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IGNORED

Marengo data ribattuta.


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se guardate volumi come l'Attardi ne riposta 4 o 5 per ogni anno di difetti

Appunto, mi pare che anche tu in fondo non ti senta di sbilanciarti ulteriormente sulla questione delle varianti, per questo vorrei tanto leggere il parere dell'amico Sergio, speriamo che anche lui esponga la sua idea a riguardo!

Modificato da Maregno
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se guardate volumi come l'Attardi ne riposta 4 o 5 per ogni anno di difetti

Appunto, mi pare che anche tu in fondo non ti senta di sbilanciarti ulteriormente sulla questione delle varianti, per questo vorrei tanto leggere il parere dell'amico Sergio, speriamo che anche lui esponga la sua idea a riguardo!

Qui purtroppo è facile cadere nell'equivoco con i termini... purtroppo è vero alla fine la ribatittura è un difetto a tutti gli effetti, la cosa strana è che avviene su un solo numero del millesimo molte volte e quindi diventa improbabile lo slittamento del conio.

Ipotesi forse assurda:

Se quando il pantografo crea il conio per monete di piccolo modulo diciamo centesimi ma anche marenghi salta e riproduce male una sola data del millesimo creando un segno scambiabile per una ribatittura la dovremmo chiamare Variante o Errore ? Alla fine è facile che ciò accada ... ma come lo considerereste ?

Saluti

Marco

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se guardate volumi come l'Attardi ne riposta 4 o 5 per ogni anno di difetti

Appunto, mi pare che anche tu in fondo non ti senta di sbilanciarti ulteriormente sulla questione delle varianti, per questo vorrei tanto leggere il parere dell'amico Sergio, speriamo che anche lui esponga la sua idea a riguardo!

Qui purtroppo è facile cadere nell'equivoco con i termini... purtroppo è vero alla fine la ribatittura è un difetto a tutti gli effetti, la cosa strana è che avviene su un solo numero del millesimo molte volte e quindi diventa improbabile lo slittamento del conio.

Ipotesi forse assurda:

Se quando il pantografo crea il conio per monete di piccolo modulo diciamo centesimi ma anche marenghi salta e riproduce male una sola data del millesimo creando un segno scambiabile per una ribatittura la dovremmo chiamare Variante o Errore ? Alla fine è facile che ciò accada ... ma come lo considerereste ?

Saluti

Marco

Ma io sono uno di quelli che considera varianti solo le differenze volute sull'incisione... teste grandi o piccole ad esempio.

Di un difetto di coniazione (nel suo atto) non si può parlare perchè la coniazione è avvenuta in maniera corretta

Di errore neanche si può parlare secondo me... chi lo ha fatto l'errore... il pantografo?

Si tratta semplicemente di un esemplare con data ribattuta:) ahahahahha

Ora mi menate... ma state boni:)

Io ho sempre pensato che le ribattiture fossero dovuti a ritocchi di coni precedenti... insomma si adeguavano le date:) alla fine se ci fate caso sono presenti, ma vado empericamente, su monete coniate in non grandi quantità..

Se quello che ipotizzi è vero... perchè solo per alcune monete accade? queste ribattute non sono comuni a tutte le tipologie di monete ... eppure l'errore che lo ha causato dovrebbe riproporzi anche in quelle.

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Se quando il pantografo crea il conio per monete di piccolo modulo diciamo centesimi ma anche marenghi salta e riproduce male una sola data del millesimo creando un segno scambiabile per una ribatittura la dovremmo chiamare Variante o Errore ? Alla fine è facile che ciò accada ... ma come lo considerereste ?

Il fatto è che come tutti ben sappiamo la variante è o dovrebbe essere una caratteristica voluta e/o documentata, che generalmente serve per distinguere una Zecca, un periodo o una provenienza, facciamo il solito esempio banalissimo pensando alle differenze nel numero di rosette sul contorno di aquilotto e biga per V.E.III!

Il caso in questione, potremmo certamente definirlo un difetto, se consideriamo il buon criterio che dice; una moneta per essere FDC deve risultare il meglio che quel conio possa riprodurre, in questo caso una moneta con simile caratteristica, anche se si tratta di un'azione volontaria come appunto fai notare, non può esser valutata nella più alta conservazione, in quanto quardandola noteremo proprio un visibile difetto che di poco la allontana dalla perfezione del modello originario!

Sempre a mio parere, potremmo però anche definirlo un errore, come ad esempio la caratteristica della moneta da 1 centesimo del 1811per Napoleone I Re d'Italia che riporta le cifre 11 della data ribattute su 0, in questo caso è intuibile che ci sia stata una correzione, cosa che potrebbe eserci stata anche sulla moneta in questione proprio come dice Marco!

Io ho sempre pensato che le ribattiture fossero dovuti a ritocchi di coni precedenti... insomma si adeguavano le date:) alla fine se ci fate caso sono presenti, ma vado empericamente, su monete coniate in non grandi quantità..

Se quello che ipotizzi è vero... perchè solo per alcune monete accade? queste ribattute non sono comuni a tutte le tipologie di monete ... eppure l'errore che lo ha causato dovrebbe riproporzi anche in quelle.

Direi che nei Marenghi di Umberto le ribattiture sono piuttosto comuni, http://marenghi.collectorsonline.org/moneta/M-27/17 con il passare del tempo aumentano i casi e le particolarità ma gradualmente sfuma anche l'interesse.

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Direi che nei Marenghi di Umberto le ribattiture sono piuttosto comuni, http://marenghi.coll.../moneta/M-27/17 con il passare del tempo aumentano i casi e le particolarità ma gradualmente sfuma anche l'interesse.

Totalmente o quasi assenti nei marenghi di V.E. II fatta eccezione per la moneta datata 1878

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Cari amici. Ogni volta che viene presentata una moneta ribattuta, si ripropone la questione.

Intanto complimenti ad Andreix per l'acquisto. Il grado di conservazione della sua moneta è senz'altro alto.

Quanto alto? Difficile dirlo, posto che i due graffietti, ingranditi con le fotografie postate, potrebbero sembrare chissà cosa. Ma, nella realtà, cioè in scala 1:1, potrebbero risultare assai meno vistosi...

In definitiva, potrebbero starci sia la valutazione più prudente di Maregno, sia quelle più ottimistiche di Nicrael o Taglialuca.

E veniamo alla vexata quaestio.

Variante o errore/difetto?

Premetto (ma senza con ciò voler denigrare in alcun modo la moneta di Andreix) che il 1891 ribattuto si rinviene con frequenza. Forse persino più dell'omologo 1893. Credo però che la ribattitura dia comunque un valore aggiunto, ancorché non particolarmente significativo, rispetto all'esemplare normale.

Decisamente più infrequente è il 1897 con l'1 ribattuto.

Probabilmente ha ragione il mio amico Maregno quando sostiene che si tratti di errori e/o difetti. In molti di questi casi, infatti, sembrerebbe che la zecca sia intervenuta al solo fine di correggere un errore precedentemente commesso. La tesi vale, a maggior ragione, per gli slittamenti di conio, che producono uno sdoppiamento più o meno significativo della data, e per i casi di conio stanco (ad esempio, per i 20 lire VE II del 1851 o del 1852 Genova senza la f dell'incisore).

Non applicherei, invece, il medesimo principio ai casi in cui la zecca abbia scientemente riutilizzato dei tondelli, ribattendovi sopra una data parzialmente diversa (ipotizzerei il caso del 20 lire VE I del 1817 con il 7 sul 6). Qui, a mio avviso, abbiamo senz'altro delle varianti.

Sarei però meno d'accordo con lui se si arriva a sostenere che queste monete, siccome contenenti un errore, valgono meno di quelle normali.

Fatta ovviamente eccezione per i casi in cui gli esemplari "anormali" sono più dei "normali", riterrei che le monete "diverse", in quanto, per l'appunto, esistenti in minor numero, siano da considerare più delle normali. Il quantum, ovviamente, dipende da quante se ne rinvengono in circolazione.

In coerenza con la mia tesi, aggiungo infine - ma Maregno già lo sa - che queste monete, anche se contenenti un errore nella data, possono arrivare ugualmente al FDC. A mio avviso (ma il mio è solo un parere personale), è, in generale, l'eventuale usura post zecca a determinare il grado di conservazione della moneta. Solo in casi estremi si deve tenere conto dei difetti di zecca (ad esempio, quando ci siano gravi carenze o mancanze, oppure graffi di conio significativi, ecc..., specie poi, se questi siano un'eccezione e non la regola).

Un caro saluto a tutti.

Giulio

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E veniamo alla vexata quaestio.

Variante o errore/difetto?

Premetto (ma senza con ciò voler denigrare in alcun modo la moneta di Andreix) che il 1891 ribattuto si rinviene con frequenza. Forse persino più dell'omologo 1893. Credo però che la ribattitura dia comunque un valore aggiunto, ancorché non particolarmente significativo, rispetto all'esemplare normale.

So benissimo quanto siano oramai comuni questi errori /varianti dei marenghi. Allora credo che una volta per tutte dovrebbero decidere e classificarle. Cioè alla fine di tutta questa discussione dove siamo arrivati? mi par di capire che questa discussione va avanti da prima che io entrassi nel forum e su cui ancora nessuno è riuscito a togliere tutti i dubbi. Per un neofita come me, che spiegazione danno in proposito di questa moneta, variante?errore? difetto?

Le varianti di conio sono le monete modificate rispetto alla tipologia originaria. Questo può avvenire per diversi motivi come ad esempio il miglioramento delle caratteristiche della moneta, l'attività di manutenzione dei conii e dei punzoni.

Gli errori di conio sono errori commessi durante la coniazione di una moneta: Decentrazione, Tondello deformato, Doppio dritto o doppio rovescio, Parti mancanti o aggiunte, Conio stanco, Salto di conio, Monometalliche, Tranciatura del tondello, Escrescenza di conio.

E' ovvio secondo me che tale moneta protrebbe rientrare benissimo in una della due definizioni, per me potrebbe essere sia una variante che un errore ma allora che si decida. :D

Saluti Andrea.

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Riprendo le parole dell'amico Tuttonero

"""""Non applicherei, invece, il medesimo principio ai casi in cui la zecca abbia scientemente riutilizzato dei tondelli, ribattendovi sopra una data parzialmente diversa (ipotizzerei il caso del 20 lire VE I del 1817 con il 7 sul 6). Qui, a mio avviso, abbiamo senz'altro delle varianti"""""

per quale ragione non devo considerarle al pari del 1882 1 su 1 capovolto o 2 su precedente 1 ??

"""""Probabilmente ha ragione il mio amico Maregno quando sostiene che si tratti di errori e/o difetti. In molti di questi casi, infatti, sembrerebbe che la zecca sia intervenuta al solo fine di correggere un errore precedentemente commesso""""""

................creando cosi una variante :P

Sergio

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Quindi tu intendi dire che l'errore o difetto in determinati casi implica la variante, fila liscio come l'olio, ma allora a questo punto potremmo cominciare a parlare di due tipi differenti di varianti!

In un primo caso si tratterebbe delle più comuni differenziazioni tra zecce e/o periodo di riferimento, nel secondo potremmo parlare di modifiche apportate in seguito ad errori!

A questo punto come potremmo definire la totale assenza del segno di zecca?

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Allora, già sapevo che con queste mie affermazioni avrei sollevato un mezzo polverone.

Provo a spiegarmi. Se la zecca riutilizza (ricicla?) consapevolmente una moneta con una data di un anno precedente per ribatterne sopra un'altra, secondo me non abbiamo un errore, ma una vera e propria variante. Una variante, se vogliamo, "in senso stretto". Il principio potrebbe valere (come già dicevo nel mio precedente intervento) per il 1817 con il 7 sul 6 ed anche per il 1882 con il 2 sull'1 (per il 2 su 1 ricordo però l'autorevolissima corrente di pensiero che sostiene che in questo caso sia stato fatto un qualche esperimento, se non posto addirittura in essere un intervento con finalità truffaldine).

Se invece la zecca interviene per correggere un errore, allora ha ragione Maregno: perché sempre di errore si tratta... Ecco perché, carissimo amico Sesino, il 1882 (ed anche il 1878) con 1 su 1 a rovescio può ricondursi più all'errore/difetto che alla variante di cui sopra, cioè a quella "in senso stretto".

Che poi, per entrambi i casi, si possa parlare di variante, diciamo così, "in senso lato" (lo faccio anch'io tutti i giorni), mi può stare benissimo. Ma, a ben vedere, una differenza c'è.

Una differenza, però, che non deve essere tale da far ritenere meno importante la seconda fattispecie (errore/difetto) della prima. Un grado, pure elevato, di rarità di queste monete può essere determinato anche da un ipotetico errore/difetto.

Per rispondere a Maregno. Sì, secondo me potremmo cominciare a parlare di due tipi differenti di "varianti" (nel senso che ho appena tentato di chiarire).

La totale assenza del segno di zecca (vd. 20 lire Carlo Alberto 1834 o 1847) è, a mio avviso, riconducibile al secondo tipo (errore/difetto). Con la differenza, però, che in questo caso la zecca non ha neppure tentato di correggerlo.

Naturalmente il mio ragionamento sulle monete s.s.z. regge solo se la mancata impressione sia da ascriversi ad un errore. Qualora invece sia dovuta ad una qualche specifica determinazione della zecca, allora dovremmo parlare di variante "in senso stretto".

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Allora, già sapevo che con queste mie affermazioni avrei sollevato un mezzo polverone.

Provo a spiegarmi. Se la zecca riutilizza (ricicla?) consapevolmente una moneta con una data di un anno precedente per ribatterne sopra un'altra, secondo me non abbiamo un errore, ma una vera e propria variante. Una variante, se vogliamo, "in senso stretto". Il principio potrebbe valere (come già dicevo nel mio precedente intervento) per il 1817 con il 7 sul 6 ed anche per il 1882 con il 2 sull'1 (per il 2 su 1 ricordo però l'autorevolissima corrente di pensiero che sostiene che in questo caso sia stato fatto un qualche esperimento, se non posto addirittura in essere un intervento con finalità truffaldine).

Se invece la zecca interviene per correggere un errore, allora ha ragione Maregno: perché sempre di errore si tratta... Ecco perché, carissimo amico Sesino, il 1882 (ed anche il 1878) con 1 su 1 a rovescio può ricondursi più all'errore/difetto che alla variante di cui sopra, cioè a quella "in senso stretto".

Che poi, per entrambi i casi, si possa parlare di variante, diciamo così, "in senso lato" (lo faccio anch'io tutti i giorni), mi può stare benissimo. Ma, a ben vedere, una differenza c'è.

Una differenza, però, che non deve essere tale da far ritenere meno importante la seconda fattispecie (errore/difetto) della prima. Un grado, pure elevato, di rarità di queste monete può essere determinato anche da un ipotetico errore/difetto.

Per rispondere a Maregno. Sì, secondo me potremmo cominciare a parlare di due tipi differenti di "varianti" (nel senso che ho appena tentato di chiarire).

La totale assenza del segno di zecca (vd. 20 lire Carlo Alberto 1834 o 1847) è, a mio avviso, riconducibile al secondo tipo (errore/difetto). Con la differenza, però, che in questo caso la zecca non ha neppure tentato di correggerlo.

Naturalmente il mio ragionamento sulle monete s.s.z. regge solo se la mancata impressione sia da ascriversi ad un errore. Qualora invece sia dovuta ad una qualche specifica determinazione della zecca, allora dovremmo parlare di variante "in senso stretto".

Condivido in toto il pensiero esposto dell'amico tuttonero

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