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Inviato

Grazie Eligio sei sempre veramente prezioso in queste discussioni "tecniche" ;)

Mi interessava pero' avere in primis una sorta di tabella vera e propria come quella che ha postato

Savoiardo partendo dal fiorino e andando oltre, cioe' sapere indicativamente a cosa poteva equivalere un testone piuttosto che un tallero o uno scudo d'oro prendendo come riferimento un dato periodo visto che come tu hai giustamente detto il loro valore cambiava nel tempo.

Spero di essermi spiegato :(

Andrea


Inviato

Grazie Eligio sei sempre veramente prezioso in queste discussioni "tecniche" ;)

Mi interessava pero' avere in primis una sorta di tabella vera e propria come quella che ha postato

Savoiardo partendo dal fiorino e andando oltre, cioe' sapere indicativamente a cosa poteva equivalere un testone piuttosto che un tallero o uno scudo d'oro prendendo come riferimento un dato periodo visto che come tu hai giustamente detto il loro valore cambiava nel tempo.

Spero di essermi spiegato :(

Andrea

La tabella che chiedi non ha senso, perché testone, tallero, ducato, ... non si inquadrano nel sistema metrologico sabaudo in maniera rigida proprio per il fenomeno di rivalutazione di cui ti dicevo prima. Resta valida l'equivalenza 1 fiorino = 12 grossi; 1 grosso = 4 quarti = 8 forti = 12 denari o bianchetti = 16 viennesi = 24 oboli o maglie di bianchetto = 48 pitte o maglie di viennese.

Ma quello che chiedi non è significativo: il testone è una moneta milanese, il tallero una moneta tedesca, il ducato una moneta internazionale di derivazione veneta, ... Sono tutti pezzi che non si inquadrano necessariamente in maniera stabile nel sistema sabaudo, ma vengono coniate per necessità commerciali specifiche.

Quello che cerchi tu lo puoi ricavare per l'appunto dal secondo volume del Promis, dove ci sono molti cambi.

Perdonami se insisto su questo punto, ma è un aspetto imprescindibile per comprendere il sistema monetario sabaudo!

E.


Inviato

Non è un caso che intorno al 1630 trovi citati sia i Beati Amedei "nuovi" distinti dai Beati Amedeo "vecchi": nonostante entrambi portassero l'indicazione 9 ff. in esergo il loro corso era profondamente diverso, ed era quindi necessario rimarcarlo nei provvedimenti.

Compreso questo aspetto essenziale della numismatica sabauda, mi chiedo come la popolazione del tempo, riuscisse a districarsi in questa confusione.

Probabilmente, ma è una mia impressione, i ceti più bassi, e quindi meno istruiti, facevano poco uso delle monete, e comunque, non certo di quelle d'argento e d'oro.


Inviato

Non è un caso che intorno al 1630 trovi citati sia i Beati Amedei "nuovi" distinti dai Beati Amedeo "vecchi": nonostante entrambi portassero l'indicazione 9 ff. in esergo il loro corso era profondamente diverso, ed era quindi necessario rimarcarlo nei provvedimenti.

Compreso questo aspetto essenziale della numismatica sabauda, mi chiedo come la popolazione del tempo, riuscisse a districarsi in questa confusione.

Probabilmente, ma è una mia impressione, i ceti più bassi, e quindi meno istruiti, facevano poco uso delle monete, e comunque, non certo di quelle d'argento e d'oro.

Il popolino non è che maneggiasse quelle monete tutti i giorni... e poi tra le due emissioni di Beati Amedei c'era una bella differenza in termini di peso, con un bilancino era facile discriminare tra i due.

Comunque c'era una certa perizia nel distinguere le monete, specie quelle emesse dalla zecca locale. Lo puoi constatare dalla gride, dai bandi illustrati (su questo forum ne sono stati postati alcuni esempi, tratti dal Borrelli), persino dai manuali di cambio, oltre che da una forte esperienza in tal senso da parte dei cambiatori e dei mercanti in genere. Se sfogli i tariffari illustrati realizzati ad Anversa in quel periodo ti poui rendere conto del grado di dettaglio con cui erano presentate quelle monete, sia nel disegno (anche se spesso c'erano degli svarioni clamorosi) sia nel contenuto di metallo. Oppure esamina un ripostiglio, e ti rendi subito conto della promiscuità di monete che circolavano.

E.


Inviato

Ciao Eligio,

Ho riletto con piacere l'intera discussione... E mi sorgono ora dei dubbi: perchè dopo Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I si assiste ad una "riunificazione" delle aree monetarie? Com'è possibile? Potresti spiegare questo fatto?

A presto,

N.


Inviato

Ciao Eligio,

Ho riletto con piacere l'intera discussione... E mi sorgono ora dei dubbi: perchè dopo Emanuele Filiberto e Carlo Emanuele I si assiste ad una "riunificazione" delle aree monetarie? Com'è possibile? Potresti spiegare questo fatto?

A presto,

N.

Ciao Niko, piacere di risentirti.

Attento ad un dettaglio. Né con Emanuele Filiberto né con Carlo Emanuele I c'è alcuna riunificazione delle aree monetarie, ma da parte di entrambi ci sono tentativi più o meno falliti di razionalizzare la produzione monetaria.

Le aree monetarie del Ducato di Savoia continuano a essere tali: se per "area monetaria" intendiamo per semplicità il mix di monete in circolazione (ma qui il discorso è veramente complesso, servirebbe una discussione a parte), continuano a esserci profonde differenze tra l'area piemontese, il Nizzardo, la Valle d'Aosta, le province transalpine, con molte sfumature interne a queste macro-regioni. Se prendi il secondo volume del Promis (una miniera di dati impressionante, basta saperli interpretare correttamente) ti puoi rendere conto come ancora dopo Carlo Emanuele I siano tariffate moltissime specie straniere nello stato sabaudo.

Nel XVII secolo inoltrato si semplifica ulteriormente la monetazione sabauda, con la riforma di Vittorio Amedeo I, ma soprattutto con un mutato equilibrio economico nel mondo dell'epoca: finisce il "lungo Cinquecento" (per usare l'espressione coniata da Braudel), scoppia la crisi del Kipper und Wipper e una grossa crisi dei prezzi, tramontano le zecche minori che producevano contraffazioni. Fattori che, con pesi diversi, entrarono in gioco anche nel Ducato di Savoia. Restano però dei mix monetari molto peculiari nelle varie aree, magari più semplificati che non durante il XVI secolo, ma sempre presenti.

E.


Inviato

Ti ringrazio per la spiegazione! Ma esiste un momento in cui scompaiono letteralmente le aree monetarie? Non credo che una riforma drastica possa portare in poco tempo all'uso di una tipologia monetale unica nell'intero ducato, proprio perché gli influssi delle monetazioni degli stati vicini comporta dei riflessi sulla monete del ducato di Savoia...

Saluti,

N.


Inviato

Le aree monetarie non scompaiono neppure oggi nell'Europa Unita (o presunta tale), figuriamoci allora quando un paese disperso tra le colline langarole non sapeva nemmeno se era sotto i Savoia, sotto i Gonzaga o sotto chi altri... L'euro non circola forse anche fuori dagli Stati in cui è moneta corrente, talvolta anche a valori maggiori dei cambi ufficiali? Senza andare troppo lontano da casa tua, basta che vai in Svizzera e trovi un uso dell'euro parallelo a quello del franco. O nell'Europa dell'Est, con giochi di mercato nero che non sono altro che attualizzazioni di quello che facevano tante volte i cambiavalute qualche secolo fa.

Un conto è una tipologia unica della monetazione ufficiale delle zecche ducali, un altro è la moneta utilizzata dalla gente dell'epoca. I Savoia non emettevano reali da 8, eppure ci sono prove di un loro utilizzo non trascurabile nel Seicento all'interno del Ducato. Oppure, le parpagliole di Milano continuavano a circolare anche oltre il Sesia a fianco di cavallotti o dei pezzi da soldi post-riforma di Vittorio Amedeo I.

In economia ancora più che in fisica, forse, vale la teoria del caos di Lorenz (anche se la primissima formulazione è di Alan Touring): un battito d'ali di farfalla in Brasile può scatenare un uragano in Texas. Nessuna riforma può avere un'efficacia realmente completa, perché le leggi dell'economia trascendono spesso le volontà delle amministrazioni (tanto più se mostrano poca lungimiranza: mai come in questi mesi hai degli esempi concreti di quanto ti sto dicendo).

Ciao.

E.

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