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Inviato (modificato)

Con buona pace di chi, da buon campanilista considera i rari tremissi con la lettera P coniati a Piacenza, solo perché colà esisteva una zecca. E perché, non coniati a Pombia, Pisa, Pistoia?

Caro Tremissis,

io credo che la buona pace si possa raggiungere in presenza di “prove” ragionevolmente inconfutabili e non mi sembra che nell’interpretazione del significato delle lettere poste davanti al busto del re nei tremissi longobardi ce ne siano. A me risulta che siano state formulate alcune ipotesi, condivise o meno, ma che non si sia ancora arrivati ad una interpretazione certa. Il fatto che a Piacenza in epoca longobarda e carolingia vi fossero monetieri, di rango tanto elevato da firmare documenti accanto a nobili e personaggi importanti mi sembra sia un forte indizio di una zecca in attività. Se poi i tremissi con la P siano effettivamente di questa zecca è tutto da dimostrare: è solo un’ipotesi. Come le altre.

Modificato da giollo2

  • 3 mesi dopo...
Inviato

Intervengo di nuovo nella discussione a distanza di qualche mese che, tra l'altro, ho speso nella lettura e nello studio della monetazione longobarda. E' ormai da parecchio tempo (1975 c.a) che gli studiosi hanno appurato che le lettere non sono segni di zecca. L'Arslan ha trovato vari esemplari che, pur avendo lo stesso rovescio, sul dritto presentano lettere diverse. La zecca, quindi, sembra essere una sola, ovvero Pavia.

Restano altri misteri che attendono una risposta...

Arka


  • 1 mese dopo...
Inviato

Archiviati gli Antiquiores vorrei ora cercare di chiarirmi un po’ le idee sul significato delle lettere/simboli presenti sul diritto dei tremissi longobardi di Cuniperto/Ariperto II/Liutprando.

In prima battuta (sto procedendo lentamente alla lettura della vasta letteratura sull’argomento ed ho ancora le idee molto confuse) devo dire che non mi trovo d’accordo con le ultime considerazioni di Arka riguardo al significato delle lettere e a considerare Pavia come unica zecca. O meglio, altri autori non mi sembra siano d’accordo:

- - nel 1983 Bernareggi (“Moneta Langobardorum” pp. 71-72) scrive:

“… io sono sempre del parere che queste lettere non si riferiscano a persone, ma a località e rappresentino le iniziali di altrettante officine monetarie. Mi sembra infatti che non si possa sostenere, come fanno il Brambille e il Dessì e recentemente anche il Grierson, che ogni attività monetaria fosse concentrata nel Sacro Palazzo di Pavia; non solo infatti abbiamo una carta che parla chiaramente di una zecca a Treviso, ma abbiamo anche attestazioni sicure di monetari stabilmente residenti in località ben distinte e distanti da Pavia (Milano, Piacenza, Treviso, ecc.)”

e ancora

“Vi sono, inoltre, delle lettere (come la G) difficilmente riconducibili ad iniziale di località; ma quante zecche longobarde noi ignoreremmo – e non avremmo mai pensato di congetturare – se i ripostigli di Ilanz e Mezzomerico non ce le avessero inopinatamente rivelate?”

- - nel 2003 Roberta Pardi (“Monete Flavia Longobarde” pp. 20-21) scrive:

“Le varie officine monetarie del regno non nascono certamente nel corso del regno di Desiderio, durante il quale esse vengono indicate per esteso, ma sono ragionevolmente operanti già in precedenza. Le lettere a destra nel campo sulle monete del tipo nazionale rappresentano una testimonianza di tale attività. Ciò non toglie che i pochi tremissi di Cuniperto privi di lettere o nessi siano stati prodotti proprio a Pavia, quando ancora la monetazione era tutta concentrata presso il Palatium. Sono state individuate dieci lettere e cinque o sei nessi. Soltanto le zecche contraddistinte con le iniziali M, T, V, avrebbero funzionato ininterrottamente fra il 688 e il 750, per le altre si può ipotizzare una produzione intermittente.”

Come ricorda Arka, una delle principali critiche alla teoria di un legame fra le lettere e la zecca di emissione è la riscontrata identità di conii di Rovescio con conii di Diritto aventi lettere diverse. Tuttavia, a quanto ne so, l’unica identità di conio riscontrata (mi riferisco alla monetazione dell’Italia settentrinale) si riferisce a due esemplari di Cuniperto appartenenti alle Civiche Raccolte Milanesi aventi lo stesso conio di rovescio e al diritto uno la lettera V e l’altro il nesso DE (Arslan 1978 – Le monete di Ostrogoti, Longobardi e Vandali, p. 61, nn. 38 e 39). Tutte le altre identità di conio sono state riscontrate nell’ambito di esemplari con le stesse lettere (si veda anche Arslan 1993/94 “La monetazione di Ariperto II, re dei Longobardi”). Nessun’altra identità “incrociata” di conii mi sembra sia mai stata accertata.

Ho appena iniziato ad approfondire queste affascinanti tematiche e sarebbe interessante condividere opinioni, dubbi e ricerche con chi sta percorrendo lo stesso cammino.


Inviato

Condivido il fascino della discussione, forse dovremmo coinvolgere anche gli specialisti, anche se esterni al forum. Comunque credo che il punto di partenza sia sempre Bernareggi.


Inviato (modificato)

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Di diverso avviso l'Arslan che nel 1993/94 ("La monetazione di Ariperto II") afferma categoricamente: "A cosa possano riferirsi le iniziali o i monogrammi resta comunque non chiaro, escludendo che siano iniziali di luoghi di zecca."

Non so su quali conoscenze Arslan basi questa affermazione (devo ancora leggere molto materiale), non credo che la motivazione principale sia la presenza di uno stesso conio di rovescio in due monete di Cuniperto con la lettera V e il monogramma DE (monogramma mai più presente, a quanto mi risulta, nei successivi tremissi di Ariperto II e di Liutprando)..

Inoltre Arslan, nello stesso articolo afferma che: "Appare per lo meno curioso che si abbiano circa 11 simboli o lettere .... , un numero molto vicino agli anni di regno di Ariperto II (700-712). I segni potrebbero quindi avere significato cronologico, con cadenza annuale."

Non mi sento di condividere questa ipotesi in quanto più o meno le stesse lettere o simboli (forse meno) sono presenti nei tremissi di Liutprando che rimase sul trono un numero decisamente superiore di anni (712-744).

Modificato da giollo2

Inviato

Io ho intrappreso la strada per capire questa monetazione da un po' di tempo. Non solo ha letto tutto ciò che ho trovato sull'argomento, ma ho anche parlato con molti studiosi e appassionati. Come ho scritto in precedenza allo stato attuale è appurato che la zecca regale fosse a Pavia e che simboli e lettere indicano zecchieri. Questo non solo per l'identità dei coni (comunque anche un singolo caso fa già testo) ma soprattutto per assonanze stilistiche e tecniche. Altro discorso per le flavie...

Comunque è un discorso da approfondire.

Arka


Inviato

Scusami Arka, sono d'accordo che la zecca regale fosse Pavia ma intendi anche che fosse l'unica zecca del regno in attività?

Potresti per cortesia, se hai tempo e voglia, indicarmi qualche riferimento bibliografico per approfondire le "assonanze stilistiche e tecniche"?

Tengo a precisare che queste domande sono dovute a pura e semplice ignoranza da parte mia.


Inviato

C'è il sito di Arslan che è molto utile e dove trovi tutte le sue pubblicazioni in merito.

Arka


Inviato

Così si esprime Arslan nel suo ultimo contributo per il volume “Le Zecche Italiane fino all’unità” pubblicato l’anno scorso e che quindi dovrebbe essere rappresentativo del suo pensiero al riguardo:

“Il nome dei monetarii (magistrati? Imprenditori?) potrebbe essere celato anche nelle lettere, o monogrammi, o simboli (la mano guantata), collocati al diritto dei tremissi, sia quelli a nome di Maurizio Tiberio sia successivamente quelli con al rovescio san Michele, sia a conclusione della legenda negli “stellati” dell’età di Desiderio, se non fosse che proprio l’emissione a nome marinusmon ha la lettera a davanti al busto del diritto. Neppure possono riferirsi alla città nella quale la moneta era stata emessa , se gli stellati hanno, al termine delle legende, segni discordanti dall’iniziale del nome delle zecche indicate.

Il significato quindi di tale sistema di segni e lettere (presenti anche sul busto) rimane oscuro.

Si hanno anche, nella seconda monetazione di Cuniperto, segni diversi, davanti al busto del re, collegati in sequenza di conii, quindi con una indiscutibile unicità della zecca di emissione, evidenza che ci permette di escludere che i segni fossero indicazione di differenti zecche, tra le quali la mano guantata avrebbe significato Ticinum.”

Ora, mi sembra quindi che l’unica certezza di Arslan sia l’esclusione del significato di iniziale di zecca di emissione. Tutto il resto “rimane oscuro” e quindi non appurato.

A questo punto mi incuriosisce l’ipotesi, citata dalla Pardi, di “officine monetarie” che in alcune città, come ad esempio Pavia, potrebbero anche essere state presenti in più di una.


Inviato

Infatti è quello che dicevo nel post 52: restano altri misteri che attendono una risposta.

Arka


  • 2 anni dopo...
Inviato

Credo poco, l'ho già detto, alla teoria della mano a monito per i falsari: oltre a non conoscere tremissi longobardi falsi (un solo esemplare "papabile" di essere annoverato in questa categoria apparve qualche anno fa in un'asta sammarinese), mi ha sempre colpito la posizione di questa mano, sempre rivolta verso il busto del re.

Riguardando il bellissimo libro "il futuro dei Longobardi" mi sono imbattuto in una foto che credo possa avvalorare l'ipotesi della "manus dei" benedicente.

La posterò appena possibile....


Inviato

Concordo con la mano benedicente, ricordo della Manus Dei della tarda antichità. E attendo con impazienza l'immagine promessa da Alberto.

Arka


Inviato (modificato)

Nella discussione ''Moneta antica'' che trovate in questa sezione è stato postato un tremisse di Liutprando. Vi invito a vederlo, perchè sul dritto ha le ''bolle''.

Arka

Scusate, dovevo postarlo nella discussione Lombards... :pardon:

Modificato da Arka

Inviato

Buongiorno,

da (modesto) studioso di storia longobarda ho letto con interesse questa discussione e volevo ricordare che il simbolo della mano è già presente dal IV secolo nell'iconografia ufficiale imperiale: vedi alcune monete con mano che scende dal cielo o, davvero interessante, la rappresentazione del missorium di Teodosio.

(vedi http://it.wikipedia.org/wiki/File:Extremadura_052.jpg)


Inviato

I Longobardi "ripresero" tale rappresentazione "sacrale" del potere rendendola propria in vari esempi. Uno dei più spettacolari è la c.d. lamina (o placca) di Agilulfo, ascrivibile agli anni 590/616 d.C.

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Inviato

L'iconografia è qui ancora quasi totalmente "longobarda": il re è rappresentato frontalmente con lunghi capelli divisi simmetricamente al centro, con i baffoni spioventi, la barba a punta, con il manto aperto sul davanti e non, secondo la tradizione classica, allacciato alla spalla. Ebbene forse uno dei pochi elementi che lo collegano alle rappresentazioni classiche è proprio il gesto della mano con le ultime due dita piegate: il c.d. gesto della parola o mano parlante; il significato è che il sovrano (e solo il sovrano) amministra il potere e la giustizia e che tali attribuzioni gli derivano da Dio.

Anche la legenda, in latino (pessimo) è il tentativo (incerto) di dare ufficialità alla rappresentazione, inserendosi nel filone delle grandi rappresentazioni classiche!

  • Mi piace 1

Inviato

La rappresentazione della c.d. mano parlante poteva essere alla latina (con anulare e mignolo ripiegato, c.d. mano benedicente) o alla greca (con anulare e pollice che si toccano).


Inviato

La rappresentazione della mano poteva essere alla latina (con anulare e mignolo ripiegato, c.d. mano benedicente) o alla greca (con punta dell'anulare che tocca la punta del pollice).


Inviato

Inviato

In questo breve excursus la rappresentazione della mano è benedicente (alla greca o alla latina) e non aperta ma, ritengo, il significato non sia diverso: l'amministrazione della giustizia e del potere spetta al sovrano per grazia di Dio.


Inviato

La rappresentazione della mano benedicente trova la sua definitiva consacrazione con i normanni: si pensi alle splendide raffigurazioni del Cristo pantocratore di Palermo o Cefalù!! Ma anche alla frazione di follaro di Salerno con la mano benedicente (sono fuori casa e non posso dare riferimenti bibliografici, me ne scuso)!


Inviato

E cosa dire della splendida moneta attribuita a un non meglio identificato Manso vicedux amalfitano con la mano aperta?


Inviato

Ottimo contributo, grazie Sforza.


Inviato (modificato)

Molto interessante. Grazie Sforza.

Tuttavia la posizione della mano sui tremissi è tale da escludere che sia la mano del re. Personalmente credo che sia invece la ''manus dei'' che benedice il re.

Arka

Modificato da Arka

Inviato

La mano mi pare proprio sia "imposta"....


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