroli, et placentini grossi, quorum quilibet valet sex denarios de Placentini veteribus qui modo sunt, facti fuere".

Tale grosso venne coniato a peso di circa 1,8 grammi e a titolo di circa 950-960 ‰: "...inquivisimus et circavimus in quo statu incepta et facta fuit moneta placen. tempore consulatus dominorum presbiteri Cacie et Iacobi de Malcorigia et sociorum consulum communis de lega et penso. Et eam invenimus bonam et legalem de penso et lega, scilicet X solid. et dimidium pro Marcha ad pensum. et de lega, ad eo bonam et eciam meliorem ut illa janue et venecie (Il Pallastrelli trovò i grossi di Pietro Ziani, 1205-1229, a titolo 952 ‰) . . . ", RM 1984, vol. II, p. 129, n. 351, r. 6.

La tipologia di queste nuove monete restò uguale a quella dei piacentini antichi e dei mezzani piani coniati porecedentemente, e cioè con [ . + ] e 2 cunei al diritto e 3 al rovescio come elemento di distinzione.

Fra i grossi di questo tipo è possibile individuare 3 varianti a seconda del numero di cunei presenti al rovescio: tre, due o nessuno. Molto verosimilmente, tali cunei rappresentavano gli elementi di distinzione di diverse battiture nell'ambito della stessa emissione e infatti non sembrano esserci differenze significative nelle caratteristiche intrinseche, peso e titolo in argento, del tipo con 3 cunei al rovescio rispetto a quello privo di cunei (del tipo con solo 2 cunei al rovescio è noto solamente un esemplare appartenente alle collezioni dei Musei di Palazzo Farnese di Piacenza, n. inv. 114).

I pesi della quasi totalità degli esemplari esaminati risultano compresi fra 1,70 e 1,90 grammi, in pieno accordo con quanto precisato nei documenti. Anche il valore del titolo in argento ottenuto con le diverse metodiche di analisi è risultato conforme a quanto riportato nei documenti (950-960 ‰).

Seconda emissione (1238)

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Identificazione: all'inizio della legenda del rovescio crocetta e globetto a destra

In data 1238, i cronisti Musso e Agazzari riferiscono di una nuova coniazione di grossi da 6 denari e di mezzani. Tali citazioni, purtroppo non riportano le caratteristiche ponderali ed intrinseche delle monete.

Sarebbero da attribuire a questa coniazione il grosso e i mezzani con l'elemento distintivo [ + .] all'inizio della leggenda del rovescio.

Anche in questa serie è stata riscontrata la presenza o meno di 2 cunei, situati però uno alla sinistra della crocetta posta all'inizio della leggenda del rovescio e l'altro nella leggenda del diritto fra le due S di REGIS SECVNDI.

Per quanto riguarda il grosso abbiamo rintracciato solamente un esemplare di questo tipo appartenente all'ex-collezione reale (CNI 1925, p. 559, n. 3).

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Periodo dal 1248 al 1256

La classificazione cronologica dei grossi coniati intorno alla metà del XIII secolo può essere definita in base all'esame di alcuni importanti documenti, primo fra tutti il concordato monetario del 1254, e delle caratteristiche intrinseche delle monete.

Innanzitutto, il concordato del 1254 ci permette di fissare al biennio 1254-1256 le monete recanti all'inizio della leggenda del diritto e al centro del campo del rovescio una stella a 6 punte.

Le caratteristiche intrinseche del grosso da 4 imperiali previste dal Concordato del 1254 sono le seguenti: peso grammi 1,268 e titolo in argento 828,125 ‰.

Le caratteristiche intrinseche del grosso piacentino non rispettano però le disposizioni previste dall'accordo monetario: infatti, i raggruppamenti ponderali dei numerosi esemplari giunti fino a noi presentano una maggiore frequenza fra 1,70 e 1,89 grammi (20 esemplari su 26) contro i grammi 1,268 riportati nel testo del concordato. Per quanto riguarda il titolo in argento, un saggio distruttivo del Pallastrelli e diversi risultati per fluorescenza a raggi X, hanno confermato la presenza di esemplari a titolo molto vicino ai valori previsti nel testo del concordato; tuttavia la maggior parte di questi grossi ha evidenziato un titolo inferiore, pari in media a soli 750 ‰.

In base a queste caratteristiche intrinseche è probabile che il grosso venne battuto al valore nominale di 6 imperiali anziché di 4.

E’ verosimile che si possa fissare al biennio compreso fra il 1251 ed il 1253 la produzione delle monete recanti il simbolo denominato O crociato e costituito da una piccola croce all'interno di un cerchio. Questo segno è presente su alcune monete emesse da diverse città, fra cui anche Piacenza. E' quindi molto probabile che queste città avessero precedentemente stipulato un'altra convenzione monetaria, il cui testo, purtroppo, non è pervenuto sino a noi.

Il grosso piacentino con l’O crociato, rispetto ai grossi coniati fino al 1238, presenta un peso assai inferiore e pari a circa 1,4 grammi e un titolo pari a 750-800 ‰.

Considerando che nella tipologia delle monete piacentine esiste ancora un grosso di peso compreso tra grammi 1,2 e 1,4 questo non può che essere collocato prima dell'emissione della serie dell'O crociato in quanto, con il 1254, il grosso inizia ad essere battuto a peso e titolo superiori.

Anche in questo caso potrebbe essere ipotizzabile una emissione nell'arco di un biennio (1248 – 1250) come primo tentativo di accordo monetario tra le città dell'area padana.

Questo grosso si caratterizza da una crocetta di inizio leggenda senza punti e tre grandi cunei nel campo del rovescio a minuti 10, 30 e 50 che, partendo dal cerchio interno si orientano verso il punto centrale.

Il peso di tale grosso varia da grammi 1,2 a 1,4 circa ed il titolo si aggira intorno a 850-900 ‰ .

I dati finora esposti sono confermati anche dalle notizie, pubblicate su riviste specializzate o fortuitamente pervenute fino a noi, sulla composizione dei ripostigli di età comunale venuti alla luce. Il tesoretto di Stadera, interrato dopo l'ascesa al potere del Doge Ranieri Zeno (1253), ci ha conservato grossi con [. + ] e grossi con la doppia stella appartenenti al concordato. Grossi cioè di larga circolazione, il tipo antico, compreso tra il 1219 e il 1238, e quello con doppia stella del biennio 1254/56. I ripostigli di Biella e di Biasonno, contemporanei al precedente, contenevano invece solo monete ascrivibili al concordato monetario del 1254.

emissione 1248 - 1250 (?)

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emissione 1251 - 1253 O crociato

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emissione 1254 - 1256 concordato

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Periodo dal 1256 al 1299

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Il ripostiglio di Cisano, con i 22 grossi di Ranieri Zeno e con grossi e frazionali di Piacenza con la crocetta tra i due globetti [. + .] pur ascrivibile allo stesso periodo, è da datarsi a qualche tempo dopo il concordato.

I grossi appartenenti a questa tipologia presentano un peso apparentemente più elevato rispetto a quelli con la doppia stella (1,8 - 2,0 grammi).

Il titolo in argento è stato trovato di circa 770 ‰ dal Pallastrelli e da 729 a 802 ‰, con un valore medio di 767 ‰, da diverse analisi per fluorescenza effettuate negli anni ‘90. Il titolo legale di questi grossi potrebbe quindi essere stato di 9 once per libra di lega (750 ‰) e quindi posteriori al concordato del 1254, avendo ereditato le caratteristiche intrinseche degli ultimi grossi con la doppia stella.

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Periodo dal 1299 al 1313

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L'Agazzari riporta che in data 1299 anno vennero coniati grossi da 10 denari. Pare che il grosso debba intendersi del valore di dieci imperiali se una carta bergamasca del 1303 ci specifica ". . . et libras 122 imperiales in Ambroxinos Placentinis et Papiensibus argenteis crossis computatis pro denarios decem imperialibus quolibet eorum". Negli Statuti del Collegio dei mercanti di Piacenza, alla rubrica 679 si legge ". . . quod nullus faber debeat nec possit facere nec fieri facere aliquem pomellum argenti, nisi de liga placentini grossi, que liga est et tenet septem unzias et unum quartum argenti fini pro marco, . . . ". In questo passo viene quindi indicato chiaramente che il titolo dei grossi da 10 imperiali era pari a 906,25‰.

Nel 1299 si decise quindi la coniazione di un grosso "rinforzato" dal valore di 10 imperiali a titolo di 906,25 ‰. Con questo grosso venne introdotta una nuova tipologia avente nella leggenda del rovescio il nome completo della città (PLACENCIA) e nel campo una grossa croce.

I ripostigli di Bettola e di Garlasco furono interrati dopo il 1289, anno in cui divenne Doge di Venezia Pietro Gradenigo. Essi ci hanno conservato solo grossi di Piacenza con la croce nel campo. I saggi del Pallastrelli e le analisi distruttive effettuate, hanno pienamente confermato il titolo e quindi questi grossi sono da ritenersi le ultime monete corradine della Zecca piacentina. Questo grosso risulta assai più pesante dei precedenti e la classe ponderale di maggiore frequenza è quella compresa fra 2,0 e 2,1 grammi.

Un ultimo tipo di grosso è una moneta conosciuta in tre soli esemplari, uno conservato al Museo Archeologico di Parma, uno al Museo Archeologico di Bologna e il terzo disperso all'asta Finarte 189 nel novembre 1974. Questo tipo presenta al rovescio l'elemento [. + .] e le lettere I C A nel campo, attorno ad un globetto centrale, separate tra di loro da altri tre globetti. Gli esemplari di Parma e Bologna, non di ottima conservazione, pesano rispettivamente 2,01 e 2,04 grammi. Questo grosso potrebbe rappresentare la prima versione del grosso da 10 imperiali coniato nel 1299; tipologia, però, subito abbandonata per essere troppo simile a quella del precedente grosso da 6 imperiali.

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Supporter

cari @@dabbene e @@giollo2,

vi ringrazio di cuore per aver risposto prontamente ed in modo così esaustivo all'appello :)!.

Mario ha giustamente ricordato il legame tra gli operatori economici ed anche in qualche modo tra la monetazione di Asti e Piacenza con quella genovese, meritandosi ben più della sufficienza ;) (dite la verità: questa cosa dei voti in fondo vi piacerebbe ... un poco come il discorso più attuale dei "like" :D).

Fusconi ci ha fatto lo splendido regalo di una sintesi delle sue conoscenze sui grossi di Piacenza, con molte informazioni preziose e belle foto di complemento ( :clapping: ) per chi non conoscesse questa monetazione ed i suoi studi che senz'altro sarà tenere bene a mente anche per alcune riflessioni che vorrei fare insieme a voi nella giornata del 17. Più che una conferenza mi piacerebbe infatti fare quasi un seminario, con spazio per una reale e franca discussione, da riprendere anche nel corso della giornata e oltre, visto che alcuni amici non potranno essere presenti.

Ovviamente con questi interventi è stata messa molta carne al fuoco, con tanti punti che potrebbero essere approfonditi e ampliati in varie direzioni (per quel che mi riguarda soprattutto per quanto attiene a cronologia, peso e intrinseco delle diverse serie identificate).

Io vedrò di intervenire appena posso, ma nei prossimi giorni non sono messa benissimo con i vari impegni di lavoro. Ma tra tutti gli utenti esperti ed illustri che frequentano questa discussione penso che ci saranno tanti ed importanti contributi, come quelli che sono stati postati anche negli scorsi giorni.

Un caro saluto e buona serata MB

P.S. Male non sarebbe un bell'intervento anche su Asti...si fa avanti nessuno su questo?

Modificato da monbalda
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Supporter

caro @@giollo2,

in attesa che qualcuno si decida eventualmente a commentare ulteriormente, chiedo io un piccolo approfondimento rispetto quanto hai affermato sui grossi delle prime emissioni, che anche per Genova ritengo molto interessanti.

"I pesi della quasi totalità degli esemplari esaminati risultano compresi fra 1,70 e 1,90 grammi, in pieno accordo con quanto precisato nei documenti. Anche il valore del titolo in argento ottenuto con le diverse metodiche di analisi è risultato conforme a quanto riportato nei documenti (950-960 ‰)."

Ovvero: se non ti chiedo troppo, ci potresti dire per favore quali sono l metodiche che sono state impiegate e, se è possibile, sul campione di quante monete?

Di nuovo un saluto ed un ringraziamento anticipato per il tempo che vorrai eventualmente dedicarci MB

Modificato da monbalda
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Domani cercherò di fare qualche scansione del lavoro originale (però é del 1992) con la descrizione della metodiche e il dettaglio delle analisi (per quanto riguarda i primi grossi - crocetta e globetto a sinistra - erano stati analizzati 7 esemplari con i cunei e 10 senza cunei; i risultati erano stati rispettivamente 962 +/- 8 e 964 +/- 13 millesimi; quindi valori piuttosto uniformi con una deviazione standard molto contenuta).

Sono disponibili inoltre 6 risultati di analisi distruttive, 4 effettuate nella seconda metà dell'800 e 2 fatte effettuare da noi all'inizio degli anni '90. Questi i risultati: 953, 958, 953, 948, 959 e 944 millesimi.

Modificato da giollo2
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Fusconi ci ha fatto lo splendido regalo di una sintesi delle sue conoscenze sui grossi di Piacenza, con molte informazioni preziose e belle foto di complemento ( :clapping: ) per chi non conoscesse questa monetazione ed i suoi studi

Grazie, ma il ringraziamento va rivolto soprattutto a Giuseppe Crocicchio di cui questi studi sono il frutto del lavoro di diversi decenni.

Modificato da giollo2
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Supporter

caro @@giollo2 , ringrazio senz'altro anche Giuseppe Crocicchio, tuo co-autore della monografia sulle monete di Piacenza, anche per aver acconsentito con te a condividere su questa piattaforma virtuale le informazioni desunte dal volume.

Senz'altro a te va il merito suppletivo di aver speso del tempo per caricarle e adesso fare anche la scansione di queste analisi, molto interessanti, soprattutto come poi vedremo se messe a confronto con le monete di Genova e con quanto indicato per la seconda parte del Duecento dalle pratiche di mercatura & affini.

Infatti questi nuovi studi sulle monete grosse genovesi (ma non solo..) si sono potuti avvalere di una campagna piuttosto estesa di analisi con metodica XRF realizzata grazie al CNR di Pisa sui pezzi delle Collezioni Civiche genovesi (con la collaborazione dei dottori Boccardo e Rossi e l'aiuto di alcuni membri del Circolo Astengo), della collezione di Banca Carige e di alcuni privati collezionisti che fanno sempre riferimento all'"Astengo". Colgo l'occasione per ringraziare di nuovo tutti pubblicamente anche qui. Pur con tutte le cautele che possono derivare dai dati di una metodica superficiale di indagine, diversi dati di tendenza interessanti direi che sono emersi ed in parte li commenteremo insieme tra una settimana e mezzo.

Vedo che invece Asti per ora latita...? Eppure mi pareva che in qualche altra discussione qualcosa fosse emerso. Vediamo nei prossimi giorni.

Un caro saluto a tutt* MB

Modificato da monbalda
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Ringrazio moltissimo @@giollo2 per i suoi post ricchi di informazioni molto interessanti.

E visto che sui bei grossi di Asti tutto tace... lancio un assist (@@adamaney) per i grossi tornesi "nostrani". Non c'è solo quello spettacolare di Asti ma anche uno (ancora più bello e raro) dalla legenda (della quale tento di postare anche le abbreviazioni, ma non so se si vedranno):

hAC MACh FORMA C’CESSIT ODONI MONETEQ FAXES IAꝈ A PEX

Potrei postare un sunto dell'articolo uscito negli atti della Società Savonese di Storia Patria ma sarebbe meglio intervenisse l'autore o chi molto vicino a lui ;)

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Awards

Essendo reduce da una recente discussione sull'argomento, la forma della legenda, senza abbreviazioni, è Hanc formam marchioni concessit Odoni - monetaeque faxes imperialis Apex. Si tratta del classico verso leonino assai frequente sulle monete medievali, costituito da due esametri ciascuno dei quali con rima interna (Marchioni-Odoni; faxes-Apex). Viene normalmente tradotto con 'Al marchese Odone concesse l'Imperatore (imperialis apex) questa immagine e l'onore (faxes = fasces= fasce= simbolo di onore) della moneta'. Io però preferirei il più poetico 'Al marchese Odone concesse l'Imperatore questa imagine e i fuochi (Faxes = facies = fiaccole, fiamme, forni) della zecca', con la sostituzione di facies con faxes per creare la (falsa) rima con apex. In fondo se il poeta monetario, come è assai probabile, era toscano, più o meno fasces e facies si pronunciava allo stesso modo, no?

Saluti,

Andreas

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Supporter

Ringrazio @@fra crasellame per aver tentato di rilanciare la discussione tirando i ballo i grossi tornesi di Cortemilia al nome di Oddone III del Carretto (io me ne sono occupata di recente, ma solo in relazione all'editto dell'ottobre 1311 di Enrico VII), ed anche @@Andreas, che ha proposto una sua rilettura di questo leonino, che nel tempo ha impegnato diversi studiosi nel suo possibile scioglimento e interpretazione.

Sulla sua interessante proposta, personalmente mi riservo di riflettere ulteriormente, documentandomi anche meglio dal punto di vista linguistico.Ma in effetti se gli amici savonesi che se ne sono occupati più in dettaglio volessero intervenire (@@adamaney e famiglia ;)), sarebbe senz'altro di interesse per tutti.

Io a questo punto avrei invece due quesiti, ai quali non so chi voglia e possa rispondere

1) quale è e di quando la prima moneta italiana sulla quale appare un legenda in rima nella forma di leonino di questo genere? Non è una domanda "trabocchetto", o alla quale ho una risposta già pronta; ho dati molto precisi sui sigilli invece e mi piacerebbe fare un confronto.

2) tornando invece ad Asti: se la cronologia del tornese mi pare abbastanza certa (almeno nei suoi termini post quem), che ne dite delle possibili datazioni degli altri grossi variamente ascritti a diverse porzioni del XIII secolo? So che non è facile, ma mi chiedo se qualcuno anche degli amici che ha lavorato sui denari di Asti (@@dabbene, @@lollone), oltre agli altri esperti di monetazione piemontese già citati, abbia qualche idea in merito e possa/voglia condividerla qui con noi.

Altrimenti se ne può riparlare il 17 e poi vedere se si può riferire qui insieme al resoconto di quanto emerso nella giornata...o aspettare di leggerla in prossime pubblicazioni, che so in fase di stesura.

Un caro saluto ed una buona domenica a tutt* MB

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Come abbiamo visto parlare di cronologie per i grossi è materia delicata e anche di studi in evoluzione, per parlare di questo per Asti dobbiamo necessariamente rivolgerci alla monetazione comunale che viene divisa in tre periodi distinti usualmente.

E' verosimile che il grosso possa essere stato coniato ad Asti dopi il 1219 anno in cui la città si legò a Federico II di Svevia.

La produzione di grossi quindi potrebbe essere iniziata in quello che viene definito secondo periodo della monetazione compreso tra il 1220 e il 1275, oltre a denari e oboli, abbiamo i grossi con l'iconografia e le leggende che richiamano il denaro, denaro che rimane nel tipo sostanzialmente immobilizzato.

Nel terzo periodo compreso tra le date del 1275 al 1356 dovrebbero comparire dal 1275, e ripeto dovrebbero col condizionale, anche i doppi grossi e il grosso tornese.

Il doppio grosso segue l'esempio milanese degli ambrogini, il grosso tornese segue la monetazione francese con questa moneta che ebbe successo ed era molto considerata in Europa, tra l'altro una moneta splendida anche visivamente.

Asti che come abbiamo visto aveva stretti rapporti commerciali e anche era influenzata dalla stessa la imita ovviamente inserendo dei dati distintivi come quello del Patrono della città, S.Secondo.

Moneta che si differenzia certamente dalla produzione consueta della città sia per tipologia che per la doppia leggenda.

E forse non si può escludere che l'influenza di questa moneta fortunata, il grosso tornese, possa essere arrivata anche in altri luoghi .

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Ops, ha ragione Monbalda a parlare di verifica linguistica, visto che ho sbagliato, scrivendo inconsciamente facies al posto di faces (condizionamento da frequentazioni archeologiche o abuso del talvolta squinternato latino medievale, boh?), il cui nominativo, fax, poteva giustificare proprio la trasformazione in faxes. Riguardo al primo verso leonino sulle monete onestamente su due piedi non lo so, ma non dovrebbe essere diffcile verificare.

Andreas

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Vorrei spendere qui, naturale "sede" per continuare la discussione sulla giornata del grosso, qualche parola sulla portata di quanto detto ieri a Genova.

Probabilmente i presenti avranno gustato appieno il confronto tra @@monbalda ed il prof. Felloni. Vi sarete resi conto che le proposte cronologiche fatte (e solidamente argomentate) hanno un "peso" ed un contenuto "intrinseco" (per rimanere in tema :D) numismatico che hanno sconvolto decenni di letteratura in merito.

Non so ancora come gli appassionati e studiosi "conservatori" l'abbiano presa e quanto tempo ci vorrà perché digeriscano queste novità. Il prof. Felloni si è detto convinto su alcune cose mentre resta dubbioso su altre.

Va detto che il lavoro proposto non è una revisione per il gusto "revisionistico" di dire cose diverse dal passato.

Un passo importante è leggere, leggere, leggere e rileggere (libera citazione dal Mutus Liber :rolleyes: ) i testi criticamente e porsi sempre delle domande. Se Tizio scrive una cosa, perché la scrive? Come giunge a quella conclusione?

Se le spiegazioni sono argomentate e fondate bene, se invece c'è qualcosa che non torna bisogna controllare con i propri occhi.

Siamo umani e tutti possiamo sbagliare (io per primo!!).

A questo punto mi sento di fare un elogio alla figura poliedrica e pionieristica di Cornelio Desimoni, che nonostante i suoi tanti (troppi?) interessi ha fatto un lavoro immenso. Aveva anche alcuni pezzi del puzzle che potevano metterlo su una strada piuttosto che un'altra. Nonostante i pochi mezzi a sua disposizione ha fatto tanto. Forse è stato influenzato dal lavoro di Gandolfi? Forse anche l'Avignone ha avuto una sua parte?

C'è comunque da ringraziare questi pionieri nonostante tutto.

Per quanto riguarda Roberto Sabatino Lopez, nell'articolo che uscirà sui NAC prossimamente ho proposto a Monica e lei è stata d'accordo con me, di porre nelle conclusioni una frase tratta dal suo articolo: Prima del ritorno all’oro nell’Occidente Duecentesco: i primi denari “grossi” d’argento.

Mi sembrava una specie di ringraziamento dovuto e sentito per questo studioso al quale dobbiamo tantissimo e che troppo spesso non è stato preso nelle dovute considerazioni.

Detto questo quali sono le vostre impressioni a caldo ?

PS: un naturale ringraziamento (sennò poi dice che sono pessimo :P) anche a @@monbalda per la mole di lavoro che fa. Ho l'onore e la fortuna di assistere sul campo non solo alla serietà del metodo scientifico ma anche agli sforzi delle ricerche, delle riletture dirette delle fonti (cosa mica da poco!!!) e mi rendo conto che il lavoro fatto è immane ma pone delle solide basi per tutto quello che resta ancora da fare.

Modificato da fra crasellame
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