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Buona Domenica

ne ho accennato nel post 14....in linea di massima si; ogni operaio aveva il suo compito da svolgere, ma in situazioni di emergenza (maggiori monete da emettere, carenza di personale preparato, epidemie...) ci potevano essere sinergie tra la zecca dell'argento e quella dell'oro o del rame e quindi personale che veniva spostato dove c'era più bisogno.

Poteva capitare che qualche operaio si dovesse assentare qual qualche mese (affari personali improrogabili, visita in Terra Santa, voti da sciogliere) ed in questo caso avveniva una sostituzione temporanea. Se era sufficiente subentrava un apprendista, altrimenti veniva spostato personale già presente in zecca, fino al ritorno del "titolare". Questo avveniva - ovviamente - in condizioni normali....se già la zecca era sotto stress per emissioni cospicue di monete, si cercava nuovo personale preparato.

Se decedeva una persona che rivestiva un ruolo specifico ed importante, si doveva trovare un sostituto che per esperienza e capacità potesse offrire le medesime garanzie del defunto; spesso si trattava di orafi e gioiellieri che avevano già esperienze similari.

Se il deceduto non svolgeva un lavoro "specializzato", non era infrequente che venisse assunto in sua vece un fratello o il figlio, così che il reddito della famiglia venisse in qualche modo "compensato" .

La Zecca aveva a disposizione un nutrito numero di nominativi di persone che chiedevano di poter lavorare in zecca (erano richieste di lavoro che venivano chiamate "grazie"); ogni persona che faceva domanda doveva vantare la sua professionalità e, soprattutto, doveva avere qualche "mentore" che era disponibile a versare una sorta di cauzione, cioè una garanzia di tipo pecuniario, sulla quale lo Stato si poteva rivalere se, per qualche motivo, quella persona assunta aveva fatto perdere quattrini allo Stato stesso.

Stiamo parlando di possibili frodi, incapacità nel gestire il lavoro, spreco di materiali e sostanze; insomma a Venezia - come in tanti altri Stati contemporanei - nel campo del lavoro esisteva il concetto di responsabilità soggettiva. (Se tu operaio lavori male......devi pagare per gli errori e le omissioni che commetti).

Trovate le persone e i rispettivi "garanti", lo Stato (per molto tempo fu l'ufficio delle "Ragioni Vecchie") faceva una disamina per assumere quello o quelli che davano maggiori garanzie di capacità lavorative e professionalità.

Spero di essere stato esaustivo. :)

Saluti

Luciano


Inviato

Nei secoli X e XI c'era anche Venezia che produceva monete in gran quantità (forse anche più delle zecche lombarde). Ma Dabbene da patriota lombardo continua a tralasciarla... ;)

e Lucca ?

caspita se era importante, ininterrottamente dai primi longobardi (sec. VII ) in poi..


Inviato

ho scoperto che spesso, nelle zecche non si guadagnava uno stipendio fisso mensile ma in base al numero di monete coniate... :rolleyes:

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  • 4 settimane dopo...
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Inviato

Buona Domenica

Segue un altro "pezzettino" del racconto sulla zecca veneziana al tempo del Doge Francesco Foscari.

Nei primi anni del dogado di Francesco Foscari non si riscontra alcuna variazione della monetazione rispetti ai “tipi” già emessi nei decenni precedenti la sua elezione.

Infatti continuavano ad essere coniati, con lo stesso peso ed il medesimo titolo i Ducati, i Grossi del valore di 4 Soldi, i Soldini, i Piccoli (o Denari) ed i Torneselli; quindi più che dalla varietà dei pezzi coniati, il suo dogato è caratterizzato da altri aspetti, non meno importanti, ma che incisero profondamente sulla politica monetaria adottata dallo Stato.

Solamente nel 1429, con una parte sancita dal Senato, venivano date alla luce due nuove monete, cioè il Grossone valente 8 Soldi ed il Mezzo Grosso valente 2 Soldi; entrambi le monete dovevano essere d’argento, con il peso ed il titolo proporzionati al Grosso.

Gli aspetti quindi che contraddistinsero questo lunghissimo periodo di governo e che influirono sulle politiche di emissione furono altri e ben più caratterizzanti; innanzi tutto la carenza di metallo prezioso da destinare alla zecca e più ancora tutti i problemi che derivarono dall’entrata in guerra di Venezia in numerosi conflitti.

Queste guerre generarono un concatenarsi di effetti in ambito monetario che prostrarono il governo della “Serenissima”; alcuni possiamo così riassumerli:

• carenza di buona moneta circolante perché usata in massima parte per il finanziamento delle guerre (pagamento dei “Condottieri” e delle truppe mercenarie ingaggiate, pagamento delle proprie milizie, costi di approvvigionamento e sovvenzioni ad informatori ed agitatori operanti in campo avverso);

• necessità di coniare del numerario di bassa lega che soddisfacesse il commercio minuto e che circolasse nei territori conquistati, così da poter competere con le monetazioni locali e sostituirsi alle stesse;

• introduzione nei territori di moneta “falsa”, effettuata dagli stati in guerra con Venezia allo scopo di destabilizzarla.

La frenetica coniazione di siffatte monetine, dal conio approssimato e scadente, difficili da manipolare e con un infimo valore intrinseco non rispondente ai ragguagli con le monete più grosse, forniva lauti guadagni allo Stato; per contro favoriva fenomeni come la “tosatura” delle poche monete circolanti ad alto contenuto di argento.

Abbiamo parlato di guerre, lunghe e penose, intervallate da paci tanto brevi quanto effimere che nel totale durarono oltre 30 anni, dal 1426 Venezia si trova a combattere praticamente con tutti i suoi vicini: con il Ducato di Milano principalmente, a cui strappa Brescia, Bergamo, parte del cremonese, la Val Trompia, la Val Sabbia, la Val Camonica e Orzinuovi; ma anche nel Tirreno contro i genovesi (sottomessi al Ducato di Milano), contro l’Imperatore Sigismondo nel Friuli, e poi ancora guerra in Dalmazia, in Albania e nel Levante contro il “Turco”.

Centro degli sforzi militari di Venezia rimasero comunque i territori della Pianura Padana; la gestione delle provincie strappate al Ducato di Milano furono la causa di una delle maggiori crisi della zecca, quando nel 1442 l’ennesima tregua sottoscritta con lo stesso cominciò a deteriorarsi.

L’esigenza di procurarsi denaro diventò l’imperativo a cui tutte le attività dello Stato dovevano conformarsi e questo impellente bisogno si sovrappose alla necessità di fornire le provincie conquistate ed inglobate nel dominio veneziano, di una monetazione a loro ben accetta.

“...+ Yesus 1442 adì 22 februario - in Pregadi.

Cunziossia ch’el faza per la Signoria nostra a questo tempo ch’è strectura de denari rechuperare denari per ogni modo e via honesta et in la Ceche nostra de l’Arzento altre volte se feva pizoli over bagatini per Bressia, Pergamo, Verona e Vicenza soto diversse stampe segondo el chorso de luogi...”. (27)

Non solo, ma il Senato contemporaneamente prese atto che le stesse provincie erano invase da piccole monetine del ducato di Milano, adibite al commercio minuto e chiamate Sesini che, tutte in rame e soltanto in superficie imbiancate, creavano disturbo alla circolazione di monete veneziane.

Quindi veniva dato ordine che i Bagattini con le stampe usate in quei territori venissero coniati con una pasta contenente soltanto 1/18ma parte d’argento e tutto il resto rame, invece del rapporto di 1/9 come avevano precedentemente, così da favorire un veloce ricambio di monetazione.

“...I qual bagatini tegniva marche 8 de rame e Ia d’arzento e perchè i diti bagatini son manchadi al prexente, alguna moneta de Ducha de Millan chiamada sexini, i qual de fora son bianchizadi e tuto el resto si è rame, à prexo chorso per tuto el nostro teritorio dal menzo in là e, s’el fosse fato dei diti bagatini che tegnissero marche 8/12 de rame e meza d’arzento, el nostro Chomun ne receverave grandissima utilitade e quadagno...” (28) e così venne deciso; i nuovi Bagattini vennero coniati ed inviati in quelle provincie, raccomandando ai Rettori là presenti che in ogni transazione, pagamento o sovvenzione che fosse, le monetine dovessero essere forzatamente immesse in circolazione fino ad un importo di 5 Soldi per ogni Ducato.

Oltre alle solite pene pecuniarie nei confronti di coloro che non avessero ottemperato alle disposizioni date, il Senato impose anche che i Sesini milanesi avessero corso per un periodo limitato a due mesi entro cui sarebbe stato possibile cambiarli con la nuova monetazione, dopo di che sarebbero stati banditi.

Gli utili derivanti da questa manovra dovevano essere inviati dal Rettore allo Sforza, comandante delle armate veneziane in Lombardia, per il pagamento delle truppe.

Il 24 maggio dello stesso anno il Senato decise di provvedere anche alle altre provincie del dominio, fornendo anch’esse della monetazione necessaria.

“...vada parte che i Masseri nostri de la moneda de l’Arzento mandar debiano a Padoa, Trevixo e le altre terre nostre da parte de terra e in la Patria de Friuli de bagatini, i qual vien spexi in dicti luogi, fati a la liga sì chomo è prexo in questo Chonseio...” (29)

Anche per questo secondo provvedimento il Senato impose ai Rettori l’obbligo, sotto pena di un’ammenda di Ducati 500 per coloro che non vi avessero ottemperato, di dare in ogni pagamento almeno 5 Soldi di tali monetine per ogni Ducato, inviando gli utili allo Sforza.

Il 18 luglio era la volta di Ravenna, il Senato decretò che per quella provincia venissero battuti Quattrini e Mezzi Quattrini, secondo la lega ed il modello prescritto; tali monete dovevano anch’esse essere adoperate per tutti i pagamenti nella misura del 5 per cento.

Possiamo quindi dedurre che, ad eccezione delle provincie di Padova e Treviso dove circolavano le medesime monete in uso a Venezia, tutte le altre provincie del dominio veneziano erano provviste di una monetazione specifica, tenuto conto delle diverse realtà locali.

A Verona e Vicenza, per esempio, correva la Lira veronese, avente un valore di ragguaglio maggiore di un terzo rispetto alla veneziana, mentre nei territori della Lombardia, come a Brescia e Bergamo, correva la Lira imperiale, avente un valore di ragguaglio doppio rispetto alla veneziana.

Visto che, seppur diverse nella varietà dei coni, la lega impiegata per la fabbricazione delle monete era la medesima - e di ciò ci danno conferma le terminazioni del Senato ed i Capitolari di zecca - l’unico sistema valido per una corretta analisi delle monete, è la determinazione del loro peso.

(27) Bibliotheca Winsemann Falghera “Il Capitolar dalle Broche” - a cura di Giorgietta Bonfiglio Dosio

- EDITRICE ANTENORE PADOVA 1984 pag. 120

(28) Idem pag. 120

(29) Idem pag. 120

Saluti

Luciano

  • Mi piace 1

  • 1 anno dopo...
Inviato

Salve e Buona sera a tutti........

volevo chiedere, con cortesia......se qualcuno avesse informazioni, su come funzionava la Zecca di Napoli.

Grazie


Inviato

Salve e Buona sera a tutti........

volevo chiedere, con cortesia......se qualcuno avesse informazioni, su come funzionava la Zecca di Napoli.

Grazie

:lazy:

Inviato (modificato)

Buona domenica

ne ho accennato nel post 14....in linea di massima si; ogni operaio aveva il suo compito da svolgere, ma in situazioni di emergenza (maggiori monete da emettere, carenza di personale preparato, epidemie...) ci potevano essere sinergie tra la zecca dell'argento e quella dell'oro o del rame e quindi personale che veniva spostato dove c'era più bisogno.

Poteva capitare che qualche operaio si dovesse assentare qual qualche mese (affari personali improrogabili, visita in Terra Santa, voti da sciogliere) ed in questo caso avveniva una sostituzione temporanea. Se era sufficiente subentrava un apprendista, altrimenti veniva spostato personale già presente in zecca, fino al ritorno del "titolare". Questo avveniva - ovviamente - in condizioni normali....se già la zecca era sotto stress per emissioni cospicue di monete, si cercava nuovo personale preparato.

Se decedeva una persona che rivestiva un ruolo specifico ed importante, si doveva trovare un sostituto che per esperienza e capacità potesse offrire le medesime garanzie del defunto; spesso si trattava di orafi e gioiellieri che avevano già esperienze similari.

Se il deceduto non svolgeva un lavoro "specializzato", non era infrequente che venisse assunto in sua vece un fratello o il figlio, così che il reddito della famiglia venisse in qualche modo "compensato" .

La Zecca aveva a disposizione un nutrito numero di nominativi di persone che chiedevano di poter lavorare in zecca (erano richieste di lavoro che venivano chiamate "grazie"); ogni persona che faceva domanda doveva vantare la sua professionalità e, soprattutto, doveva avere qualche "mentore" che era disponibile a versare una sorta di cauzione, cioè una garanzia di tipo pecuniario, sulla quale lo Stato si poteva rivalere se, per qualche motivo, quella persona assunta aveva fatto perdere quattrini allo Stato stesso.

Stiamo parlando di possibili frodi, incapacità nel gestire il lavoro, spreco di materiali e sostanze; insomma a Venezia - come in tanti altri Stati contemporanei - nel campo del lavoro esisteva il concetto di responsabilità soggettiva. (Se tu operaio lavori male......devi pagare per gli errori e le omissioni che commetti).

Trovate le persone e i rispettivi "garanti", lo Stato (per molto tempo fu l'ufficio delle "Ragioni Vecchie") faceva una disamina per assumere quello o quelli che davano maggiori garanzie di capacità lavorative e professionalità.

Spero di essere stato esaustivo. smile.gif

Saluti

Luciano

Salve e Buona sera a tutti........

volevo chiedere, con cortesia......se qualcuno avesse informazioni, su come funzionava la Zecca di Napoli.

Grazie

Forse questa risposta di Luciano potrà esserti utile, oppure spiega meglio quello che vorresti sapere, ciao, Giò

Modificato da giovanna
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Supporter
Inviato

Buona serata

:( mi spiace, ma non conosco la zecca di Napoli, non so se appaltava la coniazione delle monete ad un massaro esterno con le sue maestranze.....Venezia è un po' una eccezione.

Le tecniche di lavoro, invece, credo che non fossero molto diverse.

saluti

luciano


Inviato

Credo che il più punto di partenza più aggiornato per studiare il funzionamento della zecca di Napoli sia il recente volume Le Zecche Italiane fino all'Unità a cura di Lucia Travaini, alla voce Napoli (vol.I, pagg.926-944: Sede - Personale - Attrezzature - Fonti archivistiche - Bibliografia) ad opera di G. Ruotolo e C. Belli, con abbondanza di riferimenti archivistici e bibliografici, senza dimenticare la voce su Napoli della Bibliografia Numismatica Italiana di Bernardino Mirra.


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