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Aes Grave: Serie ovale


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Inviato

E poi mi colpisce la variabilità del disegno: spesso è chiaramente una clava, a volte sembra più un ramo frondoso, infine nel mio esemplare è come un bastone con le spine


Inviato

Mi spiego: potrebbero essere piccoli lingotti, anziché vere monete?

avendo il segno del valore,non credo.......

io opterei,vista il grande areale di diffusione come ci riporta aulisio, una produzione abbondane e quindi diversita' di stili e .....,come spesso capita per gli aes grave,diversita' di peso.diciamo,con le dovute proporzioni,quello che e' capitato per la serie romana giano/prora....

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Inviato (modificato)

A costo di dire una cosa assurda: area diffusione, forma, variabilità di peso, frammentazione e disegno mi fanno venire in mente più l' aes signatum che l' aes grave. Possibile che fossero una via di mezzo? E poi il simbolo del semisse, U, ha riscontri in Italia?

Non necessariamente dici una cosa totalmente assurda.

Ma cominciamo dalle cose semplici.

Il simbolo C (non U), che é poi una S, ha riscontri sull'aes grave sia in ambito etrusco che in ambito umbro. Di conseguenza non c'é nulla di anomalo.

Le anomalie, al di là della forma, a mio avviso sono riconducibili ad alcuni degli aspetti che metti in evidenza, quale l'ampia area di diffusione, la preponderanza del sestante, l'estrema variabilità di peso, una tendenza (quanto meno ad osservare cio' che é arrivato sino a noi) alla circolazione di pezzi mutili (non necessariamente spezzati) o quanto meno con grossi problemi di fusione, e di peso, ed infine le associazioni in ripostiglio.

Il fatto che i nominali siano contrassegnati da un segno di valore fa si' che si debba considerare che si tratti di monete, e non di aes signatum. Per quanto, stante la forte tendenza alla circolazione al di fuori del territorio di emissione -sia esso Volsinii o meno- c'é da capire, a mio avviso, il significato ed il valore di scambio che potevano rappresentare in un mercato che (con qualche forzatura) potremmo definire "secondario".

direi che ha circolato come oncia....

pur non conoscendone il motivo l'oncia di questa serie risulta essere piu' rara e spesso incontriamo sestanti spezzati .....il fatto che la spezzatura sia avvenuta centrando sempre il globetto del valore mi fa dedurre che al peso fosse anteposto il valore....

Ne siamo sicuri? O come sestante ridotto? O semplicemente per il peso?

E' vero che l'oncia é rara. E' anche vero che la variabilità di peso del sestante (il nominale di gran lunga più diffuso) é enorme (da 51,20 a 9,16 grammi, secondo l'Haeberlin, e da 39,80 a 14,72 grammi per gli esemplari repetoriati dalla Ambrosini).

Proviamo a dare un'occhiata ad un po' di materiale, di seguito la tavola dell'Haeberlin:

post-3247-0-43357900-1361730270_thumb.jp

Riporto i pesi dell'Haeberlin, in grammi:

29. Asse - 147.84

30. Semisse - 80.10

31. Semisse - 74.40

32. Semisse (dimezzato...) - 97.10 L'Haeberlin stima che il pezzo intero dovesse pesare attorno ai 140 grammi

33. Quadrante (bucato...) - 59.24

34. Quadrante - 39.55

35. Quadrante - 33.80

36. Sestante (con codolo) - 29.86

37. Sestante (con codolo) - 27.07

38. Sestante (con codolo) - 48.00

39. Sestante - 33.80

40. Sestante - 24.52

41. Sestante - 27.81

42. Oncia - 12.31

43. Oncia - 10.80

Riporto anche i sestanti citati in un post precedente, da Milano:

post-3247-0-23595900-1361726288_thumb.jp

il 49 pesa 15.82 grammi, il 50 14.14 (l'oncia, o quello che ne rimane, 4.71)

E quindi qualche mostriciattolo da Todi (e qui non sarà necessario riportare i pesi):

post-3247-0-72230100-1361726653_thumb.jp

Vi lascio all'osservazione ed alle elucubrazioni. Ovviamente gli esempi postati sono ben lungi dall'essere rappresentativi ed esaustivi, ma credo interessanti e simolanti.

Come ha circolato il mezzo semisse che pesa più di un semisse intero? Ed i sestanti col codolo, di peso tanto variabile? E gli aborti (che almeno nel caso di quello postato dal sottoscritto e di quello di Todi classificato come oncia) non sono spezzati post fusione, ma sono proprio usciti cosi' dalla matrice?

Aggiungo un altro elemento, relativo alla circolazione. Anche questa volta la scelta é assolutamente arbitraria, dato che lo scopo é quello di stimolare riflessioni, non quello di dare un quadro esaustivo.

- Ritrovamento di Vulci 1828 (RRCH 10) (il Crawford dà dati molto scarni, per saperne di più meglio cercare nel Sambon o nel Gennarelli): frammenti di quadrilateri romani, frammenti di lingotti o quadrilateri non romani, sestanti della serie ovale. Il tutto dentro un vaso.

- Ritrovamento di Comacchio (RRCH 25) (anche in questo caso il Crawford dice poco. Meglio dare un'occhiata all'articolo della Ercolani Cocchi in "La monetazione antica nel delta del Po: produzione e scambi", Ferrara 1986): un sestante Giano/Mercurio, un quadrante Apollo/Apollo, un quadrante della serie della ruota, ed un sestante della serie ovale.

Il primo ripostiglio ci spinge a pensare che i sestanti (uniche monete presenti) vi fossero contenute essenzialmente in quanto "aes", il fatto che fosse monetato o meno appare secondario. Il secondo, per quanto ci troviamo in un'area tanto marginale, ci pone interrogativi circa la relazione tra i nominali della serie ovale e l'aes grave romano...

Mmmmh... La questione é complicata.

Io credo che vada vista, e sviluppata, seguendo tre direttrici:

- Da qualche parte queste monete erano pure emesse, e credo che ci sia molto probabile che una serie di svalutazioni si siano nel tempo succedute. Credo che il primo passo dovrebbe essere quello di tentare di ricostruirle, per quanto il materiale sia scarso.

- Porsi la questione di come avveniva la circolazione nell'area di emissione. Stante la staticità del tipo, ed ammessa l'esistenza di una serie di svalutazioni ponderali, era il segno che determinava il valore? O il peso?

- La risposta a tale domanda puo' essere diversa nel caso di circolazione in un territorio in cui l'autorità emittente sia riconosciuta, e, al contrario, in territori in cui tale autorità sia remota o sconosciuta. Che l'autorità emittente fosse universalmente riconosciuta? Che al contrario, al di fuori dell'area di emissione, la monete della serie ovale rappresentassero semplicemente dei lingottini di bronzo?

Modificato da g.aulisio
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Inviato

e' possibile avere i pesi dei sestanti del ripostiglio di Vulci e quelli di Comacchio??


Inviato

Se l' autorità emittente riusciva a garantire una circolazione secondo il valore nominale malgrado la forte variabilità di peso, doveva avere un saldo controllo statale. Chi poteva essere? Alla fine del IV secolo non esisteva una salda realtà statale in Italia centrale. L' Etruria sì stava sfaldando, il Sannio era solo una federazione...


Inviato (modificato)

e' possibile avere i pesi dei sestanti del ripostiglio di Vulci e quelli di Comacchio??

Per quelli di Vulci direi di no (a meno di qualche fortuito ritrovamento al MNR -ma direi che le probabilità sono prossime allo zero, visto che se ne sono perse le tracce da ben più di un secolo e mezzo).

Per quello di Comacchio, che é all'Ashmolean, é invece possibile. Solo c'é da scartabellare un po'.

Per cio' che riguarda Vulci riporto le pagine del Gennarelli 1843 che parlano del rinvenimento, comunque credo interessanti:

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Modificato da g.aulisio
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Nonché la sintesi dal Sambon 1870:

post-3247-0-83109800-1361829860_thumb.jp

Modificato da g.aulisio
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Inviato (modificato)

aulisio,i tuoi quesiti ma soprattutto le tue riflessioni sono sempre affascinanti.....

Licinio,le tue domande e i tuoi dubbi sono legittimi.....del resto,chiunque cerchi di addentrarsi nell'ambito preromano e piu' specificatamente in quello etrusco deve fare i conti con la scarsa reperibilita' di notizie....

nella mia modesta sapienza in materia,ho riscontrato nell'ambito etrusco una tendenza nel metallo monetato al valore fiduciario piu' che al peso....e questo lo riscontriamo,non solo nel bronzo,ma anche nel metallo nobile,argento e addirittura oro.....quindi non seguirei troppo la linea del peso .....

il discorso andrebbe ulteriormente approfondito.......ci vuole piu' tempo.

Modificato da franco obetto

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Franco, il fatto che un'autorità emittente mettesse sulle monete un segno di valore certamente implica che, almeno nell'area in cui tale autorità emittente era... autorità, le monete circolassero per il valore che vi era indicato sopra. Su questo siamo ben d'accordo. E questo valeva per tutto, oro, argento o bronzo.

Ma, e questo vale per le monete greche, figuriamoci per le etrusche, una volta uscite dal territorio sottoposto all'autorità emittente si trasmutavano in biglione (certo, biglione di maggiore o minore qualità, di maggior o minore successo, vedi ad un certo punto civette e pegasi), ma comunque biglione, argento destinato al crogiolo ed alla riconiazione.

Se cio' era vero per l'argento, il bronzo monetato, e marcato (sulla base di sistemi ponderali "esotici"), che valore poteva avere in un mercato in cui l'autorità in grado di imporne il valore fosse assente?

Rispetto alla circolazione interna al territorio sottoposto all'autorità emittente a mio avviso si pone innanzitutto il problema, per quanto riguarda la serie ovale, di capire se in effetti ci siano state una serie di svalutazioni ponderali (a me verrebbe da dire di si', per quanto il materiale sia pochino...) oppure se l'estrema variabilità del peso (e delle... "fattezze"...) dei pezzi sia solo il risultato di una crescente fiduciarietà delle emissioni, senza soluzione di continuità.

In questo secondo caso il mezzo semisse lascia quanto meno abbastanza perplessi. L'Haeberlin si limita a considerarlo sovrappeso. Tutto puo' essere. Anche che un pirla si sia sbagliato a fare una matrice, ed abbia impresso una C al posto di una I, costringendo poi a spaccare i pezzi per poterli mettere in circolazione (dalle foto sembrerebbe spaccato post fusione, contrariamente a molti "mezzi sestanti").

Una volta appurata l'esistenza di riduzioni ponderali o meno, il problema seguente é capire, vista l'identità formale, il valore di circolazione dei pezzi. Fiduciarietà assoluta basata sui "pallini", a prescindere dalle dimensioni e dal peso? Puo' darsi. Ma non scordiamoci degli assi onciali spaccati in due che in epoca augustea circolavano ampiamente in Veneto in quanto sostanzialmente ritariffati a dupondi (quanto meno secondo Gorini).

Personalmente ritengo anche che, quanto meno per cio' che concerne le monete bronzee coniate di III e II secolo (vedi le varie riduzioni post semilibrali dell'asse romano, ad esempio, ma non solo) il peso contasse meno del modulo.

Ma qui anche il modulo latita... E talvolta pure i pallini.

Infine l'area di circolazione: ovunque si voglia fissare la località di emissione, risulta che la maggior parte degli esemplari sono stati rinvenuti "altrove"...

E qui mi autocensuro perché altrimenti ne sparerei un paio di grosse... :D

Modificato da g.aulisio
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Inviato

Ti prego, niente auto censura. A chi attribuiresti l' emissione? Quale può essere la tua teoria così "grossa"? Roma?


Inviato

Ti prego, niente auto censura. A chi attribuiresti l' emissione? Quale può essere la tua teoria così "grossa"? Roma?

Lucius, una teoria é un qualcosa basato su degli elementi in qualche modo concreti. E qui non é proprio il caso, tant'é che ho parlato di "sparate"... sul serio. Già di stupidaggini se ne dicono ed ascoltano a sufficienza, vorrei contribire a limitarne il numero, o quanto meno a non aumentarlo :) .

Pero' il caso a mio avviso é molto aperto, questo lo posso e lo voglio dire, le ricostruzioni attuali, a mio avviso, non sono del tutto convincenti, e, come dice @@franco obetto "il discorso" va "ulteriormente approfondito"...

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Inviato

Per la verità, secondo Popper, la teoria é una ricostruzione che dà conto degli elementi noti e attende solo di essere falsificata dalla prova sperimentale... Ma cambio la domanda. Visto che anche a me, da puro ignorante, mi è sempre sembrato insufficiente il poco che ho letto di questi pezzi, tant'è che aprii la discussione, dacci uno "spunto di riflessione non suffragato da prove" su come, nel tuo pensiero, potrebbero essere interpretati con ulteriori ricerche ...


Inviato

Franco, il fatto che un'autorità emittente mettesse sulle monete un segno di valore certamente implica che, almeno nell'area in cui tale autorità emittente era... autorità, le monete circolassero per il valore che vi era indicato sopra. Su questo siamo ben d'accordo. E questo valeva per tutto, oro, argento o bronzo.

Ma, e questo vale per le monete greche, figuriamoci per le etrusche, una volta uscite dal territorio sottoposto all'autorità emittente si trasmutavano in biglione (certo, biglione di maggiore o minore qualità, di maggior o minore successo, vedi ad un certo punto civette e pegasi), ma comunque biglione, argento destinato al crogiolo ed alla riconiazione.

Se cio' era vero per l'argento, il bronzo monetato, e marcato (sulla base di sistemi ponderali "esotici"), che valore poteva avere in un mercato in cui l'autorità in grado di imporne il valore fosse assente?

....

Ragionando con una pura logica monetaria mi aspetterei che il bronzo avesse comunque un valore, magari determinato su misura ponderale, a prescindere dal sistema di riferimento sulla base del quale era stato tagliato.

Mi spiego meglio. Un asse monetato e marcato basato su un determinato piede ponderale e con solvibilità entro il territorio di emissione, conserva pur sempre un suo valore intrinseco se "esportato" in un sistema monetario limitrofo, non è che perde il suo valore come se divenisse di carta (pardon papiro a quell'epoca :D - forse sarebbe meglio dire paglia perche i papiri erano assai costosi all'epoca..)

Penso che al limite sarebbe stato rifusome tagliato sul nuovo piede ponderale.


Inviato

Ragionando con una pura logica monetaria mi aspetterei che il bronzo avesse comunque un valore, magari determinato su misura ponderale, a prescindere dal sistema di riferimento sulla base del quale era stato tagliato.

Mi spiego meglio. Un asse monetato e marcato basato su un determinato piede ponderale e con solvibilità entro il territorio di emissione, conserva pur sempre un suo valore intrinseco se "esportato" in un sistema monetario limitrofo, non è che perde il suo valore come se divenisse di carta (pardon papiro a quell'epoca :D - forse sarebbe meglio dire paglia perche i papiri erano assai costosi all'epoca..)

Penso che al limite sarebbe stato rifusome tagliato sul nuovo piede ponderale.

Assolutamente d'accordo, Numa.

Ed infatti uno dei principale temi credo ruoti proprio attorno alla corretta interpretazione della circolazione del bronzo al di fuori dell'area d'emissione, come già suggerito.

Ed i due esempi riportati sopra (escludendo Vulci e Comacchio dal novero delle ipotetiche aree di emissione della serie ovale) ritengo siano in qualche modo contraddittori, problematici ed in qualche modo emblematici.

Da una parte i sestanti della serie ovale rappresentano gli unici esempi di bronzo monetato associato a frammenti di lingotti, tra i quali qadrilateri romani (e qui viene da porsi la questione, ammesso che i quadrilateri rappresentassero dei multipli dell'asse, su quale fosse il valore che veniva attribuito ai frammenti); dall'altra un piccolo insieme coerente (per quanto siano noti gli sbalzi ponderali tra le varie serie rappresentate) di monete romane, che presupporrebbe una circolazione "monetaria" con l'inclusione del solito sestante "esotico" (e qui la domanda é cosa rappresentasse il sestante).

Il ritrovamento di Vulci é stato etichettato in quanto stipe. Francamente rileggendo le notizie riportate dal Gennarelli sul ritrovamento (non mi costa ne esistano altre) non trovo un gran che di elementi che spingano in tal senso. Ma in ogni caso non credo sia molto importante, anche ammettendo che di stipe di tratti: le caratteristiche dell'insieme ed il fatto che questo fosse contenuto in un vaso non danno motivo di ritenere che fosse frutto di un accumulo protrattosi lungamente nel tempo.

Prendo spunto dal tema "stipe" per introdurre un ulteriore elemento che puo' essere interessante inserire nella riflessione generale.

Siamo nel 211 aC, in piena seconda guerra punica e, al di là di come la si veda circa la data di introduzione del denario, credo che difficilmente si possa negare che l'economia monetaria sia ampiamente diffusa. Annibale é pochi chilometri da Roma, e saccheggia il santuario di Lucus Feroniae. Il resoconto é di Tito Livio (26.11.0):

"Inde ad lucum Feroniae pergit ire, templum ea tempestate inclutum divitiis. Capenates aliique qui accolae eius erant primitias frugum eo donaque alia pro copia portantes multo auro argentoque id exornatum habebant. iis omnibus donis tum spoliatum templum; aeris acervi cum rudera milites religione inducti iacerent post profectionem Hannibalis magni inventi."

@L. Licinius Lucullus , dare spunti di riflessione é esattamente quello che sto cercando di fare. :)

Non ho un'idea precisa su come interpretare il fenomeno "ovale", se ne ho sono diverse e contraddittorie tra di loro. Credo che prima di proporre qualcosa sia necessario vederci chiaro su alcune cose.

Dal punto di vista della serie ovale é necessario capirne in maniera preliminare l'eventuela articolazione interna.

Ma più in generale, e al di là della serie ovale, é necessario capire il significato della circolazione del bronzo, non monetato o monetato ma "fuori contesto" -a mio avviso cambia poco-, tra il IV ed il III sec. Circolazione in senso molto lato, forse non necessariamente sempre da legare a fenomeni "economici".

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Inviato

d'accordissimo che nel 211 l'economia monetaria era già ampiamente diffusa.. e come poteva non esserlo con tutto quello che , in altri regimi, circolava sia a nord (celtiche) che a sud (Magna Grecia e Sicila - dove si coniava addirittura dal VI secolo) nella Penisola ? Senza contare le molteplici emissioni di bronzo da Ariminum a Venusia passando per Iguvium, Tuder, Teate, Luceria, Cales , Hatria etc.)..

Una tua osservazioni mi fa pensare che tu ritieni certe emissioni abbiano potuto avere un valore sacrale/religioso piu' che monetario o piu' che "semplicemente" monetario ?

E, sempre se interpreto bene, includeresti eventualmente anche le famose emissioni quadrilatere ?

Non è forse un caso che ritroviamo moltissimi bronzi, dall'aes rude all'aes signatum fino a innumerevoli frammenti di aes grave nel famoso stipo di Vicarello, ovvero in un pozzo (ricostruito con gli originali al museo nazionale romano) presso una sorgente particolarmente cara ai Romani, dove le donazioni di metallo , rmonetato e non , si sedimentano su un periodo lunghissimo ?

Diciamo che questi donativi dovevano rappresentare ben di piu' della classica monetina lanciata nella fontana/pozzo con la speranza di vedere i propri desideri realizzati :P


Inviato

potrebbero le emissioni ovali essere state itineranti? Questo spiegherebbe sia la necessità di accontentarsi di stampi non conformi al peso del metallo, quando gli stampi giusti si erano rotti, sia la diffusione ampia e priva di concentrazione.

Esisteva una popolazione nomade nell' Italia centro- settentrionale, alla fine del IV secolo?

Oppure erano eserciti? Quali? Potrebbero essere quelli di Roma? Ma chiamare in causa Roma ci porta all' epoca della riduzione semi librale... Dove combatteva Roma in quegli anni?


Inviato

Allora, rispondo prima a @@numa numa.

Premetto che, come già in qualche modo ho cercato di spiegare in qualche post precedente rispondendo a @L. Licinius Lucullus, non ho elementi tali per poter "ritenere" qualcosa. Semplicemente mi pongo degli interrogativi su quello che potrebbe essere il significato di alcuni dati.

Mi si perdonerà ma cerco di schematizzare, per non farla troppo lunga e noiosa, poi magari sulle questioni di maggior dettaglio ci torneremo sopra.

Credo che si debba partire da due elementi in qualche modo "solidi", e nello stesso tempo separati e quasi antitetici. Fissando anche un intervallo temporale a cui fare riferimento, altrimenti il ragionamento diverrebbe talmente confuso da perdere ogni senso. Assumiamo, arbitrariamente, come "finestra di osservazione" il III secolo. Cio' ovviamente non implica che i fenomeni riscontrati siano esclusivi di tale periodo.

Primo elemento: l'economia monetaria fondata sull'aes grave.

Sappiamo che nell'Italia centromeridionale, in alcuni casi sotto l'impulso (diretto o indiretto) della crescente egemonia romana, in altri casi in maniera totalmente autonoma, un certo numero di centri emisero serie di monete in bronzo le cui unità erano basate su piedi ponderali specifici e locali, ed i cui divisionali potevano essere decimali o duodecimali. Appare piuttosto difficile negare che nell'ambito di ciascun centro le emissioni di aes grave circolassero nel contesto di un'economia monetaria locale. Credo che almeno questo possa essere preso come elemento "fattuale".

I ritrovamenti ci dicono inoltre che spesso le specie monetate superavano i confini delle rispettive aree di emissione. In questo caso non sappiamo (o quanto meno io non credo ci siano elementi "fattuali" per poterlo affermare, almeno come fenomeno generalizzato) se questa "mobilità" sia il frutto di una "circolazione", nel senso monetario, o di altri fenomeni.

Secondo elemento: l'utilizzazione del bronzo a fini rituali.

Abbiamo innumerevoli testimonianze, tanto archeologiche quanto letterarie, circa l'utilizzo del bronzo in ambito rituale nell'Italia antica, quanto meno in tre tipologie di contesti: sepolture, stipi votive, depositi di consacrazione. E, per quanto l'origine di tali fenomeni si situi in epoche ben precedenti l'apparizione dell'economia monetaria, la caratteristica cultuale, di per se "conservatrice", fa si' che essi si attardino sino ad epoche in cui l'economia di scambio basata sulla moneta appare pienamente sviluppata (un esempio banale é rappresentato dal rituale legato alla liberazione degli schiavi, con il frammento di bronzo che tocca la bilancia, sopravvissuto un bel po'...). Frammenti di aes rude o di ramo secco sono frequentemente presenti come "oboli di Caronte" nelle sepolture, delle stipi votive ha già accennato Numa citando quella di Vicarello (e qui magari vale la pena dire che il fenomeno é antichissimo: il deposito votivo di oggetti bronzei, generalmente spade, nelle sorgenti, guadi di fiumi e vette montane risale in Italia all'età del bronzo), relativamente ai depositi di consacrazione la testimonianza di Livio citata sopra é emblematica: dopo il saccheggio del ricchissimo santuario di Lucus Feroniae le truppe di Annibale, prese da quella che potremmo definire una "pietas di coccodrillo", gettano bronzo rude nel luogo del misfatto, a fini riparatori, in realtà in quello che possiamo interpretare come un atto di riconsacrazione.

Insomma, per farla breve: nel terzo secolo (questo l'intervallo che abbiamo preso) i due fenomeni viaggiano insieme. Bronzo utilizzato nei rituali, da tempo immemorabile, bronzo utilizzato come moneta, da tempi piu' recenti.

Che ci fossero intersezioni tra le due tradizioni é fuor di dubbio, quanto meno in un senso: ad un certo punto il bronzo monetato rimpiazzerà totalmente il bronzo "rude" negli offici rituali. Ma, io credo, in quanto bronzo, non in quanto moneta.

C'é dunque un processo, che si sviluppa su un'intersezione tra le finalità diverse a cui il medesimo materiale é destinato.

Ecco, gli interrogativi che mi pongo volgono proprio a comprendere i confini e le caratteristiche di questa intersezione.

Mi scuso ancora una volta per lo schematismo dell'esposizione.

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Inviato

Ho apprezzato moltissimo la pacata e concisa esposizione di Aulisio.

Concordo pienamente che il bronzo antico, specialmente aes signatum e poi aes grave, non avevano unicamente una valenza monetaria, ma avevano anche un significato cultuale, per cui diventa difficile stabilire una reale area di circolazione (in termini di economia monetaria).

Molto spesso un esemplare poteva varcare, anche di molto, i confini del territorio interessato da quel sistema ponderale (talvolta diverso da quello che era in vigore in altra regione, magari vicina). Chi ha portato quel pezzo fuori dal territorio di competenza della zecca lo poteva trasportare anche con altri intenti, specialmente quale riserva di bronzo che aveva sempre un certo valore intrinseco. Proprio perchè intriso di valore che andava al di là del preciso valore nominale (quindi ancora più che nel caso delle monete coniate fiduciarie), l'aes grave era molto apprezzato dalla genti italiche (e anche latine) e si caricava anche di un valore simbolico e religioso, rendendolo particolarmente apprezzato quali donativi nei santuari e nella fondazione di nuove città, almeno fino alla fine del III secolo a.C.

Nel caso specifico dei fusi ovali, è possibile che, proprio per la sua particolare forma che si allontana da quella classica circolare, essi avessero maggiori valenze "extramonetarie" e quindi giustificare la loro maggiore variabilità anche ponderale.

Ovviamente c'è ancora molto da studiare in questo campo.


Inviato (modificato)

L'acuto intervento di Acraf agevola la transizione all'inserimento di un terzo ulteriore elemento, questa volta problematico.

Riassumo i punti "fermi":

- l'esistenza di un'economia di scambio monetaria basata sull'aes grave, quanto meno a livello locale.

A supporto le evidenze numismatiche.

(tralasciamo per il momento le problematiche sulle relazioni tra moneta bronzea fusa e coniata, che ci porterebbero lontano)

- la persistenza di pratiche cultuali che vedono l'utilizzo di bronzo non monetato in epoca caratterizza già da una diffusa economia "monetaria".

Punto questo supportato da evidenze archeologiche e da fonti letterarie.

A corollario di questi due elementi constatiamo la diffusione extra pomerium di specie basate su piedi specificatamente locali da un lato, e l'intersezione dei due fenomeni con, la moneta che tende a poco a poco a sostituire il bronzo non monetato, dall'altro. Tutto questo nella finestra temporale che stiamo osservando, grossolanamente (e semplicisticamente) il III secolo.

E' il momento di inserire il terzo elemento. Sappiamo che in epoca pre monetaria, quindi in un periodo precedente quello preso in esame per il contesto geografico di riferimento, il bronzo si era affermato in quanto riserva di valore e mezzo di scambio, oltre che ovviamente per il suo valore d'uso.

Tale fenomeno accompagna l'utilizzo per scopi cultuali dello stesso materiale sin dalle epoche più remote, e non solo in ambito italiano.

A titolo di esempio (ed anche per "alleggerire" un po' la discussione... :) ) inserisco l'immagine di due cosiddette asce "à douille", oggetti del tutto non funzionali, e di conseguenza inutilizzabili in quanto asce, frequentemente rinvenuti in ripostiglio in ambito transalpino:

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Quello che sembra differenziare l'ambito italico da altri ambiti in cui é attestata la circolazione del bronzo con funzioni premonetali, é la mancanza di una "cesura" netta nel momento in cui da tale fase si passa a quella caratterizzata dalla circolazione della moneta.

Restando sull'esempio delle asce francesi, il cui luogo di produzione viene individuato in Bretagna, si nota una cesura netta con quelle che saranno le prime esperienze monetarie, successive, basate sull'utilizzo dell'argento e dell'oro.

In ambito italico, al contrario, non si nota questo iato: dal bronzo grezzo si passa ai lingotti, dai lingotti al bronzo monetato, senza soluzione di continuità ed anzi con un certo grado di parallelismo e di attardamento.

E qui veniamo all'elemento "problematico":

- E' possibile ipotizzare, accanto ad un'economia monetaria locale basata sul bronzo monetato, la sopravvivenza di un'economia premonetale basata su una massa di bronzo circolante (monetato o meno) il cui valore fosse riconosciuto sulla base del peso?

La coesistenza dei due sistemi puo' sembrare un assurdo. Ma, per quanto sia sempre pericoloso fare dei paralleli con aree culturalmente distanti (ne assumo il rischio... :) ) la coesistenza di un doppio sistema di circolazione é attestato in altri ambiti, come ad esempio nella Ionia, con le prime emissioni di Colofone (frazioncine di 1/24 e 1/48 di statere, rispettivamente attorno ai 0,43 ed ai 0,21 grammi) che si accompagnano nella circolazione con argento non monetato in "porzioni" di peso non riconducibile a multipli (su questo fenomeno consiglio la lettura dell'articolo di S.Kim e J.H.Kroll "A hoard of archaic coins of Colophon and Unminted Silver (CH I.3)" AJN 20 2008).

Siamo d'accordo, Colofone é lontano, nello spazio e nel tempo. Ma é anche vero che il ripostiglio di Volterra ha caratteristiche piuttosto simili (frazioni di tradizione ionica e barre d'argento) e cosi' quello di Pont de Molins (e qui già siamo già nel IV sec.), a titolo esemplificativo e non esaustivo.

L'attestazione di bronzo non monetato accanto ad aes grave nell'ambito di deposizioni cultuali é facilmente interpretabile sulla base dei due "punti fermi" di cui sopra.

Ma i ripostigli "misti" non legati a depositi rituali necessitano di un'altra interpretazione.

Il terzo punto é certamente problematico, e va approfondito, sostanziato e sviluppato, ma probabilmente potrebbe dare una mano ad avanzare in tale direzione.

Modificato da g.aulisio
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Inviato

Ho sempre pensato i tre elementi come un tutto unico, essendo collegati dal concetto "il bronzo ha un valore". In effetti, però, non è scontato che abbiano avuto genesi comune...

So che abbiamo scelto di parlare del III secolo, ma giusto per avere prospettiva cronologica, posso chiedere quando pensi che i tre usi del bronzo possano essere iniziati, in Italia? Per la monetazione dell' aes grave, mi sembra che sia accettata la fine del IV Secolo


Inviato

Nel caso specifico dei fusi ovali, è possibile che, proprio per la sua particolare forma che si allontana da quella classica circolare, essi avessero maggiori valenze "extramonetarie"

Questo è il punto che non mi convince.

Se la prevalenza in funzioni extramonetarie dipendesse dalla forma, ciò implicherebbe che chi si accingeva a compiere tali funzioni avesse a disposizione più tipi di aes grave tra cui scegliere, e scegliesse quelli ovali. Vista tuttavia la diffusione prevalentemente areale degli aera grava (soprattutto quelli non romani), presupporre una tale varietà di scelta mi sembra improbabile.

Ne discende che ci dovesse essere, a monte, un altro fattore determinante, tale da dar luogo alla citata prevalenza. Forse l'autorità dietro le coniazioni era un'autorità particolare (un centro religioso federale, sul modello di Lanuvium? una potrenza militare, e quindi Roma? una potenza economica?). O forse una particolarità intrinseca (nel senso che queste "monete" nascevano già per funzioni "extramonetarie", ossie erano "mini-lingotti" più che monete).

Ovviamente faccio queste elucubrazioni - come sempre - da puro ignorante


Inviato

il fatto che un'autorità emittente mettesse sulle monete un segno di valore certamente implica che, almeno nell'area in cui tale autorità emittente era... autorità, le monete circolassero per il valore che vi era indicato sopra

Già, ma nel caso dell'aes grave ovale tu stesso ci metti sull'allerta, sulla possibilità che i pallini (ovali...) non fossero il segno del valore ...


Inviato

Ho sempre pensato i tre elementi come un tutto unico, essendo collegati dal concetto "il bronzo ha un valore". In effetti, però, non è scontato che abbiano avuto genesi comune...

So che abbiamo scelto di parlare del III secolo, ma giusto per avere prospettiva cronologica, posso chiedere quando pensi che i tre usi del bronzo possano essere iniziati, in Italia? Per la monetazione dell' aes grave, mi sembra che sia accettata la fine del IV Secolo

Ringrazio Aulisio per l'utile diasamina delle circostanze inerenti alla circolazione delle emissioni enee italiche e torno sulla questione della datazione.

Le ipotesi di datazione dei fusi sono al meglio ancora molto, troppo, diversificate. Esse fanno riferimento alle tre ipotesi di introduzione del denario a Roma. Ma come rilevavo in altra discussione l'incongruenza di avere un sistema basato su nominali di bronzo, una notevole differenziazione di standard ponderali e la pressoché assenza di monetazione argentea, fino al III secolo inoltrato pone quantomeno degli interrogativi sulla verosimiglianza di queste circostanze.

Visto che le fonti storiche (Plinio, Varrone, etc.) non permettono, alla luce delle interpretazioni attuali di sciogliere tali interrogativi , mi sono domandato se poteva soccorrerci l'evidenza archeologica dei ritrovamenti per darci qualche elemento ion piu' quanto meno con la funzione di "paletto per delimitare l'area cronologica

entro la quale muoversi.

Un lingotto con ramo secco è stato rinvenuto a Bitalemi in un contesto datato dagli archeologi alla metà del VI secolo (Ampolo : "Servius rex primis segnavit aes" in La parola del Passato, XXIX 1974). Successivamente tale rinvenimento è stato re-attribuito al V secolo, ma comunque rapresentando una datazione assai piu' alta di quella cui siamo abituati (Ercolani Cocchi "La formazione delle città in Emilia Romagna dalle origini all'etaà romana 1987Bologna pp 131-173)

Il bronzo in lingotti e porzioni di varia natura rappresenta tra il VI e il V secolo in tutta la penisola e Sicilia un bene nel quale si identifica l'unità di valore rapportata agli altri metalli, che venivano utilizzati sotto forma di moneta. Se in Sicilia, come detto, il sistema metallo monetato era grandemente sviluppato e raffinato, a Roma il sistema economico continuava ad utilizzare la pratica del metallo a peso.

Istituzioni amministrative quali "censo", "stipendium" (essenzialmente militare) e "tributum" , già in essere per certo all'inizio del V secolo determina la pratica dell'uso del metallo a peso.

Alla metà del V la legge delle dodici tavole sancisce le multe in termini di unità di bronzo.

Le leggi Aternia Tarpeia e Maenenia Sextia (anch'esse attribuibili al V secolo) prevedevano la onversione di multe, in precedenza comminate in bestiame, in unità metalliche.

In quest'epoca il bronzo non ha ancora assunto valore fiduciario bensi va a peso e ne occorrono grandi quantità per pagare imposte e stipendi. Sono i prodromi di una situazione nella quale esistono tutti i presupposti per una produzione monetale .

E' proprio l'esercito che spinge alla produzione monetale lo Stato.

Secondo la scuola inglese invece le prime manifestazioni monetali risalirebbero a ben piu' di un secolo dopo.

L'uso del bronzo, di valore assai inferiore all'oro e all'argento determina la produzione di monete molto pesanti che proprio per la loro mole non possono essere coniate ma devono essere fuse.

Che poi la circolazione ssia eminentemente circoscritta lo prova il fatto che tali nominali enei non riportino (o solo molto schematicamente) etnico che servisse a identificarli per una corcolazione piu' ampia (come abvveniva per le emissioni siceliote e magno greche ad esempio).

Infine, ma qui apriamo un altro fronte, le rappresentazioni di queste emissioni sono spesso animali, che paiono avere carattere totemico o sacro che caratterizzano sprattutto la prima fase di coniazione. Fase poi abbandonato con il apssaggio dalla produzione fusa a quella coniata con un aumento della circolazione e della quantità di monete emessa ceh evolve progressivamente verso tipologie ufficiali, con il simbolo dell'autorità per le quali lo Stato si afferma vieppiu' come garante.

In questo passaggio l'elemento sacrale che aveva ispirato i tipi, ovvero animali, e simboli sacrali esprimenti aspetti di una religiosità di tipo naturalistico e di società cultuale (pensiamo alla ricca simbologia, di animali e non , delle emissioni di quadrilateri con spada, fodero, scudo, lancia, anfora, tripode, rostri etc. nonché aquila, elefante, scrofa, bue, galli etc. ) segna la transizione verso la fase monetale vera e propria che si affermerà a Roma dal III secolo in avanti.


  • 2 settimane dopo...
Inviato (modificato)

Ho sempre pensato i tre elementi come un tutto unico, essendo collegati dal concetto "il bronzo ha un valore". In effetti, però, non è scontato che abbiano avuto genesi comune...

So che abbiamo scelto di parlare del III secolo, ma giusto per avere prospettiva cronologica, posso chiedere quando pensi che i tre usi del bronzo possano essere iniziati, in Italia? Per la monetazione dell' aes grave, mi sembra che sia accettata la fine del IV Secolo

Mettendo da un lato il discorso sull'inizio della monetazione in senso stretto (parliamo di aes grave), il fenomeno dell'uso rituale del bronzo, sotto forma di oggetti (spesso spade) é testimoniata almeno dal bronzo recente-bronzo finale.

L'utilizzo degli scambi basati su bronzo a peso é invece forse da far riferire alla prima età del ferro (i primi pesi di cui abbiamo testimonianza sono stati rinvenuti in ambiti protovillanoviani.

I tre elementi di cui cui si parlava hanno quindi origini e sviluppi indipendenti, o si potrebbe meglio dire che via via l'uno genera l'altro, senza tramutarsi nell'altro e scomparire, ma mantenendosi in esistenza ed affiancandosi nell'uso e nella cultura.

Di qui la complessità interpretativa del fenomeno, che a mio avviso rifugge da ogni schematizzazione.

PS

Mi scuso per il ritardo nella risposta.

Modificato da g.aulisio
PS
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Inviato

Grazie a entrambi


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