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La leggenda di Bacco e Arianna


Exergus

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LA LEGGENDA DI BACCO E ARIANNA

Bacco, o Libero, nella mitologia romana corrisponde al dio greco Dioniso, il suo nome latino deriva da Bakkhos (Βάκχος) l’appellativo che assumeva durante il delirio mistico. Il suo aspetto era quello di un giovane bellissimo, con il capo riccioluto e incoronato da pampini e da viticci, spesso raffigurato con in mano una coppa.

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Il Bacco di Michelangelo

Il suo simbolo era, oltre al viticcio e all'edera rampicante, un tirso (un bastone nodoso sormontato da un viluppo d'edera), accanto a lui viene spesso raffigurata una pantera, che per i romani del periodo imperiale, probabilmente, rappresentava il suo Genio.

Le tipologie imperiali dedicate a Bacco non sono affatto numerose, e gli imperatori che lo adottarono nella loro iconografia monetale sono solo sette: Adriano, Antonino Pio, Settimio Severo, Geta, Caracalla, Gallieno e Claudio Gotico.

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Adriano e Bacco con la sua pantera

RIC II 485, Cistoforo (10,79g), zecca non attribuita, coniato dopo il 129 d.C.

Dritto: HADRIANVS AVGVSTVS PP, testa nuda a destra.

Verso: COS III, Bacco in piedi rivolto a sinistra, con oinochoe e tirso, pantera ai suoi piedi.

Sulle monete di Gallieno, Bacco, con il nome di Libero, viene rappresentato solamente dalla sua pantera, una scelta che, in un periodo nel quale il culto del Genio era molto diffuso, a mio vedere, supporta l’ipotesi che fosse considerata il Genio protettore del dio.

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Gallieno e la pantera di Libero

RIC Va 230, antoniniano, zecca di Roma seconda officina, 267-268 d.C.

Dritto: GALLIENVS AVG, testa radiata rivolta a destra.

Verso: LIBERO P CONS AVG, pantera rivolta a sinistra.

Esergo: B

Esiste una moneta analoga per Claudio Gotico, di cui però è difficile reperire immagini:

RIC Va 64, antoniniano, zecca di Roma.

Dritto: IMP CLAVDIVS AVG, busto radiato a destra

Verso: LIBERO CONS AVG, pantera rivolta a sinistra

Il mito

La leggenda di Dioniso è complessa, perché riassume non solo miti greci, ma anche dell’Asia Minore e dei paesi vicini.

Secondo la tradizione è figlio di Zeus e di Semele, ed appartiene quindi alla seconda generazione degli dei olimpici, al pari di Apollo, Diana, Marte, ecc.

Il mito della sua nascita, narra che Semele incinta di Zeus, chiese al dio di mostrarsi in tutta la sua potenza, ma fu colpita dai fulmini che lo circondavano, e cadde morta; Zeus prontamente estrasse dal suo ventre il bambino che era solo al sesto mese, e lo cucì all’interno della sua coscia, al termine della “gravidanza” lo fece uscire perfettamente vivo e formato.

Gli dette il nome di Dioniso: il dio “nato due volte”.

Diventato adulto scoprì la vite e il suo uso, ma Era, considerandolo un frutto (l'ennesimo...) dei tradimenti di Giove, lo fece impazzire, e nella sua pazzia Dioniso cominciò una vita errabonda, giunto in Frigia, fu accolto dalla dea Cibele, che lo fece rinsavire e lo iniziò ai riti del suo culto.

Continuò nei suoi pellegrinaggi e raggiunse l’India, che conquistò con i suoi poteri divini e con il suo esercito; proprio a questa occasione risale l’origine del corteo trionfale che lo accompagna, rappresentato nei baccanali con il carro trainato da pantere e ornato di pampini e di edera, seguito da Sileno, Satiri e Menadi (le baccanti).

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I compagni di Bacco: Sileno ubriaco (Museo del Louvre), un Satiro (Musei Capitolini), e una Menade (Museo del Prado)

Ritornato in Grecia, raggiunse la Beozia, paese d’origine della madre, dove introdusse i Baccanali, feste durante le quali l’intero popolo, ma soprattutto le donne, era invasato da un delirio mistico, e percorreva le campagne lanciando grida rituali.

Quando volle recarsi a Nasso, chiese un passaggio ad alcuni pirati tirreni, questi accettarono, ma si diressero invece verso l’Asia Minore con l’intento di venderlo come schiavo. Accortosi dell’inganno, trasformò i remi in serpenti, riempì la nave d’edera e fece risuonare la musica di flauti invisibili, paralizzando la nave con ghirlande di vite, i pirati in preda al panico si gettarono in mare, dove vennero trasformati in delfini, ciò spiegherebbe perché i delfini siano amici degli esseri umani e si sforzino di salvarli nei naufragi: sono pirati pentiti.

A questo punto la potenza di Dioniso fu riconosciuta da tutti, e il dio poté salire al cielo.

Era il dio del vino, della vite e dell’ispirazione, ed era festeggiato con processioni tumultuose, nelle quali figuravano i Genii della terra e della fecondità.

Per un verso era un dio gioviale, sorridente e simbolo del tripudio e della ricchezza della natura, dall'altro era legato a riti oscuri e talvolta selvaggi, frutto forse dei rapporti del culto del dio con territori barbarici e primitivi, nei quali ci si propiziava il favore della natura mediante sacrifici di animali.

In epoca romana, e fino al secondo secolo a.C., i Misteri di Dioniso, con la loro licenziosità ed il loro carattere orgiastico, penetrarono in Italia, dove trovarono terreno fertile tra le popolazioni ancora poco civilizzate dell’Italia centrale e meridionale.

A causa dei disordini che creavano, il Senato Romano dovette proibire la celebrazione dei Baccanali nel 186 a.C. con il Senatoconsulto de Bacchanalibus, ma le sette mistiche conservarono comunque la tradizione dionisiaca. In ogni caso, è presumibile che Cesare autorizzasse nuovamente le cerimonie in onore di Bacco, e il dio conservava ancora un posto importante nella religione di Roma imperiale, come testimoniato dalle monete.

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Settimio Severo, Ercole e Bacco

RIC IVa 31, aureo, zecca di Roma, 194 d.C.

Dritto: L SEPT SEV PERT AVG IMP III, testa laureata volta a destra

Verso: DIS AVSPICIB TRP II, Ercole sulla sinistra, con pelle di leone e clava, sulla destra Bacco con tirso e oinochoe, pantera ai suoi piedi

Esergo COS II PP

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Caracalla, Bacco ed Ercole, asse commemorativo dei Ludi Saeculares

RIC IVa 421, asse, zecca di Roma, 204 d.C.

Dritto: ANTONINVS PIVS AVG PONT TR P VII, busto laureato rivolto a destra.

Verso: COS LVDOS SAECVLFEC, Bacco sulla sinistra con tirso coppa, ai suoi piedi una pantera, sulla destra Ercole con clava e pelle di leone

L’incontro con Arianna

Arianna era figlia di Minosse e Pasifae, quando Teseo giunse a Creta per combattere con il Minotauro, la ragazza se ne innamorò. L’eroe fu rinchiuso nel labirinto per ordine di Minosse, ma Arianna lo aiutò donandogli un gomitolo di filo che egli srotolò, ritrovando in tal modo la via d’uscita. A seguito dell’uccisione del Minotauro da parte di Teseo e della sua fuga dal labirinto, Minosse si infuriò, Arianna, per sfuggire alla sua ira, decise di fuggire con Teseo, il quale, come “ricompensa” per l’aiuto ricevuto, durante una sosta sull’isola di Nasso la abbandonò addormentata sulla riva. Ma non restò sola a lungo, sopraggiunse Dioniso, trasportato da un carro trainato da pantere e accompagnato dal suo rumoroso corteo, e vista la giovane abbandonata sulla riva se ne innamorò, ne fece quindi la sua sposa portandola sull’Olimpo. Come regalo di nozze le portò in dono un diadema d’oro, opera di Efesto, che in seguito divenne la costellazione della Corona Borealis.

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Bacco trova Arianna, in un dipinto di Luca Giordano, XVII secolo

Il seguente medaglione di Antonino Pio, mostra una raffigurazione del mito di Bacco e Arianna, usato come metafora per il fidanzamento di Marco Aurelio e Faustina Minore, figlia di Antonino Pio, il loro matrimonio si celebrò nel 145 d.C.

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Antonino Pio, il fidanzamento di Bacco e Arianna

Antonino pio, medaglione “di fidanzamento” in bronzo, 46,58g, non in RIC, zecca di Roma 139 d.C.

Dritto: IMP T AEL CAES HADR ANTONINVS AVG PIVS, testa laureata volta a sinistra

Verso: Arianna nuda con Bacco che regge un tirso, entrambi in piedi su un carro trainato da una pantera e guidato da un satiro con corna e zampe di capra.

Esergo: PM TR POT / COS

Questo splendido aureo di Geta proviene dal Karnak hoard (1901) e presenta uno dei più particolari rovesci della serie Romana Imperiale; è parte di un’emissione donativa che celebra il quindicesimo anniversario di Settimio Severo ed il decimo di Caracalla. Di questa moneta si conoscono solo quattro esemplari, tutti provenienti dalla stessa coppia di conii.

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Geta e il Trionfo di Bacco e Arianna

RIC IVa 33, aureo, zecca di Roma, 207 d.c.

Dritto: P SEPTIMIVS GETA CAES, busto a testa nuda di Geta con drappeggio e corazza, rivolto a sinistra.

Verso: PONTIF: Bacco e Arianna seduti sulla sinistra, dietro di loro un'erma, pantera ai piedi di Bacco, sullo sfondo un Sileno, un Satiro, un suonatore di doppio flauto, e due menadi.

Esergo: COS

L’ultimo passaggio d’asta è del 10.01.2006, aggiudicato per 57.000 $.

La scena di Bacco e Arianna è frequentemente rappresentata nella pittura romana, nelle incisioni e nella scultura, e fu scelta per questa emissione poiché Bacco era il Patrono di Geta.

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Il Trionfo di Bacco e Arianna in un affresco nella Villa dei Misteri, Pompei

Il mito tornò alla ribalta nel Rinascimento, e divenne il tema di quadri e affreschi,

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Un affresco di Annibale Carracci, Palazzo Farnese.

nonché di rappresentazioni e poesie, tra le quali, la più famosa è certamente il canto carnascialesco “Canzona di Bacco”, scritto in occasione del Carnevale del 1490, nel quale Lorenzo il Magnifico descrive il trionfo di un carro mascherato, quello di Bacco, accompagnato dal suo seguito: Arianna, ninfe e satiri. Il canto, pur con un velo di tristezza è pieno di ebbrezza festosa, e l’invito è: “carpe diem”.

Quant'è bella giovinezza,

che si fugge tuttavia!

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna,

belli, e l'un dell'altro ardenti:

perché 'l tempo fugge e inganna,

sempre insieme stan contenti.

Queste ninfe ed altre genti

sono allegre tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,

delle ninfe innamorati,

per caverne e per boschetti

han lor posto cento agguati;

or, da Bacco riscaldati,

ballon, salton tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro

da lor essere ingannate:

non può fare a Amor riparo

se non gente rozze e ingrate:

ora, insieme mescolate,

suonon, canton tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto

sopra l'asino, è Sileno:

così vecchio, è ebbro e lieto,

se non può star ritto, almeno

ride e gode tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:

ciò che tocca, oro diventa.

E che gioia aver tesoro,

s'altri poi non si contenta?

Che dolcezza vuoi che senta

chi ha sete tuttavia?

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,

di doman nessun si paschi;

oggi siàn, giovani e vecchi,

lieti ognun, femmine e maschi;

ogni tristo pensier caschi:

facciam festa tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,

viva Bacco e viva Amore!

Ciascun suoni, balli e canti!

Arda di dolcezza il core!

Non fatica, non dolore!

Ciò c'ha esser, convien sia.

Chi vuol esser lieto, sia:

di doman non c'è certezza.

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Ma bravo Exergus,

ottima idea di omaggiare Bacco nel giorno di San Martino ovvero del vino nuovo (... ma non solo ... ;) ). :D !!!

Non conoscevo questo lato della tua personalità, di solito quando ci incontriamo ci limitiamo ai... caffè! :D

Io avevo pensato ad una discussione sul vino ma poi l'avevo accantonata, anche perchè dalle varie ricerche di monete collegate alla chiave "vino", "uva" e similari avevo tratto solo moltissime monete greche e tante romane provinciali, scordando "Liber"...

Per cui complimenti per la discussione, come al solito tuo ben strutturata e approfondita.

Curiosità: lo sapevi che nell'Antica Roma le donne non avevano libero accesso al vino. Per evitare che l'ebbrezza femminile causasse adulteri...

L: Non licebat id feminis Romae bibere. invenimus inter exempla Egnati Maetenni uxorem, quod vinum bibisset e dolio, interfectam fusti a marito, eumque caedis a Romulo absolutum. Fabius Pictor in annalibus suis scripsit matronam, quod loculos in quibus erant claves cellae vinariae resignavisset, a suis inedia mori coactam, Cato ideo propinquos feminis osculum dare, ut scirent an temetum olerent. hoc tum nomen vino erat, unde et temulentia appellata. Cn. Domitius iudex pronuntiavit mulierem videri plus vini bibisse quam valitudinis causa, viro insciente, et dote multavit. diuque eius rei magna parsimonia fuit.

Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Liber XXIV, 89, 90.

I: A Roma era proibito alle donne bere vino. Tra i vari esempi troviamo che la moglie di Egnazio Metennio, per aver bevuto del vino da una botte, fu uccisa a colpi di un bastone dal marito, che Romolo poi assolse dall’imputazione d’assassinio. Nei suoi annali Fabio Pittore ha scritto che una matrona, per aver aperto la cassetta contenente le chiavi della cantina, fu costretta dai suoi parenti a morire d’inedia. Per questo motivo secondo Catone i parenti davano un bacio alle donne, cioè per verificare se sapessero di tementum (=vino puro); questo è l’antico nome del vino, donde deriva il termine temulentia (=ubriachezza). Il giudice Gneo Domizio sentenziò che una donna aveva verosimilmente bevuto, all’insaputa del marito, più di quanto richiedessero le sue esigenze di salute e la condannò all’ammenda della sua dote. E per molto tempo si è fatto del vino un uso molto parco.

Il bacio "tipo prova del palloncino" era detto "Ius osculi" e spettava al marito al rientro a casa o ai familiari, in sua assenza.

Valerio Massimo (I sec.) scrive, per i contemporanei e i posteri: "E davvero qualunque donna sia smodatamente avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre al vizio".

Se qualcuno fosse incuriosito dal tema, segnalo:

http://www.veleia.it/download/allegati/fn000145.pdf

Scusate la divagazione extra-numismatica, ma mi piace talvolta segnalare piccoli spezzoni di vita quotidiana dell'epoca...

Ciao

Illyricum

:)

Modificato da Illyricum65
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Ma bravo Exergus,

ottima idea di omaggiare Bacco nel giorno di San Martino ovvero del vino nuovo (... ma non solo ... ;) ). :D !!!

La discussione era già pronta da qualche giorno, ma ho voluto aspettare oggi, complimenti per averlo notato :rolleyes: :drinks:

Curiosità: lo sapevi che nell'Antica Roma le donne non avevano libero accesso al vino. Per evitare che l'ebbrezza femminile causasse adulteri...

Però... :o veramente interessante, da buon triestino, sicuramente saprai che qui da noi il giorno di San Martino è chiamato anche "la festa dei bechi" (la festa dei mariti traditi, i.e. cornuti) ora, non so se sia chiamata così anche nel resto d'Italia, ma sarebbe interessante saperlo...

Probabilmente questo appellativo ha origini molto più antiche di quello che pensavo... forse in questo giorno c'era una deroga al divieto?

Ciao, Exergus

p.s.

La legge non è uguale per tutti... Livia era una grande estimatrice del Pucino, all'epoca un famoso (e costoso) vino delle nostre parti, ora purtroppo estinto.

Lei però lo utilizzava a scopo "terapeutico", era infatti noto per le sue proprietà miracolose, tra le quali quella di mantenere giovani, una sorta di elisir di lunga vita, infatti visse 87 anni, direi un'età più che rispettabile per l'epoca.

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Complimenti sinceri, Exergus, per questo tuo ottimo e piacevolissimo studio. oo)

Consentitemi di osare con un Caravaggio :)

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Alle donne romane era precluso il vino anche per evitare che parlassero visto che "in vino veritas" ed i romani temevano la favella delle donne come la peste. :D Una donna alticcia difficilmente avrebbe saputo custodire i segreti del marito. :lol:

I romani consideravano poi molto disdicevole bere il vino schietto e non miscelato, tanto che si riteneva che solo gli alcolizzati cronici fossero soliti bere vino senza l'aggiunta di acqua, miele ed altre essenze...alcune delle quali anche iatrogene. :o

Enrico :)

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...da buon triestino, sicuramente saprai che qui da noi il giorno di San Martino è chiamato anche "la festa dei bechi" (la festa dei mariti traditi, i.e. cornuti)

Proprio a ciò alludeva il testo in parentesi

San Martino ovvero del vino nuovo (... ma non solo ... ;) )
...

ora, non so se sia chiamata così anche nel resto d'Italia, ma sarebbe interessante saperlo...

Probabilmente questo appellativo ha origini molto più antiche di quello che pensavo...

Così sembra. Forse attinge proprio radici dalla tradizione romana...

Per evitare che l'ebbrezza femminile causasse adulteri...

L'ebbrezza alcoolica inibisce i freni inibitori...

Anche Roberto conferma che la diffusione non è locale...

La Spezia- San Martino corsa dei becchi...

Vox populi vox dei...

Con ciò ti saluto.

Ciao

Illyricum

(oggi lievemente :offtopic: )

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I romani consideravano poi molto disdicevole bere il vino schietto e non miscelato, tanto che si riteneva che solo gli alcolizzati cronici fossero soliti bere vino senza l'aggiunta di acqua, miele ed altre essenze...alcune delle quali anche iatrogene. :o

Infatti utilizzavano l'acetato di Piombo, bollendo il mosto di vino in contenitori di questo metallo. Il sale ottenuto ha un gusto dolce e, in mancanza di zucchero raffinato, era molto apprezzato.

Piccolo problema: causava l'intossicazione da piombo che, a seconda della gravità, porta anche a gravi stati di confusione mentale e morte.

Forse è la causa dell'alterazione della personalità di Caligola, che cominciò il suo regno governando bene e terminandolo tra le bizzarrie e le follie più strane.

Usavano anche tagliarlo con acqua di mare.

Ma il vino aveva una parte importante nella dieta del cittadino romano medio: apportava calorie che erano abbastanza scarse, basandosi la dieta normale su pane e zuppe/minestre.

L'importante era "tagliarlo", perchè puro aveva un grosso tasso alcoolico. Da qui l'uso di allungarlo con altri liquidi.

Ciao

Illyricum

:)

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DE GREGE EPICURI

Inizio con alcuni versi di Congrione, visto che in questa discussione la poesia è di casa:

"Bacchis, Bacchas metuo et Bacchanal tuum.

Bacchae baccanti si velis adversarier,

ex insana insaniorem facies; feriet saepius".

E cioè: Bacchide, temo le baccanti ed il tuo baccanale.

Se contrasti una baccante durante il baccanale,

la renderai ancora più folle di quanto non sia,

ed essa raddoppierà i suoi colpi.

Nel 2° secolo a.C. sui riti bacchico-dionisiaci si diffusero a Roma terrori irrazionali di ogni genere, maldicenze e calunnie gravi, simili a quelle utilizzate più avanti contro i cristiani, e nel medio evo contro gli ebrei prima e gli eretici poi (le solite cose: riti infernali, omicidi rituali, stupri di iniziazione, ecc.) I consoli nel 186 a.C. in un discorso sostennero che:"strepito e miagolio notturni si facevano sentire per tutta l'Urbe".

Si ebbe poi una grave repressione, diffusa in un secondo tempo all'Italia Meridionale, partita dalle gravi e dettagliate denunce di una prostituta (Ispala Fecenia), il cui amante aveva aderito alla setta. Nel corso di 3-4 anni furono arrestati ed incarcerati sacerdoti dei riti, iniziati e proseliti, e in molti casi vennero comminate condanne a morte. Si trattava in gran prevalenza di persone degli strati inferiori della popolazione.

Solo nell'Apulia, sembra siano stati condannati a morte quasi 7000 "bacchi" (pastori). Della repressione si occuparono in particolare i pretori L.Postumio (a Taranto), L.Pupio, L.Duronio.

La storia repubblicana comprende pagine ben fosche!

Quasi dimenticavo: complimenti per la bellissima discussione. Fra l'altro,ho capito finalmente il senso della legenda LIBERO CONS ecc. sui rovesci di Gallieno con la pantera!

Modificato da gpittini
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