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Le monete più attraenti di Alessandro Magno


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Sinope è una cittadina della Turchia settentrionale, sul Mar nero, capoluogo della provincia omonima.

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Colonizzata dai Milesi intorno al 630, fondò a sua volta colonie: Trapezunte, Cerasunte, Cotiora. Nel 440 Pericle vi stabilì 600 coloni ateniesi. Nel 380 circa fu occupata dai Persiani, poi da Alessandro Magno; alleata di Rodi, ne ebbe soccorso contro le iniziative espansionistiche dei re del Ponto che se ne impadronirono (183) facendone la capitale della regione.

La città ha dato il proprio nome alla tecnica pittorica realizzata con le sinopie, cioè disegno preparatorio per un affresco, con il rosso di Sinope.

 

In arte, l’ocra rossa con forte percentuale di ossido ferrico è chiamata sinopia o terra di Sinope, perché, secondo gli antichi (Plinio, Nat. hist.) fu trovata per la prima volta nel Ponto e prese, quindi, il nome dalla città. Nel suo trattato C. Cennini chiama sinopia la terra rossa usata nell’affresco per tracciare sull’arriccio i disegni preparatori; con questo significato il termine è entrato in uso in Italia per indicare tale disegno preparatorio, in uso nel Medioevo fino al 15° sec., eseguito anche in varie qualità di bruni e di terre verdi, che in alcuni casi è reso visibile dal procedimento di distacco degli affreschi.

Fonte https://www.treccani.it/enciclopedia/sinope/

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Mito e storia di Sinope

Sinope è il nome di una ninfa figlia del dio fluviale Asopo, la quale, secondo la mitologia, è stata una delle poche, se non la sola, a vanificare le mire sessuali di Zeus. Invaghitosi di lei, questi le promise di donarle qualunque cosa desiderasse e Sinope chiese la conservazione della sua verginità. Il padre degli dei non poteva certo rimangiarsi la parola data e così rimase a bocca asciutta.

Il nome della città di Sinope è invece collegato, secondo la tradizione mitografica, a quello di un’amazzone ai tempi della fondazione della città da parte di coloni greci nel 630 a.C. Favorita dalla posizione, sostenuta da una forte flotta, centro agricolo e commerciale e industriale, oltre che portuario, Sinope prosperò tanto da svolgere politica autonoma e impiantare a sua volta nuove colonie: Trapezunte, Cerasunte, Kotyora, da alcune delle quali riceveva ancora nel sec. IV a. C. tributo. Ma il suo periodo più prospero è il meno documentato. Circa il 440 a.C. era governata da un tiranno Timesileone, quando Pericle, nell'espansione ateniese verso il Mar Nero, lo cacciò e impiantò 600 coloni sul territorio. Presto riacquistò piena libertà d'azione. Circa il 380 a.C.  fu occupata dal satrapo persiano di Cappadocia, Datame. Anche più tardi, dopo la caduta in disgrazia di Datame, dovette rimanere in dipendenza più o meno lassa dalla Persia, sotto cui la trovò Alessandro Magno. Da lui ebbe la solita libertà precaria. Se è vera la storia molto dubbia del trasferimento del dio Serapide da Sinope ad Alessandria, intorno al 300 a. C. Sinope doveva essere governata da un tiranno. Nel sec. III sosteneva i suoi commerci coll'aiuto dei Rodî, che la salvarono nel 220 dal cadere sotto Mitridate II del Ponto. Ma l'avanzata dello stato pontico, fattasi inevitabile, portò alla conquista nel 183: Sinope divenne capitale del Ponto. Nel 70 a. C. fu occupata, durante la terza guerra mitridatica, da Lucullo, che le restituì le libertà. Farnace II durante le guerre tra Cesare e Pompeo la rioccupò per poco; con Cesare divenne colonia Julia Felix. Sinope mantenne fino a tardi la sua prosperità di città commerciale. Appartenne alla provincia di Ponto e Bitinia, poi di Ponto e Paflagonia. Della sua costituzione nulla di caratteristico è noto.

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Sinope è la città natale di Diogene.

Figlio di Icesio, cambiavalute incarcerato per aver alterato le monete, Diogene si spostò ad Atene dove seguì gli insegnamenti di Antistene, discepolo di Socrate e fondatore della scuola cinica di Cinosarge, ginnasio ateniese. Inizialmente trattato rudemente, superò Antistene in austerità della vita e in personalità. “Colpisci pure, che non troverai un legno così duro che possa farmi desistere dall’ottenere che tu mi dica qualcosa, come a me pare che tu debba” diceva Diogene al maestro che inizialmente lo respingeva.

Di Diogene non ci sono pervenuti scritti ma biografie e aneddoti che illustrano perfettamente il pensiero e il carattere del filosofo. In perenne ricerca dell’autosufficienza (autarkeia) rispetto ai bisogni giudicati superficiali dell’uomo sociale, individuava negli animali, nei mendicanti e nei bambini i modelli di vita naturale. Soprattutto questi ultimi rappresentavano per il filosofo l’esemplare di uomo non ancora corrotto dalle convenzioni sociali, a differenza di Aristotele che vedeva il bambino come semplice” uomo in potenza”, in contrapposizione all’uomo maturo portatore di valori e virtù. Per il filosofo bisognava rifiutare ogni tipo di tabù e convenzioni, disprezzare i valori correnti come il denaro e il potere, e vivere secondo natura, attraverso un esercizio fisico e morale in modo tale da restare ai margini della società e dalla polis, itinerando e presentando sé stesso come modello di vita. Si raccontava che girasse per Atene con un mantello, un bastone, una ciotola, un catino e una bisaccia, dormendo ogni tanto in una botte; quando un giorno vide un fanciullo bere nel cavo delle mani, gettò la ciotola e esclamò: ” Un fanciullo mi ha dato lezione di semplicità”.

 Non era solito predicare o indottrinare attraverso ragionamenti articolati, ma quando voleva confutare una teoria o impartire un insegnamento utilizzava delle battute rapide dette “apoftegmi” o più spesso mediante gesti e dimostrazioni, come mettendosi a camminare in risposta alla teoria di Diodoro Crono che negava la realtà del movimento. Molti aneddoti parlano dei suoi comportamenti paragonabili a quelli di un cane, tanto che considerò come un elogio l’epiteto “cinico” (da kyon, cane), rivoltogli per i suoi atteggiamenti. Dedicò molto tempo allo studio del comportamento dei cani, elogiandone le virtù e la condotta, tanto da assumerne lo stile di vita vagabondo e addirittura la fisiologia. Secondo le storie raccontate da narratori del tempo, Diogene viveva in una botte accanto al tempio di Cibele, mangiava e defecava in pubblico.

Durante un banchetto gli gettarono degli ossi, come a un cane. Diogene, andandosene, pisciò loro addosso, come un cane. (Diogene Laerzio).

Diogene di Sinope fu anche il primo filosofo ad usare la parola ”cosmopolita” in quanto, sempre in sprezzo alle convenzioni, si dichiarava cittadino del mondo, affermazione sorprendente in un’epoca dove il cittadino era fortemente legato alla polis di appartenenza. In viaggio verso Egina venne fatto prigioniero dai pirati, portato a Creta e messo in vendita come schiavo. Qui gli venne chiesto cosa sapesse fare, al che prontamente rispose:” Comandare gli uomini”. Venne venduto ad un uomo di Corinto chiamato Xeniade. Divenne tutore dei due figli del padrone e restò a Corinto per il resto della sua vita, predicando l’autocontrollo e amministrando con estrema cura la casa tanto che Xeniade andava dicendo: ”Un demone buono è venuto a casa mia”. Si narrava ancora che andasse girovagando per la città con una lanterna accesa e a chi gliene domandava la ragione rispondeva: ”Cerco l’uomo”. Lo sprezzo nei confronti della società e delle convenzioni, i comportamenti bizzarri e talvolta grotteschi lo portarono ad una fama tale che per ben due volte Alessandro Magno volle incontrarlo. Lo stesso Platone lo definì ”un Socrate impazzito”, con il quale il filosofo condivideva l’alto compito di moralizzare l’uomo e la società. Morì a 89 anni a Corinzio sepolto dai due figli di Xeniade: venne eretto in sua memoria un pilastro di marmo sul quale v’era incisa l’immagine di un cane.

 

Una volta il filosofo Diogene stava cenando con un piatto di lenticchie. Per caso lo vide Aristippo, filosofo che trascorreva la vita negli agi, passando i suoi giorni a corte e adulando il re. Disse Aristippo:

– Caro Diogene, se tu imparassi ad essere ossequioso con il re, non saresti costretto a dover vivere mangiando robaccia come quelle lenticchie.

Al che Diogene gli rispose:

– E se tu avessi imparato a vivere mangiando lenticchie, ora non saresti costretto ad adulare il re.

(Diogene Laerzio, Vita dei Filosofi).

 

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L’incontro di Diogene con Alessandro Magno.

Quando Alessandro era a Corinto, molti statisti e filosofi erano andati a fargli visita per rendergli onore, ma tra questi non c’era Diogene nonostante dimorasse in quella città. Così Alessandro si recò di persona a rendergli visita; e lo trovò disteso al sole. Diogene sollevò un po' lo sguardo, quando vide tanta gente venire verso di lui, e fissò negli occhi Alessandro. Quando il monarca si rivolse a lui salutandolo e chiedendogli se volesse qualcosa, egli rispose "Sì, stai un po' fuori dal mio sole". Si dice che Alessandro fu così colpito da questa frase e ammirò molto la superbia e la grandezza di un uomo che non aveva nulla ma solo disprezzo nei suoi confronti, e disse ai suoi seguaci, che ridevano e scherzavano sul filosofo mentre si allontanavano: "Davvero, se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene”.

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Ci sono molte varianti minori di ciò che si suppone abbia risposto Diogene ad Alessandro. Secondo Cicerone, Diogene rispose con le parole: "Ora muoviti almeno un po' fuori dal sole". Secondo Valerio Massimo, Diogene rispose: "Più tardi, per ora vorrei che tu non stessi al sole." La dichiarazione di Alessandro, "se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene." si trova anche in altre versioni dell'aneddoto.

Nella sua biografia di Alessandro, Robin Lane Fox fissa l'incontro nel 336 a.C., nell'unico anno in cui Alessandro fu a Corinto. L'Alessandro della storia non è il re dei re, sovrano della Grecia e dell’Asia, ma il promettente ed esuberante ventenne figlio di Filippo di Macedonia, alla prima prova del suo coraggio in Grecia. Uno dei discepoli di Diogene, Onesicrito, in seguito si aggregò ad Alessandro e potrebbe essere stato la fonte originale di questa storia, abbellita nel racconto che appare in Tolomeo I (14.2), Arriano (Anabasi di Alessandro, 7.2.1) e Plutarco (Moralia, 331). Le altre fonti maggiori sono quelle di Cicerone (Tusculaneae disputationes 5.32.9), Valerio Massimo (Dictorum factorumque memorabilium 4.3. ext. 4), Plutarco (Alexander 14) e Diogene Laerzio (6.32, 38, 60, e 68).

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Alessandro Magno all’Inferno.

Nei suoi Dialoghi della morte Luciano di Samosata immagina un incontro tra Alessandro e Diogene agli Inferi. Il filosofo, una volta di più, punge le pretese di Alessandro e gli prescrive un rigido getto d'acqua del Lete.

Nella Divina Commedia è possibile che il Grande si identifichi con l’Alessandro che Dante pone fra i tiranni "che dier nel sangue e ne l'aver di piglio" (Inf. XII, 105: Cerchio 7 – girone 1 - Violenti), per quanto sia più probabile si tratti dell’Alessandro di Fere, città della Tessaglia, che sia Cicerone sia Brunetto Latini, da cui Dante frequentemente attinge le sue informazioni, citano nelle loro opere come esemplare di tiranno. Infatti si attaglia male la definizione di tiranno ad Alessandro Magno, di cui Dante parla con ammirazione sia nel Convivio (IV, xi,14) sia nella Monarchia (II, viii, 8-10).

Alessandro Magno viene invece espressamente citato nel Canto XIV dell’Inferno quando il Poeta descrive il sabbione infuocato e la pioggia di larghe falde infuocate, simili a fiocchi di neve che cadono senza essere sospinti dal vento e sono paragonabili alla pioggia di fuoco che il Macedone vide cadere dal cielo in India. Le fiammelle surriscaldano la sabbia che, arroventata, tormenta le anime che tentano continuamente di scacciare da sé il fuoco agitando le mani.

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Tetradramma senza simboli o monogrammi di possibile attribuzione a Odessos (Price 1132A) o a Sinope (Price 1275A) (Gorny & Mosch 186).

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GRIECHEN
MAKEDONISCHE KÖNIGE
Alexander III. der Große, 336 - 323 v. Chr.
Tetradrachme (16,88 g.), 3. Jh. v. Chr. Mzst. unbest. (Sinope?) Vs.: Herakleskopf mit Löwenskalp n. r. Rs.: ΑΛΕΞΑΝΔΡΟΥ, thronender Zeus mit Adler. Vgl. Price 1132A (Odessos, Armenak 147, etwas anderes Stil) und 1275A (Sinope).
Zustand: Leichte Tönung, Vs. kleiner Kratzer, ss
Estimate: EUR 200

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Tetradramma di Pergamo senza simboli o monogrammi Price 1473 (CNG 112).

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Greek
KINGS of PERGAMON. Attalos I. 241-197 BC. AR Tetradrachm (29mm, 16.93 g, 12h). In the name and types of Alexander III. Pergamon mint. Struck circa 223-215/0 BC. Head of Herakles right, wearing lion skin / Zeus Aëtophoros seated left; no control marks. Kleiner, Alexander, Series I, dies B/– (unlisted rev. die); Price 1473; SNG BN –; BN inv. 1971.939 (same dies). Toned, slightly off center. EF. Rare, six noted by Kleiner, two additional in Pella, only one (correctly attributed) in CoinArchives.

 

CNG 112, Lot: 246. Estimate $500. Sold for $1100.

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Pergamo

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Antica città dell'Asia Minore, nella Misia, alla destra del fiume Bakir (anticamente Caico), nei pressi dell'attuale centro turco di Bergama (provincia di Smirne). La sua origine mitica veniva fatta risalire a genti arcadiche emigrate dal Peloponneso in Asia sotto la guida di Telefo, figlio di Eracle, ma della sua storia nulla si conosce di preciso sino al sec. III a. C., quando Pergamo, sotto la dinastia degli Attalidi, divenne la capitale di un regno ellenistico inferiore per importanza come centro culturale e artistico solo alla Macedonia, all'Egitto e alla Siria. Qui l'eunuco Filetero, dipendente dal re Lisimaco, custodì la cospicua somma affidatagli di 9000 talenti. Nel 281 a. C., Seleuco I di Siria, per compensare Filetero che si era schierato con lui contro Lisimaco, gli concesse il principato su Pergamo. Dopo la morte di Lisimaco essa fu impiegata dai successori di Filetero, cioè da Eumene I (263-241 a. C.) e da Attalo I (241-197 a. C.), per costituire un regno indipendente, per difendersi dai Galati invasori dell'Asia Minore e per costruire una città di vera magnificenza. L'opera fu continuata da Eumene II (197-159 a. C.) e Attalo 11 (159-138 a. C.). Alla morte di Attalo III nel 133 a. C. il regno diventò provincia romana.

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La città di Pergamo viene citata per la prima volta da fonti intorno al 400 a. C., ma l’acropoli doveva già essere abitata in età arcaica. Presso la città aveva sede un importantissimo santuario di Esculapio, rinomato per la capacità taumaturgiche dei suoi sacerdoti ed importante sede di pellegrinaggi provenienti da tutta la Grecia.

Secondo una tradizione la città di Pergamo fondata da Grino, nipote di Telefo, che avrebbe onorato l'amico Pergamo, figlio di Neottolemo e Andromaca e quindi nipote di Achille, intitolando a lui la città.

Neottolemo, figlio di Achille e della principessa Deidamia, figlia di Licomede re di Sciro, nacque dopo la partenza del padre per la guerra di Troia e fu allevato dal nonno. Dopo la morte di Achille e la cattura dell'indovino Eleno, gli Achei seppero da quest'ultimo che la città non sarebbe mai caduta se Neottolemo non fosse venuto a combattere in mezzo a loro. Inviarono dunque un'ambasciata composta da Ulisse, Fenice e Diomede a cercare Neottolemo a Sciro. Licomede s'oppose alla partenza del giovane ma questi, fedele alla tradizione paterna, seguì gli ambasciatori greci. Davanti a Troia, citato nell'Eneide dove è perfino protagonista nel II canto, Neottolemo compì numerose imprese: uccise in particolare Euripilo, figlio di Telefo e, per la gioia, inventò una danza guerriera che portava il suo nome, la pirrica.

Vinto il conflitto in Troade, nel bottino di guerra Neottolemo ottenne Andromaca, vedova di Ettore che divenne la sua concubina. Al ritorno in Grecia Menelao gli diede in sposa la figlia Ermione. Si trasferì quindi in Epiro (in Ftiotide secondo la tradizione omerica) dove ebbe da Andromaca i figli Molosso, Pielo e Pergamo. Ermione tuttavia mal sopportava la presenza di Andromaca e con la complicità di Oreste uccise Neottolemo. Secondo un'altra versione Neottolemo venne ucciso dai sacerdoti di Delfi, fra cui Machereo, sotto responso della Pizia: Apollo prolungava così la sua collera contro la famiglia di Achille.

Raggiunta la maggiore età, Pergamo abbandonò la sua terra natia ed emigrò in Teutrania (Asia Minore, Misia), alle foci del fiume Caico, e là, avendo sconfitto in singolar tenzone un certo Areio, re di quella terra, ne conquistò il regno, dedicando un monumento alla memoria di sua madre. Secondo Pausania il Periegeta il giovane divenne così il fondatore e l'eponimo della città asiatica di Pergamo. Una tradizione diversa vuole Pergamo fondata da Grino, figlio di Euripilo, che avrebbe chiamato in suo aiuto l'eroe per scacciare i vicini che reclamavano il trono di Misia, e lo avrebbe onorato intitolando a lui la città.

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La pergamena

Dalla città di Pergamo prende il nome la Pergamena (charta), (carta) di Pergamo, perché qui, secondo la tradizione, sarebbe stata inventata attorno al II secolo a.C., come sostituto del papiro. L'uso della pergamena è però assai più remoto, essendo ricordato già da Erodoto (sec. V a.C.).

A causa della concorrenza del papiro, prodotto molto più abbondante e meno costoso, nel mondo antico la pergamena non ebbe comunque grande diffusione, ma in età romana soppiantò il papiro quando, per le sue qualità (vi si poteva scrivere agevolmente su ambo le facce, era possibile produrla dappertutto con relativa facilità, si poteva raschiare e utilizzare di nuovo), consentì il passaggio del libro dalla forma a rotolo a quella di quaderno.

Con il sec. IV la pergamena prevalse nettamente su ogni altro materiale scrittorio: appartengono appunto a questo secolo i codici più antichi a noi pervenuti. Fu, poi, la materia scrittoria medievale per eccellenza. Usata nei conventi e nelle abbazie dagli amanuensi e dai miniatori per la preparazione degli splendidi codici che oggi è dato ammirare nelle principali biblioteche del mondo, mantenne l'assoluto predominio nel campo librario fino al sec. XIII quando la carta ne prese il posto.

Oggi la pergamena continua a essere usata per le legature.

 

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Tetradramma di una zecca incerta del Mar Nero senza simboli o monogrammi Price 1321 (Heritage, Auction 232028,).

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Ancients Greek
MACEDONIAN KINGDOM. Alexander III the Great (336-323 BC). AR tetradrachm (27mm, 16.89 gm, 11h). NGC AU 4/5 - 4/5. Posthumous issue of uncertain Black Sea mint, ca. 250-200 BC. Head of Heracles right, wearing lion skin headdress, paws tied before neck / AΛEΞANΔPOY-BAΣIΛEΩΣ, Zeus enthroned left, right leg drawn back, feet on ground line, eagle in right hand, scepter in left; no symbols, letters or control marks. Price 1321. Extremely rare - no examples in sales archives.

Alexander tetradrachms that show no control symbol or letters other than the basic coin types are surprisingly rare and scant in the academic references. Price lists only 10 different issues with no control marks out of more than 2,000 different varieties of tetradrachms and Price 1321 is the only one with the royal title Basileus.HID05401242017.

Starting price: 1 USD - Result: 1.200 USD

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Tetradramma di una zecca incerta del Mar Nero senza simboli o monogrammi Price 1321 (VAuctions 215).

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Lot 23. KINGS of MACEDON. Alexander III 'The Great'. 336-323 BC. AR Tetradrachm (29mm - 16.56 g). Uncertain Black Sea mint. Struck Circa 250-200 BC. Head of Herakles right, wearing lion's skin headdress / Zeus seated left, holding eagle in right hand, scepter in left. Price 1321. VF, toned.
Estimate: US$ 150

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Tetradramma di una zecca incerta del Mar Nero senza simboli o monogrammi, cf. Price 1321 (Leu Numismatik, Web Auction 13).

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Greek
KINGS OF MACEDON. Alexander III ‘the Great’, 336-323 BC. Tetradrachm (Silver, 25 mm, 17.00 g, 12 h), uncertain mint in Thrace (?), circa 275/50-225 BC. Head of Herakles to right, wearing lion skin headdress. Rev. BAΣIΛEΩΣ AΛEΞANΔPOY Zeus seated left on low throne, holding long scepter in his left hand and eagle standing right with closed wings in his right. Price -, cf. 1321. Very rare and apparently unpublished. Lustrous and beautifully toned. Very light die rust on the reverse, otherwise, good extremely fine.
Ex Rauch 98, 21 September 2015, 69.

Starting price: 200 CHF - Result: 812 CHF

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982: descrizione nel testo del Price.

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La Panfilia era una piccola regione storico-geografica costiera dell'Asia Minore, confinante a ovest con la Licia e a nord-nord est con la Galazia e bagnata dal Mediterraneo orientale. Le coste panfilie erano prospicienti all'isola di Cipro.

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La regione prese il nome da Panfilo, leggendario re dei Dori proveniente dal monte Pindo che dopo la morte del padre Egimio divise il regno ereditato con Illo e con il fratello Dimante, con il quale si unì agli Eraclidi che invasero il Peloponneso. Diede il suo nome a una tribù di Sicione chiamata Panfili, di cui è considerato l'antenato, che s’insediò in Anatolia chiamando la propria terra Panfilia.

Il nome greco della regione, Παμφυλία, cioè "terra di tutte le stirpi", indica la natura etnica mista dei coloni greci che raggiunsero le coste dell'Asia Minore sudorientale di fronte a Cipro fra l'inizio del VII e il VI secolo a.C. Infatti è ben noto che per tradizione il più antico centro dell'area, Aspendos, era colonia di Argo, e dunque venne popolata in origine da genti doriche. Altre città, come SidePerge e Attalia vantavano altre origini. Gli abitanti di Side provenivano ad esempio da Cuma Eolica ed erano affini agli Eoli. Evidenze linguistiche fanno pensare che alcuni coloni della Panfilia provenissero anche dalla parte settentrionale, dorizzata, di Creta.

La Panfilia fu conquistata, di volta in volta, da diversi regni e imperi. Fu parte del regno di Lidia; successivamente fu annessa dai Persiani e inserita nella satrapia di Lidia; divenne parte dell'impero di Alessandro Magno; in età ellenistica fu area di interazione e di frizione politico-militare fra il regno di Pergamo, il regno Seleucide di Siria, le cui satrapie occidentali si spingevano ai confini dell'Asia Minore, e il regno Lagide d'Egitto, il cui espansionismo sul mare interessava marginalmente anche Cipro e le coste microasiatiche mediterranee.

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Roma Numismatics E-Sale 2).

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Kingdom of Macedon. Alexander III 'The Great' AR Tetradrachm. Uncertain mint of Pamphylia, 220-180 BC. Head of Herakles r., wearing lion skin headdress / Zeus Aëtophoros seated r., holding eagle and sceptre, no symbols. Price 2982; Maktepini 719-722. 16.95g, 27mm, 1h. Good Very Fine.

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Heritage Auction 231848).

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Ancients Greek
MACEDONIAN KINGDOM. Alexander III the Great (336-323 BC). AR tetradrachm (27mm, 16.45 gm, 6h). Fine. Late posthumous issue of uncertain mint in Pamphylia, ca. 220-180 BC. Head of Heracles wearing lion-skin headdress, paws tied before neck / AΛEΞANΔPOY, Zeus enthroned left, right leg drawn back, feet on ground line, eagle in right hand, long scepter in left, no symbols or mint marks. Price 2982.HID05401242017

 

Starting price: 1 USD - Estimate: 50 USD - Result: 89 USD

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Roma Numismatics Auction 7).

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Kingdom of Macedon. Alexander III 'The Great' AR Tetradrachm. Uncertain mint of Pamphylia, circa 220-180 BC. Head of Herakles right, wearing lion's skin headdress / Zeus Aëtophoros seated left, holding eagle and sceptre, no symbols. Price 2982; Maktepini 719-722. 17.12g, 31mm, 12h. Near Extremely Fine.

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Roma Numismatics May 2013 Auction).

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Kingdom of Macedon. Alexander III AR Tetradrachm. Uncertain mint of Pamphylia. Circa 220-180 BC. Head of Herakles r., wearing lion's skin headdress / Zeus Aëtophoros seated r., holding eagle and sceptre, no symbols. Price 2982; Maktepini 719-722. 16.94g, 31mm, 1h. Good Very Fine.

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Numismatik Naumann 68, lot 64).

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Greek Coins KINGS OF MACEDON. Alexander III 'the Great' (336-323 BC). Tetradrachm. Uncertain mint in Pamphylia. Obv: Head of Herakles right, wearing lion skin. Rev: AΛΕΞΑΝΔΡΟΥ. Zeus seated left on throne, holding eagle and sceptre; no controls or symbols. Price 2982. Condition: Very fine. Weight: 16.84 g. Diameter: 35 mm.

Starting price: 200 EUR - Estimate: 250 EUR - Result: 200 EUR

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Ci sono due tetradrammi nella prossima asta Nomisma. Uno classificato SPL ha già un'offerta di 750...Vedo che in generale le quotazioni sono molto oscillanti... 

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1 ora fa, Lando Griffin dice:

Ci sono due tetradrammi nella prossima asta Nomisma. Uno classificato SPL ha già un'offerta di 750...Vedo che in generale le quotazioni sono molto oscillanti... 

Non poco per una moneta non pubblicata dal Price.

apollonia

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3 ore fa, apollonia dice:

Non poco per una moneta non pubblicata dal Price.

apollonia

Scusa ma sono nuovo e fare ricerche per parole chiave è un po' dispersivo... Mi potresti indicare o linkare discussioni su come orientarsi per i prezzi, perché tetradrammi, sesterzio o monete "prestigiose" antiche mi interessano ma vedo troppa varietà di prezzi e non so da cosa sia dato o meno il prestigio a questo tipo di monete, stato di conservazione a parte ovviamente...

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Già, ma non è d'aiuto per la tua indagine a causa della descrizione incompleta e imprecisa. La zecca è sì di Babilonia, ma l’indicazione non ti dà modo di conoscere l’esatto numero di catalogo Price 3747 dell’esemplare, tra l’altro molto simile a quello che lo precede nella descrizione tratta dal testo del Price.

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Con questo numero puoi fare una ricerca in rete per conoscere il destino degli esemplari passati nelle aste, per esempio sul sito https://www.cngcoins.com/Default.aspx

Cliccando su RESEARCH, inserendo nel rettangolo Search le parole Alexander III tetradrachm 3747 e cliccando su Find, puoi farti un’idea del rapporto qualità/prezzo cliccando su ciascuno dei link a sinistra del primo evidenziato in alto a destra.

apollonia

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Tetradramma di una zecca incerta della Panfilia senza simboli o monogrammi Price 2982 (Numismatik Naumann 68, lot 65).

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 Alexander III 'the Great' (336-323 BC). Tetradrachm. Uncertain mint in Pamphylia. Obv: Head of Herakles right, wearing lion skin. Rev: AΛΕΞΑΝΔΡΟΥ. Zeus seated left on throne, holding eagle and sceptre; no controls or symbols. Price 2982. Condition: Extremely fine. Weight: 17.05 g. Diameter: 33 mm.

Starting price: 200 EUR - Estimate: 250 EUR - Result: unverkauft

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