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IGNORED

FLUSSI DI DENARO NEL MEDIOEVO


Risposte migliori

Ciao Mario

Che ne pensate? Hai praticamente detto tutto :) .

In più : al tempo della terza crociata la Toscana e tutta l'Italia centro-settentrionale cominciano a perdere la loro unità monetaria e nascono nuove zecche e tipi monetali nuovi (Travaini 2000).

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Condivido, ma solo parzialmente, quanto esprime Spufford. La Terrasanta è un vero caos dal punto di vista della circolazione monetaria ed è difficilissimo quindi inquadrare i fenomeni con esattezza. Ad ogni modo riassumerò la mia idea, che è un mix di altre che circolano già da un po'.

Anzitutto il discorso del credito ha un certo senso, ma solo limitatamente, infatti basta solo pensare che la differenza vera era fatta sull'oro, estremamente dominante in tal senso era allora il mondo islamico rispetto all'Europa. Azzarderei che forse il paragone non può nemmeno sussistere. Poi bisogna focalizzare l'attenzione su quali scambi intendiamo: tra Franchi e Franchi, Franchi e Poulains, oppure Franchi e Musulmani? Tra Franchi e Franchi il problema è relativo, era accettato grosso modo quasi tutto, meglio ovviamente se si trattava di monete più facilmente smerciabili. Tra Franchi e Poulains il discorso è lo stesso del precedente, con l'unica eccezione che bisogna contestualizzare lo scambio, se fine alla sola circolazione locale (possedimenti crociati) oppure se fine ad uno scambio esterno con la realtà islamica. In quest'ultimo caso ci si pone nella stessa situazione di Franchi vs Musulmani, dove la moneta islamica (SPECIFICAMENTE A CARATTERI ARABI) prevaleva, portando gli stessi Cristiani ad imitare o falsificare monete consolidate tra i devoti del Corano, in quanto questi ultimi faticavano ad accettare qualsiasi nummo che non presentasse grafia araba. Le ragioni di questa problematica sono dottrinali ed abituali e le ho rese note in uno scritto del 2009. Forse unica eccezione era la moneta bizantina, in particolare in rame, riconosciuta come moneta di intermediazione e sovente utilizzata dagli islamici (a tal proposito in futuro è previsto uno studio dello scrivente che chiarirà alcuni aspetti poco noti ed altri sconosciuti).

Nel confronto e nello scambio Franchi vs Franchi (indipendentemente dalla nazione di origine), la pochezza di circolante valido, ripeto, portò ad accettare grosso modo di tutto, e la cosa proseguì di pari passo con emissioni locali simili a gettoni, talvolta ossidionali, soprattutto nelle fortezze più periferiche o di confine (sempre in un futuro prossimo pubblicherò ulteriori tipi non noti in precedente letteratura che ho avuto il piacere di studiare per cortesia di un noto collezionista giudeo). Le monete italiche all'inizio erano preferite in maniera sostanziosa perché gli avamposti commerciali e di snodo erano italiani (genovesi, pisani...) ma soprattutto perché la strada più comoda (almeno 4 percorsi su 6) di andata/ritorno delle truppe e dei pellegrini passavano per la penisola italica, in particolar modo secondo l'asse Liguria, Toscana, Roma, Terra di Lavoro, Puglia...Quindi le monete (francesi come centro europee) erano già fortemente lasciate e spese in terra italiana prima dell'imbarco, oppure erano smaltite durante il ritorno tra gli scali portuali della Palestina ed il Sud Italia (se si poteva). Quest'ultimo aspetto è già ampiamente noto, ed i ritrovamenti nel Meridione come in Italia centrale lo confermano... i.e. http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/numi_0484-8942_1999_num_6_154_2243

Insomma le monete francesi venivano già spese dove potevano essere facilmente accettate, nonché per comodità logistica dovuta al percorso dell'iter, mentre quelle italiane erano poi prtate fino in Palestina. Concludo ricordando che con gli Svevi le cose cambiarono, non riusciva facilmente ad imporsi nel Meridione la moneta straniera, come in passato durante l'epoca normanna per ragioni legate alla metrologia ed ai metalli in circolo, accadeva. Quindi su questo aspetto andiamo a riallacciarci al discorso della occorrenza superiore di moneta francese e centro europea rispetto ad epoche precedenti.

Aggiungo solo una considerazione...

Non me ne vogliate...ma studiare la numismatica del Meridione d'Italia è fondamentale...Non lo dico in funzione di semplice campanilismo ma perché, nel bene e nel male, per millenni il Sud è stato il centro del mondo, quindi conoscere i suoi segreti e le sue fenomenologie aiuta a capire molti aspetti storico-economici.

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Buonasera gionata

è sempre un piacere leggere i tuoi interventi . Complimenti, veramente. Come non essere d'accordo con te quando dici che lo studio della numismatica del Meridione d'Italia è fondamentale ? Sarebbe una follia dire il contrario :) .

I nostri interventi riguardavano sopratutto il denaro lucchese che come tu sai ci appassiona in particolar modo . E certamente sarebbe sbagliato considerare questa monetazione l'ombellico della numismatica medievale italiana. Ma non è certamente questo il nostro intento . Ma tutto serve a farci capire un poco di più lo sconfinato mondo che questa materia ci propone.

E il tuo intervento ha fatto un poco più di luce a riguardo e per questo ti ringraziamo .

E ci impegnamo a studiare meglio la storia monetaria del Meridione :)

Cordiali saluti

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La mia naturalmente era una bonaria "provocazione", poi è chiaro che ognuno ha i propri interessi ed il tempo è sempre poco per tutto...

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Concordando appieno con quanto dice Gionata ,poi ovviamente ognuno è influenzato dai propri ambiti e interessi ,cerco di continuare con qualche altro spunto di carattere più italico che quelli europei di Spufford ; collegate alla discussione sui flussi di denaro sono le analisi sul circolante e sulle aree monetarie della nostra penisola.

Uno dei massimi esperti in Italia sull'argomento è Andrea Saccocci che spesso parla nei suoi saggi di circolazione di denaro e di aree monetarie ,in particolare all'interno di " La moneta in Monferrato tra Medioevo ed età moderna di Luca Gianazza ,il Saccocci ci illustra che in epoca medievale la competenza sulla circolazione monetaria era di pertinenza delle singole autorità statali ,con la conseguenza che dal punto di vista giuridico nessuna moneta poteva vantare un ruolo internazionale ; la differenza fondamentale era dettata dal forte squilibrio tra domanda e offerta con l'offerta più bassa della domanda.

Tutto questo però portava che ogni nazione non poteva essere chiusa verso le altre ma disposta a ricevere moneta e flussi stranieri per non avere poi conseguenze dirette sulla propria economia ; nel Regno Italico dalle fonti contabili risulta solo la moneta nazionale e poche valute " straniere" che erano evidentemente equiparabili a quella locale ; nell'effettivo circolante ,le monete straniere erano invece numerose ,almeno da quello che risulta dai ritrovamenti .

L'investitura feudale ,più che delle norme specifiche ,era la causa per cui una valuta era riportata in un contratto : se per esempio una proprietà veniva dai feudi dei Conti di Canossa ,continuava ad essere affittata e venduta con la valuta usata nella prima investitura , cioè il denarius lucensis , per cui la diffusione di alcune valute era collegata alle aree importanti feudali.

Anche successivamente in periodo comunale queste valute verranno ancora usate come unità di conto " internazionali "con alcuni distretti monetari che comprendevano più stati indipendenti con lo stesso sistema di conto .

Spero di non avervi annoiato nel cercare di spiegare qualche riflessione riportata dal saggio di Saccocci ,concluderei con la sua definizione di AREA MONETARIA riportata dallo stesso nel saggio :

"le aree monetarie del medioevo erano qualcosa di simile ad un mercato monetario comune ,assolutamente non ufficiale ,al quale erano ammesse solo alcune valute basate sulle tradizionali unità di conto che in origine erano il circolante ufficiale di tutta l'area, ( come il denaro papiensis o il denaro veronensis ) e nel quale ,come conseguenza, il valore dell'unità di conto era dato nel lungo periodo non da movimenti di alcune valute dominanti ,ma dall'influenza reciproca di tutte le monetazioni coinvolte ,soprattutto attraverso gli effetti della cosiddetta Legge di Gresham ".

Spero possa essere utile per qualche riflessione e comunque per la discussione stessa svolta finora..

Modificato da dabbene
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Concordo con quanto scritto da dabbene. Del resto la definizione che fornisce Saccocci può essere estesa anche oltre il periodo medioevale. Propongo degli esempi. Nell'antichità greca e romana, spesso in una stessa città, soprattutto nelle fasi di trapasso da un regime politico all'altro, circolavano monete di origine interna (ovviamente) e di origine esterna alla città, basate sullo stesso "piede monetario" e che erano molte volte (nel caso di colonie e soprattutto di alleanze oppure città autonome ma etnicamente omologhe) equivalentemente scambiali, anche se di epoca molto differente (le occorrenze nei ripostigli lo chiariscono implicitamente). Addirittura altre volte, nell'evo classico ed in quello di mezzo, città o Stati indipendenti, cioè effettivamente dotati di una propria sovranità nazionale, se avevano alcune unità monetarie di conto in comune, potevano compenetrare il proprio circolante con quello esterno purché rispettasse il sistema, venendo a compensare nominali assenti (tipicamente quelli più elevati nella scala o particolari multipli), in maniera tale da far fronte alle esigenze di circolazione. Insomma era una sorta di prestito monetario ad incastro nel proprio sistema. I prestiti monetari su sistemi diversi erano poi all'ordine del giorno, per cause diversissime; ovviamente erano solitamente diffuse, in tal caso, le monete dominanti dal punto di vista commerciale. Esistono comunque, sempre nell'evo medio, casi in cui lo Stato riconosceva, se non ufficialmente almeno ufficiosamente, monete straniere basate su sistemi esterni ed apparentemente incompatibili, e che invece circolavano a più non posso. Ad esempio Carlo I d'Angiò pagava soventemente i funzionari di Stato siciliani con argenti veneziani, prima dell'introduzione del saluto, in quanto vi era carenza d'argento circolante. Oppure in Campania e non solo, durante la prima epoca normanna, i cavalieri nordici (dalla Normandia o dalla Scandinavia) introdussero una nuova maniera di scambio che era parallela alla pre-esistente tradizione simil-bizantina o simil-islamica, l'uso di argentei denari di Rouen, risolvendo il problema della assenza d'argento. Ad Aversa, la nobilitas locale infatti, basava il proprio potere economico su questa moneta straniera, introdotta da essa stessa e che seppe imporsi nel territorio.

Esistono comunque delle eccezioni, diversi casi limite, a ciò che è stato illustrato nella definizione...Al momento mi sovviene qualcuno di essi...ma lancio un giochetto...ditemi prima voi...ne ricordate qualcuno?

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Ciao Mario.

Bene hai fatto a riportatre la discussione nei flussi monetari di area italiana . Era questo l'intento dei nostri interventi precedenti.

Era molto importante riuscire a definire cosa si intende per area monetaria ed in questo caso, come ci hai esposto, il Prof. Saccocci è stato molto chiaro. Infatti alla moneta di conto, come dalle documentazioni scritte, bisogna aggiungere la moneta effettiva locale e straniera con i loro usi in contesti diversi.

Nei flussi monetari delle diverse aree la moneta straniera poteve divenire locale in maniera da colmare alcune lacune del sistema. Classici gli esempi dei denari provisini di Champagne per Roma e i denari tornesi della Grecia franca per il Regno di Sicilia. Si affiancavano ai nominali locali esistenti oppure erano usati come multipli o frazioni o come numerale principale. Oltretutto poteva essere usata per pagare le tasse in special modo quando non poteva essere spesa liberamente nei mercati.

Insomma ci sarebbe da parlare molto a lungo tenendo presente le diversità che ogni area monetale presenta sono molte ed ognuna con storia propria.

Comunque è un buon inizio, penso-

Saluti a tutti

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Ringraziando per i contributi importanti che state dando alla discussione , mi riallaccio a quanto detto prima sulle aree monetarie : Saccocci in un altro saggio all'interno di " Moneta locale ,moneta straniera : Italia ed Europa XI-XV secolo " continua con altre osservazioni che ritengo interessanti.

Le monete che però non riuscivano a entrare in queste aree monetarie ,perchè basate su diversi sistemi di conto , erano probabilmente scambiate al loro valore di metallo ,non avendo un corso effettivo; dall'analisi dei ripostigli di queste aree il Saccocci sostiene che difficilmente vengono trovate monete di altre aree ,anche se avevano un contenuto metallico superiore ; da questo consegue che le monete " straniere " venivano scambiate subito ,mentre le monete " locali " che potevano essere scambiate sempre ,venivano sopravvalutate anche se di contenuto metallico inferiore ( Saccocci le chiama " bad money ", questi denarini spesso sviliti e poveri delle nostre aree monetarie nel periodo ).

Tutto questo conclude il Saccocci, porta a un ruolo importante a questi sopravvalutati e poveri denari dei comuni italiani che diventano il vero circolante di ogni singola area e contribuiscono in modo decisivo a creare lo sviluppo economico e dei commerci in atto nella nostra penisola.

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Ringraziando per i contributi importanti che state dando alla discussione , mi riallaccio a quanto detto prima sulle aree monetarie : Saccocci in un altro saggio all'interno di " Moneta locale ,moneta straniera : Italia ed Europa XI-XV secolo " continua con altre osservazioni che ritengo interessanti.

Le monete che però non riuscivano a entrare in queste aree monetarie ,perchè basate su diversi sistemi di conto , erano probabilmente scambiate al loro valore di metallo ,non avendo un corso effettivo; dall'analisi dei ripostigli di queste aree il Saccocci sostiene che difficilmente vengono trovate monete di altre aree ,anche se avevano un contenuto metallico superiore ; da questo consegue che le monete " straniere " venivano scambiate subito ,mentre le monete " locali " che potevano essere scambiate sempre ,venivano sopravvalutate anche se di contenuto metallico inferiore ( Saccocci le chiama " bad money ", questi denarini spesso sviliti e poveri delle nostre aree monetarie nel periodo ).

Tutto questo conclude il Saccocci, porta a un ruolo importante a questi sopravvalutati e poveri denari dei comuni italiani che diventano il vero circolante di ogni singola area e contribuiscono in modo decisivo a creare lo sviluppo economico e dei commerci in atto nella nostra penisola.

Su questo aspetto dissento. In effetti è probabile che siano moltissime le aree dove realmente avveniva questo fenomeno di scelta circolatoria, che trascurasse l'intrinseco favorendo la moneta propria originale, ma esistono molti casi in cui ciò non avvenne, partendo dall'evo classico sino ad oggi. Ne consegue che quella precedente non è la regola o la prassi ordinaria. Questo fatto poteva avvenire soprattutto se era l'autorità statale ad imporre restrizioni o vincoli circolatori, imponendo una svalutazione di alcuni tipi rispetto a quelli interni, oppure poteva accadere per monete aventi fino quasi equivalente o inferiore, ma assolutamente non è la regola. Anzi in alcuni casi questo problema condizionò fortemente le politiche economiche e le scelte commerciali di numerosi Stati. Riporto vari esempi. Dalle Marche alla Calabria da un certo momento storico (X-XI secc.) in poi, si preferì il tarì al solido beneventano o bizantino, come è noto dalle pergamene gaetane o dal ripostiglio di Reggio, oppure il caso dei ducati veneziani nel regno di Napoli e nel regno di Sicilia nei secc. XIV-XV, oppure la questione augustali, reali e fiorini durante il regno di Carlo I d'Angiò...

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Quella della circolazione di moneta straniera assieme alla moneta locale è indubbiamente un argomento interessante che credo come è già stato detto vada affrontato non in maniera generale, ma valutando singolarmente le aree di interesse.

Io partirei proprio dal perché la moneta straniera vada ad affiancare la moneta locale. Naturalmente se si tratta di monete straniere di metallo nobile e a buon titolo, è chiaro che esse vengano accettate, ma nel caso in cui parliamo anche di monete “spicciole” allora credo che bisogni analizzare la cosa.

Probabilmente in questo caso o la massa di circolante locale non è sufficiente a sopperire alle esigenze della popolazione oppure il nominale straniero in un qualche modo va ad inserirsi tra le tipologie locali facilitando le transazioni commerciali.

Bisogna anche dire che la presenza di circolante straniero nei propri territori era fortemente contrastata e non mancano a proposito ordinanze e direttive in merito. Prima fra tutte quella emanata da Federico II nella quale si vietava espressamente la circolazione di moneta straniera nel Regno seguita poi da quella di Carlo I d’Angiò che però aveva una singolare particolarità, infatti mentre veniva espressamente vietata la circolazione di moneta straniera, allo stesso tempo quest’ultima era ammessa per il pagamento delle tasse (naturalmente a peso). Erano previste anche pesanti sanzioni per chi non ottemperava fino al marchio della moneta straniera, sulla fronte.

In tutto questo, naturalmente mi riferisco sempre al meridione dell’Italia, troviamo una situazione ambigua cioè, che nonostante le direttive, la circolazione di un particolare nominale, il denaro tornese, di provenienza francese o di Grecia Franca, era in pratica “tollerata”. Infatti questa moneta, pur essendo straniera, in qualche modo era considerata alla stregua di moneta ufficiale dopo che Carlo I d’Angiò divenne re anche dei possedimenti della Grecia Franca, quindi coniando questo nominale anche a suo nome (cosa fatta poi anche dal suo successore Carlo II). Ma concordando con quanto detto dalla Travaini, altro motivo pratico è anche che questo particolare nominale, sicuramente di contenuto di fino superiore agli sviliti denari locali, si collocava perfettamente nella circolazione tra il denaro ed il Carlino (gigliato) andando quindi a creare un nominale intermedio tra i due valori ufficiali del regno, facilitando in questo modo le piccole transazioni commerciali.

Naturalmente ho cercato di evidenziare una situazione in solo due righe, ma il discorso è molto ampio a mio avviso e meritevole di approfondimento, tenendo presente però le differenze che si possono riscontrare nelle varie aree della nostra penisola.

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Si ,anche qui è comunque bene intendersi ,come Spufford ha una visione europeista dei fenomeni ,le analisi di Saccocci sono dedicate essenzialmente alle tre grandi aree monetarie del Nord e Centro Italia ,in particolare ,Pavia,Verona,Lucca ,con l'aumento delle stesse in età comunale con le nuove zecche Asti,Genova,Siena ecc....; ovviamente le vostre osservazioni sulla parte meridionale sono validissime e integrano ,almeno ritengo il pensiero del Saccocci ; comunque vedo con piacere che la discussione decolla e riesce ad appassionare più di uno ,la completezza delle opinioni ,anche non necessariamente uguali pone a favore della discussione stessa,ovviamente.

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Che il fenomeno del flusso di moneta straniera in determinate aree monetarie preoccupasse le Autorità è dimostrato dalle "renovationes monetae" ( Federico II ad esempio).

Che c'entra , direte voi. Beh, è la dimostrazione, almeno credo, dell'importanza che la moneta straniera aveva acquisito nell'economia del territorio ( nella moneta straniera dobbiamo includere anche i nominali di altre zone italiane). O sbagio?

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Per rispondere ad Adolfo in " Moneta locale, moneta straniera : Italia ed Europa XI-XV secolo " la Travaini non ritiene automatico e conseguente dire moneta straniera quella che proviene da fuori della propria area monetaria : per intendersi meglio a volte una moneta straniera poteva essere resa locale ,per esempio in Sardegna la moneta di Genova e Pisa ,le monete di rame bizantine in Italia meridionale ,o casi di tipo diverso il provisino di Champagne o i denari tornesi in certi periodi dell'anno e in certe zone europee erano considerate come moneta locale o le monete di Venezia nei propri territori ,tutti casi a detta della stessa Travaini che per vari motivi sono da valutare e non c'entrano solo aspetti politici o territoriali o coloniali ,ma a volte anche puramente commerciali.

C'è poi da dire che molte zecche medievali anche ufficiali battevano moneta gradita e garantita a volte in modo non legale con delle imitazioni ,ma potevano battere moneta non solo locale ma anche di altre specie se richiesta : Alfonso il Magnanimo per esempio mentre si preparavava alla conquista da Palermo di Napoli fece fare a Palermo dei ducati veneziani e la zecca di Venezia produsse aspri ottomani per il console che si recava in quei luoghi ,quindi dipendeva molto dall'occorrenza ,dalle situazioni ,dalla bontà e spendibilità della moneta in questione.

Mi è anche venuto un dubbio ,essendo di più i lettori di chi fa interventi non vorrei avere generato confusione in quanto alcuni parliamo di certe aree monetarie e altri di altre e allora vorrei brevemente riassumere per tutti un semplice concetto : l'Italia monetaria di circa il XII secolo era distinta in due aree principali : l'Italia del Sud con la Sicilia che usava monete d'oro i tarì ,monete di rame ,coniati in loco oltre all'uso di monete provenienti da altre parti come i denari d'argento di Pavia ,quelli francesi ecc. e l'Italia del Regno Italico che poi diventa l'Italia dei Comuni che usa il denaro d'argento di origine carolingia ,denaro che poi si degraderà nel tempo : le principali aree dell'Italia Centro Settentrionale erano quelle del denaro pavese per il Regnum Italicum ,del denaro veronese per la Marca Veronensis e del denaro lucchese per la Toscana, il territorio dei conti di Canossa e parte Italia centrale ,forse era giusto fare questo breve e sintetico riassunto per i più che ci leggono ,dopodichè penso si possa anche continuare.

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Esistono comunque delle eccezioni, diversi casi limite, a ciò che è stato illustrato nella definizione...Al momento mi sovviene qualcuno di essi...ma lancio un giochetto...ditemi prima voi...ne ricordate qualcuno?

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Purtroppo il mio invito non ha avuto seguito, riguardo la questione trascritta da dabbene:

la competenza sulla circolazione monetaria era di pertinenza delle singole autorità statali ,con la conseguenza che dal punto di vista giuridico nessuna moneta poteva vantare un ruolo internazionale

Proporrò degli esempi di seguito.

I esempio:

le coniazioni albanesi (Croia) avvenute durante le guerre d'Albania tra le truppe guidate da Skanderbergh (con aiuti aragonesi napoletani) ed i Turchi conquistatori. Ufficialmente ogni territorio riconquistato dall'eroe albanese era inteso come proprio da parte dello Skanderbergh ma con il vincolo d'omaggio per Alfonso d'Aragona il magnanimo. Quest'ultimo inviò un vicere per l'Albania, ma in concreto il potere era esercitato da Skanderbergh e dai suoi suoi partitari. Le coniazioni avvennero seguendo i tipi napoletani e rappresentano un esempio di moneta che superava i confini nazionali (valide in Albania e nel Sud Italia).

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II esempio

La Gran Compagnia Catalana che conquistò numerosi territori in Grecia. Essa fu spesso autogovernata e non riconobbe sempre la sovranità di un re siciliano/catalano. Le quasi certe coniazioni di denari tornesi che ivi avvennero sono un esempio di moneta internazionale, sia nel contesto balcanico che in quello sud italiano e francese.

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III esempio

le coniazioni di gigliati (multipli sottomultipli) nel regno di Napoli, in Provenza ed a Cuneo sono un esempio simile di moneta da utilizzare in un mercato internazionale. La sovranità era unica ma amministrazioni indipendenti, insomma una corona per più Stati.

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IV esempio:

i territori ionici "svevi" ed i denari ivi coniati. Dovevano integrarsi al sistema siciliano...ecco un altro esempio di moneta internazionale per scelta.

E' probabile che vi siano anche casi simili per la storia monetaria di Venezia e Genova, ma voi sicuramente sapete in merito a ciò molto più di me.

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Molto interessanti gli esempi che ci hai mandato.

Una domanda : ma le monete erano imitazioni della zecca principale oppure erano diverse dal conio di riferimento?

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Molto interessanti gli esempi che ci hai mandato.

Una domanda : ma le monete erano imitazioni della zecca principale oppure erano diverse dal conio di riferimento?

Dipende, conii simili nella maggior parte dei casi descritti o leggere variazioni. Invece nel caso melitense erano monete con propria identità iconografica.

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Molto interessanti gli esempi che ci hai mandato.

Una domanda : ma le monete erano imitazioni della zecca principale oppure erano diverse dal conio di riferimento?

Dipende, conii simili nella maggior parte dei casi descritti o leggere variazioni. Invece nel caso melitense erano monete con propria identità iconografica.

Quindi riconoscibili ad occhio esperto .

Cercherò di documentarmi

grazie

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