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Risposte migliori

Inviato

Concisa ma estremamenta chiara la distinzione fra moneta falsa, imitata e contraffatta

Termini però il cui confine all'epoca era molto più sottile di quello che gli assegnamo oggi..... se non sbaglio all'epoca nelle gride era spesso usato il termine "moneta falsa" anche in presenza di monete che oggi definiremmo più bonariamente "imitazioni".....


Inviato

Ciao ragazzi, ciao Andrea,

eccomi qui finalmente. Sono tornato. Ho letto tuttii vostri interventi. Metto a disposizione il mio tempo, la mia passione, i miei libri e la mia modesta collezione di Messerano per fare qualche cosa utile a tutti grazie all'appoggio in primis di Andrea e ti tutti quanti vogliano dare il loro contributo.

Come in tutte le cose bisogna partire da dei dati di fatto. leggere, leggere, leggere. Ricercare.

Molte sono le informazioni raccolte nei vostri interventi e questo mi da grande soddisfazione. Messerano per me e per Andrea è una zecca importante in quanto della nostra zona. Motivo in più per cercare di fare un bel lavoro grazie ovviamente al contributo di tutti voi.

Franco


Inviato

No, non erano "falsari" (il titolo del saggio di De Rosa si presta ad equivoci). I principi di Masserano avevano l'autorizzazione ad emettere moneta, per un diploma papale sconosciuto ma che si pensa sia stato rilasciato da Clemente VII. Falsario era chi emetteva moneta senza queste autorizzazioni, papale o imperiale che fosse.

Il problema è, semmai, la qualità di queste monete. Tipicamente i diplomi di concessione prevedevano che la moneta emessa fosse "bona, iuxta et sincera", vale a dire con caratteristiche intrinseche comparabili a quelle delle migliori monete in circolazione. Nella pratica, però, i feudatari - e i Ferrero Fieschi erano tra questi - emettevano delle monete che erano di tenore inferiore a quelle di riferimento. L'inganno era nel fatto che magari sceglievano per le loro monete una tipologia che a colpo d'occhio poteva essere confusa con quella di altri nominali (pensiamo per Masserano ai talleri dell'Arciduca Ferdinando o ai ducatoni di Casale Monferrato), ma introducendo leggere sfumature nei conii (ad esempio, nell'emblema araldico) o nella titolatura delle leggende, dove il nome del principe compare sempre, anche se in abbreviazioni molto criptiche, difficilmente interpretabili da una popolazione debolmente alfabetizzata.

Si tratta di "contraffazioni" e non di "falsi", perché le monete di Masserano, per quanto praticamente identiche ad altre nella tipologia, avevano sempre qualche piccolo elemento che le differenziasse dal prototipo, in modo che non ci potessero essere accuse plateali di frode.

Per farti un'idea fai riferimento alla discussione che riportava Piergi, dove appunto si parla di talleri i Masserano in circolazione nel Ducato di Savoia. Puoi confrontare le tipologie degli altri talleri previsti nella tariffa e renderti conto delle somiglianze, mentre dal testo del bando potrai capire i motivi delle preoccupazioni dei duchi di Savoia: il valore di queste monete era nettamente inferiore a quello del tallero genuino...

E.

Secondo quanto riportato dal De Rosa, i FIeschi non ricevettero mai nessun diploma dal papato per emettere moneta o, peggio, ad impiantare una zecca in Masserano, bensi' sfruttarono abilmente e in maniera truffaldina il potere conferito loro dall'imperatore Guglielmo di Baviera nel 1254 (assieme a quello di conti palatini) di emettere moneta con "la piena facolta' di spendita, utilizzo ed immissione nei mercati e nella vita economica..." che in realta' si rifaceva (rileva il Ravegnani Morosini)alla facolta' di emettere moneta limitatamente ai feudi vicino a Genova .

Questa carica era conferita loro "ad personam" e venne ribadito ulteriormente in documenti successivi (citando il De Rosa) .

I fieschi percio' iniziarono a battere moneta intorno al 1490 senza nessuna autorizzazione dalla chiesa, semmai con un tacito e prolungato assenso, visto che i proprio loro furono per decenni Vescovi di Vercelli e di conseguenza strettamente legati alla chiesa .

I canali esteri (e non solo) verso i quali si dirigevano le monete contraffatte servivano solamente loro per avere un ingiusto tornaconto scambiando ad esempio talleri di minor valore intrinseco con altri genuini.

Il fatto quindi di non avere mai avuto acquisito un potere "legale" per battere moneta o ad impiantare una zecca in Masserano mi porta a pensare che la loro attivita' si confacesse solamente allo scopo del lucro e quindi a quella dei falsari.


Inviato

No, non erano "falsari" (il titolo del saggio di De Rosa si presta ad equivoci). I principi di Masserano avevano l'autorizzazione ad emettere moneta, per un diploma papale sconosciuto ma che si pensa sia stato rilasciato da Clemente VII. Falsario era chi emetteva moneta senza queste autorizzazioni, papale o imperiale che fosse.

Il problema è, semmai, la qualità di queste monete. Tipicamente i diplomi di concessione prevedevano che la moneta emessa fosse "bona, iuxta et sincera", vale a dire con caratteristiche intrinseche comparabili a quelle delle migliori monete in circolazione. Nella pratica, però, i feudatari - e i Ferrero Fieschi erano tra questi - emettevano delle monete che erano di tenore inferiore a quelle di riferimento. L'inganno era nel fatto che magari sceglievano per le loro monete una tipologia che a colpo d'occhio poteva essere confusa con quella di altri nominali (pensiamo per Masserano ai talleri dell'Arciduca Ferdinando o ai ducatoni di Casale Monferrato), ma introducendo leggere sfumature nei conii (ad esempio, nell'emblema araldico) o nella titolatura delle leggende, dove il nome del principe compare sempre, anche se in abbreviazioni molto criptiche, difficilmente interpretabili da una popolazione debolmente alfabetizzata.

Si tratta di "contraffazioni" e non di "falsi", perché le monete di Masserano, per quanto praticamente identiche ad altre nella tipologia, avevano sempre qualche piccolo elemento che le differenziasse dal prototipo, in modo che non ci potessero essere accuse plateali di frode.

Per farti un'idea fai riferimento alla discussione che riportava Piergi, dove appunto si parla di talleri i Masserano in circolazione nel Ducato di Savoia. Puoi confrontare le tipologie degli altri talleri previsti nella tariffa e renderti conto delle somiglianze, mentre dal testo del bando potrai capire i motivi delle preoccupazioni dei duchi di Savoia: il valore di queste monete era nettamente inferiore a quello del tallero genuino...

E.

Secondo quanto riportato dal De Rosa, i FIeschi non ricevettero mai nessun diploma dal papato per emettere moneta o, peggio, ad impiantare una zecca in Masserano, bensi' sfruttarono abilmente e in maniera truffaldina il potere conferito loro dall'imperatore Guglielmo di Baviera nel 1254 (assieme a quello di conti palatini) di emettere moneta con "la piena facolta' di spendita, utilizzo ed immissione nei mercati e nella vita economica..." che in realta' si rifaceva (rileva il Ravegnani Morosini)alla facolta' di emettere moneta limitatamente ai feudi vicino a Genova .

Questa carica era conferita loro "ad personam" e venne ribadito ulteriormente in documenti successivi (citando il De Rosa) .

I fieschi percio' iniziarono a battere moneta intorno al 1490 senza nessuna autorizzazione dalla chiesa, semmai con un tacito e prolungato assenso, visto che i proprio loro furono per decenni Vescovi di Vercelli e di conseguenza strettamente legati alla chiesa .

I canali esteri (e non solo) verso i quali si dirigevano le monete contraffatte servivano solamente loro per avere un ingiusto tornaconto scambiando ad esempio talleri di minor valore intrinseco con altri genuini.

Il fatto quindi di non avere mai avuto acquisito un potere "legale" per battere moneta o ad impiantare una zecca in Masserano mi porta a pensare che la loro attivita' si confacesse solamente allo scopo del lucro e quindi a quella dei falsari.

Non sono del tutto d'accordo. Falsario era chi emetteva moneta senza avere l'autorizzazione a farlo. Falsario era il Caccetta e il suo maestro di zecca Picurri che emettevano a Briona (per citare la prima zecca clandestina che mi viene in mente), ma non i Fieschi o Ferrero Fieschi. Sulla legittimità delle coniazioni, ci sarebbe molto da discutere, ma non si può equiparare la produzione di Masserano (o, per essere più precisi, dei principi Fieschi/Ferrero, perché sulla sede di zecca a Masserano/Crevacuore ci sarebbe moltissimo da argomentare...) a quella di altre piccole zecche clandestine, quanto piuttosto a tutte quelle piccole zecche facenti capo a feudi imperiali o potentati locali, retti da piccole signorie. Rimane da capire quanto fosse valida l'autorizzazione di Gugliemo del 1249, perché i Fieschi non erano feudatari imperiali. Il documento con cui Paolo III dichiara decaduto Pier Luca II Fieschi parla di coniazioni ritenute abusive, ma lo stesso Paolo III (che in un mio post precedente ho impropriamente fatto diventare Clemente VII, chiedo scusa) nel reinfeudare Masserano usa una formula giuridica specifica che lascia pensare il contrario. Quindi, chi ha ragione, a questo punto? Riferisciti al volume del 1869 di Domenico Promis o alla scheda su "Le zecche italiane fino all'Unità" per i dettagli esatti.

Quanto poi ai canali di diffusione, le cose non andavano proprio come dici tu. Il maestro di zecca era un abile "maneggiatore di metalli", sapeva procurarsi metallo da coniare (per darti un esempio, nel primo Seicento tipicamente l'argento arrivava sotto forma di lingotti da Genova e l'oro sotto forma di doppie di Spagna dalla stessa città) e sapeva quali erano le tipologia migliori da produrre per massimizzare il profitto. Queste maestranze erano molto contese tra i vari feudatari tenutari di zecca, perché si trattava di una professionalità molto specializzata. Se tu fai caso ai nomi dei maestri di zecca che hanno lavorato a Masserano ti puoi rendere facilmente conto di come molti di essi compaiano in altre zecche analoghe per tipologia di produzione. In alcune zecche sono documentati casi di mercanti che venivano direttamente a ordinare una determinata tipologia per farsi caso essi stessi della distribuzione. A questo aggiungici fenomeni monetari macroscopici (ti ho già citato il Kipper und Wipper, la speculazione sui quattrini a Milano a metà Seicento a seguito di una politica monetaria depressiva operata dalle autorità milanesi; per i talleri al tipo dell'Arciduca Ferdinando ci fu anche una circolazione locale nell'area piemontese, come prova l'editto sabaudo e un saggio pubblicato di recente) che rendevano conveniente coniare un tipo piuttosto che un altro. Fenomeni che un bravo maestro di zecca doveva essere capace di cogliere e interpretare. Il profitto del maestro di zecca e del feudatario dipendeva da questo. Nulla avrebbe impedito ai feudatari di Masserano di coniare monete di tipo monferrino o sabaudo con caratteristiche intrinseche coerenti a queste monetazioni di riferimento: ne avrebbero tratto comunque un guadagno, ma sicuramente di gran lunga inferiore a quello che effettivamente dovettero trarne dedicandosi a questi fenomeni speculativi. Non si verificava necessariamente uno scambio "talleri buoni" vs. "talleri cattivi", piuttosto una più sofisticata diffusione di nominali specifici che facevano instaurare altri fenomeni macroscopici (ad esempio, la tanto citata "legge di Gresham") di alterazione degli equilibri monetari sempre molto delicati.

In sintesi: la zecca di Masserano era legittima, i suoi tenutari NON erano falsari, ma ciononostante potevano lucrare sulla produzione delle monete. D'altronde, la zecca non era altro che una delle tante fonti di reddito di un feudatario. Anche a Milano la zecca figurano tra le "imprese" che venivano pubblicamente appaltate al migliore offerente.

E.


Inviato

Le mie affermazioni come sopra citato, ovviamente riportano quanto scritto dai vari autori dei libri che ho consultato ma per confermare la loro veridicita' effettivamente servirebbero delle prove documentali.

A tal proposito, se tu Eligio avessi delle altre fonti da consigliarmi per trarre notizie te ne sarei grato in quanto sto cercando di fare proprio una comparazione di tutti i dati e/o affermazioni disponibili documentate.

Andrea


Inviato

Le mie affermazioni come sopra citato, ovviamente riportano quanto scritto dai vari autori dei libri che ho consultato ma per confermare la loro veridicita' effettivamente servirebbero delle prove documentali.

A tal proposito, se tu Eligio avessi delle altre fonti da consigliarmi per trarre notizie te ne sarei grato in quanto sto cercando di fare proprio una comparazione di tutti i dati e/o affermazioni disponibili documentate.

Andrea

Ti rimando alle schede di Masserano e Crevacuore nel volume "Le zecche italiane fino all'Unità", dove trovi la bibliografia aggiornata, un paragrafo dedicato alle fonti documentarie note/pubblicate, uno alle principali collezioni pubbliche, e uno sul personale di zecca (l'elenco però è parziale, perché sono citati solo i maestri e non tutto il personale noto). Il De Rosa è un agile volumetto, ma con il difetto di non riportare le note a piè di pagina, che permettano di capire quali sono le fonti delle specifiche affermazioni. Il lavoro documentario più dettagliato è - ahimè - ancora quello del Promis, datato 1869.

Personalmente, cercherei di raccogliere tutti i testi citati in bibliografia e poi inizierei con il loro studio, facendo molta attenzione a capire chi ha detto qualcosa sulla base di documenti, chi ha copiato qualcun altro senza fare verifiche e chi invece ha fatto affermazioni soggettive. Ci sono molti brevi studi che illustrano nuove tipologie, e altre ricerche che citano Masserano indirettamente (es. nei volumi di Crippa su Milano).

La mia proposta di fare un elenco delle monete nelle collezioni pubbliche e private è dettata dall'esperienza: i cataloghi, anche i più aggiornati, hanno molte mancanze e numerose imprecisioni. Se hai la possibilità di partire da una collezione privata o dalle vendite all'asta per fare un primo elenco sarebbe già qualcosa di importante. Poi magari potresti verificare le classificazioni del Corpus Nummorum Italicorum, e lì ti renderai conto delle imprecisioni (circa il 30-40% delle descrizioni contiene almeno un errore). Per questo un lavoro che partisse da delle immagini chiare e inequivocabili sarebbe molto costruttivo, perché solo quello rinnoverebbe delle basi un po' fragili ormai vecchie di cent'anni

Buon divertimento (e buon lavoro, naturalmente).

E.


Inviato (modificato)

Ad integrazione della bibliografia presente nell' opera a cura di L.Travaini ,suggerita da Eligio , mi permetto di consigliare anche la lettura di quella presente nel volume di B. Mirra.

Mirra Bernardino Bibliografia Numismatica Italiana (secc.V-XIX) Edizioni Varesi 2009

Modificato da piergi00

Inviato

Buongiorno a voi,

mi permetto di aggiungere, ai titoli già sopra esposti, il piccolo saggio facente perte del capitolo sui Feudi imperiali liguri, contenuto nel volume della collezione numismatica di Banca Carige pubblicato nel 2010,.

A proposito del saggio di De Rosa, ribadisco ciò che ho già ripetuto più volte: dal momento che dopo le varie citazioni di documenti, il De Rosa ne omette la relativa collocazione, le citazioni stesse vanno prese con estrema cautela. Non faccio questa osservazione per sfiducia preventiva verso l'autore, ma dal momento che almeno un altro suo lavoro si è rivelato piuttosto "impreciso", non vorrei che anche per quello sui Fieschi egli abbia lavorato allo stesso modo.

Riguardo poi allo ius cudendi, non è chiaro se e quando i Fieschi di Masserano ne ebbero il privilegio. E' infatti verosimile, come già ipotizzato da Promis, che per la loro attività monetaria essi presero a pretesto la concessione fatta ai conti di Lavagna nel 1249 dall'anti-re Guglielmo d'Olanda. Tuttavia, dal momento che Masserano e Crevacuore erano feudi papali e NON imperiali, l'apertura della zecca era manifestamente un'illecito. Solo nel 1538 il signore di Masserano ( e solo lui) ebbe la formale autorizzazione, dal papa, a battere moneta. E della concessione veniva investito il solo signore di Messerano, non quello di Crevacuore, tanto che nel nel 1548 papa Paolo III dichiarava Pier Luca II, signore di Crevacuore dal 1528, decaduto dai suoi diritti sui feudi che deteneva dalla Chiesa (e dunque anche di quello di Crevacuore) ANCHE per aver battuto moneta senza la necessaria autorizzazione papale.

Cordialmente, Teofrasto

PS: non è mai esistito un Guglielmo di Baviera imperatore nel 1254: il Guglielmo in questione era Guglielmo II d'Olanda e fu eletto re dei Romani nel 1247 (ma è conteggiato come anti-re dal momento che dal 1237 il titolo apparteneva a Corrado IV) e re di Germania nel 1254, dopo la morte di Corrado IV, ma non ebbe mai il titolo imperiale.


Inviato

Sempre contento di vedere un intervento di Teofrasto nella discussione. Segno che si stanno toccando argomenti interessanti. Il suo intervento sul diritto di zecca è preziossimo, come pure il suggerimento di controllare il volume della banca Carige.

Mi auguro che partecipi ancora alla discussione, e che anche altre voci intervengano nel dibattito, in modo da dare a andyscudo delle solide basi per la sua ricerca e a me lucidi spunti di riflessione su una zecca che mi ha sempre affascinato per le interessanti problematiche che offre.

E.


Inviato (modificato)

Buongiorno a voi,

mi permetto di aggiungere, ai titoli già sopra esposti, il piccolo saggio facente perte del capitolo sui Feudi imperiali liguri, contenuto nel volume della collezione numismatica di Banca Carige pubblicato nel 2010,.

A proposito del saggio di De Rosa, ribadisco ciò che ho già ripetuto più volte: dal momento che dopo le varie citazioni di documenti, il De Rosa ne omette la relativa collocazione, le citazioni stesse vanno prese con estrema cautela. Non faccio questa osservazione per sfiducia preventiva verso l'autore, ma dal momento che almeno un altro suo lavoro si è rivelato piuttosto "impreciso", non vorrei che anche per quello sui Fieschi egli abbia lavorato allo stesso modo.

Riguardo poi allo ius cudendi, non è chiaro se e quando i Fieschi di Masserano ne ebbero il privilegio. E' infatti verosimile, come già ipotizzato da Promis, che per la loro attività monetaria essi presero a pretesto la concessione fatta ai conti di Lavagna nel 1249 dall'anti-re Guglielmo d'Olanda. Tuttavia, dal momento che Masserano e Crevacuore erano feudi papali e NON imperiali, l'apertura della zecca era manifestamente un'illecito. Solo nel 1538 il signore di Masserano ( e solo lui) ebbe la formale autorizzazione, dal papa, a battere moneta. E della concessione veniva investito il solo signore di Messerano, non quello di Crevacuore, tanto che nel nel 1548 papa Paolo III dichiarava Pier Luca II, signore di Crevacuore dal 1528, decaduto dai suoi diritti sui feudi che deteneva dalla Chiesa (e dunque anche di quello di Crevacuore) ANCHE per aver battuto moneta senza la necessaria autorizzazione papale.

Cordialmente, Teofrasto

PS: non è mai esistito un Guglielmo di Baviera imperatore nel 1254: il Guglielmo in questione era Guglielmo II d'Olanda e fu eletto re dei Romani nel 1247 (ma è conteggiato come anti-re dal momento che dal 1237 il titolo apparteneva a Corrado IV) e re di Germania nel 1254, dopo la morte di Corrado IV, ma non ebbe mai il titolo imperiale.

In effetti andando a rivedere il Promis fa riferimento proprio a Guglielmo Re dei Romani che concedeva al piu' anziano del casato il diritto di battere moneta nel 1249 (tutte queste affermazioni sarebbero tratte poi dal Federici pag. 95 Corpus Italie Diplomaticus 1726 ).

Probabilmente abbiamo scovato il primo errore del De Rosa :P

Modificato da andyscudo

Inviato

In una grande opera non deve mai mancare la sezione falsi, dovresti leggere l'OPVS MONETALE CIGOI di L.BRUNETTI

Cerca anche negli scritti del Kunz su Miscellanea numismatica.

Buon lavoro, e non abbatterti alle prime difficoltà, fanno parte del percorso!


Inviato

In effetti Messerano, come per tantissime altre zecche dell'epoca, copiavano monete di altre città lucrando sul peso e/o sul titolo del metallo in genere argento, della moneta contraffatta.

Se ti interesa ho una bella moneta di Messerano, testone con san Teonesto, ma falso d'epoca. Era cioè coniato contraffacendo la moneta di Maserano per il titolo di argento della moneta stessa, naturalmente d'epoca. E' piuttosto difficile trovare la " contraffazione di una contraffazione" Se mi mandi la tua e-mail li invio la scansione,

Ciao Pierboni

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Inviato

In effetti Messerano, come per tantissime altre zecche dell'epoca, copiavano monete di altre città lucrando sul peso e/o sul titolo del metallo in genere argento, della moneta contraffatta.

Se ti interesa ho una bella moneta di Messerano, testone con san Teonesto, ma falso d'epoca. Era cioè coniato contraffacendo la moneta di Maserano per il titolo di argento della moneta stessa, naturalmente d'epoca. E' piuttosto difficile trovare la " contraffazione di una contraffazione" Se mi mandi la tua e-mail li invio la scansione,

Ciao Pierboni

In effetti come studio potrebbe essere interessante...

esistono diversi falsi d'epoca di questi testoni ma tutti piuttosto mal fatti o addirittura in rame (che qualcuno dice siano prove ma lo prendo col benefiocio del dubbio non avendo riscontri documentali)

Saluti

Andrea


Inviato

Se posso permettermi di darti un modesto consiglio ti suggerirei di partire dalle importanti aste battute nel passato: la recente Ranieri II e la coll. Rossi (Ratto, aprile 1965). ;)

Ciao Ghera, sai per favore dirmi quanti monete di Messerano erano presenti nella collezione Rossi?

Grazie.

Alberto


Inviato

Se posso permettermi di darti un modesto consiglio ti suggerirei di partire dalle importanti aste battute nel passato: la recente Ranieri II e la coll. Rossi (Ratto, aprile 1965). ;)

Ciao Ghera, sai per favore dirmi quanti monete di Messerano erano presenti nella collezione Rossi?

Grazie.

Alberto

Ciao Alberto,

mi dispiace ma non sono in grado di risponderti. Sul forum ci sono diversi bibliofili che sicuramente possederanno questo catalogo e che spero possano risponderti.

Nel caso posso provare ad informarmi io. ;)

Saluti,

Lorenzo


Inviato

Se posso permettermi di darti un modesto consiglio ti suggerirei di partire dalle importanti aste battute nel passato: la recente Ranieri II e la coll. Rossi (Ratto, aprile 1965). ;)

Ciao Ghera, sai per favore dirmi quanti monete di Messerano erano presenti nella collezione Rossi?

Grazie.

Alberto

Scusa Ghera,

mi puoi dare indicazioni più precise della vendita di cui parli? Io ho il catalogo della ditta Mario Ratto di Milano relativo all'asta svoltasi nei giorni 1,2,3 aprile 1965, ma non contiene monete di Masserano!!!???

Grazie, Teofrasto


Inviato

Ma si sta parlando della Coll. Rossi del 1882 o quella dell'omonimo e compianto amico Domenico Rossi ? Perché quest'ultimo vendette all'asta Ratto del '65 le sue monete sabaude, non mi risulta avesse anche zecche minori piemontesi.


Inviato (modificato)

Se posso permettermi di darti un modesto consiglio ti suggerirei di partire dalle importanti aste battute nel passato: la recente Ranieri II e la coll. Rossi (Ratto, aprile 1965). ;)

Ciao Ghera, sai per favore dirmi quanti monete di Messerano erano presenti nella collezione Rossi?

Grazie.

Alberto

Nel catalogo della collezione di Domenico Rossi (Ratto 1965) non sono presenti monete di Messerano .

La prevalenza e' ovviamente di monete sabaude , solo una minima parte e' dedicata alle altre zecche italiane comprese quelle piemontesi (Cuneo , Casale, Torino 5-6 esemplari)

Modificato da piergi00

Inviato

Ritengo si stesse parlando della Coll. Cav. Giancarlo Rossi di Roma del 1880 (non 1882 come da me indicato), nella quale erano proposte una trentina di monete di Messerano (lotti 2219~2249). Purtroppo nessuna di quelle monete compariva nelle poche tavole di disegni.....


  • 4 settimane dopo...
Inviato

Chi mi sa dare la piu' precisa definizione di moneta falsa, contraffatta e imitazione ?

Grazie in anticipo

Andrea


Inviato

Ciao Andrea,

ti riporto la definizione di William R. Day pubblicata nel volume "La moneta in monferrato fra medioevo ed età moderna. Atti del convegno internazionale di studi. Torino 26 ottobre 2007" (a cura di Luca Gianazza) all'interno dello studio intitolato "I fiorini piemontesi nel trecento. Il fiorino del Marchese Teodoro I Paleologo di Monferrato (1306-1338) nel contesto regionale, italiano ed europeo." In particolare vedere nota 28 pagg. 64-65 e da me un attimo rivista:

Le imitazioni copiavano stile e caratteristiche intrinseche di una moneta, ovviamente di buona reputazione e ampio utilizzo, cercando di inserire nelle transazioni commerciali anche i propri esemplari. Le monete coniate a scopo imitativo hanno generalmente un peso e un fino simile alla moneta imitata, dovendo essere accettate da chi le utilizza, e nelle legende contengono il nome dell'autorità che ne ordinava il conio. Le contraffazioni invece nascevano con l'intento di frodare i suoi utilizzatori venendo scambiata allo stesso prezzo di una moneta "buona", ma contenendo un valore intrinseco inferiore. Questo sistema permetteva alla zecca di lucrare sull'argento e avere un discreto ritorno economico. Spesso nelle contraffazioni le legende rimanevano quelle dell'archètipo.

In entrambi i casi la zecca (o i singoli individui) ne traevano guadagno: nel caso delle imitazioni riuscendo a inserire la propria moneta in circolazione, mentre nel caso delle contraffazioni guadagnando sul differente prezzo di scambio – intrinseco.

Altro testo da consultare per cercare di dare una definizione a "imitazione" e "contraffazione" è quello "Faux – contrefaçons – imitations" della collana "Etudes de numismatique et d'histoire monétaire 5" a cura di A.F. Auberson, H.R. Dershka e S. Frey-Kupper.

Colgo l'occasione per ringraziare Eligio (L. G.) per avermi indirizzato verso queste pubblicazioni quando anche io ero a caccia di queste basilari definizioni. ;)

Buona notte,

Lorenzo


Inviato

Grazie mille Lorenzo mi sembra un ottimo punto di partenza ;)

Andrea


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