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IGNORED

I PRIMI GROSSI ITALIANI


Risposte migliori

PS: ma nessun altro ha da postare qualche grosso che non sia di Genova ? Sono già stati tutti postati lo scorso anno ?

C'è nessuno?

Chiedo anche io venia per non aver risposto all'appello ma credo che il forum mandi la notifica della citazione ai soli primi 10 in lista. Purtroppo in questi giorni (forse meglio dire mesi) sono impegnatissimo e la mia presenza è sempre più limitata. Purtroppo non potrò essere presente a Genova per gli stessi motivi che mi hanno tenuto bloccato per Pisa... :(.
Rispondendo all'appello di postare grossi non di zecca genovese mi permetto di andare controcorrente postando un "grosso" tardo che quasi mai viene considerato tale, frutto della grande riforma attuata da Carlo I d'Angiò che ha rivoluzionato la circolazione monetaria del nostro sud.
Da asta NAC 35 lotto 152.
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Uh! Bello questo saluto d'argento!!! Ho letto da qualche parte che Carlo I d'Angiò si adoperò parecchio per la realizzazione di questa moneta. E mi ricordo una bellissima puntata di Passepartout sulla Napoli angioina e la frase di Daverio: "A Napoli si toscaneggia..." si riflette davvero in questa moneta.

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Uh! Bello questo saluto d'argento!!! Ho letto da qualche parte che Carlo I d'Angiò si adoperò parecchio per la realizzazione di questa moneta. E mi ricordo una bellissima puntata di Passepartout sulla Napoli angioina e la frase di Daverio: "A Napoli si toscaneggia..." si riflette davvero in questa moneta.

La zecca era in mano ad un fiorentino, d'altronde il re angioino voleva avere una moneta d'oro simile al fiorino toscano, quindi...

Sono infatti documentati gli scritti fra sovrano ed il mastro di zecca (Francesco Formica) su come doveva essere coniata la moneta (orientamento degli assi e caratteri epigrafici). Chiaramente ci si riferiva al carlino d'oro, ma di rimando tale imposizioni furono rispettate anche per quello d'argento.

Quello che però trovo strano è che quando si parla di grossi, non si pensa quasi mai a questa moneta, quindi mi è sembrato doveroso ricordarla :p.

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La zecca era in mano ad un fiorentino, d'altronde il re angioino voleva avere una moneta d'oro simile al fiorino toscano, quindi...

Sono infatti documentati gli scritti fra sovrano ed il mastro di zecca (Francesco Formica) su come doveva essere coniata la moneta (orientamento degli assi e caratteri epigrafici). Chiaramente ci si riferiva al carlino d'oro, ma di rimando tale imposizioni furono rispettate anche per quello d'argento.

Quello che però trovo strano è che quando si parla di grossi, non si pensa quasi mai a questa moneta, quindi mi è sembrato doveroso ricordarla :P.

Hai fatto bene. E se ricordo giusto... Carlo scrisse che ci si doveva pungere con ste monete, tanto dovevano essere alti i rilievi, o sbaglio ?

Occhio che prima o poi ti romperò con gli scritti tra Carletto e Francesco Formica ;) Potrebbero essere la base per un bel racconto nella Napoli angioina :)

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Rispondo per il momento a @@dabbene sulla questione dei ritrovamenti, visto che per adesso nessun altro si è fatto avanti.

Per Pisa ovviamente sono d'accordo: si vedeva già da quanto indicato sulla mia monografia alla quale si aggiunge il quadro aggiornato che ho mostrato a Pisa due settimane circa or sono.

"Grossi di Genova da quello che ho letto sono stati trovati in ambiti diversi, anche verso Nord, Lombardia e oltralpe"

Questo lo confermo senz'altro, e si tratta di ritrovamenti assai interessanti, dei quali parleremo un poco anche il 17, perchè sono utili anche per la cronologia.

"Ma anche verso sud, oltre gli ambiti tirrenici, Sicilia, Africa settentrionale, forse anche verso oriente e il Mediterraneo in generale".

Ecco: è qui che li ho cercati a lungo anche io e che si devono invece valutare le evidenze note fino ad oggi.

Al di là della Corsica e della Sardegna, dove affluivano anche i grossi pisani e lucchesi, e della stessa costa toscano-laziale, i grossi di Genova non si trovano - o almeno non risultano fino ad oggi essere stati rinvenuti da varie pubblicazioni e ricerche tra il materiale inedito nei musei e presso le Soprintendenze - in Sicilia, Nord Africa, Medio Oriente e Grecia se non con l'unica eccezione di un ripostiglio rinvenuto forse a Tripoli di Siria di proprietà di un noto studioso britannico, che mi permise di schedarlo nella mia gioventù :blum: .

Comunque se guardate nel mio contributo sui NAC 2009 anche se incentrato sulle monete piccole, alcuni rinvenimenti di grossi genovesi sono citati anche lì, sebbene per il nuovo articolo e per la conferenza li abbia rivisti tutti, migliorati e ...integrati!

Lo stesso fenomeno l'ho riscontrato per Lucca, e per gli altri grossi toscani. Lascio a voi eventuali commenti.

Un saluto MB

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Buona serata

Grossi di Genova e relativa area di circolazione; problema da nulla. :blum:

Da incompetente di questa monetazione, vedo che i grossi di Genova avevano una propria, esclusiva e riconoscibile iconografia, al pari di molti altri grossi emessi da altre Città e Stati, che non si rifecero al modello veneziano, imitandolo in qualche maniera.

Salvo che per le colonie genovesi, come Chio (Scio) ad esempio, dove invece, al fine di inserirsi in maniera proficua nei mercati orientali, quelle colonie trovarono conveniente - è evidente - imitare l'iconografia del grosso veneziano.

Saluti

luciano

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Salvo che per le colonie genovesi, come Chio (Scio) ad esempio, dove invece, al fine di inserirsi in maniera proficua nei mercati orientali, quelle colonie trovarono conveniente - è evidente - imitare l'iconografia del grosso veneziano.

Beh, questa è già un'annotazione interessante, no? Per quale motivo agli inizi del Trecento gli Zaccaria preferirono adottare i tipi veneziani? la cosa potrebbe essere collegata o no all'assenza o - se volete - all'assai raro afflusso da quelle parti di grossi genovesi nel corso del XIII secolo? (alla conferenza vedremo che in realtà c'è un periodo che forse fa eccezione ;) ....e che incuriosirebbe molto Andreas!)

Rilancio la palla a chi avesse voglia di continuare a ragionare su queste cose. Invece nulla su Oschiri? Nessun altro oltre me ne ha la pubblicazione?

Un saluto cordiale e buona serata a tutt* MB

Modificato da monbalda
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Ho sentito fischiarmi le orecchie...... cosa c'entrano gli Zaccaria?

Loro i grossi genovesi li mettevano nella cassaforte e facevano girare a Scio quelli simil-venezioni ...mi sembra chiaro, no?

PS ...scherzo, ovviamente ....sono impegnato in una complessissima relazione sulla "circolazione" nelle zone alto-medio-basso tirreniche con partenza dall'area ligure ....è talmente complessa che mi ci vorrà ancora qualche ora, spero in serata di "illuminarvi" tutti ...sic

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Per quanto riguarda l'uso di gossi ad imitazione del tipo di Venezia, ritengo che gli Zaccaria l'abbiano fatto a ragion veduta.

Era la moneta che, nei mercati orientali, aveva assunto la preminenza; ed era quella che si preferiva usare poiché conosciuta, quindi accettata e scambiata senza problemi e senza andare incontro a difficoltà o perdite sul cambio. Anzi, con un intrinseco inferiore all'originale, ci guadagnavano pure...... :pleasantry:

Stesso motivo per il quale tanti altri Stati, che commerciavano con l'Oriente o che erano nelle aree geografiche limitrofe, scelsero di coniare monete di imitazione del grosso.

Ci fu anche la contraffazione, ma quella è un'altra storia. :pardon:

saluti

luciano

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Ma non dimentichiamo che di li a poco (con la Maona) si preferì imitare i gigliati (parlo sempre di Chios) con tanto di istruzioni da "madre patria".

Il diritto di battere moneta viene dato a Chio con la convenzione del 1347 tra la Repubblica di Genova e la Maona. Nelle norme generali era consentito solo battere monete d’argento. Nell’accordo del 26 Febbraio 1347 si dichiara: «...Item quod possit dictus potestas (Syi) nomine comunis Januae cudere et cudi facere in insula Syi monetam argenti de liga et pondere de qua melius videbitur ipsi potestati, in qua moneta sint litere monete Janue et deliberabitur per potestatem Syi et suum consilium videlicet figure domini ducis Janue, et quae litere dicant Janue dux et Conradus rex romanorum, in cuius monete fabricatione si fuerit utilitas conuertatur in utilitatem et profichuum dictorum participum. Item quod ducatur de Janua unus bonus et suficiens sazator...»1

Si stabilisce che il Podestà è autorizzato a battere solo monete d’argento, mentre per quanto concerne il loro peso e lega sarà lui a decidere per il meglio. Le scritte delle monete, però, saranno uguali a quelle di Genova, ci saranno quindi le scritte DUX IANVENSIVM e CONRADVS REX.

Nella convenzione del 1373 si dichiara: «...Ιtem quod moneta que cudetur et stampietur in insula Chij stampiatur et formetur cum litteris et figuris monete Janue vel cum figura domini ducis Janue cuius fabricationis monete et ceche ipsius utilitas et fructus sint et conuertantur in utilitatem et proficuum dictorum emptorum et successorum...»2 la cui traduzione è: Le monete che Chio conierà porteranno le leggende delle monete di Genova oppure la figura del Doge di Genova.

Ma stiamo andando troppo in là... :D

PS:

1-2: Ph. Argenti, The occupation of Chios by the Genoese and their administration of the island 1346-1566, Cambridge 1956.

Modificato da fra crasellame
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Ecco quindi come la vedo io la "circolazione" che vi ho detto.

Ho voluto provare la tecnica e lo stile di Tullio Pericoli (acquarello, china, matite) con i cavalieri in stile medievale...non sono troppo soddisfatto ma in fondo mi sembra accettabile.

Ah, quei tondi che ...circolano ...sono i grossi...

post-9750-0-67683500-1383433795_thumb.jp

Modificato da dizzeta
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Si è parlato di circolante, anche in modo ironico come solo Dizzeta riesce a fare, ma anche di iconografia del grosso genovese.

Certamente il tipo è immobilizzato, come lo furono molte tipologie medievali, se funzionava la moneta, se era riconosciuta ed apprezzata perché cambiarlo d'altronde ?

La porta urbica di Genova....che deriva dal denaro genovese e da lì poi bisogna partire per parlare di iconografia di questa moneta.

Mi sembra che nel tempo le variazioni stilistiche siano minimali, il tipo, il logo è quello e quello rimane.

E tornando allora a questo punto al denaro genovese penso che ci sia stata, come da alcuni ipotizzata, un riferirsi all'altro grande protagonista, il denaro di Lucca col suo monogramma enriciano con la H in campo.

A parte le similari evidenze stilistiche delle due raffigurazioni, mi porta ancora di più a pensare questo il fatto che i bacini di utenza e geografici non erano molto lontani, il denaro di Lucca era affermato, conosciuto e circolava, difficile vista la conoscenza di tutto questo che una qualche ispirazione nella coniazione del tipo non ci fosse stata e anche un pensiero di inserirsi nelle aree dove il lucchese circolava e circolava bene.

Certamente ipotesi suggestiva e difficile poi da confutare, però credo da qualche comunque riflessione....

buona giornata,

Mario

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Provo a rispondere a @@monbalda, naturalmente entro i miei limiti, sul ripostiglio di Oschiri.

Quello che salta subito all'occhio è la presenza minima di grossi genovesi. Infatti a fronte di ben 840 monete, troviamo solo 4 grossi di Genova.

Qui la composizione del ripostiglio.

http://numismap.com/place/il-ripostiglio-di-oschiri/

Come si può osservare siamo in presenza di un cospicuo tesoretto in cui a fronte di ben 297 denari di Genova troviamo solo 4 grossi genovesi. Mentre altre zecche sono ben rappresentate con cospicua presenza di moneta grossa.

Dalle immagini poi mi pare di vedere che i grossi genovesi sono tutti del tipo con globetto sotto il castello, databili se non erro 1240-1270 (Baldassarri in "Il patrimonio artistico di Banca Carige", p. 96).

La data dell'occultamento viene ipotizzata post 1313.

La "poca presenza" per non dire assenza di monetazione grossa genovese in Sardegna viene confermata da altri due rinvenimenti, quello di Pattada dove abbiamo ben 1120 denari di zecca ligure, ma nessun grosso e quello di Terranova (Olbia) in cui è presente moneta parva di Asti, Genova e Pisa ma non moneta grossa, ad esclusione di grossi e 1/2 grossi tornesi di Filippo IV di Francia (entrambi indicati nel Bollettino di Numismatica n°1, pp. 33-34).

Questi rinvenimenti portano ad una osservazione cioè, come già scritto dalla Travaini nel summenzionato BdN a p. 35, si nota come la circolazione in questi territori era caratterizzata da tagli piccoli e medi, in perfetta sintonia con la realtà economica sarda basata sul commercio di generi non preziosi.

Quindi la moneta grossa era necessaria e lo si vede per la presenza di grossi Pisani, Napoletani e di zecca francese... ma non genovesi... se non in minima parte.

Altra osservazione è la presenza notevole di saluti d'argento di zecca napoletana. Questa moneta all'epoca dell'occultamento era ormai stata sostituita dal gigliato ma a quanto pare in terra straniera era ancora ben presente. Cospicua poi la presenza di terzi di Grosso tornese francesi, non affiancata però da nessun grosso tornese... quest'ultimi forse "troppo grossi" per l'esigenza del mercato???

Queste chiaramente sono mie osservazioni. Lascio ad altri le risposte :P.

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Carissimi,

invidioso del fatto di non poter venire a Genova, mi permetto di rompervi le scatole con alcune considerazioni 'molto' personali, così è come se partecipassi anch'io. Allora per affrontare la questione di rinvenimenti di moneta grossa, agli inizi e nel corso del XIII secolo, dobbiamo porci prima di tutto una domanda: quanti ritrovamenti con lingotti d'argento o d'oro conosciamo in Italia o in altre regioni supermonetarizzate come l'Italia? Praticamente nessuno o quasi. Sembra quindi che l'argento 'a peso' in genere non entrasse nei tesori. E perché? La risposta non è semplice, ma io penso di averla individuata in due elementi: innanzitutto nel fatto che probabilmente l'argento a peso non circolava in piccole quantità, ma si muoveva in medio-grosse e molto protette spedizioni che si dirigevano immediatamente verso le zecche per trasformarlo subito in moneta (visto che questa aveva un potere d'acquisto molto superiore ...e fissato dalla legge... rispetto al metallo con cui veniva realizzata); poi nel fatto che evidentemente i soldati, grandi (e talvolta esclusivi) produttori di rispostigli per l'attitudine a morire all'improvviso, lontanto da persone care cui rivelare i nascondigli dei propri beni :wacko: :cry:, erano evidentemente pagati in moneta. Questo fenomeno non riguarda però solo i lingotti, ma anche le monete che circolavano come argento a peso (in primis sterlini e denari di Colonia), che le fonti testimoniano essere abbondanti...ssimamamente presenti in tutta Italia ma che non compaiono quasi mai nei ripostigli, se escludiamo i territori interessati dalla presenza diretta di pellegrini e mercanti provenienti dal Nord Europa (in primis la via Francigena e Roma). Ecco secondo me queste domande potrebbero dare anche una buona risposta anche all'inspiegabile fenomeno della discreta presenza di grossi tirrenici nelle collezioni, di fronte alla quasi totale assenza dai ripostigli, almeno prima della seconda metà del XIII secolo. Ed anche alla differenza fra grossi di Venezia (imitati e ben attestati nei ripostigli, fin dall'inizio) e grossi tirrenici: i grossi veneziani furono fin da subito, grazie all'Impero latino, monete di corso legale nel Mediterraneo orientale. In ogni caso, se avessimo dato retta ad alcune annotazioni lessicali del Lopez e di altri studiosi genovesi (piccola lec.. ehm, captatio benevolentiae :rolleyes:, nei riguardi degli ospiti della manifestazione), probabilmente avremmo trovato una risposta chiara nelle fonti e saputo dove cercare ( e non trovare, temo) quei grossi, cioè dragando il Tirreno; ma il Lopez si trovò in contrasto con le tesi precedenti di un archivista francese, e come sapete.... non ce niente di più attraente delle tesi di uno straniero, nel nostro paese, ed allora nessuno...o quasi, ha pensato di percorrere quella strada.

Grazie dell'attenzione,

Andreas

Modificato da Andreas
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Se la data di occultamento del tesoretto di Oschiri fosse verso la fine della forbice (1330) non è che potrebbe essere stato condizionato dal periodo genovese di molto ridotta o nulla produzione in quegli anni?

Ricordo che Genova era assediata nella (poco) famosa guerra tra guelfi e ghibellini, assedio che durò dal 1317 al 1331, avessimo avuto un "Omero" genovese avremmo potuto avere una ..."Ianveide"... dove leggere di una guerra ben più lunga di quella di Troia:

"La fase critica che Genova dovette affrontare tra 1317-1331 costituì un momento traumatico nell’evoluzione politica, istituzionale e sociale della città. Causa scatenante fu una guerra intestina fra due fazioni nobiliari, pur appoggiate da un largo seguito popolare. L’uscita della pars ghibellina dette l’avvio ad un vero e proprio assedio, in cui ciascuna delle due parti contendenti trovò all’esterno importanti appoggi economici e militari (Visconti per i ghibellini, Angiò per i guelfi), dapprima nelle vicinanze della città e poi nel litorale, nelle colonie, sin nel mar Nero. Alla fine, il logoramento dei contendenti da un lato, e la minaccia di un’egemonia catalana sul Mediterraneo dall’altra, fecero ritrovare ai genovesi l’unità contro un nemico comune. Lo scopo del saggio è d verificare, attraverso la documentazione privata e quella fiscale, come si viveva e si operava in città durante quegli anni. Notevoli infatti furono le ricadute in campo economico: formazione di un pesante debito pubblico (le cedole del quale persero presto valore), caro-prezzi a seguito delle difficoltà di approvvigionamento causate dal blocco marittimo e terrestre, rarefazione delle attività mercantili. La crisi si fece sentire pesantemente anche nel ‘privato’ e nelle economie famigliari, come mostrano vari indizi (l’aumento del numero delle donne che agivano, nelle pratiche mercantili, a nome dei mariti assenti, la scarsità dei matrimoni per la difficoltà di versare le doti). (Giovanna Petti Balbi).

Modificato da dizzeta
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Quanti bei post, densi di notizie e riflessioni interessanti :)!

Comincio con il fare qualche considerazione su quanto detto da @@fedafa e @@dizzeta sul ripostiglio di Oschiri, mentre vedrò più avanti di fare qualche commento sul post di @@Andreas (grazie: ricco di molti spunti, in merito ad alcuni dei quali ci eravamo talvolta anche già confrontati...avrei anche voluto darti un "mi piace" ma ho finito la disponibilità di oggi), anche se limitatamente a quello che potrò scrivere senza scoprire troppo le mie carte e "sciuparvi" la sorpresa prima del 17 e - per chi non potrà essere presente - prima della lettura di alcuni dei prossimi articoli.

Riprendo quanto detto sul ripostiglio di Oschiri:

1) Presenza minima dei grossi genovesi a fronte dei grossi di altre zecche e dei denari della stessa officina ligure: indubbiamente vero.

Comunque se sommiamo gli esemplari di diverse zecche, i grossi in questo ripostiglio non sono pochi: 390 grossi, anche se di differente "taglio", contro 450 tra denari di Genova e denari aquilini minuti di Pisa che dai documenti del tempo (e come ratificato anche dalle Constitutiones in materia monetaria di Enrico VII del 1312) sappiamo avere lo stesso valore teorico.

Direi quindi che in realtà in Sardegna non ci fossero poche monete grosse, anche se è chiara l'ampia e maggioritaria disponibilità di circolante minuto, così come in Corsica. Ed alcuni nuovi ritrovamenti anche di monete singole da scavo (editi prossimamente anche in sintesi nell'articolo NAC) attesterebbero un certo afflusso di grossi, con esemplari genovesi attestati però soprattutto nel sassarese.

2) I grossi genovesi presenti nel ripostiglio sono però di due tipologie diverse: vediamo chi degli esperti di monetazione genovese ha voglia di provare a descriverle meglio.

3) Altra cosa giustamente ricordata in base a quanto edito: la data dell'occultamento viene ipotizzata posteriormente al 1313, perchè a quella data risale la moneta più recente nel ripostiglio.

Anche se nella medesima pubblicazione si ipotizza che il ripostiglio non sia stato più recuperato dopo le leggi aragonesi del 1330 che vietavano la circolazione di moneta non aragonese sull'isola, è evidente che esso sia stato "immobilizzato" tra il 1313 ed il 1316 al più tardi. Sono assenti infatti i tipi nuovi di monete che le medesime zecche ivi attestate coniarono a partire dal 1316-18, ed è questa la data di chiusura che ad esempio ho indicato anche nelle recenti pubblicazioni.

Quindi sorry, dizzeta, ma escluderei che sulla presenza di moneta grossa genovese in quel ripostiglio possano aver influito più di tanto i fattori politici che ebbero luogo dal 1317 al 1331, che spiegano semmai come gli aragonesi trovarono tutto sommato una resistenza non molto vigorosa da parte genovese alla loro penetrazione verso la parte centrale e e settentrionale della Sardegna una volta sconfitti i Pisani a meridione.

4) Altro elemento utile alle nostre riflessioni sui grossi qui presenti (possibili datazioni, tipologie, aspetti metrologici e ponderali): a parte 3 denari di Genova del XII secolo, le monete accumulate in questo ripostiglio sono in maggior parte state emesse nel XIII secolo fino al primo decennio del Trecento, con un certo addensamento però a partire dal secondo quarto/metà del Duecento.

Per quanto riguarda Pisa e Lucca direi che in base alle nuove datazioni non sono presenti grossi coniati prima del 1270 circa e, per vari motivi che ora non mi dilungo a spiegarvi, non penso molto oltre l'inizio del Trecento, con l'eccezione dei tre "grossi minori" al nome di Enrico VII.

5) Chiederei a fedafa di approfondire un poco questa altre sua considerazioni, entrambe interessanti: "Altra osservazione è la presenza notevole di saluti d'argento di zecca napoletana. Questa moneta all'epoca dell'occultamento era ormai stata sostituita dal gigliato, ma a quanto pare in terra straniera era ancora ben presente".

E quindi: "Cospicua poi la presenza di terzi di Grosso tornese francesi, non affiancata però da nessun grosso tornese... quest'ultimi forse "troppo grossi" per l'esigenza del mercato???"

Per il momento vi saluto, in attesa di vostre ulteriori considerazioni in merito

MB

Modificato da monbalda
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Intervengo con grande ritardo nella discussione, dopo una full immersion a rileggere gli interventi degli ultimi giorni. Non ho, ahimè, contributi da portare, vista la mia conoscenza assolutamente superficiale della materia. Sappiate tutti che leggo con grande interesse ogni post e mi spiace davvero non poter essere presente il 17. Spero di recuperare un po' di informazioni da questa discussione o "rubando" il resoconto grazie alla bontà di qualche amico presente. Ovviamente conto di leggere quanto prima gli articoli promessi dalla Prof. Baldassarri, che ringrazio particolarmente per l'aiuto che il sottoscritto trae nel leggere i suoi interventi (e, invero, quelli di molti altri).

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2) I grossi genovesi presenti nel ripostiglio sono però di due tipologie diverse: vediamo chi degli esperti di monetazione genovese ha voglia di provare a descriverle meglio.

Sono l ultima persona che dovrebbe intervenire ,ma ci voglio provare

Allora :

- diversa interpunzione della legenda al D/ : + I.A.NV. A .

per gli esemplari 298-300 mentre per il 301 : + IA.NV.A.

- la legenda al R/ termina con il punto nei primi tre esemplari , mentre con tre punti verticali nell ultimo e non presenta l interpunzione fra CVnrad1 e REX

- l esemplare 301 presentra nell imago civitas i "capitelli "

- è presente il punto sotto l imago nei primi tre esemplari

In conclusione :

Il pezzo 301 sembra essere dello stesso tipo del 63 ( catalogo Carige ) e quindi coniato fra il 1210 e il 1240

mentre i pezzi 298-300 sembrano essere come i pezzi 66-67 ( Carige ) coniati fra il 1240 e il 1270

Matteo

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Ecco, lo sapevo: 5 -- !

Me lo immaginavo, mannaggia, ci potevo arrivare...

Mentre quoto Matteo95 sulla tipologia dei grossi (avrei scritto le stesse cose) aggiungo un'altra considerazione "storico-economica" che può causato questo accumulo in Sardegna:

La tremenda carestia del 1276:

"L'Europa e specialmente l'Italia furono tormentate da una tremenda carestia. L'ignoto annalista che ci tramanda la notizia scrive una pagina intensa di commozione, una pagina che lo pone tra i grandi storici e che merita di essere riportata:

"Nel predetto anno fu una grande penuria di vittuaglie non solo in Genova e nel distretto, ma anco in Lombardia, Toscana, Provenza e Francia e quasi tutta Italia. In Genova e nel distretto le mine di frumento si vendevano fino a 40 soldi ognuna; e ciò ch'è più duro ad ascoltare, non solo frumento ma nè anco altro grano potevasi ritrovare. Infatti quelli che avevano grano avrebbero potuto venderlo a loro piacere e trarne quel prezzo che volevano, se non fosse stato emanato un comando con il quale fu a tutti inibito di non vendere frumento o grano oltre una certa somma e a una certa misura. E tanta inedia di vittuaglie regnò non solo per quell'anno ma quasi anco per tutto il seguente cosìcchè gli uomini morivano di fame. Per la qual cosa, urgendo la fame e la povertà dei frutti, una grande moltitudine di donne e di uomini con le loro famiglie e anco coi parvoli che portavano nelle cune, uscì dai confini di Lombardia, di Toscana, di Provenza e di tutta Italia, fuggendo la fame.

E tutti vennero alla città genovese e abbenchè la città fosse travagliata da grande inopia di vittuaglie, tuttavia non cacciò quelli che correvano da lei; ma a quei miseri e oppressi dalla fame aprì compassionevole mano e somministrò a questi esausti il suo pane e ogni cosa necessaria."

Ecco, nella mia estrema ignoranza ho pensato che nella disperata ricerca di grano sono andati a cercare qualche rifornimento a Oschiri, pagando con ciò che avevano, denari e grossi di ogni provenienza, e ovviamente anche le altre popolazioni fecero lo stesso ...

Boh, sono riuscito ad arrivare alla sufficienza?

PS: inoltre un infinito grazie per la tua pazienza.....

Modificato da dizzeta
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5) Chiederei a fedafa di approfondire un poco questa altre sua considerazioni, entrambe interessanti: "Altra osservazione è la presenza notevole di saluti d'argento di zecca napoletana. Questa moneta all'epoca dell'occultamento era ormai stata sostituita dal gigliato, ma a quanto pare in terra straniera era ancora ben presente".

E quindi: "Cospicua poi la presenza di terzi di Grosso tornese francesi, non affiancata però da nessun grosso tornese... quest'ultimi forse "troppo grossi" per l'esigenza del mercato???"

Così mi sento sotto esame :). Cercherò di essere breve ed anticipo che anche questa volta mi limiterò a fare delle osservazioni :P.

E' noto che il saluto d'argento, ormai svalutato fu sostituito agli inizi del 1303, durante il regno di Carlo II d'Angiò, con il più "pesante" gigliato in modo da mantenere nel carlino/gigliato il controvalore di 10 grana. Fu però sotto il regno di Roberto d'Angiò che questa moneta ebbe la sua massima diffusione (in particolare anche in territori stranieri) tanto da essere imitata e battuta postuma, sempre a nome di Roberto, dai suoi successori.

Fatta questa dovuta premessa, la mia osservazione era basata proprio su questi dati, cioè l'assenza di gigliati (battuti a partire dal 1303) in un tesoretto che comunque contiene moneta napoletana, occultato post 1313. Perché mancano i gigliati (o i grossi tornesi)? Probabilmente perché non servivano. Cioè le esigenze di mercato non necessitavano di quel genere di moneta e la circolazione era soddisfatta dalla presenza, in grande quantità, di moneta piccola e "mediamente grossa" (passatemi il termine). Altra ipotesi è che comunque la moneta per giungere in terra sarda e stabilirsi nel circolante corrente avesse bisogno di tempo e che i dieci anni intercorsi dalla battitura del gigliato e l'occultamento delle monete non siano bastati... ma questo però non giustifica l'assenza del grosso tornese battuto prima del liliatus napoletano.

Se @@dizzeta teme di non arrivare alla sufficienza, la mia paura è di essere rimandato a settembre :D.

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Ma no, dai, @@fedafa e @@dizzeta: volevo fare in modo che fosse un intervento (già lungo) meno "monologo"... :blum: e rendere tutti un poco più partecipi.

Quelle che avevate avanzato erano annotazioni interessanti ed invece non tutti gli utenti sono esperti rispetto alle emissioni di certe zecche e per certi periodi. Così mi pareva potesse esserci uno scambio proficuo per tutti.

Comunque io forse sarei una docente di manica larga, perchè darei dei bei 10 a tutti quelli che sono intervenuti nel frattempo :D!

Ma adesso il dovere (leggi: cena) mi chiama.

Ci aggiorniamo su quanto è stato postato ultimamente e sulle questioni sollevate da andreas più tardi, e/o nei prossimi giorni

un caro saluto a tutt* MB

Modificato da monbalda
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Sulla mancanza dei grossi tornesi e dei gigliati così su due piedi sono d'accordo con @@fedafa e cioé che in quel luogo c'era bisogno di moneta grossa ma non troppo. Il grosso tornese ed il gigliato forse erano pezzature troppo grandi per gli scambi commerciali effettuati in quell'area.

Per quanto riguarda i grossi genovesi il quarto (301) è un grosso di quelli tardi, con l'imago svasata e coi capitelli al diritto e al rovescio i tre punti, le R strane e secondo me anche il taglietto nella E.

PS: i carlini (saluti d'argento) hanno un fino di circa 930/oo mentre i gigliati ? Aumenta solo il peso ?

PS2: mi rispondo da solo... sì il fino dovrebbe essere sempre lo stesso, aumenta quindi solo il peso.

Modificato da fra crasellame
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