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Inviato

cavolo jagd!!! parliamo di monete R4 ed R5... roba per cui ogni museo italiano farebbe carte false... mi viene voglia di trasferirmi in corsica per sempre!!!!!

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Complimenti a entrambi, per fortuna chev eravamo partiti un pò in sordina ....... :P :P


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Alfonso II, morendo senza discendenti legittimi, voleva trasmettere la successione al cugino Cesare, ma il Papa Clemente VIII si era opposto, perchè così Ferrara tornava alla Chiesa. Ciò nonostante, appena spirato Alfonso, la popolazione acclama Cesare a Duca di Ferrara; ma, poche settimane dopo, il Papa lo dichiara incapace a succedere, scomunicandolo e mettendo l'interdetto a Ferrara, contro cui manda un esercito comandato dal Cardinale Pietro Aldobrandini, suo nipote. Cesare, impaurito e mal consigliato, lascia i poteri a sua cugina Lucrezia Duchessa d'Urbino per trattare col Cardinale; Lucrezia segna il 13 gennaio 1598 la capitolazione per cui Ferrara è ceduta al Papa.

CLEMENTE VIII (1592-1605), Ferrara, TESTONE

Munt 156, CNI 1

D/: Busto a sinistra innanzi a crocifisso

CLEMENS _ . VIII . PONT . MAX

R/: Figure di S. Pietro (a sinistra) e S. Paolo (a destra); tra esse, in basso, lo stemma del Legato di Ferrara, Cardinale Pietro Aldobrandini.

. ANNO . _ DNI _ . 1598 .

T/: liscio Peso: 9,45 g.

Questo testone, benchè porti lo stemma del legato di Ferrara, Cardinale Pietro Aldobrandini, fu battuto con coni certamente incisi a Roma, come mostra l'identità del dritto usato per altri testoni sicuramente prodotti a Roma. Che l'effettiva battitura avvenisse a Ferrara non è certo.

http://imageshack.us/photo/my-images/257/clemviii.jpg/


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Giovanna; Jagd: Grazie... ci riprovo ero fuori portata con 97KB... forse per questo mi dava "picche"... avevo letto 100; ma non con la pregiudiziale... Grazie ancora ed un pò di pazienza


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Giovanna; Jagd: Grazie... ci riprovo ero fuori portata con 97KB... forse per questo mi dava "picche"... avevo letto 100; ma non con la pregiudiziale... Grazie ancora ed un pò di pazienza

Ciao, in effetti hai più di 100 messaggi, dovresti poter postare fino a 100 K, magari era più grande, controlla e poi fammi sapere. Giò :)

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Buona Domenica

Considerato che ho la stampante ed il relativo scanner che mi da qualche problema, non mi riesce di postare monete (salvo recuperarle da internet) ed è per questo motivo che non parlerò di una moneta, ma vorrei raccontarvi una storia. Spero che la cosa non vi annoi.

E' una storia vera, semplice quanto struggente, che i cultori di storia veneziana certamente conoscono, ma mi piacerebbe che la conoscessero anche i non addetti; una storia che, non vi nascondo, ogni volta che mi capita di parlarne, mi intristisce

Questa volta il motivo per parlarne me l'ha dato rorey36 con il suo intervento che ho riletto oggi (nr.24) quando cita Sebastiano Venier “Capitano General da mar”.

Ebbene.

Tutti abbiamo letto sui libri che la Repubblica di Venezia morì ufficialmente con l'ultima seduta del Maggior Consiglio il 12 maggio 1797, dopo di che ci fu la propria abdicazione ed il successivo 15 maggio il Doge lasciò per sempre Palazzo Ducale.

Pochi sanno però che l'ultimo Gonfalone Marciano non fu quello ammainato in Piazza San Marco in quei giorni tristi, ma "altrove" e solamente il successivo 23 agosto 1797.

Siamo a Perasto (Perast), in fondo alle Bocche di Cattaro, oggi piccolissimo paesino della Croazia, ma all'epoca una delle più agguerrite comunità fedeli alla Serenissima.

Una comunità dieci e forse più volte superiore a quella odierna, che conta solo 360 abitanti circa, e che per i propri meriti si guadagnò l'appellativo di "Gonfaloniera dell'Armata" e già....negli ultimi 377 anni era Perasto che custodiva il vessillo della nave ammiraglia veneziana; vessillo che era riposto nella casa del Capitano dimorante in questa cittadina e protetto da 12 Gonfalonieri che giuravano di morire piuttosto che permettere alla bandiera il disonore di cadere in mano nemiche.

Infatti questo vessillo veniva innalzato sulla galea del “Capitano General da mar” a Perasto; dopo di che, al termine della battaglia alla quale aveva “partecipato”, vi ritornava per essere deposto nuovamente nella casa del Capitano. Pochissime volte vide Venezia.

I 12 Gonfalonieri venivano eletti dal Consiglio degli anziani di Perasto e costituivano un corpo indipendente della Milizia Veneta da Mar; in occasione della battaglia di Lepanto dei 12 Gonfalonieri ne perirono 8 per proteggere la bandiera.

Quando giunsero a Perasto le notizie circa la caduta della Serenissima, la gente, ovviamente, non vi credette; non era possibile che uno Stato sovrano da oltre mille anni fosse “caduto” così, senza colpo ferire, senza lacrime, senza onore, senza dignità.

Solamente quando dalla terraferma videro avvicinarsi gli eserciti austriaci, impegnati ad occupare militarmente la Dalmazia, i Perastini si videro costretti, ultimi fra tutti i Paesi del Dominio, ad ammainare lo stendardo di San Marco. Era appunto il 23 agosto 1797.

Spetta al Capitano Giuseppe Viscovich, massima autorità amministrativa e militare di Perasto, provvedere alla mesta cerimonia.

Il Gonfalone, posto su una picca portata da due alfieri e scortato dal Capitano con i 12 Gonfalonieri, apre il mesto corteo al quale partecipa tutto il popolo.

Giunto nella piazza, si vede ammainare anche la bandiera di San Marco posta sul forte cittadino, mentre 21 salve di cannone la salutano.

Del pari anche i due vascelli armati, posti a protezione del porto, rispondono con 11 salve ed altri spari si odono dalle navi mercantili alla fonda.

Il Gonfalone viene posto su un piatto d'argento e tutti quanti, in processione, si inchinano a baciarlo quasi fosse una reliquia.

E' al termine di questa cerimonia, prima che il Capitano, accompagnato dal Vescovo, lo riponga sotto l'altare maggiore del Duomo di Perasto, che viene enunciata l'orazione alla popolazione dal Viscovich, passata alla storia come “Ti con nu; nu con ti”.

Taluni dicono che fosse stata pronunciata in veneziano da mar, altri in italiano.

A me poco importa. E' comunque da leggere.....nel post succesivo.

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Veneziano

In sto amaro momento, che lacera el nostro cor; in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenissimo Dominio, el Gonfalon de la Serenissima Repubblica ne sia de conforto, o Cittadini, che la nostra condotta passada che quela de sti ultimi tempi, rende non solo più giusto sto atto fatal, ma virtuoso, ma doveroso per nu.

Savarà da nu i nostri fioi, e la storia del zorno farà saver a tutta l'Europa, che Perasto ha degnamente sostenudo fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co' sto atto solenne e deponendolo bagnà del nostro universal amarissimo pianto. Sfoghemose, cittadini, sfoghemose pur; ma in sti nostri ultimi sentimenti coi quai sigilemo la nostra gloriosa carriera corsa sotto el Serenissimo Veneto Governo, rivolzemose verso sta Insegna che lo rappresenta e su ela sfoghemo el nostro dolor.

Per trecentosettantasette anni la nostra fede, el nostro valor l'ha sempre custodìa per tera e par mar, per tutto dove né ha ciamà i so nemici, che xe stai pur queli de la Religion.

Per trecentosettantasette anni le nostre sostanze, el nostro sangue, le nostre vite le xe stae sempre per Ti, o San Marco; e felicissimi sempre se semo reputà Ti con nu, nu con Ti; e sempre con Ti sul mar nu semo stai illustri e vittoriosi. Nissun con Ti n'ha visto scampar nissun con Ti n'ha visto vinti o spaurosi! Se i tempi presenti, infeicissimi per imprevidensa, per dissension, per arbitrii illegai, per vizi offendenti la natura e el gius de le zenti, no Te avesse tolto dall'Italia, per Ti in perpetuo sarave stae le nostre sostanze, el sangue, la nostra vita, e piutosto che vederTe vinto e desonorà dai Toi, el coraggio nostro, la nostra fede se avarave sepelio soto de Ti!

Ma za che altro no resta da far per Ti, el nostro cor sia l'onoratissima To tomba e el più puro e el più grande elogio, Tò elogio, le nostre lagreme".

Italiano

(In questo amaro momento che lacera il nostro cuore; in questo ultimo sfogo d'amore e di fede al Veneto Serenissimo Dominio, ci sia di conforto, o Cittadini, il Gonfalone della Serenissima Repubblica, ché la nostra condotta presente e passata giustamente ci assegna questo atto fatale, per noi virtuoso e doveroso.

Sapranno da noi i nostri figli, e la Storia del giorno farà sapere a tutta Europa, che Perasto ha degnamente sostenuto fino all'ultimo l'onore del Veneto Gonfalone, onorandolo con questo atto solenne e deponendolo bagnato del nostro universale amarissimo pianto.

Sfoghiamoci, Cittadini, sfoghiamoci pure; ma in questi nostri ultimi sentimenti, con i quali sigilliamo la gloriosa carriera corsa sotto il Serenissimo Veneto Governo, rivolgiamoci a questa insegna e in essa consacriamo il nostro dolore.

Per trecentosettantasette anni la nostra fede e il nostro valore la hanno custodita per Terra e per Mare, ovunque ci abbiano chiamato i suoi nemici, che sono stati anche quelli della Religione.

Per trecentosettantasette anni le nostre sostanze, il nostro sangue, le nostre vite sone sempre state dedicate a Te, San Marco; e felicissimi sempre ci siamo reputati di essere Tu con noi e noi con Te; e sempre con Te siamo stati illustri e vittoriosi sul Mare.

Nessuno con Te ci ha visto fuggire; nessuno, con Te, ci ha visto vinti o impauriti!

Se il tempo presente, infelicissimo per imprevidenza, per dissennatezza, per illegali arbitrii, per vizi che offendono la Natura e il Diritto delle Genti, non Ti avesse tolto dall'Italia, per Te in perpetuo sarebbero state le nostre sostanze, il sangue, la nostra vita; piuttosto che vederTi vinto e disonorato dai Tuoi, il nostro coraggio e la nostra fede si sarebbero sepolte sotto di Te!

Ora che altro non resta da fare per Te, il nostro cuore Ti sia tomba onoratissima e il più puro e grande elogio, Tuo elogio, siano le nostre lacrime.)

Tratto da: venicexplorer.net

Grazie della pazienza, ma non ho resistito.

Saluti

Luciano

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Il bel racconto di Luciano mi ha fatto sentire un pò veneziano, e cosa meglio allora di una bella osella con la sua relativa storia ?

ALVISE IV MOCENIGO - 118° DOGE DAL 19 APRILE 1763 al 1778

OSELLA ANNO IV, 1766 :

D/ Sono raffigurati il leone e una tigre posti uno di fronte all'altra. Intorno la scritta AFRICA TIGRIS AGIT PACEM CUM REGE : FERARUM ( La tigre africana stringe pace col re delle belve ).

R/ Una fronda di palma e una di alloro racchiudono la scritta ALOYSII MOCENIGO PRINCIPIS VENETI MUNUS. AN : IV 1766 e , divise da una rosellina, le sigle del masser . M S ( Mario Soranzo )

Viene celebrato l'accordo di pace raggiunto con il Bey di Tunisi , dopo le continue scorrerie piratesche nell'Adriatico.

L'osella inneggia a questa storica convenzione fra il Bey di Tunisi e la Serenissima .

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Bella, bella...questa mi manca! Come tutte le altre. :lol: :lol: :lol:

Complimenti Mario

Luciano


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Regno di Napoli

Questo suggestivo ,nominale d’argento , detto Armellino o mezzo carlino trae il nome dall’ermellino che vi è raffigurato, l’animale “mundissimo” simbolo della purezza ed emblema dell’ordine equestre dell’ermellino, ordine sacro e militare, istituito il 29 settembre 1465 in onore di S. Michele Arcangelo.

Tale ordine aveva per motto la voce “DECORUM” significante “quello solo doversi fare lo quale sia decente, giusto et onesto”.

La leggenda SERENA OMNIA allude alla pace ritornata in tutto il Regno dopo la sconfitta definitiva dei baroni ribelli…

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Inviato

Bella Eros, se iniziamo con Napoli, quante storie,qualcuno ha il Ferdinando II con la scritta Boia ;)


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Bella davvero

non sapevo che l'ermellino avesse questa valenza anche da vivo.

Credevo che avesse valore solo quando ''indossato'' da re, imperatori........


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La colonia greca di Olbia Pontica (insieme con quella di Istros), fu fondata nella prima metà del VI sec. a.C. dai coloni provenienti dalla città di Mileto, sulla costa settentrionale del Ponto Eusino, presso la foce del fiume Hypanis.

L’ottima posizione sulla costa settentrionale del Mar Nero, le particolarità geologiche e climatiche che fecero di Olbia e del suo territorio una micro-regione, le permisero di occupare in breve tempo una posizione chiave nei contatti del mondo greco con quello barbaro, raggiungendo la sua massima prosperità tra il VI e la prima metà del V sec. a.C. Lo stesso Erodoto ci tramanda che i bordi del fiume Hypanis offrivano le condizioni favorevoli per lo sviluppo di un’economia rurale, di cui l’agricoltura e l’allevamento costituivano le attività principali della micro-regione. Inoltre, da Olbia partivano le vie fluviali e terrestri che conducevano verso Nord nelle steppe dell’Ucraina e poi, all’interno della Scitia favorendo, allo stesso modo, già durante la seconda metà del VII secolo a.C. le esportazioni greche in Ucraina. La città divenne presto un fiorente porto commerciale ed un centro di notevole importanza per l’attività della pesca e per il commercio del grano proveniente dalla Scitia. Erodoto e Dione Crisostomo ci narrano che Olbia ricoprì un ruolo importante anche nel commercio del sale con questa regione durante i soggiorni delle tribù nomadi scite nelle steppe dell’Ucraina, che si trovano molto lontane dal litorale marittimo.

Gli scambi con queste regioni interne, incrementarono notevolmente lo sviluppo della metallurgia e già nella seconda metà del VI sec. a.C. Olbia si affermò quale importante centro per la lavorazione dei metalli (soprattutto bronzo) importati probabilmente, da giacimenti dell’Ucraina o dell’Asia Minore.

Per la sua enorme importanza e ricchezza, divenne un punto d’incontro non solo commerciale, ma anche religioso per tutte le altre colonie milesi con i culti di Apollo Delphinios, di Zeus e Athena ed in seguito, con quelli di Demeter, Cibele e Achille.

Dopo l’iniziale sviluppo, Olbia risentì per un certo periodo di una crisi economico-politica che coinvolse il mondo greco e che si risolse sul finire della seconda metà del IV sec. a.C. La polis ritrovò il suo equilibrio e si avviò nella seconda fase della sua massima prosperità: l’economia della micro-regione si espanse notevolmente, l’artigianato rifiorì nella città stessa (ceramica, metallurgia, tessuti, taglio della pietra, ecc...) ed il commercio si sviluppò notevolmente, favorendo così la diffusione crescente della moneta di Olbia.

A questi periodi di crescita, si alternarono momenti difficili per la città che subì delle dominazioni: nel 331 a.C. fu assoggettata alla politica aggressiva di Zopirion, ma il popolo della città, unito con gli Sciti distrussero l’esercito invasore e lo stesso Zopirion morì in battaglia. A partire dal III sec. a.C. l’economia della polis iniziò un lento declino, accentuato dai commercianti del Bosforo che, economicamente più forti, costrinsero quelli di Olbia a ridurre i loro traffici commerciali con molte regioni delle coste del Mar Nero.

È proprio verso il II sec. a.C. che essa entrò in un periodo di grave crisi e si trovò così coinvolta in vari eventi politici, che la portarono sotto altri domini.

Con il rafforzamento dello Stato scita in Sarmatia, che aveva come capitale Néapolis (oggi Simféropol), alla fine del II sec. a.C. Olbia si trovò sottomessa al potere delle tribù degli Sciti, con conseguente fine delle relazioni pacifiche con questo popolo. Ben presto fu liberata da questo dominio, per trovarsi poi fino agli inizi del I sec. a.C. sotto l’egemonia di Mitridate il Grande, re del Ponto.

Dal I sec. a.C. visse i suoi anni più tristi e conobbe ancora altre occupazioni e distruzioni.

Fu saccheggiata verso il 60 a.C. da Burebista re dei Daci, poi attorno al 48 a.C. subì una distruzione completa da parte dei Goti e nella seconda metà del I sec. a..C., cadde sotto il dominio di re Cimmeri che vi coniarono le proprie monete. Fu ricostruita soltanto nel II sec. d.C. dal munifico imperatore Adriano, che vi pose una guarnigione a sua difesa e fu quindi, inclusa nella provincia romana della Moesia Inferiore.

La decadenza economica, politica e sociale dell’Impero Romano iniziata nel III sec. d.C., trascinò anche questa provincia e la zona del Mar Nero in un periodo di fortissima crisi. Questa situazione favorì nuove incursioni dei Goti che continuarono per tutto il III e il IV sec. d.C., conducendola alla fine del IV sec. d.C. ad un declino irreversibile. La città fu distrutta dagli Alani all’inizio del V secolo e da allora, Olbia ed i villaggi adiacenti furono definitivamente abbandonati dopo mille anni di esistenza.

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Marco Emilio Lepido, console nel 187 a.C. con Gaius Flaminius, costruì la Via Emilia, per congiungere il territori dei Liguri con la Via Flaminia. La Via Emilia congiunse così Rimini con Piacenza, passando per Cesena, Imola, Bologna, Modena, Reggio e Parma. In età imperiale fu prolungata fino ad Aosta e quindi ad Aquileia. L'attuale Via Emilia, lunga 262 km, segue abbastanza fedelemente il tracciato dell'antica strada romana.

Secondo l’illustre studioso T. Mommsen l'antichità di questa famiglia si deduce anche dal fatto che essa diede il nome ad una delle antiche tribù rustiche, l’omonima Tribù Emilia, che nel Lazio comprendeva Formia e Fondi, ed includeva anche Sessa Aurunca, la colonia di Copia Thuri, quella di Vibo Valentia e inoltre i centri di Mevania nel Bruzio e di Trebbia nell'Umbria.

L’origine della gens Emilia era probabilmente sabina, in quanto sembra riconducibile ad un capostipite di nome Mamerco, detto Emilio (da aemilius, cioè "affabile") per il suo temperamento gentile, che secondo alcuni sarebbe stato figlio di Numa Pompilio, dal quale avrebbe appreso gli insegnamenti pitagorici. Secondo altri questo Emilio sarebbe invece figlio di Pitagora, del quale fu seguace Numa Pompilio, che forse per tale ragione lo avrebbe preso sotto la sua protezione, o adottato.

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La gens Aemilia si divise successivamente in vari rami, tra cui i Mamercini, i Paoli, i Lepidi, gli Scauri. Gli Aemilii ebbero un ruolo di primo piano nella prima età repubblicana e furono una delle famiglie più presenti nelle massime magistrature: basti pensare che i suoi membri ricoprirono il consolato per ben 55 volte.

In seguito gli Aemilii subirono l'ascesa inarrestabile degli Scipioni, con i quali peraltro stabilirono un legame matrimoniale: infatti Scipione Africano Maggiore sposò la figlia di Lucio Emilio Paolo, il console caduto a Canne nel 216 a.C.

In età imperiale gli Aemilii restarono molto influenti, ma con la fine della dinastia Giulio-Claudia cessarono di ricoprire cariche pubbliche.

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Dopo le Filippine furono invase nel 1941, la gran parte dei lingotti del governo che non potevano essere rimosso in Australia fu affondata all'inizio del 1942, nel tentativo di evitare che i giapponesi. Dopo la guerra, gran parte dei lingotti subacqueo non già recuperato dai giapponesi è stato recuperato e restituito al tesoro filippino, tra cui molti pesos d'argento come questo:

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Questo pezzo di filippino 1908s è conosciuto nell'hobby di moneta americana come un "peso di salvataggio di mare". Questa moneta è stato uno dei pezzi confezionati in sacchetti di stoffa di 2.000 pesos ciascuno, poi messo in scatole di legno, ognuno contenente tre dei sacchetti di stoffa, per un totale di 6.000 pesos per scatola.

Questa moneta (e circa 15+ milioni di altri piaccia) sono stati poi dumping da una chiatta navale americana in acque profonde del Caballo Bay sud di Corregidor qualche tempo in aprile o maggio 1942, appena prima che le forze americane e filippino si arresero l'isola l'invasore giapponese.

Cos'altro possiamo dire di questo pezzo particolare? Che quasi certamente era cresciuta prima della fine delle operazioni di salvataggio in ‘58, e probabilmente, data la sua luce incrostazioni, era un premio di uno dei precedenti sforzi del dopoguerra. (Dal ponte della USS Elder, AN-20, novembre 1945 attraverso maggio ‘46, per esempio.) Forse è anche una buona supposizione che la casella che trasportano questo peso di 1908s non si ruppe quando ha colpito il fondale marino in ‘42. (Molte delle monete sciolte non erano mai recuperati.)

Potremmo anche dire, dato la SPL o la condizione migliore di questa moneta, che aveva probabilmente speso gran parte della sua vita d'anteguerra entro le volte del tesoro filippino, come supporto per pesos cartacei.

:) v.

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After the Philippines were invaded in 1941, the large portion of the government’s bullion that could not be removed to Australia was sunk early in 1942 in an attempt to keep it from the Japanese. After the war, much of the underwater bullion not already salvaged by the Japanese was recovered and returned to the Philippine treasury, including many silver pesos like this one:

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This 1908s Philippine piece is known in the American coin-hobby as a “sea-salvage peso.” This coin was one of the pieces packed into cloth bags of 2,000 pesos each, then placed into wooden boxes each containing three of the cloth bags, for a total of 6,000 pesos per box.

This coin (and about 15+ million others like it) were then dumped from an American naval barge into the deep water of Caballo Bay south of Corregidor sometime in April or May 1942, just before American and Filipino forces surrendered the island to the invading Japanese.

What else can we say about this particular piece? That it was almost certainly brought up before the end of salvage operations in ‘58, and probably, given its light encrustation, was a prize of one of the earlier postwar efforts. (From the deck of the USS Elder, AN-20, November 1945 through May ’46, for example.) Perhaps it’s also a good guess that the box carrying this 1908s peso didn’t break when it hit the sea bottom in ‘42. (Many of the loose coins were never recovered.)

We might also say, given the EF or better condition of this coin, that it had likely spent much of its prewar life within the vaults of the Philippine Treasury, as backing for paper pesos.

:) v.

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Regno di Napoli: Ferdinando II Piastra da 120 Grana 1841 con contromarcata “ BOMBA”

Questo ampio tondello fece storia per la sua famosa contromarca riferita ai “moti del 48” avvenuti a Palermo e Messina, e conseguentemente al comportamento del sovrano nei confronti del popolo insorto.

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BOMBARDAMENTO DI MESSINA

Già precedentemente osannato dai liberali con gli appellativi di “novello Tito” o “pacifico Giove”, divenne “Re Bomba” perché consentì il bombardamento di Messina del 5 settembre 1848.

La città, come l’intera isola, era insorta con l'appoggio discreto dell'Inghilterra, interessata da una parte a "mettere le mani" sulla Sicilia, isola strategica per il controllo del Mediterraneo, dall'altra parte desiderosa di ostacolare la politica di Ferdinando II, a cui non aveva mai perdonato lo “sgarro” tentato con la questione dello zolfo siciliano.

Il 1° settembre 1848 la marina militare Napoletana ancorò al largo di Catona, presso Reggio e nella notte si avvicinò alla costa dell’isola per impadronirsi di una batteria degli insorti situata a fior d’acqua nei pressi del villaggio di Contessa, fuori Messina. La flotta iniziò il bombardamento alla mattina del 2 settembre e poco dopo dal bastione Blasco della Cittadella di Messina, nelle mani dell’esercito regolare, effettuarono una sortita 4 compagnie di pionieri che, coperti dal fuoco navale, incendiarono gli affusti dei cannoni. Nel pomeriggio del 4 settembre si imbarcarono a Reggio, 250 ufficiali e 6400 uomini di truppa. Lo sbarco delle truppe in terra siciliana iniziò alla mattina del 5 settembre a 3 miglia da Messina, protetto dal fuoco delle pirofregate e delle cannoniere. Dopo 3 giorni di aspri combattimenti, l’8 settembre le truppe regie entrarono in Messina.

MOTI RIVOLUZIONARI

Il 12 gennaio del 1848 la rivolta scoppiò in Sicilia, a Palermo, e nonostante l'invio di oltre cinquemila soldati, portò all'evacuazione del capoluogo siciliano Per arginare i tumulti scoppiati in tutto il regno, Ferdinando promulgò, l'11 febbraio, la costituzione e nel marzo seguente per volontà dei liberali al governo, interrompendo un lungo periodo di pace, fu inviato un contingente di truppe al comando di Guglielmo Pepe a combattere contro l'Austria a fianco dei Sardi.

La rivoluzione in Sicilia e gli avvenimenti napoletani del 15 maggio, con cruenti scontri tra le truppe e i liberali, indussero Ferdinando a sciogliere la camera e richiamare l'esercito dal nord. Nel maggio 1849 la sommossa della Sicilia fu domata con le armi. La costituzione non venne abrogata ufficialmente: fu semplicemente messa in disparte. Questi avvenimenti pesarono non poco sul carattere e sull’entusiasmo del Re, che però continuò a perseguire il suo personale disegno di sviluppo della Regno: i popolani continuarono ad essere al centro della sua attenzione.

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Inviato (modificato)

....da wikipedia

Sesto Pompeo Magno Pio (latino: Sextus Pompeius Magnus Pius) è stato un generale.

Figlio più giovane di Gneo Pompeo Magno e fratello maggiore di Gneo Pompeo ,era uno dei migliori generali romani e inizialmente un politico favorevole ai populares.

Quando Cesare attraversò il Rubicone , dando così inizio alla guerra civile, Gneo seguì il padre in Oriente, come fece la maggior parte dei senatori conservatori, mentre Sesto rimase a Roma .L'esercito di Pompeo perse la battaglia di Farsalo nel 48 a.C. e lo stesso Pompeo Magno dovette fuggire per salvarsi la vita. Sesto lo incontrò nell'isola di Mitilene e insieme fuggirono in Egitto. Al loro arrivo Sesto assistette all’assassinio del padre, ordinato dal fratello di Cleopatra, re Tolomeo XIII

.L'anno successivo, Sesto si unì alla resistenza contro Cesare: assieme a Cecilio Metello Scipione, Catone Uticense, il fratello Gneo e altri senatori, si preparò a opporsi a Cesare e al suo esercito fino alla fine. Cesare vinse la prima battaglia a Tapso (46 a.C.) contro Metello Scipione e Catone, che si suicidò. Nel 45 a.C. in Hispania Cesare batté anche Gneo e Sesto nella battaglia di Munda.

Sesto Pompeo era stato nominato dal Senato prefetto della flotta romana che riunì a Massilia. Dopo la sua proscrizione per effetto della lex Pedia, Sesto salvò molti altri fuggiaschi e si diresse in Sicilia, conquistando l'isola all'inizio del 42 a.C. Con la sua flotta interruppe i rifornimenti per l'Italia,

Ottaviano provò a conquistare la Sicilia, ma fu sconfitto nella battaglia navale dello stretto di Messina (38 a.C.) e di nuovo nell'agosto del 36 a.C.Ma Ottaviano aveva al suo fianco Marco Vipsanio Agrippa, un generale di grande talento. Soltanto un mese dopo, infatti, Agrippa distrusse la flotta di Sesto nella battaglia di Nauloco. Sesto fuggì in Oriente ma fu catturato a Mileto nel 35 a.C. e giustiziato senza processo .

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Modificato da ciosky68

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La moneta della rivolta

Negli anni intorno al 1220/22 i ribelli Mussulmani contro Federico II si radunavano sulle montagne della Sicilia Occidentale. Erano guidati da Muhammad ibn 'Abbad discendente dell’ultimo eroe mussulmano di Sicilia arroccato nella città di Entella. Federico II ne pone l’assedio che dura dal 17 luglio al 18 agosto 1222 e che si conclude con la resa di Muhammad ibn 'Abbad e dei suoi figli che verranno poi impiccati. Durante il periodo della ribellione Muhammad ibn 'Abbad battè moneta di un’ unica e sola tipologia: un dirhem leggero in argento.

Il luogo della battitura non è conosciuto, ma si pensa che sia ad Entella stessa.

La tipologia differisce parecchio dalle frazioni di dirhem battute in Sicilia in epoca aghlabida e fatimida. Il tondello è largo e sottile, la leggenda è incisa in caratteri arabi fluenti detti "naskhi" invece che nei più piccoli e stilizzati caratteri "cufici" utilizzati in epoca precedente. La coniazione è stata relativamente abbondante in quanto oggi si conta un buon numero di esemplari battuti con diversi conii.

Lungo il bordo esterno, quando è integro, è presente un cerchio di perline, ai due lati si legge:

Al dritto :Non c'è Dio se non Allah Muhammad è il profeta di Allah

Al rovescio :Muhammad ben 'Abbad comandante dei musulmani

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  • 2 anni dopo...
Inviato

A volte ritornano .....e forse è giusto farle ritornare certe discussioni,che sono anche qualcosa di più, il titolo infatti parlava di progetto, eravamo nel 2011, di tempo ne è passato...., eppure il forum è sempre il forum, le motivazioni alla base dello stesso sono uguali, la divulgazione è il principio base di tutto.

Divulgare e raccontare storie numismatiche di monete proprie, ma anche prese da internet, raccontare e spiegare, ovviamente vale ogni periodo storico, ogni zecca, discussione generalista ? Si, ma credo personalmente che questa debba essere la partenza almeno su un forum dove molti utenti iniziano ad approcciare la numismatica, in particolare molti giovani.

Quando la iniziai pensai è poi l'uovo di Colombo, poi in realtà in discussione e personalmente, alcuni mi dissero che i fora stranieri hanno discussioni similari e continuative nel tempo e che sono sempre aperte, quando uno ha qualcosa che pensa possa essere interessante da far leggere, vedere, racconta e lo posta qui.

Penso che sia venuto il momento sul forum di unire...., parcellizzare, specializzarsi può essere importante, ma non dobbiamo perdere lo spirito di aggregare ed essere utili a tutti.

Indubbiamente a volte c'è la tendenza, anche mia lo devo dire, di proporre casi molto particolari, varianti, unicum, aspetti decisamente fortemente tecnici, penso si debba proporre anche storie non conosciute, ma accessibili a tutti, la crescita di una nuova generazione numismatica parte da queste cose, lo fu per tutti, compreso il sottoscritto.

Ovviamente lo spirito è per tutti di abbandonare anche solo per un attimo i propri interessi specifici, le proprie sezioni, le proprie abitudini e per una volta fare una proposta anche qui, per tutti.

Non se se avrà seguito....però penso che sia giusto avere su un forum spazi di questo tipo che incoraggino a iniziare, a capire quale settore seguire e poi molte di quelle storie già scritte credo che non tutti le conoscano....

Mi auguro ci possa essere collaborazione e riscontri in tal senso....a titolo di ulteriore esempio metto il link di una discussione recente fatta nella sezione moderna, quella sulla mitica scopetta, una impresa, un simbolo di Milano,un must della monetazione milanese, penso che in ogni sezione ci siano belle storie, baste poi riportarle alla fine qui....non è poi difficile....

http://www.lamoneta.it/topic/125872-quella-mitica-scopetta/

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Inviato

Ho pensato di fare un salto nel trecento... Secolo terribile (ci fu la grande peste), ma anche ricco di arte (Giotto & co...) e di fermenti politici (è il secolo in cui iniziano le signorie).

E per l'esattezza vorrei portarVi a Padova. Nel XIII secolo Padova divenne uno dei più importanti comuni del Nord-est. Ma all'inizio del trecento sorse nella vicina Verona la stella di Cangrande della Scala, uno dei geni politici del medioevo. Padova ne soffre e decide che un uomo forte al potere fosse la soluzione giusta per proteggersi. Fu così che nel 1318 venne eletto podestà Jacopo I da Carrara. Tuttavia la soluzione non fu efficace e nel 1228 la città fu presa dagli Scaligeri. Fu con l'aiuto di Venezia, che temeva la potenza scaligera, che i Carraresi ripresero la città dieci anni dopo e la governarono fino al 1405, anno della definitiva sconfitta per mano di Venezia.

La moneta che ho scelto per illustrarVi questo breve racconto è un carrarino di Jacopo II da Carrara. Sul dritto presenta una grande croce accantonata dalle iniziali del Signore I - A e da due carri, simbolo della signoria, circondati dalle legenda CIVIT PAD. Sul rovescio il patrono della città S.Prosdocimo seduto con un pastorale e la città nella mano destra.

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Per chi volesse approfondire l'argomento consiglio il Rizzoli-Perini, Le monete di Padova e i recenti scritti di A.Saccocci. Merita anche una visita il sito del MIBAC, Bollettino di Numismatica online, dove potete trovare le monete di Padova della collezione di Vittorio Emanuele III.

Arka

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Inviato

Ringrazio Arka a livello personale, di forum e tutto sommato di tutti, per aver capito e raccolto l'invito, certamente lo spirito della discussione e' questo, donare, divulgare, far conoscere una moneta, una storia, penso che questa ma anche iniziative similari possano far molto bene sia al forum che alla conoscenza della numismatica.

Uniti si vince , e questo e' il momento di stare uniti.......,credo che essere squadra su un forum sia fondamentale, certo il periodo estivo non aiuta sicuramente, ma questa e' una discussione che potenzialmente può durare anche per sempre come nei fora stranieri.

Mi piacerebbe ora vedere per esempio una moneta classica, una del Regno, una napoletana, dei Savoia, anche qualche storia di monete straniere, ma anche medaglie che hanno storie incredibili......impegnativo ? No, basta una storia, un post metterlo qui, invece che nel proprio ambito......, conta? Io dico di si, molto....molto più di quello che immaginate, alla fine il forum, come poi la vita e' fatto di gesti.....piccoli gesti.....e chi più sa....più può dare.....

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Inviato (modificato)

Ciao @@dabbene,

nell'ottica di una condivisione di esperienze e conoscenze tra foristi che, difficilmente, scambierebbero le proprie opinioni, avendo interessi numismatici relativi a periodi totalmente diversi, Vi posto la mia moneta un obolo di Allifae.

Con me, siamo alla fine del IV° sec. A.C., Roma non è ancora la Caput Mundi, mentre, nelle zone dell'Alto Matese, tra l'Alta Campania ed il Molise, si stanzia il fiero popolo Sannita.

Sull'attribuzione dell'obolo alla città casertana di Allifae, però, si è giunti per gradi.

Nell'800 gli studiosi ( Avellino) ritenevano che la monetazione si riferisse ad una località nei pressi del monte Ollibanos che si elevava tra Pozzuoli e Cuma. Millingen la colloca presso Cuma; Tale tesi viene accettata da Garrucci, sul presupposto che la tipologia richiamasse la monetazione di Cuma, avendo, al rovescio, la rappresentazione del mostro Scilla, che mal si adattava ad un popolo di montagna quali i Sanniti.

Successivamente A. Sambon, grazie ai ritrovamenti di tali oboli insieme a quelli di Phistelia e di Neapolis nei pressi della necropoli dell'Antica Allifae, riferisce, in modo definitivo, l'obolo alla suddetta città di Allifae, spiegando che la presenza di figure " marittime" sulla moneta sono dovute ai frequenti commerci tra i Sanniti stanziati nel fertile territorio dell'Alta Campania con le città marittime greche, quali Neapolis e Cuma.

Scilla, l'ostrica ed i mitili indica pertanto gli ottimi rapporti commerciali tra Greci e Sanniti nel periodo precedente all'espansione di Roma, che troverà nei Sanniti fieri avversari con le tre guerre sannitiche, e l'alleanza, invece, con Neapolis.

Oltre i tipi marittimi, l'obolo presenta i caratteri della lingua osca.

Per saperne di più: Pietre e Monete - Libreria Classica Diana Editrice.

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Modificato da eliodoro
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Inviato

Mi piacerebbe ora vedere per esempio....anche medaglie che hanno storie incredibili...

Già mostrata all'atto dell'acquisto, 5 anni fa, nella sezione Monete e medaglie pontificie, la ripropongo in una collocazione diversa per, come dice Mario, condividerla con un maggior numero di utenti.

Clemente XI, medaglia ufficiale Anno IX di pontificato (1709)

D:/ CLEMENS.XI.P.M.AN.VIIII

Busto del Papa con tiara, volto a destra. Sotto il busto, la firma, HAMERANVS

R:/ PORTAVERVNT.TABERNACVLVM.FOEDERIS

Folla che trasporta un tabernacolo. In esergo MDCCIX

L'iscrizione al rovescio fa riferimento a un passo delle Sacre Scritture, Libro Terzo dei Re:

Et portaverunt arcam Domini, & tabernaculum foederis (E portarono l'arca del Signore, e il tabernacolo dell'alleanza).

Metallo; bronzo

Peso: 21,17 grammi

Diametro: 40 mm.

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La medaglia celebra la processione per la pace del gennaio 1709.

La situazione che si era venuta a creare alla fine del 1708, a causa della guerra di successione spagnola, era quanto mai pericolosa per lo stato pontificio; il Pontefice si trovava in balia dei due blocchi belligeranti con i quali si era troppo compromesso. Senza più alcun appoggio, mentre il giudizio delle armi volgeva a favore dell'Austria, Clemente XI, nel timore di un saccheggio della città, implorò l'aiuto divino, prescrivendo preghiere e pubbliche funzioni per la salvezza della Chiesa e del suo Stato.

La medaglia si riferisce a questo drammatico momento. Il 2 gennaio 1709 l'immagine del Salvatore fu portata dalla Cappella Sancta Sanctorum a San Pietro in processione solenne, seguita dal Papa a piedi, da tutti i cardinali e da moltissimi sacerdoti. La medaglia rappresenta questa processione con il pontefice attorniato dalle guardie svizzere, da religiosi e da fedeli.

petronius oo)

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Inviato

Abbiamo letto una bella storia di una medaglia, ma tutto quello che riguarda il forum può essere ovviamente proposto, quindi anche cartamoneta, gettoni, tessere e non necessariamente la moneta deve essere propria, può essere anche tratta da internet, da aste, l'importante è' poi la descrizione, il raccontarla......ovviamente mi faranno piacere risposte ulteriori che possono essere anche multiple, ma certamente non lo farete per me, anche se vi ringrazio già da ora, il fine e' in realtà poi quello di rendere il forum sempre più strumento di divulgazione, conoscenza numismatica, ma anche condivisione tra noi, ecco perché mi piacerebbe nel tempo vedere la partecipazione di tanti, in particolare dei curatori del forum e di chi ha già buone conoscenze o chi ha una lunga militanza, l'esempio è' sempre importante in questi casi, ovviamente sempre se ritenete e quando vi sarà possibile......

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