Vai al contenuto
IGNORED

METROLOGIA SABAUDA


Risposte migliori

Proseguo dunque nella discussione. In questa parte sarò forse un po' sbrigativo, ma se teniamo ben presenti i concetti di unità di conto e di corso delle monete non dovrebbero esserci problemi.

Come stavamo discutendo l'ultima volta, è verso la fine del XIV secolo che il sistema monetario dei Savoia sembra trovare un'impostazione piuttosto rigorosa: fiorini, grossi, quarti, forti, denari, ... appaiono tutti inquadrabili in uno schema alquanto preciso.

Con l'ordinanza del 1384 e la successiva estensione del 1406, quindi, la monetazione sabauda assume un assetto destinato a durare oltre due secoli. E' importante osservare un punto. Fiorini, grossi, quarti, forti, ... appena ricordati sono monete effettivamente coniate. Vale a dire, esiste il tondello del valore nominale di un grosso, quello del valore nominale di un quarto, eccetera. Anche il fiorino, che però è un fiorino diverso da quello standard di Firenze, su cui sono state modellate tutte (o quasi) le imitazioni straniera: si tratta di un fiorino più leggero, parvi ponderis, come indicato nei documenti (per distinguerlo da quello justi ponderis di standard fiorentino) e che effettivamente risulta coniato ad un peso inferiore ai tre grammi.

Fiorini, grossi, quarti, forti, ... (scusate la prolissità!) sono però anche monete teoriche o, per essere più precisi, monete di conto.

Mi spiego subito. Ho appena detto che il grosso era effettivamente un pezzo di metallo coniato secondo certe caratteristiche con il valore nominale di un grosso. E così pure il fiorino parvi ponderis. Soltanto che le dinamiche economiche portavano ad avere spesso e volentieri apprezzamenti e deprezzamenti dei metalli. I fattori sono molteplici: diversa disponibilità del metallo sui mercati, carestie, guerre, politiche monetarie ostili da parte di Stati vicini (Venezia e Milano ne sanno qualcosa, in proposito), la politica monetaria dello stesso Stato, che poteva non essere capace di cogliere opportunamente i mutamenti dello scenario macroeconomico.

Faccio un esempio. Immaginiamo di avere ad un certo momento una moneta del valore nominale di un fiorino. In questa situazione il fiorino-moneta (intendendo l'unità di conto) coincide con il fiorino-tondello (intendendo il pezzo di metallo di tot grammi ad un dato intrinseco). Se ipotizziamo che ad un certo momento, per cause esterne, il prezzo dell'oro si metta a salire sui mercati, si avrà che il fiorino-tondello si troverà ad avere un valore intrinseco superiore a quello che aveva prima di questa crescita. Ne risulta che il fiorino-tondello non varrà più un fiorino-moneta, ma qualcosa di più. Effetto opposto nel caso in cui il prezzo dell'oro diminuisca: in questo caso il fiorino-tondello varrà meno di un fiorino-moneta.

Per rispondere a questi fenomeni (ma non solo per questo) le autorità sabaude si misero presto a diminuire il contenuto di metallo prezioso (ossia argento) di grossi, quarti, forti, ... in modo tale che il valore intrinseco restasse sempre coincidente col valore nominale. In questo modo, un quarto coniato da Amedeo VIII vale un quarto di grosso, così come un quarto di Carlo II valeva ancora un quarto di grosso: solo che le due monete hanno contenuti intrinseci molto differenti, perché nell'arco di cent'anni diversi fenomeni hanno portato a cambiamenti nel prezzo dell'argento. Mettendo a confronto le monete di questi due sovrani si vede a colpo d'occhio la differenza.

Soprattutto, la variazione del valore intrinseco poteva avvenire in modalità diverse per le diverse zecche dello Stato. Un quarto comandato a Pont d'Ain poteva essere diverso rispetto al quarto comandato a Torino, semplicemente perché le aree monetarie in cui si trovavano queste zecche avevano delle differenze più o meno marcate tra loro.

Per tornare al discorso delle aree monetarie, oltre ad essere caratterizzate da diversi "mix" di monete straniere, nel caso sabaudo potevano anche vedere la presenza di specie autoctone con caratteristiche leggermente differenziate. Torneremo su questo punto alla vigilia della riforma di Emanuele Filiberto del 1561-62.

Le zecche sabaude, però, coniavano anche monete come scudi d'oro, grossi tornesi, ... secondo standard internazionali. Per queste monete non era possibile fare operazioni di debasement come per le monete "piccole" di cui sopra, perché sarebbero nati meccanismi monetari diversi che avrebbero alterato la monetazione in generale. Queste monete vedevano il loro valore nominale incrementare, più o meno di pari passo con cui il valore intrinseco delle monete "piccole" diminuiva per mantenere l'allineamento col valore nominale di queste ultime.

Per tornare al caso di prima di Amedeo VIII e Carlo II, possiamo pensare ad un immaginario scudo d'oro coniato con le stesse caratteristiche per cent'anni, che con Amedeo VIII valeva 10 grossi e che con Carlo II si trova a valere 25 grossi (invento due valori, perché non ho con me i dati precisi). Il contenuto d'oro non è cambiato, quello che è cambiata è la parità scudo-grossi per effetto della diminuzione dell'intrinseco del grosso-tondello.

Mi rendo conto di aver parlato poco del sistema monetario sabaudo vero e proprio, e soprattutto di aver fatto una sintesi estrema (e un po' ardita) di concetti piuttosto complessi. Allo stesso tempo, però, volevo che questi aspetti fossero ben chiari, altrimenti non si può portare avanti il discorso soprattutto per il Cinque-Seicento, due secoli in cui questa forbice tra valore nominale e valore intrinseco subirà amplificazioni anche traumatiche.

In proposito, sono ben gradite domande e osservazioni. Se sarò in grado di rispondere, vi accontenterò volentieri.

Fine della quinta parte.

P.S.

Non penso avrò modo di proseguire prima della prossima settimana, causa mancata disponibilità di collegamento regolare al web.

Modificato da eligio
  • Mi piace 2
Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

perfetto!

il problema della metrologia comunque continua....

all'interno dello stesso sistema monetario si inseriscono comunque nel XIV secolo (sotto Amedeo VI) monete comunque "nuove"...

come la parpaiola coniata nella savoia, l'obolo bianco anch'esso in savoia....

diversa cosa dai vari denari ad imitazione dei vari tipi... losanna, mauriziano, ginevra o i vari bianchi dozzeni ecc ecc

all'inizio invece del XV secolo la cosa si normalizza con Amedeo VIII e segue il tuo discorso...

con l'aggiunta di più moneta minuta, i sottomultipli dei vari viennesi e bianchetti, i loro oboli....

in questa monetazione, il circolante, è subito incrementato (ed in maniera quasi esponenziale) di una grande quantità di tipologie, probabilmente per consentire i mercati "piccoli" e gli scambi che comunque risultano aumentati all'interno del ducato...

ovvio che le condizioni economiche sono variate nel passare dei decenni del 1300, ma la monetazione sino al 1400 non era sicuramente omogenea....

Link al commento
Condividi su altri siti


perfetto!

il problema della metrologia comunque continua....

all'interno dello stesso sistema monetario si inseriscono comunque nel XIV secolo (sotto Amedeo VI) monete comunque "nuove"...

come la parpaiola coniata nella savoia, l'obolo bianco anch'esso in savoia....

diversa cosa dai vari denari ad imitazione dei vari tipi... losanna, mauriziano, ginevra o i vari bianchi dozzeni ecc ecc

all'inizio invece del XV secolo la cosa si normalizza con Amedeo VIII e segue il tuo discorso...

con l'aggiunta di più moneta minuta, i sottomultipli dei vari viennesi e bianchetti, i loro oboli....

in questa monetazione, il circolante, è subito incrementato (ed in maniera quasi esponenziale) di una grande quantità di tipologie, probabilmente per consentire i mercati "piccoli" e gli scambi che comunque risultano aumentati all'interno del ducato...

ovvio che le condizioni economiche sono variate nel passare dei decenni del 1300, ma la monetazione sino al 1400 non era sicuramente omogenea....

Quick update.

Attenzione a chi definisce "nuove" le monete: i documenti o gli autori ottocenteschi e posteriori? Idem per le altre denominazioni.

Tenete sempre conto che le varie "tipologie" definite dai cataloghi, specie quelli più recenti, sono del tutto arbitrarie e non rispettano la cronologia. Diverso sarebbe il discorso se immaginassimo di ordinare le emissioni sulla base della sequenza delle ordinanze, sarebbe più razionale e soprattutto più informativo per la comprensione della monetazione.

In generale nei documenti si trovano espressioni di denari nuovi, rinforzati, forti, bianchi, neri, ... perché fanno riferimento a nuove emissioni di questo stesso nominale con caratteristiche intrinseche modificate. E' proprio con lo studio della presenza di questi attributi nella documentazione che si può fare (o tentare) una seriazione delle emissioni.

La ridda di tipi che emerge in realtà deve essere vista in maniera più sequenziale: non tutti i pezzi erano emessi allo stesso tempo, ci sono serie di emissioni di uno stesso nominale in un arco di tempo più o meno lungo, dove lo stesso nominale appare debased. Diciamo che fino alla fine del Trecento non si può parlare di un sistema unico sabaudo, ma di un insieme eterogeneo di mercati locali nei quali le emissioni dei Savoia si innestavano. Anzi, probabilmente le monete sabaude erano anche una frazione non proprio dominante in certi mercati, anche all'interno del territorio formalmente facente parte dello Stato. Poi dal Quattrocento la situazione si omogenizza un po' di più, ma solo perché nasce un sistema di conto più chiaro.

La parpagliola nasce come pezzo del valore nominale da tre quarti. Anche se avrà una breve vista, la denominazione di "parpagliola" rimarrà nelle monete di conto anche in seguito, come accadde così per il reale, il bianco, ... di cui parleremo più tardi.

E.

  • Mi piace 1
Link al commento
Condividi su altri siti


Ovviamente. Come mi hai sempre detto bisogna avere uno spirito critico, ma per essere critici bisogna anzitutto avere solide basi, e penso che queste basi possano derivare (se non in massima parte - nessuno è infallibile - almeno in parte) dai tuoi post. Mi spiego meglio: penso che quello che tu scriva possa essere e fungere come base su cui studiare e approfondire, partendo da concetti giusti.

Saluti,

N.

i miei più vivi complimenti a niko, che a dispetto della sua giovane età, dimostra una maturità ed una saggezza veramente lodevole

ciao

carlo

Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

Scusate per il fuori tema

Savoiardo non riesco a risponderti via pm e non trovo piu' il tuo indirizzo email , puoi spedirmelo

Grazie

ti mando un MP che ora mi funziona....

Link al commento
Condividi su altri siti


Vorrei aggiungere una piccola cosa:

si é parlato di zone sotto amministrazione savoiarda, in cui la monetazione in uso era sì di casa savoia, ma spesso e a volte considerevolmente, era facile trovare monete emesse da zecche diverse.

Il Caso della Savoia é abbastanza strano (ma né più né meno di quello di tanti altri territori dell'epoca...), sul Ducato infatti erano presenti AL MIO DI QUA DELLE ALPI (...quindi AL DI LA' di coloro che vivono in Italia) svariate ENCLAVI appartenenti a signorie diverse (conti di Ginevra - aree soggette al Delfinato di Francia ecc...) che, fin circa al 1400/1500 (dipendentemente dal caso...) godevano NON SOLO di propri privilegi fiscali (corvée limitate, o diritti di banno inferiori rispetto ai territori circostanti) ma soprattutto godevano del fatto di poter Utilizzare di DIRITTO la moneta del proprio Signore.

Ora: visto che il Ducato di Savoia, era un pò il "ducato povero" dell'epoca in queste zone, e che le comunità Enclavi dello stesso, soggette alla sovranità della CIVITAS GENEVENSIS oppure al DELFINATO erano (grazie soprattutto al fatto di essere exclavi del proprio terriotiorio) esentate da diverse imposte o "banalità", facevano circolare la propria moneta (spesso con contenuto di metallo prezioso maggiore) anche nelle aree savoiarde confinanti, che si trovavano ben disposte ad accettare dette monete.

Un Perché in più quindi, del fatto che il Ducato di Savoia vedesse una circolazione monetaria molto eterogenea, non solo nelle zone legate alle FRONTIERE ESTERNE dello stesso (frontiere poi abbastanza labili e mutabili nel tempo) ma causa anche delle "Frontiere" con le Varie Enclavi, di qui la Savoia era costellata.

S.B.

Link al commento
Condividi su altri siti


Proseguiamo con una nuova parte, parlando della cosiddetta riforma di Emanuele Filiberto. A mio dire, uno dei temi citati più a sproposito e meno correttamente di tutta la monetazione sabauda...

Mentre a Milano e a Venezia si iniziano le coniazioni delle lire d'argento - il testone e la lira tron, rispettivamente - nel Ducato di Savoia si manifesta una confusione monetaria piuttosto marcata. Con i successori di Ludovico (1440-1465) si aprì un periodo di instabilità politica che ebbe un riflesso pesantissimo sulla monetazione, con l'attuazione di una serie molto rapida e disordinata di piani di debasement, anche molto marcati. La situazione precipitò con Carlo II quando, per effetto delle guerre d'Italia e la progressiva perdita dei territori del ducato a seguito dell'occupazione militare francese, lo Stato sabaudo si ridusse a poche province piemontesi.

In questo arco temporale il sistema monetario del ducato non mostra cambiamenti. Il sistema di conto rimane basato sul grosso di quattro quarti, otto forti, sedici viennesi, ... di cui si è già parlato la volta scorsa. Ciò che subiscono cambiamenti molto pesanti sono le monete effettivamente coniate, ossia i grossi, quarti, forti, viennesi, ... che subiscono pesanti azioni di riduzione delle proprie caratteristiche intrinseche. La monetazione di Carlo II mostra benissimo quanto avvenne: le tipologie note di questi nominali nei quasi cinquant'anni della sua conduzione del ducato sono moltissime. Di molti pezzi non siamo anzi in grado di individuare con certezza neppure l'effettiva denominazione, né la zecca o l'ordinanza di riferimento.

Vennero aggiunti altri ulteriori esemplari, come i testoni, che si affiancano ad altri nominali già presenti come lo scudo d'oro, che non subivano azioni di debasement marcati ma si rivalutavano piuttosto nel corso. Il loro valore nominale non è fissato nel tempo, ma cambia, restando legato al sistema di conto basato su grossi, quarti, ...

Oltre a questa confusione endogena, proprio in quella prima metà di XVI secolo, se ne andò ad aggiungere un'altra di natura esogena. Per effetto del disordine monetario e più generale economico in cui versava lo Stato, in innescarono fenomeni monetari macroscopici che portano monetari molto complessi (e ancora da studiare) che portarono nel ducato una presenza di moltissime specie monetarie straniere, in particolare saluzzesi e monferrine. Inoltre, le diversificazioni delle aree monetarie già evidenziate nei precedenti interventi si sarebbero amplificate ulteriormente, proprio per il fatto che molti dei territori del ducato furono occupati, per tempi più o meno lunghi, da eserciti stranieri.

Con la fine dell’occupazione francese e il reintegro nei territori del Ducato di Savoia, Emanuele Filiberto (1559-1580) manifestò subito l’intenzione di riorganizzare la monetazione del suo Stato. Le azioni da lui intraprese furono indirizzate nelle intenzioni a far cessare definitivamente le differenze intercorrenti tra le regioni piemontese e transalpina per quanto riguardava la tipologia delle monete emesse ed il diverso valore da esse assunto nelle due aree. Una prima azione di riforma della moneta ebbe luogo tramite un’ordinanza emessa a Vercelli il 20 aprile 1561, con la quale vennero stabiliti alcuni nuovi nominali per la regione piemontese del Ducato di Savoia. Il provvedimento introduceva implicitamente nello Stato un sistema di conto basato su lire, soldi e denari, con la proporzione di derivazione carolingia 1 lira = 20 soldi = 240 denari, abolendo il sistema in vigore che prevedeva il ricorso al fiorino. Solamente il 13 marzo 1562, però, venne emessa un’ordinanza più specifica, attraverso la quale venivano fissati in maniera univoca i nuovi nominali, apportando alcune piccole variazioni relativamente agli esemplari in mistura.

La riforma messa in atto nel 1562 prevedeva l’introduzione di nuove monete dal valore facciale rigidamente fissato, con proportione tale, che ageuolmente si possano moltiplicar l’vne per l’altre, & che ciascuna delle minori moltiplicata sempre venga à constituire giustamente qual si voglia delle maggiori cosi d’oro come d’argento senza che vi manchi, ò auanzi numero alcuno, ò rotto, ò intiero.

Il nuovo sistema - sia di conto, che di nominali effettivamente emessi - si basava su tre pezzi in oro, tre in argento e tre in mistura, con proporzione esatta tra loro. La riforma mostro subito i suoi limiti e le sue imperfezioni. Uno dei pezzi in argento previsti, quello da 5 soldi, probabilmente non venne mai coniato. Al suo posto venne coniato un pezzo da 4 soldi denominato bianco, previsto nell'ordinanza di Vercelli dell'anno prima. Nel 1563 le caratteristiche intrinseche di bianchi e delle monete di mistura venne alterata, introducendo un leggero abbassamento, che corresse un rapporto sfavorevole tra questi nominali e i pezzi a più alto tenore d'argento.

Questi aggiustamenti già nel 1562-63 sono i primi indizi di un fallimento dell'azione di riforma. I motivi sono molteplici e la loro discussione richiederebbe molto tempo. In estrema sintesi, si può dire che la riforma era inadeguata alla risoluzione dei problemi monetari del ducato. Essa nacque subito inadeguata alle effettive necessità: il pezzo da 4 soldi era più idoneo da quello da cinque perché più simile a quanto già utilizzato prima della riforma, i tre nominali in mistura erano troppo "ricchi" di argento e dovettero essere ribassati per evitare che nascessero fenomeni monetari macroscopici che sarebbero andati a minare gli altri nominali maggiori.

Nello Stato sabaudo c'era un'ampia presenza di circolante minuto, di contenuto intrinseco disomogeneo e di valore nominale spesso incerto. La riforma non provvedeva a demonetizzare questa porzione di circolante, ma andava ad aggiungerne altro, del tutto slegato da quanto già presente. Soprattutto, non teneva conto delle differenze oggettive in termini di circolante tra le diverse province dello Stato. Per tutte le aree monetarie veniva imposto un nuovo sistema monetaria che si rivelava del tutto slegato da esse: un retaggio, questo, del pensiero economico cinquecentesco, quando non si aveva coscienza di leggi monetarie come quella di Gresham e sulle proporzioni tra monete grosse-piccole.

Soprattutto, la riforma peccava di ottimismo quando fissava un rapporto esatto tra i nominali in oro e quelli in argento. Lo scudo d'oro valeva tre lire d'argento INSTAR OMNIVM. Questo approccio presumeva una assoluta stabilità del valore dei due metalli sui mercati, cosa assolutamente falsa nel medio-lungo termine. Anzi, a partire dagli anni Settanta-Ottanta del XVI prese il via una rivalutazione dell'oro molto più sensibile rispetto a quella dell'argento, determinando quindi una forbice tra i gruppi di nominali coniati nei due metalli. Il rapporto 3:1 tra scudo e lira venne presto a rompersi, facendo perdere di significato alla riforma.

La rottura formale potrebbe essere fatta risalire al 1573, quando venne deciso di portare il cambio della lira da 20 soldi a 21 1/7, introducendo in questo modo una evidente rottura di quell’equilibrio nel valore dei nominali voluto con l’ordinanza del 1562. Con il 1573 la riforma di Emanuele Filiberto di Savoia non si può dire esaurita, anche se i suoi principi di base cominciano a venire meno. Oltre alla violazione della proporzionalità tra gli esemplari si interruppe la coniazione dei grossi multipli d’oro, dei soldi e dei quarti, ed anche quando in seguito questi ultimi due nominali tornarono ad essere battuti mostrarono i segni di una pesante svalutazione, con una vistosa riduzione del peso e del titolo.

Alles klar? Stavolta mi attendo osservazioni.

Fine della sesta parte.

Modificato da eligio
  • Mi piace 2
Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

Ben poco da discutere su quanto detto....

Dopo la riforma e la comparsa della "lira" effettivamente coniata (la INSTAR OMNIUN) la svalutazione è evidente, soprattutto se si guarda il rapporto far i primi soldi ed i seguenti

La lira era stata prescritta con un titolo di 10.18 denari, quindi buona percentuale di argento (circa 89.6%) ed un peso di circa 12,7 gr (19 1/3 pezzi al marco)

I primi soldi (I tipo) avevano un titolo di 5 denari (41,6 %), un peso di circa 1,33 gr (185 pezzi al marco), facendo i dovuti conti la quantità di argento contenuta in una lira era la stessa che si poteva trovare in 20 soldi

Nelle ordinanze successive riguardanti i soldi (III tipo) di Emanuele Filiberto, del 1564 e 1567, il titolo scende a denari 3.1 (circa 25%) ed i pezzi al marco 118. Consegue quindi una diminuzione di fino di circa il 6%, questo dopo pochi anni.

Ordinanze successive del 1574 e 1576 (soldo II tipo) per Vercelli ed Aosta , parlano di 129 pezzi al marco e titolo di denari 2.22.

In poche parole e per rendere chiaro un discorso forse un pelino troppo tecnico, in una dozzina di anni all'interno di una ventina di soldi, si è andati a perdere circa due grammi di argento (che dai circa 11,3 gr contenuti in una INSTAR OMNIUN si è passati ai circa 9,3 gr contenuti in 20 soldi.

Altro discorso, invece, è l'evidente circolazione durante la fase di riforma monetaria di tipologie completamente differenti all'interno del ducato. Le monete circolanti prima della riforma hanno continuato a circolare e si sono "mescolate" con quelle sucessive, creando (penso) un problema di cambio (e scambio) nelle terre sabaude.

Bisogna considerare che poi, meno di vent'anni dopo la riforma, Carlo Emanuele I ricomincia a coniare lire, ducatoni, testoni, fiorini, grossi, bianchi, soldi e chi più ne ha più ne metta, inserendo il tutto in un ducato che si spostava sempre di più al di qua delle alpi.

Le monete comunque di "grosso calibro" d'oro e d'argento erano comunque una minima parte del circolante. La moneta "spicciola" in mistura (e con Carlo Emanuele la prima in puro rame) era il grosso del circolante .... probabilmente proprio per la svalutazione le monete d'oro e d'argento venivano, dove era possibile, tesaurizzate ed il grosso degli scambi e commerci fatti con le monete più minute, anche dei periodi precedenti. Non parliamo (od almeno non ne voglio parlare io) di tutto il "circolante straniero" ....

Quello che voglio sottolineare però è che a noi potrebbe sembrare un aggrovigliarsi di monetazioni e valori, mentre , probabilmente, per le persone dell'epoca era una cosa tanto normale da renderli esperti sulle varie tipologie monetarie che circolavano sul loro territorio, portandoli a preferire o no alcune monete dalle altre.

Modificato da savoiardo
Link al commento
Condividi su altri siti


Quello che voglio sottolineare però è che a noi potrebbe sembrare un aggrovigliarsi di monetazioni e valori, mentre , probabilmente, per le persone dell'epoca era una cosa tanto normale da renderli esperti sulle varie tipologie monetarie che circolavano sul loro territorio, portandoli a preferire o no alcune monete dalle altre.

Bravo savoiardo, questo è un punto molto importante e spesso frainteso. Al povero disgraziato i ducatoni, gli scudi d'oro, ... non finivano in mano più di tanto. Nelle sue tasche c'erano principalmente i pezzi in mistura, cioè bianchi, soldi, denari, ... per restare all'epoca di Emanuele Filiberto. Tra questi, poi, c'era una ridda di nominali di altre zecche, che circolavano più o meno legalmente all'interno del ducato sabaudo. Pensate al caso delle monete di Monferrato: i "bianchi" di Margherita Paleologo e Guglielmo Gonzaga sono stati coniati esattamente allo stesso tenore di intrinseco di quelli sabaudi, quindi la loro parità con i pezzi di Emanuele Filiberto era piena. Non così, invece, con le monete dei Ferrero Fieschi di Masserano, che erano delle contraffazioni. Ancora, studi recenti mostrano che i ducati di Savoia e Milano avevano delle monetazioni molto più simili tra loro di quanto si possa immaginare, al punto che è stata di recente avanzata l'ipotesi (in parte anche dimostrata) di una corrispondenza piuttosto forte delle monetazioni almeno negli anni Ottanta del XVI secolo.

Pensiamo in proposito alla consistenza del ritrovamento di San Secondo di Pinerolo, dove pezzi sabaudi e monferrini circolavano insieme.

Il discorso della circolazione e degli usi monetari effettivi è molto complesso, e ancora poco (e mal) studiato. Qui bisogna ricorrere a metodologie di ricerca molto specifiche, come quelle che il Cipolla ha saputo applicare con rigore nelle sue indagini.

E.

Modificato da eligio
Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

Il discorso della circolazione e degli usi monetari effettivi è molto complesso, e ancora poco (e mal) studiato. Qui bisogna ricorrere a metodologie di ricerca molto specifiche, come quelle che il Cipolla ha saputo applicare con rigore nelle sue indagini

qui mi cogli impreparato....

mi servirebbero informazioni maggiori....

io posso portare comunque un esempio...

un mio amico di briancon (che ogni tanto posta sul forum) si diletta nella ricerca con il metal detector, in francia non hanno grossi problemi, e nei territori vicino a dove abita trova monete di tutti i tipi, pari periodo, ammettendo che quella era una zona di passaggio (e gran passaggio sin dai tempi più remoti) il circolante era veramente vario.... gli scambi avvenivano fra persone di diverse origini.

Come in quella zona probabilmente anche in zone meno frequentate da grandi flussi le monete avevano un normale "passamano" (e in questo caso parlando di monete non penso ci sia un vocabolo migliore)....

si potrebbe fare l'esempio dell'euro, che coniato in vari paesi della comunità europea, circola tranquillamente ed è normale maneggiare euro italiani come francesi oppure spagnoli ecc ecc già dai primi mesi della sua attuazione... per noi è più facile visto il pari valore, ma la stessa cosa sicuramente avveniva già in tempi passati.

Anzi la popolazione era sicuramente abituata e sapeva quali monete erano più "buone" delle altre.....

secondo me però bisognerebbe approfondire come mai all'interno di territori che si trovavano all'interno di uno stesso stato la moneta era più o meno "buona"... come in val d'Aosta, nella savoia e nel Piemonte la bontà della moneta variava e venivano date disposizioni nelle ordinanze diverse a seconda delle varie zecche.... sono daccordo che bisognava seguire le coniazioni degli stati vicini con cui erano più frequenti i commerci, ma cercare di unificare il circolante (alla Emanuele Filiberto) sarebbe stato un ottimo sistema per definire una monetazione sabauda e non più solo zonale.

Dubbio atroce che mi segue oramai da tempo..... periodo storico difficile, troppe guerre, passaggi da uno stato ad un altro in maniera troppo repentina, ma da dopo Carlo II lo stato sabaudo cominciava a prendere forma e ci sarebbe voluta una unificazione migliore del circolante , creando forse una moneta di riferimento unica , più stabile.

Modificato da savoiardo
Link al commento
Condividi su altri siti


Il discorso della circolazione e degli usi monetari effettivi è molto complesso, e ancora poco (e mal) studiato. Qui bisogna ricorrere a metodologie di ricerca molto specifiche, come quelle che il Cipolla ha saputo applicare con rigore nelle sue indagini

qui mi cogli impreparato....

mi servirebbero informazioni maggiori....

Sull' argomento ti consiglio queste letture :

CIPOLLA Carlo Maria, LE AVVENTURE DELLA LIRA.Edizioni di Comunita'Grafiche Stianti Firenze 1958 ristampa Bologna 1975.

CIPOLLA Carlo Maria,Moneta e civilta' mediterranea Neri Pozza Editore 1957 Venezia

Link al commento
Condividi su altri siti


L'euro non è forse un buon esempio, perché parliamo di monetazione fiduciaria che avviene ufficialmente su un'area piuttosto omogenea. Piuttosto, farei l'esempio dei marchi tedeschi o dei franchi svizzeri nei paesi dell'Europa dell'Est ai tempi della Guerra Fredda, dove le valute straniere circolavano più o meno sottobanco in quanto la valuta locale era soggetta a inflazione o le banche nazionali non avevano prestigio internazionale e quindi il pay-out non era garantito.

La capacità di cui tu parli della gente di discriminare tra valute/monete "buone" e "meno buone" è, per l'appunto, quello che in economia si chiama legge di Gresham.

Le differenze di "bontà" erano un riflesso delle difficoltà di mobilità delle persone e delle dinamiche economiche del tempo, che agivano su scale geografiche molto ridotte. Non era con azioni di carta come potevano essere le gride o le ordinanze che si imponeva una moneta con determinate caratteristiche: errori anche piccoli di valutazione del corso e/o del contenuto intrinseco innescavano fenomeni monetari molto specifici, che potevano portare alla sparizione delle monete pregiate, o peggio ancora ad un crollo dell'economia della zona. Prima si sarebbero dovute armonizzare le aree monetarie (ammesso che fosse stato possibile) con provvedimenti di ampio respiro, non imponendo una moneta artificiosa. Ma qui si divaga, bisogna aprire un capitolo a parte.

Lo stato sabaudo cominciò ad avere una certa omogeneità nel circolante da Carlo Emanuele I in avanti, un po' per le azioni di razionalizzazione fatte durante questo principato, un po' perché la monetazione europea dell'epoca era stata rivoluzionata da talleri, ducatoni, doppie ... e altre valute di ampissima circolazione, che ebbero come effetto quello di mettere molto ordine all'interno dei pezzi di maggior valore.

Non è per parlar male del Ducato di Savoia, ma forse l'economia che sapeva esprimere era veramente povera e sullo scenario internazionale sul piano monetario contava veramente poco. Tant'è che, come dicevo prima, per realizzare le sue monete strizzò sempre un occhio al Ducato di Milano e un altro ai territori francesi.

un mio amico di briancon (che ogni tanto posta sul forum) si diletta nella ricerca con il metal detector, in francia non hanno grossi problemi

Siamo proprio sicuri che in Francia il metal detector è legale? A me non risulta. E poi, parlando dal punto di vista strettamente archeologico, ogni scoperta di monete che non venga comunicata alle autorità non sarà mai documentata in pubblicazioni scientifiche, e quindi le risposte ai quesiti che ci stiamo ponendo sulla circolazione locale rimarranno senza risposta. Questo, senza introdurre atri discorsi etici.

Impariamo dagli Svizzeri, con il loro Inventario dei Ritrovamenti Monetali Svizzeri.

Modificato da eligio
Link al commento
Condividi su altri siti


Il discorso della circolazione e degli usi monetari effettivi è molto complesso, e ancora poco (e mal) studiato. Qui bisogna ricorrere a metodologie di ricerca molto specifiche, come quelle che il Cipolla ha saputo applicare con rigore nelle sue indagini

qui mi cogli impreparato....

mi servirebbero informazioni maggiori....

Sull' argomento ti consiglio queste letture :

CIPOLLA Carlo Maria, LE AVVENTURE DELLA LIRA.Edizioni di Comunita'Grafiche Stianti Firenze 1958 ristampa Bologna 1975.

CIPOLLA Carlo Maria,Moneta e civilta' mediterranea Neri Pozza Editore 1957 Venezia

Io direi piuttosto, sempre di Cipolla, "Mouvements monétaires dans l'Etat de Milan" (Paris 1952) e "Il governo della moneta a Firenze e a Milano nei secoli XIV-XVI" (Bologna 1990). Dovendo scegliere, punterei al primo.

E.

Link al commento
Condividi su altri siti


Il discorso della circolazione e degli usi monetari effettivi è molto complesso, e ancora poco (e mal) studiato. Qui bisogna ricorrere a metodologie di ricerca molto specifiche, come quelle che il Cipolla ha saputo applicare con rigore nelle sue indagini

qui mi cogli impreparato....

mi servirebbero informazioni maggiori....

Sull' argomento ti consiglio queste letture :

CIPOLLA Carlo Maria, LE AVVENTURE DELLA LIRA.Edizioni di Comunita'Grafiche Stianti Firenze 1958 ristampa Bologna 1975.

CIPOLLA Carlo Maria,Moneta e civilta' mediterranea Neri Pozza Editore 1957 Venezia

Io direi piuttosto, sempre di Cipolla, "Mouvements monétaires dans l'Etat de Milan" (Paris 1952) e "Il governo della moneta a Firenze e a Milano nei secoli XIV-XVI" (Bologna 1990). Dovendo scegliere, punterei al primo.

E.

I primi sono di piu' ampio respiro ed in particolare Le avventure della Lira e' fruibile anche da lettori non preparati in campo economico , ricordo infatti ai miei tempi il loro utilizzo in corsi universitari introduttivi alla storia economica

Testi altrettanto interessanti quelli citati da Eligio , forse secondo me fin troppo specifici essendo studi su aree monetarie ben determinate (Milano e Firenze)

Comunque si tratta di ottime letture ti posto i riferimenti anche di questi se intendi reperirli :

CIPOLLA Carlo Maria,IL GOVERNO DELLA MONETA A FIRENZE E A MILANO NEI SECOLI XIV-XVI Il Mulino Editore 1990 Bologna .

Questo volume raccoglie scritti precedenti del Cipolla , rivisti ed ampliati

Trecento e cinquecento per Firenze, quattrocento per Milano

CIPOLLA Carlo Maria Mouvements monétaires dans l'État de Milan, 1580-1700, A. Colin ,Paris, 1952

Opera in parte datata , alcuni concetti , come scrive lo stesso autore piu' tardi , sono stati sviluppati e riformulati nei suoi scritti successivi

Piuttosto Silvio ti ricordo questo libro piu' volte citato da me , fondamentale se vuoi studiare i movimenti monetari nell' area piemontese e quindi non solo sabauda :

FELLONI Giuseppe, Il Mercato Monetario in Piemonte nel secolo XVIII Banca Commerciale Milano 1968

Ricco di documentazione tratta dalle sue ricerche anche nell' archivio torinese

Altra lettura piacevole per un savoiardo come te questo volumetto :

CERRATO Giacinto, LA ZECCA DI TORINO DALLE ORIGINI ALLA RIFORMA ORDINATA DAL RE DI SARDEGNA CARLO EMANUELE III NEL 1754. Note cronologiche e appunti storici. Circolo Numismatico Torinese, Torino 1956

Alcuni testi sono in vendita presso il sito maremagnum.com

Modificato da piergi00
Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

grazie pier...

devo ricominciare a leggere ...

come ti ho già detto l'altra sera ho le tre bestioline a casa che mi "rubano" la maggior parte del tempo e una gran parte di energia....

....sono ormai mesi che leggo poco.... :(

comunque in teoria l'inverno è la stagione giusta, vedrò di tirarmi su le maniche!

Link al commento
Condividi su altri siti


CIPOLLA Carlo Maria Mouvements monétaires dans l'État de Milan, 1580-1700, A. Colin ,Paris, 1952

Opera in parte datata , alcuni concetti , come scrive lo stesso autore piu' tardi , sono stati sviluppati e riformulati nei suoi scritti successivi

Qui mi manca qualche bit: in quali suoi scritti il Cipolla riformula i concetti espressi nei Mouvements?

Link al commento
Condividi su altri siti


Se hai tempo ed il tuo PC non perde troppi bit della mia risposta prova a leggere questi testi e noterai pure tu l' evoluzione del pensiero di Cipolla negli anni

La storia economica, Il Mulino, Bologna, 2005,

Storia economica dell'Europa pre-industriale, Il Mulino, Bologna, 2002,

Le tre rivoluzioni e altri saggi di storia economica e sociale, Il Mulino, Bologna, 1988

p.s.

Anche gli stessi saggi su Firenze e su Milano presenti nel Governo della moneta..... hanno subito modifiche rispetto alla prima stesura se ricordo bene e' accennato nell' introduzione

Modificato da piergi00
Link al commento
Condividi su altri siti


Se hai tempo ed il tuo PC non perde troppi bit della mia risposta prova a leggere

La storia economica, Il Mulino, Bologna, 2005,

Storia economica dell'Europa pre-industriale, Il Mulino, Bologna, 2002,

Le tre rivoluzioni e altri saggi di storia economica e sociale, Il Mulino, Bologna, 1988

Grazie, li conosco, però non mi sembra che ci siano correzioni su quanto affermato sui Mouvements per quanto riguarda la moneta di Milano nel Cinque-Seicento. So che il Cipolla aveva fatto alcune rettifiche sulle affermazioni che aveva esposto nel volume La moneta a Milano nel Quattrocento, ma erano proprio sfumature.

Il Mouvements lo trovo ancora attuale e valido, anche per una questione metodologica. Dei tre capitoli di cui è costituito, il primo è particolarmente importante, perché è lì che sono espressi i concetti di corso, inflazione, moneta teorica, ... con una semplicità ed efficacia notevoli. Diversamente uno dovrebbe andarsi a cercare i testi di Geminiano Montanari o del Beccaria, che forse ad un lettore moderno sono anche meno accessibili. Il secondo capitolo è prettamente legato alla demografia, ma molto utile per capire i fenomeni economici dell'epoca (se hai presente la Storia economica dell'Europa pre-industriale capisci a cosa alludo). Il terzo è contestualizzato alla moneta milanese vera e propria in età spagnola. Ci sono stati approfondimenti in anni recenti sulla monetazione spagnola (es. per ricondurre il problema delle contraffazioni agli sbilanciamenti tra moneta piccola/grossa, o alle diversificazioni delle aree di circolazione nelle province periferiche), frutto più che altro di materiali non accessibili all'epoca del Cipolla, ma per il resto il testo è ancora valido.

Proprio al primo capitolo mi riferisco per approfondire i concetti a cui alludevo nei miei posts precedenti.

E.

Link al commento
Condividi su altri siti


un mio amico di briancon (che ogni tanto posta sul forum) si diletta nella ricerca con il metal detector, in francia non hanno grossi problemi

Siamo proprio sicuri che in Francia il metal detector è legale? A me non risulta. E poi, parlando dal punto di vista strettamente archeologico, ogni scoperta di monete che non venga comunicata alle autorità non sarà mai documentata in pubblicazioni scientifiche, e quindi le risposte ai quesiti che ci stiamo ponendo sulla circolazione locale rimarranno senza risposta. Questo, senza introdurre atri discorsi etici.

Impariamo dagli Svizzeri, con il loro Inventario dei Ritrovamenti Monetali Svizzeri.

Inserisco un breve articolo tratto da un forum francese di appassionati di metal detector

La loi et le code

Le mot de l'auteur

C'est clairement par ce sujet que le bât blesse : la Loi !

Aucune loi en France n'est réellement adaptée à la prospection de loisir. Aucun texte ne gère le statut particulier du prospecteur de loisir.

Pour résumer le problème, il faut savoir qu'aux yeux de la justice (une jurisprudence abondante est là pour en témoigner), un prospecteur est un découvreur potentiel d'objets pouvant intéresser l'histoire, l'art ou l'archéologie... La Loi considère donc potentiellement tout prospecteur ne possédant pas d'autorisation préfectorale comme étant en infraction (lire plus bas les articles de Loi concernés et l'anecdote qui m'est arrivée un beau jour de juillet 98) !

Dans la pratique, 99.99% des prospecteurs partent sur le terrain sans autorisation préfectorale. Même si les autorités tolèrent cet état de fait et que les archéologues reconnaissent que hors recherches d'objets archéologiques seule l'autorisation du propriétaire suffit, il ne faut pas grand chose pour que cela se retourne contre le prospecteur (en cas de déclaration de trésor par exemple ou tout simplement si les gendarmes ont envie de faire du zèle).

Ces lois ont été mises en place (faute de mieux) pour tenter de protéger le patrimoine français contre une petite partie des prospecteurs, mais ô combien dévastatrice : les pillards de sites, des gens sans scrupule qui ne pensent qu'à une chose, faire un maximum d'argent au détriment de notre patrimoine. Ils sont souvent organisés en véritables réseaux et revendent systématiquement leurs trouvailles pour alimenter certains marchés de collectionneurs.

Le législateur d'aujourd'hui ferait bien de constater une chose : de plus en plus de détecteurs se vendent chaque année. De plus en plus de gens se prennent de passion pour un hobby qui, en plus de les rapprocher de la nature, les rapproche de leur passé, de leur racine, de l'histoire de leur pays, souvent par la simple découverte d'un objet perdu au hasard des routes ou des travaux dans les champs, par un ancêtre direct ou non... De fait la loi, qui ne s'intéressait qu'aux pilleurs, met de côté une immense majorité des utilisateurs de poêle à frire : les gens qui pratiquent pour le plaisir !

Le prospecteur d'aujourd'hui est bien plus un amoureux d'histoire et de culture qu'un chasseur de trésor avide d'espèces sonnantes et trébuchantes tel que le présentent trop facilement les médias, souvent à la recherche de sujets à sensations.

Certains archéologues m'ont dit que les lois évitaient aussi de laisser n'importe qui toucher aux couches archéologiques en faisant des trous partout dans le sol français. Question : que fait une sous-soleuse lorsqu'elle retourne un champ sur 1 mètre de profondeur comparé à un prospecteur qui ne creuse qu'exceptionnellement à plus de 25cm ?! Même si le problème des couches est parfois un vrai problème pour les terrains non labourés, la grande majorité des prospecteurs ne demanderait pas mieux que de le comprendre et d'y être sensibilisé. Ils ne demanderaient pas mieux que d'apprendre à servir intelligemment leur patrimoine au lieu d'être mis au rang des malfaiteurs.

Mais plutôt que de faire des lois adaptées et de mettre en place un programme d'information et d'échange, on préfère en France utiliser la manière forte : l'interdiction tacite ! Résultat : les pillards continuent de piller (car vu ce que ça leur rapporte, ils se moquent bien des lois et des risques qu'ils encourent) et le prospecteur passionné est frustré, mal informé sur son interaction avec le monde archéologique (que de nombreux archéologues pourraient mettre à profit) et se sent pris pour un malfrat ! Conclusion : nombreux sont les découvreurs de "trésors" qui, par peur de représailles, hésitent à déclarer leur découverte. On rentre ici dans un cercle vicieux où la loi plutôt que de protéger le patrimoine, le met en péril ! (Pour information, en Angleterre depuis la mise en place des nouvelles lois sur la prospection "the Treasure Act", le nombre de trésor déclaré a été multiplié par 7 et un nombre impressionnant de découvertes a été spontanément porté à la connaissance des archéologues). Alors, qu'attend-on en France pour devenir adultes et responsables ?

Heureusement, quelques archéologues ont compris l'intérêt réel qu'il pouvait y avoir dans la collaboration de nos deux mondes. Lorsque je vois que grâce à l'action de personnes comme les membres de la Fnudem, des archéologues commencent à faire confiance à des prospecteurs au point de les former aux techniques de fouille et de les inclure dans des opérations de sauvetage (détecteurs au poing), je me dis que rien n'est perdu et que nous sommes sur la bonne voie, même si celle-ci risque d'être longue avant que les lois changent... Mais malheureusement, le traîtement d'une région à l'autre est très différent et suivant l'endroit où on se trouve la collaboration est plus ou moins facile, voire parfois impossible.

Alors de grâce Messieurs les politiciens et grands pontes de l'Archéologie française : donnez-nous un vrai statut, donnez-nous votre confiance en modifiant ces lois qui ne veulent plus rien dire et qui sont d'un autre âge ! Ce que l'Angleterre a su faire, la France doit pouvoir savoir le faire aussi. Car comme le dit Mr K.PARFITT (Archéologue Régional du Kent en Grande-Bretagne) : "C'est lorsque nous mettrons tout en commun que nous en apprendrons plus sur notre passé".

Nous avons tant à nous apporter mutuellement !

Régis Motheau

Les lois

Loi du 27 septembre 1941 portant réglementation des fouilles archéologiques.

Art. 1er : Nul ne peut effectuer sur un terrain lui appartenant ou appartement à autrui des fouilles ou des sondages à l'effet de recherches de monuments ou d'objets pouvant intéresser la préhistoire, l'histoire, l'art ou l'archéologie, sans en avoir au préalable obtenu l'autorisation.

La demande d'autorisation doit être adressée au préfet de région, elle indique l'endroit exact, la portée générale et la durée approximative des travaux à entreprendre.

Dans les deux mois qui suivent cette demande et après avis de l'organisme scientifique consultatif compétent, le ministre chargé de la Culture ou le préfet de région accorde, s'il y a lieu, l'autorisation de fouilles; il fixe en même temps les prescriptions suivant lesquelles les recherches devront être effectuées.

Loi N° 89-900 du 18 décembre 1989 relative à l'utilisation des détecteurs de métaux.

Art. 1er - Nul ne peut utiliser du matériel permettant la détection d'objets métalliques, à l'effet de recherches de monuments et d'objets pouvant intéresser la préhistoire, l'histoire, l'art ou l'archéologie, sans avoir, au préalable, obtenu une autorisation administrative délivrée en fonction de la qualification du demandeur ainsi que de la nature et des modalités de la recherche.

(Note de l'auteur : L'article L542-1 du Code du Patrimoine reprend désormais ce premier article. Il convient de se reporter au nouveau Code du Patrimoine et en particulier aux articles 542, 543 et 544)

Art. 2nd - Toute publicité ou notice d’utilisation concernant les détecteurs de métaux doit comporter le rappel de l’interdiction mentionnée à l’article 1er de la présente loi, les sanctions pénales encourues, ainsi que les motifs de cette réglementation.

Décret N° 91-787 en date du 19 août 1991 :

Art. 1er - L'autorisation d'utiliser du matériel permettant la détection d'objets métalliques, prévue à l'article 1er de la loi du 18 novembre 1989, est accordée, sur demande de l'intéressé, par arrêté du préfet de région dans laquelle est situé le terrain à prospecter.

La demande d'autorisation précise l'identité, les compétences et l'expérience de son auteur, ainsi que la localisation, l'objectif scientifique et la durée des prospections à entreprendre.

Lorsque les prospections doivent être effectuées sur un terrain n'appartenant pas à l'auteur de la demande, ce dernier doit joindre à son dossier Le consentement écrit du propriétaire du terrain et, s'il y a lieu, celui de tout autre ayant droit.

L’arrêté accordant l’autorisation fixe les conditions selon lesquelles les prospections devront être conduites.

Lorsque le titulaire d’une autorisation ne respecte pas les prescriptions, le préfet de région prononce le retrait de l’autorisation.

Art. 2nd - Quiconque aura utilisé A L'EFFET DE RECHERCHES MENTIONNEES A L'ARTICLE 1er DE LA LOI DU 18 décembre 1989, du matériel permettant la détection d'objets métalliques sans avoir auparavant obtenu l'autorisation prévue à l'article 1er du présent décret ou sans avoir respecté les prescriptions de cette autorisation sera puni de la peine d'amende applicable aux contraventions de la 5ème classe. Le matériel qui aura servi à commettre l'infraction pourra être confisqué.

Article 716 du code civil :

La propriété d'un trésor appartient à celui qui le trouve dans son propre fonds; si le trésor est trouvé dans le fonds d'autrui, il appartient pour moitié à celui qui l'a découvert, et pour l'autre moitié au propriétaire du fonds. Le trésor est toute chose cachée ou enfouie sur laquelle personne ne peut justifier sa propriété et qui est découverte par le pur effet du hasard.

Remarque de l'auteur : Il est archi-faux de penser que le partage sera de 50 / 50 en cas de découverte faite au détecteur de métaux ! Le partage équitable prévu par la loi ne s’applique que lors d’une découverte fortuite. La notion de fortuité devient très relative aux yeux des magistrats lorsqu’il s’agit de l’utilisation d’un détecteur de métaux. Il y a beaucoup de jurisprudence dans le domaine. Mieux vaut établir les choses clairement avec le propriétaire dès le départ et si possible de façon contractuelle !

Loi validée du 27 septembre 1941 :

Art. 14 - Lorsque, par la suite de travaux ou d'un fait quelconque, des ruines ou plus généralement des objets pouvant intéresser la préhistoire, l'histoire, l'art, l'archéologie ou la numismatique sont mis au jour, l'inventeur de ces vestiges ou objets et le propriétaire de l'immeuble où ils ont été découverts sont tenus d'en faire la déclaration immédiate au maire de la commune qui doit la transmettre sans délai au préfet. Celui-ci avise le ministre des Affaires Culturelles.

Le code du prospecteur

- Apprenez la législation sur la découverte fortuite de trésor et la loi du 18/12/89 n°89900.

- Rebouchez tous les trous que faites lors de votre prospection (les éleveurs en particulier, n'aiment pas voir leurs prés parsemés de trous dont la profondeur de certains peut constituer un risque pour le bétail. Si si, on me l'a dit...). Les performances du matériel actuel (en particulier grâce à l'utilisation du mode Pinpoint) vous permettent de localiser précisément une monnaie ou un objet. Ne faites pas un trou de 50cm sur 50cm pour extraire une pièce !

- Votre passion a une vocation écologique. Laissez les endroits où vous détectez exempts des déchets que vous avez pu extraire (prévoyez un "sac à déchet" à cet effet). Mieux vaut les jeter à la poubelle que de les retrouver enfouis à la prochaine détection. Et surtout : ne jetez pas vos piles dans la nature !

- N’entrez sur les terrains qu’après avoir demandé et obtenu la permission du propriétaire ou du gardien…

- En cas de découverte fortuite d’objets pouvant intéresser l’archéologie, informez-en la Drac ou à défaut, la mairie du lieu concerné.

- Prévenez immédiatement la Police locale ou la Gendarmerie si vous vous trouvez confrontés à un objet suspect (obus, bombe ou grenade non-explosés, etc...). Laissez-le sur place sans y toucher, mais ne le laissez jamais sans surveillance dans les endroits fréquentés !

- Dans les champs et les prés, refermez les barrières que vous avez franchies (sujet fréquent de discorde entre paysans et chasseurs/pêcheurs), surtout s'il y a des animaux à proximité. Restez le plus discret possible vis-à-vis des animaux (Un éleveur mal luné aura vite fait de vous reprocher le manque passager de rendement de ses laitières s'il vous a trop vu tourné autour. Ne riez pas, c'est déjà arrivé à un ami pêcheur !). Respectez les plantations, ne pénétrez pas dans un champ en train, ou ayant déjà levé (sauf si le propriétaire vous y invite. Dans ce cas, faites quand même attention où vous mettez les pieds !).

- Ne manquez jamais une occasion de présenter votre détecteur de métaux à toute personne s'intéressant à ce que vous faites. En instaurant le dialogue, vous pourrez peut-être glaner des informations utiles et dans tous les cas, vous vous ferez un "ami" parmi les locaux (ce qui souvent est loin d'être négligeable). En règle générale, soyez courtois.

- Prenez à coeur votre rôle d'ambassadeur des prospecteurs. Donnez une image positive de la prospection : c'est de votre attitude que dépendra peut-être la survie et/ou la reconnaissance de notre passion !

petite anecdote en passant...

Il y a quelques temps, je prospectais tranquillement sur le champ d'un de mes oncles par alliance.

J'insistais particulière sur une bande du terrain où la femme d'un d'entre eux avait perdu une bague, il y a 10 ans, lorsque le champ était encore un verger.

Les gendarmes, qui faisaient le tour des cartes de pêche, voyant un gars pas du pays (et de Paris de surcroît !) en train de passer sa poêle à frire dans un champ, sont venus me voir en me demandant si j'avais une autorisation écrite pour faire ce que j'étais en train de faire. Sûr de ma bonne foi et n'ayant rien à me reprocher, je leur dis que j'ai l'autorisation orale des propriétaires. Sur ce, ils me demandent si j'ai une autorisation préfectorale...

Très étonné, je leur dis que je ne suis pas sur un terrain classé, que je ne recherche pas d'objets visés par la loi 89-900, qu'en plus je suis principalement affairé à retrouver la bague d'une de mes tantes et que par conséquent je n'ai besoin d'absolument aucune autorisation hormis celle des propriétaires !

Après avoir passé 10 minutes le nez dans leurs classeurs, ils finissent par me dire de quoi je suis coupable :

"D'après le décret untel, paragraphe tant, alinéa machin, vous avez commis une infraction de 5ème classe, blablablabla..."

J'ai eu beau leur expliquer (tout en gardant ma plus grande sérénité) que je ne rentrais pas dans le cadre de la loi puisque je pratiquais la prospection de loisir et qu'en plus je cherchais une bague (prétexte qu'ils doivent entendre très souvent, il est vrai...), ils ont pris ma déposition, on fait le détail de ce que j'avais trouvé (dixit : "divers débris métalliques, un manche de cuillère en inox et des capsules diverses, qui je pense ne peuvent pas intéresser l'histoire, l'art, etc...") et m'ont fait signer le tout.

Ils m'ont dit que, même à la recherche d'une bague, je pouvais potentiellement tomber sur des vestiges, et que donc j'avais besoin d'une autorisation préfectorale (je rappelle que le terrain n'était en aucun cas classé !).

Sur ma déposition j'ai eu la bonne idée d'émettre une réserve en précisant que j'étais intimement convaincu de ne pas avoir enfreint la loi (même si j'apprendrais plus tard qu'ils n'avaient légalement pas tout à fait tort)

J'ai fini par discuter un peu plus avec les gendarmes (après tout ils n'étaient ni bêtes ni méchants). Je leur ai demandé à quoi je m'exposais en cas de prospection sur une plage (prospection la plus connue et la moins mystifiée). Tenez-vous bien... Ils m'ont dit que cela n'était plus une infraction mais un délit (!!!), car cela dépendait des affaires maritimes et fluviales !!!

Si la sobriété de leurs uniformes ne m'avait rappelé à l'ordre, j'aurais volontiers éclaté de rire !

Histoire de voir jusqu'où ils seraient capables d'aller, je leur demande ce qu'il en est si je prospecte sur une plage artificielle faite de sable entièrement rapporté (Ils y en avaient à quelques dizaines de km de là, dont l'épaisseur interdisait toute trouvaille autre que moderne). Réponse : "Avec des si, vous savez... on ferait beaucoup de choses" !

En effet... comme par exemple trouver un trésor gallo-romain quand on recherche une bague personnelle sur une bande de terrain de 20m sur 40 !!!

D'après les gendarmes, la déposition devrait aller dans la poubelle du procureur...

Ils ne m'ont pas confisqué mon appareil et m'ont même autorisé à continuer ce que j'étais en train de faire...

Si cette histoire n'était pas tristement représentative de la situation rencontrée en France, j'en rirais encore !

Mentions Légales - Copyright 2008

Link al commento
Condividi su altri siti


un mio amico di briancon (che ogni tanto posta sul forum) si diletta nella ricerca con il metal detector, in francia non hanno grossi problemi

Siamo proprio sicuri che in Francia il metal detector è legale? A me non risulta. E poi, parlando dal punto di vista strettamente archeologico, ogni scoperta di monete che non venga comunicata alle autorità non sarà mai documentata in pubblicazioni scientifiche, e quindi le risposte ai quesiti che ci stiamo ponendo sulla circolazione locale rimarranno senza risposta. Questo, senza introdurre atri discorsi etici.

Impariamo dagli Svizzeri, con il loro Inventario dei Ritrovamenti Monetali Svizzeri.

Inserisco un breve articolo tratto da un forum francese di appassionati di metal detector

omissis

Resta il fatto che è necessaria un'autorizzazione della prefettura e sussiste l'obbligo di denuncia di tutto quanto trovato alla Mairie di competenza del territorio, per i rilievi (i.e., l'acquisizione dei dati ai fini di studio) e la valutazione dell'interesse archeologico.

Lasciando da parte qualsiasi discorso etico e soggettivo legato alla definizione di oggetto di interesse archeologico, la mancata dichiarazione, oltre che ad una violazione di legge, comporta la perdita irrimediabile di un dato sulla circolazione monetaria.

Link al commento
Condividi su altri siti


La mancata dichiarazione, oltre che ad una violazione di legge, comporta la perdita irrimediabile di un dato sulla circolazione monetaria.

Concordo , e' l' aspetto piu' grave

Link al commento
Condividi su altri siti


Supporter

La mancata dichiarazione, oltre che ad una violazione di legge, comporta la perdita irrimediabile di un dato sulla circolazione monetaria.

Concordo , e' l' aspetto piu' grave

questo è certo

sarebbe interessante poter raccogliere i dati dei vari "cercatori" anche italiani.....

purtroppo questo non avviene!

..... e sinceramente a chi dovrebbe interessare non passa lontanamente l'idea di fare qualcosa! <_<

Link al commento
Condividi su altri siti


  • 10 mesi dopo...

Riapro questa interessantissima discussione che mi sono riletto volentierissimo innanzitutto ringraziando i preziosi contributi di Pier, Eligio e Savoiardo e facendo riferimento alla sua tabella sulle equivalenze monetarie inserita ad inizio discussione vorrei fare una domanda... ma i multipli del fiorino in argento ed oro come si collocavano (parlando piu' o meno dello stesso periodo) relativamente alle loro equivalenze ?

Grazie in anticipo

Andrea

Link al commento
Condividi su altri siti


Riapro questa interessantissima discussione che mi sono riletto volentierissimo innanzitutto ringraziando i preziosi contributi di Pier, Eligio e Savoiardo e facendo riferimento alla sua tabella sulle equivalenze monetarie inserita ad inizio discussione vorrei fare una domanda... ma i multipli del fiorino in argento ed oro come si collocavano (parlando piu' o meno dello stesso periodo) relativamente alle loro equivalenze ?

Grazie in anticipo

Andrea

Diciamo che la discussione era scemata per la scarsa interattività e per la comparsa di temi con affermazioni decisamente poco pertinenti.

A quale monete alludi, di preciso?

I pezzi in oro e i grandi pezzi in argento avevano un valore variabile nel tempo, dipendente dal valore del metallo sui mercati. Se prendi il secondo volume del Promis sulle monete sabaude ha qualche centinaio di pagine di corsi, basta che fai riferimento al valore dello scudo d'oro nel tempo per renderti conto di come fosse fluttuante.

Sui pezzi in argento, comunque bisogna distinguere. Facciamo un esempio con Carlo Emanuele I. Un conto sono i pezzi da due o tre fiorini, in mistura, che di fatto non avevano una grandissima rivalutazione rispetto al valore dell'argento: quando il loro valore intrinseco diventava superiore a quello nominale a seguito dell'aumento del valore dell'argento, tipicamente sparivano dalla circolazione per effetto della legge di Gresham.

Invece il pezzo detto "Beato Amedeo" coniato con il valore di 9 fiorini all'esergo (quindi pari allo scudo da 108 grossi, ossia allo scudo di conto), era soggetto a meccanismi differenti. Proprio per il quantitativo di metallo elevato - parliamo di una moneta di oltre 20 grammi - era soggetta a rivalutazioni. Infatti in alcune tariffe dell'epoca (parti sempre dai dati sul Promis) la trovi dopo qualche anno cresciuta di corso a 10.6 fiorini, cioè a 10 fiorini e mezzo.

L'ultima emissione di Beato Amedeo sempre con in esergo il valore di 9 fiorini, realizzata una decina di anni dopo, ha un peso e un valore intrinseco inferiori, perché in dieci anni il prezzo dell'argento era cresciuto sensibilmente, e quindi ne era necessario di meno per "tradurre" il valore di 9 fiorini, signoraggi a parte. Non è un caso che intorno al 1630 trovi citati sia i Beati Amedei "nuovi" distinti dai Beati Amedeo "vecchi": nonostante entrambi portassero l'indicazione 9 ff. in esergo il loro corso era profondamente diverso, ed era quindi necessario rimarcarlo nei provvedimenti.

E.

Link al commento
Condividi su altri siti


Unisciti alla discussione

Puoi iniziare a scrivere subito, e completare la registrazione in un secondo momento. Se hai già un account, accedi al Forum con il tuo profilo utente..

Ospite
Rispondi a questa discussione...

×   Hai incollato il contenuto con la formattazione.   Rimuovere la formattazione

  Only 75 emoji are allowed.

×   Il tuo collegamento è stato incorporato automaticamente.   Mostra come un collegamento

×   Il tuo contenuto precedente è stato ripristinato..   Cancella editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

Caricamento...

×
  • Crea Nuovo...

Avviso Importante

Il presente sito fa uso di cookie. Si rinvia all'informativa estesa per ulteriori informazioni. La prosecuzione nella navigazione comporta l'accettazione dei cookie, dei Terms of Use e della Privacy Policy.