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Bronzi repubblicani imitativi.


gpittini

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DE GREGE EPICURI

Su consiglio dell'utente RWS 2009 (Dick Schaefer: purtroppo interviene rarissimamente) sto leggendo il volume del 1982 degli Annali dell'Ist. Italiano di Numismatica, che contiene gli atti di un convegno tenutosi nello stesso anno a Palazzo Barberini. E' tutto molto interessante, ma volevo riassumervi l'articolo di M.Crawford, che molti credo non conoscono. Vengono descritte in un catalogo (con foto o disegni di almeno la metà dei tipi), e commentate in generale ben 118 tipologie di bronzi repubblicani imitativi. Le fonti principali sono la collezione Ailly, che ignoro dove si trovi, e quella di Bahrfeldt, che è ora ad Hannover, ma anche le collezioni di diversi importanti musei (Parigi, Roma, Berlino, Torino, Hannover, Vienna, ecc.) e collezioni private. Si tratta di assi, semissi e quadranti, che pesano da poco più di 1 g. a 23 g.; molti sono coniati, altri fusi. In alcuni casi, anche sec. Crawford, è molto difficile distinguere imitazioni da tipologie ufficiali, salvo che per il peso o per il fatto che sono bronzi fusi e non coniati. In altri casi invece vi è la presenza tipica di grafia retrograda di ROMA (di tutte le lettere, o solo di alcune).

Esistono simboli sconosciuti nella serie ufficiale, o rappresentati diversamente (bandiera, due delfini, uno strano piede...) e anche tipologie di rovescio "originali": Marte, una cornucopia, la parola ROMA in tutto il campo, ecc. Molto frequenti le prore a sinistra. Anche alcuni D sono creati ex-novo. Quanto allo stile, si va da uno stile decisamente buono e pressochè ufficiale, a tipi molto degradati e bruttissimi.

Un discreto gruppo di imitazioni sono classificate come ispaniche, ed hanno uno stile specifico (spero di potervi mostrare una mia moneta di questo genere). I luoghi di produzione erano lontani da Roma: Italia Settentrionale, Gallia, Hispania. I motivi della produzione: sicuramente la mancanza di numerario minuto; per gli assi, forse anche un guadagno del produttore sul metallo. Periodo: probabilmente dal 100 a.C. circa al 27 a.C., quando Augusto riprese a coniare grandi quantità di bronzo.

Ecco il mio semisse ispanico (corrisponde ai tipi 11 o 17 di Villaronga, citati e riprodotti da Crawford).

post-4948-0-48466700-1316975945_thumb.jp

Modificato da gpittini
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Salve Gianfranco. Molto interessante davvero il tuo intervento, nonostante non si tratti della monetazione di mio particolare interesse. :)

Mi ha colpito subito la foto della tua moneta: mi sembrava di averla già vista da qualche parte...e infatti...Rivista "Monete Antiche" Marzo/Aprile 2009, pagg. 9-16: " Imitazioni barbariche di bronzi del IV secolo". A pag. 9 si trova: 1. <<Bronzi repubblicani coniati, di origine prevalentemente ispanica, con iconografia di stile non classico ed anomalie nelle legende, ad es. rovesciamento di lettere. Fig. (1) - Semisse ispanico, D. testa di Saturno a dx di stile anomalo, S dietro. Al R. Prora di nave a dx, in esergo: ROMA con R rovesciata. Diametro: 20 mm. Peso 6,3 g. >>.

Ho letto con molto piacere il tuo articolo: ti porgo i miei complimenti, anche per la moneta particolare! ;)

Modificato da Caio Ottavio
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DE GREGE EPICURI

Nelle foto allegate all'articolo di Crawford non ci sono monete di stile così "barbarico", ma ce ne sono fra quelle illustrate da L.Villaronga nella discussione (Tavole IX-X-XI). I semisse imitativi sono suddivisi, come sempre, in 3 gruppi: quasi classici, accettabili e nettamente barbarici, come questo. Come sempre, quelli più barbarici sono anche più leggeri. Nel secondo gruppo, la mediana dei pesi è circa 6 g., mentre nell'ultimo è 3,2 g.

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Una cosa importante che il Crawford dice in quell'articolo é che, nei fatti, in generale non é sempre possibile in termini assoluti distinguere le emissioni "imitative" da quelle "ufficiali", tranne che in casi particolarmente "barbarici". Mettendo in discussione in qualche misura la sua stessa classificazione del bronzo anonimo (quella dell'RRC per intenderci...).

Peccato che tanto Crawford che Villaronga (ben piazzato, visto che una gran parte delle imitazioni sono ispaniche) dopo quel convegno abbiano di fatto lasciato cadere l'argomento. Che rimane in uno stadio embrionale e ben lontano dal rappresentare un qualcosa di compiuto.

Certamente é un campo in cui c'é da fare.

Modificato da g.aulisio
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Awards

Guardate questo semisse:

http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-B65/2

CNG l'ha venduto come Cr. 339/2 e così è stato recepito nel nostro catalogo, ma per stile (e vista la grande differenza con gli altri 339/2, fotografati da Legionario ad Hannover) a me sembrerebbe un'imitazione spagnola ...

Che ne dite?

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DE GREGE EPICURI

A Dareios (post 7): sì, sono d'accordo con te: tutti i dati, ed anche il peso, vanno in questa direzione.

A L.Licinio Lucullo: mi pare difficile avere un'opinione del tutto sicura.Alcuni tratti (l'occhietto vispo, birichino e non classico; la barbetta sbarazzina...) mi fanno pensare alla Spagna, ma tutto il resto è abbastanza normale. Insomma, sono d'accordo con riserva.

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  • 2 settimane dopo...

Gianfranco

This is a good summary of Michael Crawford's article.

The d'Ailly collection is now in Paris Biblioheque Nationale.

Your Semis is certainly a Spanish type, the same as illustrated by Villaronga. For a selection of imitations, there are many on my photo site and website (I cannot post links because, even after 1 year contributing to lamoneta.it, I am still not allowed to post links)

Andrew

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  • 1 anno dopo...

quindi questi circolavano o in alta italia o in spagna che da poco erano state annesse alla repubblica o sbaglio

quindi per sopperire alla carenza del circolante si apprestano coniazioni locali

ma queste come vengono considerate , falsi ? oppure prodotti ufficiali magari di una zecca itinerante ?

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Perche' itineranti? Non c'e' alcuna evidenza che lo fossero. Erano semplicemente prodotti locali, non ufficiali, tollerati. Si trovano un sacco di esempi simili, per nominali di uso corrente senza valore intrinseco, sino all'eta' moderna.

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Awards

Salve.

Sono d'accordo con G.Aulisio. Non c'è nulla ad oggi che ci facesse pensare alle zecche che producevano queste monete quali itineranti. Per itinerante s'intende che non avevano una sede fissa, ma gli addetti alla coniazione, alla preparazione dei conii e le casse col metallo e gli attezzi per la produzione delle monete erano costantemente in viaggio, spesso per motivi logistici come durante le guerre civili. Credo che per zecche locali non s'intende prodotti di falsari o roba del genere, ma come prodotti di zecche "supplementari", cioè il cui prodotto veniva affiancato ed accettato insieme alle monete propriamente romane. Perchè ti chiedi? La risposta l'ha già data Licinio Lucullo nel post # 2: per mancanza di numerario, principalmente. Infatti, tali monete, non tutte di stile rozzo e approssimativo e questo dovrebbe già farci riflettere sulle maestranze che vi lavoravano, si concentrano soprattutto in zone e territori appena sottomessi e annessi alla Repubblica come l'Hispania, l'Italia centro-settentrionale (a nord del Pomerium) oppure la Gallia. In queste Province, ancora in corso di romanizzazione, i nuovi conquistatori ancora dovevano approntare zecche stabili ed efficienti, così si avvalsero, nel frattempo, per sopperire alla necessità di numerario spicciolo, di maestranze locali che riproducessero tipologie ben note ai Romani non tralasciando, però, di personalizzarli con alcuni particolari quali potevano essere simboli o iconografie più vicini al mondo locale che a quello romano. Il fatto, poi, che tali produzioni durarono fino all'epoca di Augusto, quindi fino alla nascita dell'Impero, potrebbe essere giustificato con la crisi che la Repubblica andò affrontando progressivamente dal ritiro di Silla e con l'avvento degli Imperatori (comandanti militari con legioni a loro fedeli) che portarono lo Stato alla rovina. Solo Augusto, con la nota riforma monetaria, riuscì a mettere un po' d'ordine nel caos economico e monetario che aveva regnato dalla fine della Repubblica fino alla sua epoca. E in un panorama come questo un tale fenomeno si adatta molto bene, in particolar modo nelle Province più lontane da Roma.

Modificato da Caio Ottavio
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Concordo con la spiegazione di Caio Ottavio.

Il fenomeno degli "spiccioli" enei di imitazione era soprattutto per sopperire alla mancanza del numerario ufficiale durante la lunga fase di assestamento del potere romano nelle provincie.

Solo al tempo della riforma augustea si ha un ridimensionamento di tale fenomeno (particolarmente evidente in Spagna, dove appunto Augusto fece aprire numerose zecche ufficiali che coniarono a suo nome, proprio per aumentare il numerario eneo).

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ma se erano prodotti locali chi li produceva ?

falsari locali o una zecca ufficiale ?

e perche` eran tollerati ?

perche` comunque erano a peso e non fiduciari ?

Oltre a quel che s'è detto, aggiungo due considerazioni che riguardano la monetazione "locale" in bronzo. Certo, esisteva una monetazione locale anche in argento (in Spagna e, soprattutto, in Oriente) ma le emissioni in bronzo erano preponderanti, tanto nel settore di cui parliamo, ossia la monetazione locale "imitativa" (che copiava i tipi di quella ufficiale), quanto nel settore della monetazione locale "semi-autonoma" (che permaneva con tipi locali anche dopo la conquista romana).

Ora, si deve conto che la monetazione enea era ancora (almeno parzialmente) una monetazione "a valore intrinseco", e da questo discendevano sul piano economico due conseguenze:

1) primo, un elevato rapporto peso/valore, che comportava anche un elevato rapporto costi di trasporto/valore, rendendo antieconomico il trasporto di numerario da Roma;

2) secondo, che una produzione non-statale non fosse necessariamente anche "falsa". Infatti, chiunque batta moneta la moneta stessa non può considerarsi (economicamente parlando) "falsa", se ne è comunque garantito il valore rappresentato.

Mutatis mutandis, è lo stesso fenomeno che si presentò in Italia (non a caso, a causa di una penuria di spiccioli) con i mini-assegni: non erano emessi dallo Stato, ma non potevano per questo solo dirsi "falsi", in quanto ne era garantito (grazie alla possibilità di cambio) il valore.

Modificato da L. Licinio Lucullo
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quindi esisteva un rapporto fisso tra denario d argento e assi di bronzo in termini di quantita` cosa che poi con augusto viene a cambiare quando il rame diventa fiduciario

e l aureo dove si inserisce ?

interessante anche il fatto che poi queste zecche locali spagnoli saranno poi probabilmente quelle che producono l abbondante monetazione provinciale sotto augusto e tiberio come carthagonova , calagurris e cesaraugusta etc

monetazione provinciale che si esaurira` ancora nel I secolo.

interessante poi che da quel momento in poi sparira dall Hispania qualsiasi produzione monetaria per 5 secoli , fino al collasso dell impero

capisco poi il discorso sulle emissioni "non statali" si tratta in pratica di un token coinage , come quello che fu prodotto sotto tetrico o dopo la caduta di magnenzio o nel 1800 durante le guerre napoleoniche nel regno unito

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