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Biografie sui sovrani e vicerè di Napoli e Sicilia


Risposte migliori

Eccomi oggi con una nuova discussione, stavolta desidero improntarla sulla storia e la biografia dei sovrani del Regno di Napoli, Regno di Sicilia e Regno delle Due Sicilie. Ognuno di voi potrà inserire il testo ed un'immagine su un sovrano dei sopra-citati regni del Sud.

Magari, con il tempo, una volta raggiunto un certo numero di interventi e biografie provvederò a sistemare le schede in ordine cronologico.

Reputo fondamentale inserire anche i vicerè, chiunque abbia materiale interessante o immagini di monete e medaglie simbolo di quel determinato periodo potrà collaborare allo svolgimento di questa discussione. Grazie

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Inizio con questa sul vicerè Gaspar de Haro marchese del Carpio, governò il Regno di Napoli nel periodo cruciale del XVII secolo ed incentivò la grande riforma monetaria e l'introduzione a pieno ritmo del bilanciere tra le mura della zecca. Per noi numismatici questo personaggio è un vero "eroe". :)

Biografia di Gaspar de Haro Marchese del Carpio

Gaspar Méndez de Haro y Guzmán settimo Marchese del Carpio e quarto Duca di Olivares (1629 – 16 novembre 1687). Suo padre fu un valido primo ministro e consigliere di Filippo IV ed ebbe molte ambizioni, la sua carriera fu davvero brillante. Fu uomo di cultura e grande collezionista d’arte (ebbe una collezione di ben 3000 dipinti di valore, di cui 1200 rimaste in Spagna e il resto a Napoli). Nel 1677 venne inviato a Roma per ricoprire la carica di ambasciatore e nel Gennaio del 1683 venne nominato viceré di Napoli. Governò con giustizia e dimostrò, per mezzo della sua politica, di voler alleviare ad ogni costo le misere condizioni del regno tanto che, in diverse occasioni prese di sua iniziativa decisioni contrarie al governo centrale, creando una relativa autonomia. Egli fu all’altezza della situazione ed è considerato come il miglior viceré napoletano di tutto il ‘600. Durante il viaggio da Roma a Napoli per andare a ricoprire la carica di viceré, evitò di incontrare i nobili del regno riuniti a Capua per rendergli omaggio e proseguì per tutt’altra strada fino a Napoli, questo episodio fa comprendere che fu un politico che non volle mai scendere a compromessi con la nobiltà. L’opera di risanamento della monetazione, iniziata nel 1680 dal suo predecessore, venne continuata con grande determinazione e buon senso. I risultati furono notevoli e da quel momento la situazione economica del regno iniziò a migliorare. Nell’Agosto del 1687 venne colpito da una malattia che lo portò alla morte il 15 Novembre dello stesso anno. Non lasciò in eredità grandi ricchezze e prima di morire diede disposizioni di pagare i debiti con il ricavato della vendita dei suoi oggetti personali.

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Parlando con un mio amico esperto in storia del Sud, ho appreso con stupore che certe usanze religiose, come quella della conservazione delle interiora, venivano praticate solo sui corpi di ecclesiastici, sovrani/pontefici e personaggi di grandissimo spessore politico e religioso. Il fatto che i napoletani abbiano provveduto a tumulare le interiora del marchese del Carpio in una delle chiese più importanti della città (come quella del Carmine) fa capire l'amore e il rispetto del popolo nei suoi confronti ed è la conferma dell'impronta lasciata nella storia del paese.

Immagine proveniente da Wikipedia.

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Una chicca...

Andrea Carafa conte di Santa Severina, luogotenente generale del Regno di Napoli e vicario (mandabat: 1523-1526) del vicere di Napoli Carlo de Lannoy impegnato nella "guerra di Lombardia"...

244475.jpg

ex NAC 53 n. 554

stupenda fusione e magnifico ritratto.

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Andrea Carafa conte di Santa Severina, luogotenente generale del Regno di Napoli e vicario (mandabat: 1523-1526) del vicere di Napoli Carlo de Lannoy impegnato nella "guerra di Lombardia"...

244475.jpg

ex NAC 53 n. 554

stupenda fusione e magnifico ritratto.

Medaglia artisticamente molto espressiva ed originale, il conte di Santa Severina venne immortalato con espressione severa e fiera. Il conte era un Carafa e nel XVI secolo la sua famiglia era una delle più potenti, il pontefice Paolo IV Carafa era acerrimo nemico degli spagnoli http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Paolo_IV .

sarebbe interessante se qualcuno postasse qualche nota biografica sul personaggio.

Il rovescio della medaglia cela un profondo simbolismo corredato dal motto "CONTRERET CONTRARIA VIRTUS".

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Medaglia artisticamente molto espressiva ed originale, il conte di Santa Severina venne immortalato con espressione severa e fiera. Il conte era un Carafa e nel XVI secolo la sua famiglia era una delle più potenti, il pontefice Paolo IV Carafa era acerrimo nemico degli spagnoli http://it.wikipedia.org/wiki/Papa_Paolo_IV .

sarebbe interessante se qualcuno postasse qualche nota biografica sul personaggio.

Il rovescio della medaglia cela un profondo simbolismo corredato dal motto "CONTRERET CONTRARIA VIRTUS".

Obbedisco, la fonte è comunque wikipedia:

Andrea Carafa, o Andrea Carafa della Spina, conte di Santa Severina (... – 1526), è stato un condottiero e feudatario italiano, divenuto fra l'ottobre 1523 e il giugno 1526 luogotenente generale del Regno di Napoli, in sostituzione temporanea del viceré spagnolo Carlo di Lannoy.

Presentatosi nel 1496 presso il sovrano Ferdinando II di Aragona, reclamò diritti sui feudi di Santa Severina, Policastro, Roccabernarda, Le Castella e Cirò, offrendo al re ingenti somme di denaro; questo'ultimo bisognoso di denaro per le casse dello stato, accolse la richiesta del Carafa che si impossessò così di quelle terre.

Fu condottiero molto spregiudicato e partecipò alla guerra contro i francesi al servizio del re Federico I di Napoli a partire dal 1502; al ritorno nelle sue terre, seppur osteggiato dagli abitanti di Santa Severina, ottenne la conferma da dal Gran Capitano, Consalvo di Cordova e dal nuovo sovrano Ferdinando il Cattolico dei suoi diritti feudali.

Costretto a muovere d'assedio contro la città, che ancora gli si opponeva, riuscì a impadronirsene in armi solo nel 1506 nonostante la strenua resistenza di Angelo De Luca, capitano delle truppe cittadine (che si opposse alle truppe del Carafa anche nel secondo assedio del 1513-14.

Nel 1523, alla partenza del viceré spagnolo in carica Carlo di Lannoy, divenne luogotenente generale del Regno di Napoli e nel suo governo fu affiancato dal duca di Montalto: invidiato dai parenti dovette spesso guardarsi le spalle e combattere su più fronti come nel caso dell'invasione dei veneziani in Puglia e lo sbarco dei Turchi a Otranto.

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L’illustrissima e storica famiglia napoletana Carafa discende da altro più antico casato napoletano: i Caracciolo.

Il capostipite fu GREGORIO di Giovanni Caracciolo vissuto nel XII secolo.

Si divise in due grandi rami detti della Spina e della Stadera; capostipite della famiglia Carafa della Spina fu ANDREA, familiare della regina Giovanna I d'Angiò, il quale seguì Carlo III di Durazzo nella guerra d’Ungheria.

I rappresentanti del Casato ricoprirono le più alte cariche in campo civile, militare ed ecclesiastico sino ad arrivare al soglio pontificio.

Fu ascritta al Patriziato napoletano del Seggio di Nido e, dopo la soppressione dei sedili (1806), iscritta nel Libro d'Oro napoletano.

Numerosi furono i feudi posseduti e furono insigniti di prestigiosi titoli, tra i quali:

Conti di: Grotteria (1496), Conte palatino (1622), Policastro, Santa Severina.

Marchesi di: Brancaleone (per successione Casa Starti), Tortorella, Castelvetere (1581)con annesso il grandato di Spagna di prima classe.

Duchi di: Bruzzano (1626), di Forli e di Traetto.

Principi di: Roccella (1594), Sacro Romano Impero (1563).

Andrea Carafa della Spina (?, † 1526), patrizio napoletano, conte di Santa Severina, nel 1496 acquistò Castella, Cutro e Roccabernarda che nello stesso anno entrarono a far parte della contea di Santa Severina, che passò a Galeotto Carafa, nipote di detto Andrea. Castella passò poi a Ferrante Carafa, conte di Soriano e duca di Nocera dei Pagani.

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Reputo fondamentale inserire anche i vicerè,

Francè....a me stà cosa (idea) mi piace tantissimo :) :) :) :)

Cerchiamo però di non buttare nella mischia tantissimi nomi, altrimenti non ne usciamo più.

Io direi (se tutti sono d'accordo ;) ) di seguire un filo logico, molto conciso, lasciando da parte chi erano (intendo come origini ecc. ecc. per quello esiste wikipedia) e scrivere cosa effettivamente hanno combinato di buono per la città di Napoli: che ne dite ??

Allacciandomi un pò ai primi post desidererei raccontare un pò di vicende di quel periodo rimanendo nel "popolare" .....diciamo che è più vicno a noi.

In quel periodo storico i vicerè tenevono molto all'eleganza, al lusso e al prestigio esteriore; il conte di Penaranda tiene a battesimo una particolare foggia di cappello in paglia, di piccolo formato, ricoperto di taffetà abitualmente nero, che prende nome appunto da lui e incontra grande successo.

l'eccellentissimo don Fernando fajardo, marchese do los Vèlez, lancia il primo aprile dell'anno 1679 , il sabato santo, la moda della "perruca" che da poco era stata proibita a Venezia, anche se solo temporaneamente, per evitare al pubblico la spesa e di arricchire " li francesi barbieri".

Qualche anno dopo, il severo marchese del Carpio, pur ammettendo la leggitimità della moda parigina, emana drastiche leggi suntuarie contro il lusso smodato, inclinando personalmente piuttosto verso più nutrite manifestazioni a carattere culturale: dotte conversazioni, rappresentazioni teatrali, raccolte d'arte, riunioni sociali di dame o gentiluomini; purtroppo, un attacco di pleurite stronca prematuramente la vita di questo vicerè, uno dei più imminenti che Napoli abbia avuto dopo il duca di Toledo ed il conte di Onate, tra i pochi capaci di anteporre le esigenze sostanziali del governo al culto delle forme esteriori.

In ogni caso nella seconda metà del Seicento anche i rappresentanti meno brillanti della monarchia seguono la linea che il duca d'Arcos ha tracciato nel fuoco dell'insurrezione di Masaniello e che il suo successore ha concretato con feroce energia; dopo il 1648 il cuneo aperto tra popolo grasso e plebe si allarga decennio per decennio.

Ritornando al marchese del Carpio, in quel periodo le difficoltà militari della Spagna, acuite anche dall'occupazione francese di messina, scatenano la prepotenza del baronaggio più facinoroso, fino alla decisiva campagna che il marchese conduce energiamente per stroncare il criminoso rapporto di complicità con il banditismo, affrontando in provincia i briganti con lo spiegament di grosse forze militari e perseguendo anche in città i loro manutengoli patrizi con inaudito rigore.

Del Carpio lotta con un certo successo anche contro la mania dei "duelli" cui i nobili si abbandonano per i più futili pretesti e contiene l'allarmante fenomeno della delinquenza notturna nei vicoli di Napoli; di conseguenza ridusse le licenze di porto d'armi e affidò il comando delle ronde ad alti magistrati. ;) ;)

Alla prossima :)

Modificato da peter1
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Ciao Pietro, i retroscena del periodo storico da te preso in esame sono davvero interessanti, comunque avrei intenzione, una volta raggruppato un certo numero di biografie e immagini, sintetizzarle e raggrupparle in ordine cronologico. Questa la metto già in archivio, penso che questa ricerca potrà ritornare utile per future pubblicazioni. Grazie di cuore per i tuoi contributi.

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  • 1 mese dopo...

Napoli 1616 - 1620

Don Pedro Tèllez y Giron - Duca di Ossuna

Nato nel 1579, fu vicerè di Napoli dal 1616 al 1620; solo quattro anni, come si vede, ma gli furono più che sufficienti per farlo ricoradare.

Stravagante, irascibile, imprevedibile, avido, corrotto e, soprattutto, megalomane, lOssuna riuscì nellimpresa di prosciugare le pingui casse partenopee.

La sua specialità erano le feste: ne diede di bellissime, soprattutto a Carnevale.

Quella tenutasi il 5 febbraio 1617 fu particolarmente spettacolare: una dozzina di carri, ciascuno trainato da tre pariglie di destrieri, furono addobbati con ogni ben di Dio e poi concessi al popolo, che ovviamente li saccheggiò, sotto lo sguardo divertito del Vicerè, per loccasione vestito alla turca e accompagnato da duecento cavalieri mascherati.

Non mancava nessun vizio, o forse sarebbe stato meglio dire che non se lo faceva mancare.

Gran donnaiolo, si procurò amanti tanto fra le nobildonne quanto fra le prostitute, e non esitò, pare, a concupirle addirittura in chiesa, fatto che gli procurò laccusa di immoralità.

Daltra parte, rimproverarlo per la sua condotta poteva essere pericoloso, come appurò la sua povera moglie che, per averlo fatto, fu centrata in pieno volto da un piatto dargento massiccio.

In realtà, lavidità con la quale il duca si appropriò di cifre enormi per poi scialacquarle in feste e belle donne è talmente disinvolta e spudorata da rendercelo quasi simpatico, come se fosse un personaggio da opera comica e non un individuo realmente esistito.

Chissà, forse questuomo dal carattere eccessivo come il secolo in cui è vissuto, alla fin fine era addirittura ingenuo, se pensava di poter svuotare le casse reali facendola franca; ma queste vicende, fuori dai teatri, finiscono sempre tragicamente.

Filippo III, alterato di quanto stava succedendo a Napoli, lo richiamò in Spagna.

La morte del re, nel 1621, sancì la fine dellOssuna; imprigionato, morì in carcere nel 1624, a soli 45 anni.

Tratto da Cronaca Numismatica 225 del mese di gennaio 2010 - Enrico Piras

Buona lettura a tutti i frequentatori della Sezione.

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Modificato da peter1
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Scusate ma ho trovato altro su questo Vicerè e dato che mi ha appassionato molto leggere la sua storia vorrei renderVi partecipi anche se alcuni passi di quello che ho scritto prima vengono doppiati.

;)

Don Pedro Tèllez Giròn succeduto al secondo conte di Lemos, era della stessa famiglia ducale di Ossuna.

Brillante reduce della guerra in Fiandra, ancora giovane, ambizioso e presuntuoso al di là di ogni immaginazione, costui si tuffa a corpo morto in una gestione dissennata del potere; accorda udienze a tutti, ma non può sentire esporre la ragioni altrui senza rimbrottare il visitatore e stranirlo di urli.

Con i seggi nobili intrattiene pessime relazioni, anche perché si lascia sedurre da un personaggio singolare, Giulio Genoino, che nel maggio del 1619 sarà eletto al seggio del popolo e fomenterà la piazza contro gli aristocratici.

Con i Veneziani viene presto in urto, perché organizza contro di loro in Adriatico una vera e propria flotta privata.

Cupido delle ricchezze altrui e prodigo delle proprie, alterna progetti faraonici ad avventure amorose degne di un soldato di ventura.

Una sera, nel giugno del 1617, offre a Poggioreale una memorabile cena ad una folla di commensali tra cui figurano venticinque delle più note cortigiane cittadine; in giardino è imbandita una tavola carica di vini, formaggi, maccheroni, riso, carne e qualche specialtà Spagnola, che leccellentissimo mette a disposizione di tutti i poveri disgraziati che vogliono entrare, divertendosi un mondo a farli azzuffare tra di loro e bastonari i più riottosi.

Qualche settimana più tardi, organizza una festa per signore sole, offrendo in dono a tutte le fanciulle intervenute vestiti che sono costati lo sproposito di 600 Ducati a testa.

Nel corso di unaltra festa carnevalesca, fa le cosa ancora più in grande: sfilano carri traboccanti di ogni ben di Dio, sinnalzano sei giganteschi alberi della cuccagna e il Duca compare travestito da turco, con turbante ed uccello del paradiso, alla testa di oltre 200 cavalieri mascherati; dopo di che, abbandona carri ed alberi al saccheggio popolare e si asside sotto un baldacchino, in piazza Mercato, per vedere sfilare 300 miserabili seminudi, armati di bastoni spalmati di pece a cui si sono incollate pittoresche penne bianche.

Alla forma, don Pedro accoppia la sostanza; è un donnaiolo scatenato, tanto che lo si accusa di intrattenersi persino in chiesa con signore compiacenti e di autorizzare prostitute di suo gradimento a gestire, in violazione della legge, botteghe di generi alimentari.

La sua conduzione amministrativa e politica si mantiene sullo stesso livello di schizofrenia pura; per darsi arie di amico del popolo ed accontentare leletto Genoino, sopprime la gabella sulle frutte e quella gravante sui privati che cuociono il pane nei propri forni.

Che non si tratti di uno slancio sentimentale lo dimostra il fatto che don Pedro grava la mano sulle altre tasse e impone ai sudditi il crescente peso degli alloggiamenti militari di cui, come reduce delle patrie battaglie, è convinto sostenitore.

Trovandosi a corto di quattrini, non esita ad attribuirsi la proprietà di galeoni e schiavi che in realtà appartengono allo Stato, onde rivenderli al fisco.

Per tutti i quattro anni del suo mandato, rifiuta persino lidea di far tenere al governo di Madrid bilanci o rendiconti di alcun genere, sebbene un calcolo approssimativo faccia ammontare alla gigantesca somma di 4 milioni di Ducati la voragine che il Duca ha scavato nelle casse del regno.

Per abitudine, si serve gratis da commercianti ed industriali, senza farsi scrupolo nemmeno di svaligiare la dogana.

Menando fendenti a destra e a sinistra, alienandosi le simpatie dei nobili e dei mercanti, dei Veneziani e dei Genovesi, dei mariti traditi e dei predoni della burocrazia esautorati dalla sua concorrenza, don pedro finisce per spingere Madrid alla disperazione; quando apprende di dover cedere il posto ad un luogotenente , il cardinale Gaspar de Borja, se la prende con la moglie e le tira in pieno viso un piatto dargento.

Al ritorno in patria, la morte di Filippo IIIcagiona la disgrazia dei suoi protettori e la sua rovina: più gradasso e altezzoso che mai, il Duca finisce in galera.

Governanti del suo stampo sono fatti per aggravare le difficoltà obiettive del Regno e gettare le premesse per quellinevitabile esplosione di collera popolare che culminerà nella Rivolta di Masaniello.

Tratto da : Storia di Napoli di Antonio Ghirelli

Signori la Moneta al di là di quello che rappresenta in concreto è Storia soprattutto per quella Napoletana :drinks: .

Modificato da peter1
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  • 3 settimane dopo...

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