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IGNORED

Le monete più attraenti di Alessandro Magno


apollonia

Risposte migliori

Ciao, piccola parentesi bibliofila..,

vista la demetra postata, posto una scansione di una tavola (ben realizzata direi..) con Giove Olimpico, tratta dall'opera di Leopoldo Cicognara dedicata all'amico Canova, "Estratto dell'opera intitolata IL GIOVE OLIMPICO.." - Venezia 1817 e scritta in una pausa i tempo mentre terminava l'ultima parte della "Storia della scultura...".

Normalmente Cicognara è ricordato per il "Catalogo ragionato dei libri d'arte ed Antichità.." testo base per i riferimenti dei libri antichi.

In quest opera Cicognara produce un estratto della splendida ed introvabile opera di Quatremére "Le Jupiter Olympien.." sull arte della scultura antica.

ciao

sku

Scusami Sku, ma rivedendo e rivedendo la tua tavola mi è tornato in mente che riproduca un po' anche la mitica statua di Zeus a Olimpia (una delle 7 meraviglie del mondo antico), opera di Fidia andata purtroppo perduta e in cui compariva una Nike invece della solita aquila sulla mano destra di Zeus. Ho riportato a riprova un'immagine di una copia romana attualmente all'Hermitage di San Pietroburgo.

Ciao Andrea, grazie mille per l'immagine....chissà com era in realtà l'opera originale..credo di una bellezza inimmaginabile..

Esatto, l'opera du Quatremere celebrava l'opera di Fidia. Allego immagine di una tavola del volume.

http://quatremere.or...erolympien.aspx

http://books.google.it/books/about/Le_Jupiter_Olympien_ou_l_Art_de_la_Sculp.html?id=e2T1ygAACAAJ&redir_esc=y

ciao, sku

post-7579-0-90291300-1330201053_thumb.jp

Modificato da skubydu
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Supporter

Al post # 162 si è parlato della zecca di Abido e delle sue emissioni con figura maschile che indossa un clamide nel campo a sinistra.

Ho una dramma (4,25 g) emessa da questa zecca nel 310-297 a. C., con un monogramma nel campo a sinistra e un testa di grifone rivolta a sinistra sotto il trono. E’ catalogata Price 1575. Notare che la dramma n. 1576 differisce da questa per avere la testa di grifone rivolta a destra.

apollonia

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Supporter

Recentemente ho acquistato un’altra dramma (4,24 g; 18 mm) della zecca di Abido che differisce dalla precedente per avere sotto il trono la testa del dio Mitra in berretto frigio invece della testa di grifone.

La testa è rivolta a sinistra nella dramma Price-1577 (come la mia) e a destra nella dramma Price-1578.

apollonia

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Recentemente ho acquistato un’altra dramma (4,24 g; 18 mm) della zecca di Abido che differisce dalla precedente per avere sotto il trono la testa del dio Mitra in berretto frigio invece della testa di grifone.

La testa è rivolta a sinistra nella dramma Price-1577 (come la mia) e a destra nella dramma Price-1578.

apollonia

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Bella e originale. :) Mitra col suo tipico berretto frigio poi è riconoscibilissimo... Probabilmente proprio qui ad Abydos, che non si trova nella Grecia attuale, ma in Misia, ossia nel nord dell'odierna Turchia affacciata sul mar di Marmara, il culto del dio indo-persiano attecchi di più, tanto da raffigurarlo persino in moneta.

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Nota storica.

La città di Abido è situata sul miglior approdo presente sul lato asiatico dell'Ellesponto.

Proprio verso Abido Alessandro Magno, dopo aver attraversato lo stretto dei Dardanelli nel 334 a. C., scagliò con tutta la sua forza una lancia al grido che l’Asia era sua.

apollonia

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Il mito di Ero e Leandro.

Di fronte ad Abido, sul lato europeo a 1250 m da quello asiatico, c’è Sesto. Questo braccio di mare è la distanza più breve che separa le due coste ed è qui lo scenario della tragica storia d’amore che ebbe come protagonisti Ero e Leandro.

La storia che segue è tratta da http://www.miti3000....ero_leandro.htm

Le città di Sesto ed Abido, che sorgevano una di fronte all'altra sulle due opposte rive dell'Ellesponto, erano separate da un breve braccio di mare. Ora, a pochi passi da Sesto si trovava una torre nella quale viveva in solitudine la bellissima Ero, sacerdotessa consacrata ad Afrodite; essa, nella sua verecondia, rifuggiva tutte le tentazioni cui pure avrebbe potuto condurla il fiore della sua giovinezza, evitando di partecipare alle danze dei coetanei o di trattenersi in conversazioni con altre ragazze. Ma neppure così potè schivare gli strali dell'amore.

Giunse infatti il giorno della grande festa che si celebrava a Sesto in onore di Adone ed Afrodite, cui convennero in gran folla non solo genti dalle città vicine, ma anche dalle isole egee e da Cipro, dalla Tessaglia e dalla Frigia, dal Libano e dalla Fenicia. Anche la vergine Ero mosse verso il tempio della dea, irradiando grazia dal volto: le sue membra sembravano un prato di rose. Mentr'ella incedeva silenziosa per compiere i sacrifici in onore degl'immortali, molti giovani s'infiammarono a rimirarla, desiderandola come compagna di letto. Ma uno, Leandro, nativo di Abido, non trattenne la fiamma del petto: colto dapprima da stupore, poi da audacia, poi da tremore e vergogna, poi ancora da audacia, stupì del bellissimo aspetto e, tra la calca, si fece più vicino alla ragazza, cercandone lo sguardo con sguardo che implorava amore: ed Ero, per la prima volta, gioì della propria bellezza, anch'ella volgendo più volte gli occhi sul suo tacito ammiratore. Sul far della sera il giovane ruppe finalmente gli indugi e, favorito dalla scarsa luce, non visto la trasse in disparte; quindi raccolse il coraggio e le chiese di mantenere quanto gli occhi avevano già promesso. Straniero, rispose la ragazza arrossendo di vergogna, davvero nuovo è per me il turbamento del cuore che mi desti, ma noi non possiamo accostarci apertamente a sante nozze, perché questo non piace ai genitori miei. Essi vollero che io, abitando con una sola ancella davanti alla riva ondosa, avessi per casa una torre famosa e per solo vicino il mare. Nulla di buono è possibile per noi. Allora Leandro le ribattè: O fanciulla, per amor tuo varcherò anche il mare furioso, quand'anche ribollisse come per un gran fuoco e l'onda non fosse navigabile; per giungere al premio del tuo letto non temo violenta tempesta, né il risonante fragore del mare. Ogni notte io, rugiadoso consorte, venendo a te attraverserò a nuoto l'Ellesponto: non lungi infatti, di fronte alla tua città, io abito il castello di Abido. Ti prego solo di accendere una lampada sull'eccelsa tua torre, affinché faccia da stella al mio solitario cammino. Così essi stabilirono di unirsi in occulte nozze: al calar delle tenebre, Ero esponeva una lampada alla sommità della torre; alla vista di quella luce Leandro, che stava in attesa al castello di Abido, si tuffava in acqua per raggiungere l'amata. La notte allestiva loro le nozze, né mai l'aurora sorprese lo sposo Leandro nel ben noto letto; egli nuotava di nuovo verso il popolo dell'opposta Abido, ancora insaziato. Ed Ero, di nascosto ai genitori suoi, sacerdotessa di giorno, era sposa la notte.

Ma breve tempo durò la loro vita, né a lungo gioirono delle rose di Afrodite. Giungeva infatti la stagione poco adatta ai naviganti, quando il nocchiero traeva la nera nave sull'asciutta terra e schivava il mare procelloso e malfido. Benché sempre più difficile riuscisse al nuotatore l'approdo all'amata riva, i giovani non si rassegnavano a starsene divisi: né Ero smetteva di accendere la fiaccola, né Leandro di sfidare i flutti. Una notte, mentre tutti i venti fischiavano minacciosi avventandosi sul mare, e già l'onda si sollevava sull'onda, e il mare si mescolava al cielo, il misero Leandro, tra gorghi implacabili, più volte pregò la marina Afrodite, più volte lo stesso dominatore del mare, Poseidone: ma nessuno gli diede soccorso. Gran copia d'acqua gli scorreva giù per la gola, e bevve suo malgrado fiotti di salso mare; finché un crudele vento spense insieme l'infida lampada e la vita dell'imprudente Leandro.

Ero aspettava insonne nell'alcova; l'affanno del petto le toglieva il respiro. Venne l'aurora, e non vedeva ancora lo sposo. Da ogni parte spingeva l'occhio sull'ampio dorso del mare, nel caso che in qualche luogo lo scorgesse, smarrito per la luce spenta. Ma quando, proprio ai piedi della torre, vide il corpo del consorte lacerato dagli scogli, senza vita, stracciatasi sul petto la bella veste si lanciò a capofitto per condividerne la sorte. E gioirono l'uno dell'altra per l'ultima volta.

apollonia

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Il mito di Ero e Leandro.

Di fronte ad Abido, sul lato europeo a 1250 m da quello asiatico, c’è Sesto. Questo braccio di mare è la distanza più breve che separa le due coste ed è qui lo scenario della tragica storia d’amore che ebbe come protagonisti Ero e Leandro.

La storia che segue è tratta da http://www.miti3000....ero_leandro.htm

Le città di Sesto ed Abido, che sorgevano una di fronte all'altra sulle due opposte rive dell'Ellesponto, erano separate da un breve braccio di mare. Ora, a pochi passi da Sesto si trovava una torre nella quale viveva in solitudine la bellissima Ero, sacerdotessa consacrata ad Afrodite; essa, nella sua verecondia, rifuggiva tutte le tentazioni cui pure avrebbe potuto condurla il fiore della sua giovinezza, evitando di partecipare alle danze dei coetanei o di trattenersi in conversazioni con altre ragazze. Ma neppure così potè schivare gli strali dell'amore.

Giunse infatti il giorno della grande festa che si celebrava a Sesto in onore di Adone ed Afrodite, cui convennero in gran folla non solo genti dalle città vicine, ma anche dalle isole egee e da Cipro, dalla Tessaglia e dalla Frigia, dal Libano e dalla Fenicia. Anche la vergine Ero mosse verso il tempio della dea, irradiando grazia dal volto: le sue membra sembravano un prato di rose. Mentr'ella incedeva silenziosa per compiere i sacrifici in onore degl'immortali, molti giovani s'infiammarono a rimirarla, desiderandola come compagna di letto. Ma uno, Leandro, nativo di Abido, non trattenne la fiamma del petto: colto dapprima da stupore, poi da audacia, poi da tremore e vergogna, poi ancora da audacia, stupì del bellissimo aspetto e, tra la calca, si fece più vicino alla ragazza, cercandone lo sguardo con sguardo che implorava amore: ed Ero, per la prima volta, gioì della propria bellezza, anch'ella volgendo più volte gli occhi sul suo tacito ammiratore. Sul far della sera il giovane ruppe finalmente gli indugi e, favorito dalla scarsa luce, non visto la trasse in disparte; quindi raccolse il coraggio e le chiese di mantenere quanto gli occhi avevano già promesso. Straniero, rispose la ragazza arrossendo di vergogna, davvero nuovo è per me il turbamento del cuore che mi desti, ma noi non possiamo accostarci apertamente a sante nozze, perché questo non piace ai genitori miei. Essi vollero che io, abitando con una sola ancella davanti alla riva ondosa, avessi per casa una torre famosa e per solo vicino il mare. Nulla di buono è possibile per noi. Allora Leandro le ribattè: O fanciulla, per amor tuo varcherò anche il mare furioso, quand'anche ribollisse come per un gran fuoco e l'onda non fosse navigabile; per giungere al premio del tuo letto non temo violenta tempesta, né il risonante fragore del mare. Ogni notte io, rugiadoso consorte, venendo a te attraverserò a nuoto l'Ellesponto: non lungi infatti, di fronte alla tua città, io abito il castello di Abido. Ti prego solo di accendere una lampada sull'eccelsa tua torre, affinché faccia da stella al mio solitario cammino. Così essi stabilirono di unirsi in occulte nozze: al calar delle tenebre, Ero esponeva una lampada alla sommità della torre; alla vista di quella luce Leandro, che stava in attesa al castello di Abido, si tuffava in acqua per raggiungere l'amata. La notte allestiva loro le nozze, né mai l'aurora sorprese lo sposo Leandro nel ben noto letto; egli nuotava di nuovo verso il popolo dell'opposta Abido, ancora insaziato. Ed Ero, di nascosto ai genitori suoi, sacerdotessa di giorno, era sposa la notte.

Ma breve tempo durò la loro vita, né a lungo gioirono delle rose di Afrodite. Giungeva infatti la stagione poco adatta ai naviganti, quando il nocchiero traeva la nera nave sull'asciutta terra e schivava il mare procelloso e malfido. Benché sempre più difficile riuscisse al nuotatore l'approdo all'amata riva, i giovani non si rassegnavano a starsene divisi: né Ero smetteva di accendere la fiaccola, né Leandro di sfidare i flutti. Una notte, mentre tutti i venti fischiavano minacciosi avventandosi sul mare, e già l'onda si sollevava sull'onda, e il mare si mescolava al cielo, il misero Leandro, tra gorghi implacabili, più volte pregò la marina Afrodite, più volte lo stesso dominatore del mare, Poseidone: ma nessuno gli diede soccorso. Gran copia d'acqua gli scorreva giù per la gola, e bevve suo malgrado fiotti di salso mare; finché un crudele vento spense insieme l'infida lampada e la vita dell'imprudente Leandro.

Ero aspettava insonne nell'alcova; l'affanno del petto le toglieva il respiro. Venne l'aurora, e non vedeva ancora lo sposo. Da ogni parte spingeva l'occhio sull'ampio dorso del mare, nel caso che in qualche luogo lo scorgesse, smarrito per la luce spenta. Ma quando, proprio ai piedi della torre, vide il corpo del consorte lacerato dagli scogli, senza vita, stracciatasi sul petto la bella veste si lanciò a capofitto per condividerne la sorte. E gioirono l'uno dell'altra per l'ultima volta.

apollonia

Bella storia anche questa...Come sempre sono tutte le leggende riportate da apollonia. :) La vena triste con cui termina mi ricorda però un'altro dramma sentimentale a cui si avvicina: Romeo e Giulietta. Eravamo però a Verona in altri tempi, ma con un autore eccezionale...

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Supporter

La storia d’amore tra Ero e Leandro, tanto intensa e tragica quanto breve, che si consuma tra le opposte rive dell’Ellesponto ha sicuramente ispirato quelle di Giulietta e Romeo e di Tristano e Isotta.

Il mito di Ero e Leandro fu particolarmente popolare durante il Romanticismo e Byron fu talmente coinvolto dalla vicenda che volle verificarne la credibilità attraversando lui stesso l’Ellesponto a nuoto.

Il mito è raffigurato nell’affresco monocromo della Galleria dei Carracci, Palazzo Farnese, Roma (prima foto). Nella seconda foto l’atmosfera è più sensuale e romantica.

Chissà se il mito è stato rappresentato anche su monete o medaglie.

apollonia

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La storia d’amore tra Ero e Leandro, tanto intensa e tragica quanto breve, che si consuma tra le opposte rive dell’Ellesponto ha sicuramente ispirato quelle di Giulietta e Romeo e di Tristano e Isotta.

Il mito di Ero e Leandro fu particolarmente popolare durante il Romanticismo e Byron fu talmente coinvolto dalla vicenda che volle verificarne la credibilità attraversando lui stesso l’Ellesponto a nuoto.

Byron era comunque un ottimo nuotatore per fare 1250 metri, ossia almeno 25 vasche olimpiche....Io al suo posto avrei sicuramente fatto la fine di Leandro. ;)

Il mito è raffigurato nell’affresco monocromo della Galleria dei Carracci, Palazzo Farnese, Roma (prima foto). Nella seconda foto l’atmosfera è più sensuale e romantica.

'Sti francesi hanno proprio tutte le fortune, pure l'affresco dei Carracci... :P

Chissà se il mito è stato rappresentato anche su monete o medaglie.

apollonia

Per quanto riguarda una moneta che raffiguri questo tipo di mito penso che dovremmo farci aiutare dagli esperti di numismatica romana imperiale. Chi ci può dare una mano?

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Supporter

Salve

Mi hanno chiesto se esistono tetradrammi ufficiali di Alessandro Magno che pesano sui 14-15 g.

Direi proprio di no.

Per i tetradrammi classici e più diffusi, quelli Eracle/Zeus per intenderci, si può fissare indicativamente l’intervallo di peso 16,8-17,3 g.

Il tetradramma dell’aquila, invece, coniato nel piede tracio-macedone come i tetradrammi di Filippo II e non attico come quelli classici di cui sopra, pesa ca 14,5 g.

Il tetradramma dell’aquila è estremamente raro. Quello della foto acclusa pesa 14,4 g e ha la didascalia che segue:

D/ Testa di Zeus con alloro a d.;

R/ ALEXAN – DROY, aquila a d. su fulmine, che guarda indietro; nel campo a sinistra un ramoscello d’ulivo, a destra un copricapo di satrapo.

apollonia

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Supporter

Direi proprio di no.

leggasi

Direi proprio di no, fatta eccezione per il tetradramma dell'aquila che però non ho mai visto sul mercato.

apollonia

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Salve

Mi hanno chiesto se esistono tetradrammi ufficiali di Alessandro Magno che pesano sui 14-15 g.

Direi proprio di no.

Per i tetradrammi classici e più diffusi, quelli Eracle/Zeus per intenderci, si può fissare indicativamente l’intervallo di peso 16,8-17,3 g.

Il tetradramma dell’aquila, invece, coniato nel piede tracio-macedone come i tetradrammi di Filippo II e non attico come quelli classici di cui sopra, pesa ca 14,5 g.

Il tetradramma dell’aquila è estremamente raro. Quello della foto acclusa pesa 14,4 g e ha la didascalia che segue:

D/ Testa di Zeus con alloro a d.;

R/ ALEXAN – DROY, aquila a d. su fulmine, che guarda indietro; nel campo a sinistra un ramoscello d’ulivo, a destra un copricapo di satrapo.

apollonia

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La cosa particolare è che mentre molti classificano questa moneta come tedradramma rifacendosi quindi, come ha detto apollonia al piede traco-macedone utilizzato come unità di misura monetale fino alla morte di Filippo II (tra questi anche il Sear, che lo identifica al n.6726 del suo "Greek coins and their values" vol.2), per il Price è invece da considerare uno statere in argento.

Sicuramente non l'ho mai visto neanche io sul mercato e non posso neanche pensare a che cifre potrebbe essere venduto, visto che sul mio Sear del 1979 veniva quotato 10.000 sterline.

,

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Ritorniamo nella norma.

Questo mio tetradramma (16,564 g, 27-28 mm; Price 621; Müller 230) da Nomisma è una delle emissioni macedoni (probabilmente Pella) più tarde, ca. 275-ca. 270 a.C., sotto Antigono Gonata, il figlio di Demetrio Poliorcete che regnò sulla Macedonia dal 276 a. C. alla morte con una breve interruzione nel 274-273 a. C.

Infatti l’elmo crestato che caratterizza il gruppo 621-32 del Price appare regolarmente sulle emissioni di questo sovrano con i nuovi tipi della testa di Pan sullo scudo al dritto e Atena Alchidemos al rovescio (in seguito posterò il mio tetradramma di questa tipologia).

apollonia

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Ritorniamo nella norma.

Questo mio tetradramma (16,564 g, 27-28 mm; Price 621; Müller 230) da Nomisma è una delle emissioni macedoni (probabilmente Pella) più tarde, ca. 275-ca. 270 a.C., sotto Antigono Gonata, il figlio di Demetrio Poliorcete che regnò sulla Macedonia dal 276 a. C. alla morte con una breve interruzione nel 274-273 a. C.

Infatti l’elmo crestato che caratterizza il gruppo 621-32 del Price appare regolarmente sulle emissioni di questo sovrano con i nuovi tipi della testa di Pan sullo scudo al dritto e Atena Alchidemos al rovescio (in seguito posterò il mio tetradramma di questa tipologia).

apollonia

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Davvero bello anch'esso. :) La parte crestata dell'elmo mi sembra tuttavia sia determinata dalle "grinze" della pelle del leone nella zona tra il naso e la bocca; il muso del leone. Questo è comunque un particolare diffenziante, non presente negli altri copricapi nemei dei vari tipi di tetradrammi.

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Buon pomeriggio

L’elmo macedone crestato è nel campo a sinistra del rovescio, come quello in posizione simile sul classico tetradramma di Antigono Gonata (allegata la foto del mio pezzo) e che invece occupa tutto il rovescio dei bronzi illustrati ai post # 147 e 151.

Il dritto commemora la battaglia di Lisimachia del 277 a. C. nella quale Antigono Gonata sconfisse i Galati, fino allora imbattuti. Per la fama acquisita con questa vittoria Antigono Gonata fu eletto re di Macedonia e con lui ebbe inizio l’era degli Antigonidi. Il volto del dio Pan con il retrostante lagobolon (bastone ricurvo per la caccia alla lepre) come emblema centrale dello scudo macedone fa riferimento all’aiuto che il dio diede ad Antigono causando terrore panico fra i Galati nella suddetta battaglia.

Al rovescio è raffigurata Atena Alchidemos (salvatrice del popolo) in armi con scudo e tuono; elmo macedone nel campo a sinistra, monogrammi nel campo a destra; ai lati la scritta ANTIGONOU left, BASILEWS right (del re Antigono, sottinteso moneta).

apollonia

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Certo che tra la Medusa (vedi post # 129) e il dio Pan al centro dello scudo, è una bella lotta per chi terrorizza di più il nemico.

Sul rovescio del tetradramma di Antigono possiamo ammirare Atena con un fisico da pin-up e un ‘lato b’ veramente pregevole, e questo può servire a distrarre il nemico. Ma Pan, oltre ad essere veramente brutto, diffondeva tra i nemici anche il cosiddetto "timor panico" come vedremo nei post a seguire.

apollonia

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IL DIO PAN

Pan si dice figlio di Zeus e di Callisto o di Ermes e della ninfa Penelope (o Driope) per la quale il dio assunse l'aspetto di uomo e divenne pastore presso i possedimenti di un ricco mortale dell'Arcadia. Dal loro amore nacque il dio Pan. Subito dopo la sua nascita, alla vista del figlio la madre rimase terrorizzata: il suo aspetto era talmente brutto e animalesco che decise di abbandonarlo al suo destino. Era infatti Pan, più simile a un animale che ad un uomo: il corpo era coperto di ruvido pelo, la bocca si apriva su una serie di zanne ingiallite, il mento terminava con un'ispida barba, dalla fronte si dipartivano due corna e al posto dei piedi aveva due zoccoli caprini.

Ermes allora lo portò con sè nell'Olimpo al cospetto degli altri dei, dove fu accolto con benevolenza specialmente da Dioniso che decise di accoglierlo nel suo seguito. Contrariamente al suo aspetto, il dio Pan era gioviale e rallegrava con la sua presenza tutti gli dei. Crescendo divenne uno dei compagni prediletti di Dioniso e lo seguiva nelle sue scorribande attraverso le selve e le campagne.

Un giorno Pan vide la figlia della divinità fluviale Ladone, Siringa, e se ne innamorò. La fanciulla però, come lo vide, fuggì terrorizzata tanto da pregare il proprio padre di mutarle l'aspetto in modo da non farla riconoscere da Pan. Ladone, impietosito dalle preghiere della figlia, presso lo specchio d'acqua dove sorgeva una grande palude la trasformò in una canna… Pan invano cercò di distinguere la fanciulla fra i diversi giunchi; alla fine, ne recise uno, lo tagliò in tanti pezzi di lunghezza diversa e li legò assieme con dello spago. Fabbricò così uno strumento musicale che prese il nome di "siringa" dalla sventurata fanciulla e che ai posteri è anche noto come il "flauto di Pan" (foto allegata). Da allora Pan tornò a vagare nei boschi correndo e danzando con le ninfe e a spaventare i viandanti che attraversavano le selve. Al dio infatti si attribuivano i rumori di origine inesplicabile che si sentivano la notte e dalla paura che esso causava deriva il detto "timor panico" o “terrore panico”.

apollonia

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IL LAGOBOLON

L’attributo caratteristico del dio Pan è il lagobolon, termine composto da due parole greche, lagos (lepre) e ballo (io getto) per denominare un corto bastone ricurvo ad una estremità utilizzato per la caccia alla lepre. Sembra che questo bastone originariamente con funzione di strumento di caccia abbia acquistato nel corso dei tempi un significato simbolico di strumento cerimoniale o di potere.

Il dio Pan che tiene il lagobolon nella sinistra è raffigurato sul sarcofago che rappresenta il mito d’Arianna e Dioniso al Museo del Louvre (foto a sinistra).

Il dio Pan che cavalca una tigre tenendo il lagobolon seguito da un piccolo personaggio pure con il logobolon in mano è raffigurato sul sarcofago che rappresenta Arianna e Dioniso tirati dai centauri sempre al Museo del Louvre (foto a destra).

(Il mito di Arianna e Dioniso in breve. Arianna, figlia del re di Creta Minosse, innamoratasi di Teseo, giunto a Creta coi giovinetti e le fanciulle, vittime destinate al Minotauro, dà all’eroe un filo per uscire dal labirinto, dopo l’uccisione del mostro. Fugge con Teseo, e dopo una sosta a Delo, giunge nell’isola di Nasso dove Teseo l’abbandona dormiente. Qui, a seconda delle versioni, s’impicca; o, posseduta da Dioniso, viene uccisa da Artemide per aver perduto la sua verginità; oppure diviene sposa del dio e ne ha diversi figli.)

apollonia

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PANICO... “LA PAURA DELLA PAURA”.

Un po’ di storia. Viene dalla mitologia greca la radice etimologica di panico, e più precisamente dall’antico dio greco Pan. É una divinità molto antica, protettore delle greggi e dei pastori. É talmente brutto che la madre stessa, al momento della nascita, ne è così spaventata che fugge; allora il padre Ermes lo avvolge in una pelle di lepre e lo presenta agli altri dei che, vedendolo, si danno a grandi risate. Appare con un corpo umano villoso, capelli incolti, naso schiacciato, gambe, piedi, corna, orecchie e barba di caprone e con una coda decisamente sviluppata. Pan è una divinità vigorosa, gioiosa, l’allegro compagno delle ninfe che danzano, innamorato e respinto per la sua particolare bruttezza. Il dio caprino, signore delle selve, era solito riposare nelle ore meridiane e, se disturbato, lanciava un grido spaventoso che incuteva il “terrore panico”. L’attacco di panico, infatti, sta proprio a indicare il terrore irrazionale, improvviso e paralizzante, che ci coglie di sorpresa e che invade il nostro corpo in modo incontrollabile: una tempesta emotiva che esplode “apparentemente” senza alcun motivo. Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP), infatti, sta a indicare il ricorrere di attacchi di paura o terrore improvvisi, associati a sentimenti di catastrofe imminente e accompagnati da sintomi fisiologici drammatici quali soffocamento, vertigini, sudorazione, spasmi muscolari, tremore e tachicardia, nodo alla gola, ecc. Le crisi colgono l’individuo come un fulmine a ciel sereno, cioè in momenti imprevedibili, spesso durante le normali attività quotidiane. Gli attacchi durano alcuni minuti, generalmente una decina, quindi un lasso di tempo breve, ma che può sembrare eterno per l’angoscia che procurano. E dopo resta la paura che tutto possa ripetersi. Le crisi tendono, infatti, a essere ricorrenti, per cui i pazienti sviluppano un'ansia anticipatoria rispetto a quando e dove avverrà l’attacco successivo. Di conseguenza si tende ad evitare luoghi o situazioni cui vengono associati gli attacchi (psicologia di evitamento invalidante). E man mano che le paure e i comportamenti di “evitamento” aumentano, la vita di queste persone viene sempre più compromessa. Infatti, dal primo momento in cui si verifica il “diabolico” episodio, non si riesce più ad essere autonomi, si ha bisogno ogni volta che si è costretti ad uscire, di un accompagnatore o di quel “qualcuno” particolare che rassicura, con la sua presenza fisica, di essere aiutati nel momento in cui si verificherà l’esperienza terrificante. Tutto ciò crea una forte dipendenza dagli altri in quanto non si è più in grado di contare sulle proprie forze. Si entra, quindi, in una spirale di paura: paura di star male. Nel momento in cui si verifica un attacco o siamo presi dall’ansia, reagiamo con paura, ed è la nostra reazione di paura che ci tiene in trappola. In questo frangente il nostro corpo si prepara ad affrontare la situazione: gli ormoni dello stress e l’adrenalina entrano nel flusso sanguigno per prepararci a sfuggire la situazione o rimanere ad affrontarla (lotta o fuga). Il battito cardiaco accelera, il respiro diventa affannoso e possiamo tremare o sudare abbondantemente. Quanto più si è spaventati e ansiosi, tanta più adrenalina viene prodotta e di conseguenza si accentua, inevitabilmente, la terrificante sintomatologia. I disturbi da ansia, comunque, non minacciano la vita della persona, come tali: è solo la nostra incomprensione della loro natura che ce li fa apparire così drammatici e minacciosi. Il raggiungimento del proprio benessere dipende dalla capacità di abbassare il livello d’ansia e, naturalmente, di mantenerlo basso. Questo può essere raggiunto (secondo il nostro orientamento scientifico) attraverso metodiche terapeutiche ad orientamento psicosomatico, basate su tecniche distensive e concentrative. Con queste tecniche è possibile non solo “lavorare” sui pensieri, sulle sensazioni ed emozioni, ma anche sulle “necessità” di mantenere il controllo. Il bisogno, infatti, di controllare noi stessi e quanto ci circonda è una delle caratteristiche principali del permanere del disturbo …come abbiamo visto autoalimentandolo.

apollonia

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Sempre interessante riascoltare le leggende della mitologia greca riportate da Apollonia.... :)

Ho comunque l'idea che niente fosse spaventoso quanto Medusa: qui raffigurata in modo strabiliante da Bernini.

Anche Caravaggio ci ha dato, su tela però, un'immagine alquanto "orribile" della Gorgone; che tra l'altro ho avuto proprio lo scorso anno la fortuna di poter visionare dal vero agli Uffizi di Firenze: stupenda!

Peccato però che a quanto sappia, sia stata raffigurata solo sui bronzi di Alessandro e mai compaia nei tetradrammi o in altre monete d'argento.

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Avevo scritto un'osservazione che qui riassumo a proposito della Gorgone sulle 'Non Apollonia', nella poesia (Dante, Inferno, Canto IX: Le Furie - vv. 34 - 63) e nel mito.

La Gorgone fa la sua comparsa molto presto nella storia della moneta. Ecco ad es., dall’alto in basso della foto allegata, un bronzo (Aes Grave di Olbia), un oro (1/12 statere di Cizico) e un piombo (tessera di Populonia).

Pochi decenni dopo la prima diffusione della moneta dalle coste della Lidia, la Medusa, terrifica a vedersi, con valenza di amuleto e simbolo di protezione, caratterizza già i tipi di molte monetazioni sviluppatesi nella sfera di influenza del mondo greco tra il VI° e il V° secolo a. C.

Da rilevare la difficoltà tecnica che l’incisore trovava nell’incidere il volto frontalmente a causa della sporgenza del naso. Del resto la Gorgone non può che essere ritratta in questo modo e così fecero gli artisti greci, nonostante le difficoltà, regalandoci raffigurazioni davvero spettacolari. Passata la fase iniziale “arcaica”, le immagini della Medusa si fanno più rare ma si spingono nella monetazione romana fino al III° secolo d. C.

apollonia

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Questo è un bronzo acquistato alla Elsen alla fine del 2010.

Come si legge nella didascalia, siamo in Macedonia circa due secoli dopo la morte del Grande.

MACEDOINE, AMPHIPOLIS, AE bronze, 1er-3e s. Droit : Tête de Gorgone de face. Revers : Athéna debout à gauche, tenant une petite Niké de la droite, un bouclier et une lance de la gauche. Ref.: SNG Cop. 86; AMNG 38, 59. 8,90g. Rare. Patine vert foncé - Très Beau (VF).

La Gorgone ripresa frontalmente ha il naso da boxeur e la bocca con labbra butolinate alla Ruby rubacuori & Co.

Trovo che molte donne dal volto ‘rifatto’ che appaiono in televisione sono spaventose tanto se non di più della Gorgone. :silly:

apollonia

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Ciao sku,

credo tu ti riferisca a questo topic in Monete greche: Altro

http://www.lamoneta....__1#entry962283

Veramente un ottimo lavoro quello di mamoph. Complimenti.

apollonia

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Ciao sku,

credo tu ti riferisca a questo topic in Monete greche: Altro

http://www.lamoneta....__1#entry962283

Veramente un ottimo lavoro quello di mamoph. Complimenti.

apollonia

ciao Apollonia,

grazie mille per la risposta...

mi riferivo a questo:

http://www.lamoneta.it/links/goto/192-gorgonemedusa-il-mito-di-medusa-nella-monetazione-antica/

gran lavoro

ciao

sku

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