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Convenzione monetaria del 1254


giollo2

Risposte migliori

Nellatto di fondazione della zecca di Vercelli del 23 giugno 1255 (E. Biaggi Le antiche monete piemontesi pp. 543-546) si incaricano gli zecchieri di battere Grossi da 8 mezzani al peso e lega di quelli di Pavia, Piacenza, Cremona, Tortona, Bergamo, Como e Asti, oppure di solo una o due di esse che già dal 1254 avevano aderito alla convenzione di Cremona, ad eccezione di Asti e Como (che evidentemente avevano aderito successivamente).

……. inceperint facient et fieri facient monetam in civitate Vercellensi grossam de denariis octo parvis pro quolibet denario grosso ad modum ponderis et ligae ad quem laboraretur moneta Papiae, Placenciae, Cremonae, Terdonae, Bergami, Cumis et Ast .... »

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mi pare infatti che fosse previsto dai diplomi di concessione del diritto di zecca che nell'area di circolazione dei denari imperiali le monete battute autonomamente dai comuni dovessero essere di peso e lega inferiori (rapporto 3:1 tra denari imperiali e comunali)

Hai per caso qualche riferimento preciso? Sono sempre più convinto della necessità di raccogliere informazioni sufficientemente suffragate da solide basi. Sulla monetazione comunale sono state dette tantissime cose, molto spesso non concordi, e non è facile venirne a capo.

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mi pare infatti che fosse previsto dai diplomi di concessione del diritto di zecca che nell'area di circolazione dei denari imperiali le monete battute autonomamente dai comuni dovessero essere di peso e lega inferiori (rapporto 3:1 tra denari imperiali e comunali)

Hai per caso qualche riferimento preciso? Sono sempre più convinto della necessità di raccogliere informazioni sufficientemente suffragate da solide basi. Sulla monetazione comunale sono state dette tantissime cose, molto spesso non concordi, e non è facile venirne a capo.

Hai ragione. Il riferimento sono certo di averlo incontrato più volte, l'ultima, se non sbaglio, in uno degli ultimi numeri di Panorama Numismatico dedicato quasi interamente ad articoli sulle monete medievali. Purtroppo ora non so essere più preciso, faccio una ricerca sui testi e vedo di dirti qualcosa di più.

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2. all'esame visivo la moneta da istintivamente la sensazione di una moneta "buona", di modulo ampio e realizzazione curata, il che sarebbe compatibile con la necessità di evidenziare immediatamente le monete "imperiali" da quelle "comunali"; mi pare infatti che fosse previsto dai diplomi di concessione del diritto di zecca che nell'area di circolazione dei denari imperiali le monete battute autonomamente dai comuni dovessero essere di peso e lega inferiori (rapporto 3:1 tra denari imperiali e comunali)

Qualcuno può illuminarmi su quanto sopra?

Vorrei approfondire brevemente questi concetti con alcune citazioni, in quanto penso sia un’importante premessa al tema della discussione.

Se può interessare fatemi sapere se devo postare le immagini delle monete citate.

Ottorino Murari “La moneta milanese nel periodo della dominazione tedesca e del comune (961-1250)” Memorie dell’Accademia Italiana di Studi Filatelici e Numismatici, vol I, fasc. IV, pp. 27-42 (1981):

“Le notizie che si possono trarre dall’esame di documenti, permettono di constatare che verso la metà del secolo XII si generalizza sugli atti la indicazione della qualità dei denari milanesi e cioè si precisa se si tratta di denari buoni milanesi vecchi o di denari milanesi nuovi o denari terzoli e dopo l’avvento del Barbarossa si precisa ancor di più, denari milanesi vecchi o denari imperiali e denari milanesi nuovi o denari terzoli. Il rapporto di valore è di un milanese vecchio o di un imperiale per due denari nuovi o terzoli (il nome di terzoli (o terzioli o tercioli e terzuoli) dato aidenari nuovi, si vuole derivi dal loro intrinseco di argento fissato ad un terzo del loro peso, cioe 333 millesimi [nota del Murari]).

Quando Federico I vuole togliere a Milano il diritto di zecca e far coniare una nuova moneta a suo nome, moneta che chiama imperiale, si basa per questa sul valore della moneta vecchia milanese allora ancora in circolazione ad un valore doppio della moneta nuova allora in corso di emissione da parte del Comune. Federico cioè non crea una moneta di nuovo valore ma opta per quella di maggior valore e prestigio in corso sul mercato.”

Lucia Travaini “La moneta milanese tra X e XII secolo” Atti dell’XI Congresso Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo, Milano 1987, pp, 223 – 246:

Le vicende della moneta di Milano prima del Barbarossa si possono riassumere brevemente come segue. I denari di Enrico erano ancora emessi agli inizi del XII secolo, al peso di circa 0,85-1,00 grammo, e con una percentuale di fino per ora valutabile solo approsivamente a 490 millesimi circa. A partire dal 1117 circa, le fonti cominciano a parlare di denari milanesi vecchi, documentando così la nascita di una nuova moneta: si tratta del denaro milanese nuovo, che valeva la metà del vecchio, ed era battuto dal Comune ma sempre a nome di Enrico imperatore. Questi denari milanesi nuovi sono sempre più frequentemente citati dalle fonti a partire dagli anni 30 del XII secolo.

Nel 1158 circa compare nelle fonti il termine terzolo che quasi certamente si riferisce allo stesso denaro nuovo e non ad una nuova emissione: il nuovo termine sarebbe nato per indicare il contenuto metallico dei pezzi, pari ad un terzo d’argento.

Con Federico Barbarossa si assiste al primo tentativo di restaurazione imperiale della moneta dopo l’età ottoniana.

La prima menzione dei denari imperiali è del 22 novembre 1162 quando Rainaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia e arcicancelliere di Federico, ordinava ai piacentini che dalla successiva domenica in avanti avrebbero dovuto usare come unica moneta in città e nel territorio gli Imperiales, mentre i denari piacentini venivano “abatuti”.

Carlo Crippa “Le monete della zecca di Milano nella collezione di Pietro Verri”, p. 15, Milano 1998:

Con il 1117 circa i documenti d’epoca iniziano a citare i “denari milanesi vecchi” indicando così l’introduzione di un denaro nuovo, detto poi comunemente danaro terzolo o terzaruolo o terciolo (questo nome comapre nei documenti nel 1158), forse perché contenente un terzo di argento nella lega. Il denaro terzolo fu coniato dal comune di Milano a nome di un Enrico ed equivaleva alla metà del vecchio denaro milanese. Esso fu battuto almeno fino alla metà del XIII secolo ed ebbe larghissima diffusione: divenne infatti la moneta base del mercato milanese e lombardo, soprattuttoper le vendite al minuto. L’importanza che il denaro terzolo ebbe all’epoca è anche evidenziata dal fatto che esso fu preso a modello dalle nuove zecche lombarde che iniziarono la loro attività nella seconda metà del secolo XII (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova).

……..

Solo con la distruzione della città [Milano] nel 1162, il Barbarossa riuscì ad imporre il proprio volere su Milano anche in campo monetario: dopo di allora fu infatti introdotto un nuovo denaro, l’imperiale, che fu inizialmente battuto nella zecca allestita “in burgo Noxeta”, a pochi chilometri da Milano.

….

Dopo la pace, nel 1167 la zecca venne nuovamente riportata a Milano e qui continuò a coniare i denari imperiali, che hanno al diritto la leggenda FREDERICVS e nel campo le lettere IPRT (=imperator) disposte a croce, mentre al rovescio recano il nome della città, scritto su quattro righe. Essi equivalgono al vecchio denaro milanese, di valore doppio rispetto a quello del nuovo denaro terzolo, e pesavano circa g. 0.85/1,00 con un titolo di argento di 490 millesimi. L’imperiale si impose subito come moneta sovraregionale, occupando il vuoto lasciato dal denaro pavese.

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Leggo solo ora la discussione: visto che possiedo una copia del Fenti vi ricopio le descrizioni delle monete interessate:

Tipo A1: cremonese primitivo inforziato (1/4 di denaro imperiale)

Data: ante agosto 1163

Peso medio: 0.33 gr (calcolato su 9 esemplari conosciuti, con un minimo di 0.23 ed un massimo di 0.40)

Diametro: 12.5-16.0 mm (la misura è stata rilevata sul lato dritto, al centro, orizzontalmente; è stato scelto di indicare il diametro con un valore minimo ed uno massimo per ogni categoria di monete, utilizzando, salvo qualche caso, lo stesso numero di monete utilizzate per il peso. Sono state escluse le monete fortemente tosate e/o molto deteriorate)

Metallo: mistura

D/: Intorno la legenda: + FEDERICVS (la lettera S è posta in orizzontale) e nel campo il titolo di imperatore con le lettere P R/I e il simbolo dell'abbreviazione disposti a croce con al centro una stella a sei punte; due punte sono poste radialmente a destra e a sinistra della lettera I (per punta s'intende una sorta di cuneo lungo e sottile con la base appoggiata sul contorno interno e la punta rivolta al centro della moneta). I contorni sono a spirali.

R/: Intorno la legenda +. CREMONA . e al centro una grande stella a sei punte, entro contorni a spirali.

Rif.: CNI IV, p. 189, n. 4

Tipo A2. Denaro inforziato primitivo scodellato (1/2 denaro imperiale)

Data: ante luglio 1166

Peso medio: 0,553 gr (calcolato su 12 esemplari conosciuti, con un minimo di 0.41 ed un massimo di 0.68)

Diametro: 14.0-17.0 mm

Metallo: mistura

D/: come sopra

R/: come sopra

Rif:: CNI IV, p. 189, nn. 1-3

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Leggo solo ora la discussione: visto che possiedo una copia del Fenti vi ricopio le descrizioni delle monete interessate:

Tipo A1: cremonese primitivo inforziato (1/4 di denaro imperiale)

Data: ante agosto 1163

Peso medio: 0.33 gr (calcolato su 9 esemplari conosciuti, con un minimo di 0.23 ed un massimo di 0.40)

Diametro: 12.5-16.0 mm (la misura è stata rilevata sul lato dritto, al centro, orizzontalmente; è stato scelto di indicare il diametro con un valore minimo ed uno massimo per ogni categoria di monete, utilizzando, salvo qualche caso, lo stesso numero di monete utilizzate per il peso. Sono state escluse le monete fortemente tosate e/o molto deteriorate)

Metallo: mistura

D/: Intorno la legenda: + FEDERICVS (la lettera S è posta in orizzontale) e nel campo il titolo di imperatore con le lettere P R/I e il simbolo dell'abbreviazione disposti a croce con al centro una stella a sei punte; due punte sono poste radialmente a destra e a sinistra della lettera I (per punta s'intende una sorta di cuneo lungo e sottile con la base appoggiata sul contorno interno e la punta rivolta al centro della moneta). I contorni sono a spirali.

R/: Intorno la legenda +. CREMONA . e al centro una grande stella a sei punte, entro contorni a spirali.

Rif.: CNI IV, p. 189, n. 4

Tipo A2. Denaro inforziato primitivo scodellato (1/2 denaro imperiale)

Data: ante luglio 1166

Peso medio: 0,553 gr (calcolato su 12 esemplari conosciuti, con un minimo di 0.41 ed un massimo di 0.68)

Diametro: 14.0-17.0 mm

Metallo: mistura

D/: come sopra

R/: come sopra

Rif:: CNI IV, p. 189, nn. 1-3

Ricapitolando, in accordo con quanto evidenziato da Marco Bazzini, sarebbero quindi queste due monete, mezzano e medaglia, le emissioni cremonesi del Concordato del 1254. I pesi corrispondono perfettamente. Mancherebbe il grosso (ma non è detto che sia stato coniato).

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Allargando di pochi anni l'intervallo temporale oggetto di questa discussione, segnalo l'interessantissimo grosso di Lodi nella prossima asta Varesi. Questa moneta, estremamente rara, dovrebbe essere stata battuta solo pochi anni prima del concordato, probabilmente intorno al 1250. Il suo peso è di 1,05 grammi. Negli stessi anni anche a Piacenza venne battuto un grosso di 1,1-1,3 grammi di peso che molto probabilmente corrispondeva al valore di tre imperiali.

Al diritto l'iscrizione è IMPERATOR F (edericus) con SCS B nel campo (SanCtuS Bassianus, protettore di Lodi)

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Modificato da giollo2
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E' possibile che il rapporto 1:3 rispetto al denaro imperiale valesse per i denari piccoli di Parma? Non riesco a trovare il riferimento, ma ho chiarissimo in mente il ricordo di averlo letto. Aiutatemi se potete. Se poi da parte mia si dovessero dimostrare segni di rimbambimento vi prego di essere indulgenti :rolleyes:

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E' possibile che il rapporto 1:3 rispetto al denaro imperiale valesse per i denari piccoli di Parma? Non riesco a trovare il riferimento, ma ho chiarissimo in mente il ricordo di averlo letto. Aiutatemi se potete. Se poi da parte mia si dovessero dimostrare segni di rimbambimento vi prego di essere indulgenti :rolleyes:

Visto che nessun parmigiano interviene provo a dire qualcosa io.

Per l'età comunale forse bisognerebbe ragionare più per aree monetarie che per singola zecca. Al nord, quelle più significative erano la lombarda, la veneta, la toscana, l'emiliana. Purtroppo non ho la preparazione e la competenza per approfondire le caratteristiche della monetazione delle diverse aree, tuttavia, da quel poco che ho letto, escluderei per l'area lombarda il rapporto 1:3 fra moneta locale e moneta imperiale. L'imperiale valeva due mezzani o terzoli (il termine mezzano era riferito al rapporto con l'imperiale e il termine terzolo al titolo della lega (almeno all'inizio, con il passare del tempo il contenuto di argento diminuì progressivamente) mentre il grosso fu inizialmente battuto al valore di 3 imperiali (fino alla metà del XIII secolo con un progressivo calo del peso e del titolo) per poi passare, in conseguenza dei rilevanti processi inflazionistici verificatisi nel corso del secolo, al valore di 4 imperiali (concordato del 1254), 6 imperiali (seconda metà del XIII secolo) e 10 imperiali (fine XIII secolo). Sono sempre più convinto che questa successione, rilevata per la zecca di Piacenza in base ai documenti e a numerose analisi metallografiche che siamo riusciti ad effettuare una quindicina di anni fa nell'ambito di un programma di ricerca nato da una collaborazione con il Museo Civico di Piacenza, l'ENEL e alcune amministrazioni pubbliche piacentine, sia plausibile anche per tutta l'area lombarda.

Su Parma, che penso abbia più affinità con l'area emiliana (Reggio, Modena, Bologna) che con quella lombarda non posso dirti nulla; speriamo in qualche intervento chiarificatore.

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Buongiorno a voi,

Per rispondere a Paleologo: il rapporto 1:3 vigeva tra il denaro imperiale ed il denaro parvo delle città di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma. Come già ricordato, la clausola che prevedeva per i Comuni firmatari del concordato anche l'emissione di denari parvi, fu probabilmente inserita per agevolare la politica monetaria di Parma. Il grosso emesso da queste città valeva 12 denari parvi, vale a dire 4 denari imperiali. Era pertanto il soldo di denari parvi. Notizie riguardo ai rapporti di valore tra i vari nominali appena citati si possono trovare, per esempio, in Affò I., La zecca e moneta parmigiana, Parma 1788, passim (il testo si può trovare on-line nel sito di Incuso).

Personalmente (ma è solo un'idea) nutro forti perplessità riguardo al fatto che i grossi piacentini valessero 3 denari imperiali. Credo invece che il loro potere liberatorio fosse pari a quello di 6 denari imperiali. Il loro peso (1,7-1.6 g c.) ed il fino sono troppo elevati rispetto ai coevi grossi 'da 4' delle città vicine (1,3-1,4 g c.). Essi sarebbero stati assolutamente sottovalutati e pertanto, per la legge di Gresham, sarebbero stati incettati e fatti sparire dal mercato. D'altra parte mi sembra che questa ipotesi dei 6 denari imperiali sia più in linea con quanto asserito di cronisti Codagnello, Musso e Agazzari.

Tuttavia, queste questioni credo che esulino un pochino dal problema del 'concordato'. Credo che la base dalla quale partire sia quella di individuare, come già fece a suo tempo Lorenzelli P., Due segni a confronto. Una lettura della Convenzione monetaria del 1254, in «La Numismatica», 1987, n. 12. pp. 281-286, le emissioni del precedente concordato del 1251 e da lì risalire a quelle del 1254. Dopodiché, individuare più esemplari possibile per ricavarne i pesi medi e cercare di capire se tutte quelle monete che oggi sono ritenute coniate secondo gli accordi in esame lo siano realmente oppure no. Per esempio: siamo sicuri che le monete di Tortona che recano le due stelle su di un solo lato siano da riferire al concordato del 1254 o piuttosto non siano successive ad esso? E quelle di Cremona? Esistono monete di Brescia 'con la stella nel campo? Secondo Mainetti Gambera no, secondo Bazzini (vedi recensione al libro di Germano Fenti) forse...

Voi cosa ne pensate?

cordialmente, Teofrasto

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Personalmente (ma è solo un'idea) nutro forti perplessità riguardo al fatto che i grossi piacentini valessero 3 denari imperiali. Credo invece che il loro potere liberatorio fosse pari a quello di 6 denari imperiali. Il loro peso (1,7-1.6 g c.) ed il fino sono troppo elevati rispetto ai coevi grossi 'da 4' delle città vicine (1,3-1,4 g c.). Essi sarebbero stati assolutamente sottovalutati e pertanto, per la legge di Gresham, sarebbero stati incettati e fatti sparire dal mercato. D'altra parte mi sembra che questa ipotesi dei 6 denari imperiali sia più in linea con quanto asserito di cronisti Codagnello, Musso e Agazzari.

Ciao Teofrasto,

Alcune considerazione:

Nel Registrum Magnum vi sono due documenti di saggi di Zecca effettuati nel 1220 e nel 1230 sul grosso e sul quartarolo coniati nel 1219: il grosso risultò a peso di 1,865 grammi e a titolo di argento di circa 950-960 mill. (20 febbraio 1220: " et de lega, ad eo bonam et eciam meliorem ut illa janue et venecie - Il Pallastrelli trovò i grossi di Pietro Ziani, 1205-1229, a titolo 952 mill. - . . . ", RM 1984, vol. II, p. 129, n. 351, r. 6).

Ora se nel 1219 il grosso piacentino valeva 6 imperiali, il contenuto in fino dell’imperiale doveva essere inferiore a (1,865 * 0.950 / 6 ) grammi 0,295 (è noto che per compensare le spese di coniazione il contenuto in fino di uno spezzato era sempre inferiore a quello desumibile dal contenuto in fino della moneta grossa).

Riferendoci al concordato del 1254 partendo dal fino del grosso da 4 imperiali (1.268 * 0.828 = 1,05 grammi) il teorico imperiale avrebbe dovuto avere (1,05 / 4) 0,263 grammi di fino.

Ritengo assai improbabile, considerando la forte inflazione verificatasi nel corso del XIII secolo, che dal 1218 al 1254 il contenuto in fino dell’imperiale sia diminuito solo del 10% (da 0.295 a 0,263 grammi teorici) mentre dalla seconda metà del XII secolo al 1218, periodo economicamente più stabile rispetto al successivo, tale contenuto dovrebbe essere diminuito da circa 0,5 grammi (si veda la bibliografia citata nei post precedenti) a 0,295 grammi (in realtà ad un valore più basso tenendo conto delle spese di coniazione) e quindi con una diminuzione di quasi il 50%.

I grossi da 1,3 – 1,4 grammi furono battuti (a mio avviso sempre da 3 imperiali) anche a Piacenza fra circa il 1240 e il 1250 (analogamente almeno alle zecche di Lodi e di Como) appena prima della serie con l’O crociato in conseguenza della forte inflazione che fece sì che nel 1254 allo stesso peso (ma ad un titolo leggermente più elevato) fu previsto un grosso da 4 imperiali, poi in realtà effettivamente battuto (qualche anno dopo?) più pesante ma al valore di 6 imperiali.

Forse comunque non è questa la sede per approfondire questi discorsi.

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Per rispondere a Paleologo: il rapporto 1:3 vigeva tra il denaro imperiale ed il denaro parvo delle città di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma.

Grazie Teofrasto, mi conforti :D

Come già ricordato, la clausola che prevedeva per i Comuni firmatari del concordato anche l'emissione di denari parvi, fu probabilmente inserita per agevolare la politica monetaria di Parma.

Mi verrebbe da dire che la monetazione di Parma avesse un ruolo di cerniera tra le aree monetarie lombarda ed emiliana. E' solo un'idea fumosa o è possibile suffragare l'affermazione con qualche dato di fatto derivato dai documenti o dalle testimonianze materiali?

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Personalmente (ma è solo un'idea) nutro forti perplessità riguardo al fatto che i grossi piacentini valessero 3 denari imperiali. Credo invece che il loro potere liberatorio fosse pari a quello di 6 denari imperiali. Il loro peso (1,7-1.6 g c.) ed il fino sono troppo elevati rispetto ai coevi grossi 'da 4' delle città vicine (1,3-1,4 g c.). Essi sarebbero stati assolutamente sottovalutati e pertanto, per la legge di Gresham, sarebbero stati incettati e fatti sparire dal mercato. D'altra parte mi sembra che questa ipotesi dei 6 denari imperiali sia più in linea con quanto asserito di cronisti Codagnello, Musso e Agazzari.

Ciao Teofrasto,

Alcune considerazione:

Nel Registrum Magnum vi sono due documenti di saggi di Zecca effettuati nel 1220 e nel 1230 sul grosso e sul quartarolo coniati nel 1219: il grosso risultò a peso di 1,865 grammi e a titolo di argento di circa 950-960 mill. (20 febbraio 1220: " et de lega, ad eo bonam et eciam meliorem ut illa janue et venecie - Il Pallastrelli trovò i grossi di Pietro Ziani, 1205-1229, a titolo 952 mill. - . . . ", RM 1984, vol. II, p. 129, n. 351, r. 6).

Ora se nel 1219 il grosso piacentino valeva 6 imperiali, il contenuto in fino dell’imperiale doveva essere inferiore a (1,865 * 0.950 / 6 ) grammi 0,295 (è noto che per compensare le spese di coniazione il contenuto in fino di uno spezzato era sempre inferiore a quello desumibile dal contenuto in fino della moneta grossa).

Riferendoci al concordato del 1254 partendo dal fino del grosso da 4 imperiali (1.268 * 0.828 = 1,05 grammi) il teorico imperiale avrebbe dovuto avere (1,05 / 4) 0,263 grammi di fino.

Ritengo assai improbabile, considerando la forte inflazione verificatasi nel corso del XIII secolo, che dal 1218 al 1254 il contenuto in fino dell’imperiale sia diminuito solo del 10% (da 0.295 a 0,263 grammi teorici) mentre dalla seconda metà del XII secolo al 1218, periodo economicamente più stabile rispetto al successivo, tale contenuto dovrebbe essere diminuito da circa 0,5 grammi (si veda la bibliografia citata nei post precedenti) a 0,295 grammi (in realtà ad un valore più basso tenendo conto delle spese di coniazione) e quindi con una diminuzione di quasi il 50%.

I grossi da 1,3 – 1,4 grammi furono battuti (a mio avviso sempre da 3 imperiali) anche a Piacenza fra circa il 1240 e il 1250 (analogamente almeno alle zecche di Lodi e di Como) appena prima della serie con l’O crociato in conseguenza della forte inflazione che fece sì che nel 1254 allo stesso peso (ma ad un titolo leggermente più elevato) fu previsto un grosso da 4 imperiali, poi in realtà effettivamente battuto (qualche anno dopo?) più pesante ma al valore di 6 imperiali.

Forse comunque non è questa la sede per approfondire questi discorsi.

A mio avviso, le ipotesi di datazione e di attribuzione di un valore nominale per le diverse emissioni dell’età comunale nelle varie zecche dovrebbero essere suffragate da:

- documenti

- analisi metallografiche

- informazioni precise su ripostigli e ritrovamenti.

I dati ponderali, se non riferiti ad un elevato numero di esemplari, andrebbero utilizzati con molta cautela e con un esame diretto delle monete. Purtroppo alcune tipologie sono note in un numero molto esiguo di esemplari e questo rende assai problematico l’utilizzo dei dati.

Molte attribuzioni finora proposte, soprattutto quelle che si tramandano da un centinaio d’anni senza verifiche critiche, andrebbero riviste alla luce delle nuove acquisizioni al fine di accertarne l’effettiva validità.

Sarebbe auspicabile un lavoro d’equipe per raccogliere, eventualmente a seconda dell’area monetaria di riferimento, la documentazione d’archivio e tutte le informazioni disponibili al fine di disporre di validi strumenti di analisi e di datazione.

Il motivo per cui ho iniziato questa discussione, prendendo spunto dal concordato del 1254, è stato proprio quello di cercare di fare il punto sulle notizie “certe” fornite dai documenti e di tentare un approccio fra teoria e pratica cioè fra quanto scritto nei documenti e quanto rilevabile dalle monete.

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Per rispondere a Paleologo: il rapporto 1:3 vigeva tra il denaro imperiale ed il denaro parvo delle città di Ferrara, Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma.

Grazie Teofrasto, mi conforti :D

Come già ricordato, la clausola che prevedeva per i Comuni firmatari del concordato anche l'emissione di denari parvi, fu probabilmente inserita per agevolare la politica monetaria di Parma.

Mi verrebbe da dire che la monetazione di Parma avesse un ruolo di cerniera tra le aree monetarie lombarda ed emiliana. E' solo un'idea fumosa o è possibile suffragare l'affermazione con qualche dato di fatto derivato dai documenti o dalle testimonianze materiali?

Buongiorno a tutti voi,

Finora la monetazione parmigiana non è stata indagata approfonditamente e dunque molti aspetti di essa, non ultimo il reale motivo per cui fu emesso un denaro dal valore di 1/3 di imperiale, rimangono oscuri.

In effetti può essere significativo il fatto che, pur avendo una moneta di riferimento (il parmigiano parvo) agganciata al sistema monetario bolognese-ferrarese, il mercato di Parma venisse sostanzialmente rifornito con moneta di area lombarda. Lo dimostrerebbero, in primis, i rinvenimenti monetali, ma anche le fonti documentarie.

A tale proposito si veda, oltre al sempre indispensabile saggio di Affò già citato, anche Bertelli et alii 2006, Vivere il Medioevo. Parma al tempo della Cattedrale, catalogo della mostra, Parma, 7 ottobre 2006-14 gennaio 2007, Cinisello Balsamo 2006, soprattutto le pp. 106-113 (con bibliografia aggiornata).

Per quanto riguarda il valore del grosso piacentino, la mia opinione si basa sostanzialmente sul fatto che il cronista Codagnello riporta come nel 1219 ... palecentini grossi, quorum quilibet valet sex denarios veteribus qui modo sunt, facti fuere.

E che dire di quanto riportato da Musso e Agazzari, e cioè che nel 1238 ... Placentini incoeperunt facere mezanos et grossos valentes sex denarios? Certo, si può pensare che i denari piacentini vecchi citati da Codagnello valessero mezzo imperiale e che i sex denarios ai quali si riferivano Musso e Agazzari fossero quegli stessi mezzani citati subito prima, ma queste letture a mio avviso non sono affatto certe, anzi...

Sulla cronologia dei grossi di Lodi e di Como, poi, si potrebbe discuterne...

A risentirci, Teofrasto

PS è proprio bello poter discutere di numismatica così... :)

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Vorrei impostare un quadro riassuntivo e schematico delle considerazioni finora svolte evitando di affrontare il tema dellattribuzione del valore nominale delle monete quando non espressamente puntualizzate da documenti.

Ho limpressione infatti che questa discussione stia sottolineando la complessità e la difficoltà di approccio di questa affascinante monetazione e non vorrei che anzichè uno stimolo per avvicinare nuovi appassionati fosse un deterrente.

Queste considerazioni sono riferite allarea lombarda per il periodo che va allincirca dal 1240 agli ultimi decenni del secolo (ho escluso per ora le emissioni anteriori al 1240).

Ho scritto quanto segue di getto senza consultare alcuna documentazione (non sono attualmente a casa). quindi ci saranno certamente alcune imprecisioni da correggere.

Il punto di partenza è il concordato del 1254:

1254

Sono attribuibili al Concordato del 1254:

- grossi da 4 imperiali peso 1,2 / 1,3 grammi

- mezzano scodellato (mezzo denaro imperiale) peso 0,4 / 0,6 grammi

- medaglia piana (un quarto di denaro imperiale) peso 0,3 grammi

Queste monete riportano una stella a sei punte su ciascuna faccia

Ad eccezione di Bergamo, nelle altre zecche che hanno coniato queste monete con la doppia stella i grossi sono stati battuti ad un peso maggiore (1,6-1,8 grammi) ai quali da diversi autori è stato attribuito il valore di 6 imperiali.

1250-1254

Sono attribuibili ad un breve intervallo in questo periodo le monete contrassegnate dal simbolo dellO crociato su entrambe le facce.

Sono in genere le stesse zecche che hanno successivamente aderito al concordato del 1254 ad eccezione di Milano, Como.

Le monete conosciute sono:

- grosso peso 1,2 1,3 grammi (a questo grosso viene in genere dato il valore di 4 imperiali ma non sono a conoscenza di alcun documento che specifichi questo valore)

- mezzano scodellato peso 0,4 0,6 grammi

- medaglia piana (è conosciuta in un unico esemplare per la sola zecca di Pavia)

1240-1250

A questo periodo sono attribuibili: le seguenti monete:

- grosso peso 1,2 1,4 grammi

- mezzano peso 0,5 0,7 grammi ( in genere scodellato ma non mancano esempi di monete non scodellate, es. Lodi)

- medaglia piana - peso 0,3 / 0,4 grammi (es. Lodi)

1256 fine XIII secolo

A questo periodo sono attribuibili: le seguenti monete:

- grosso da sei imperiali peso 1,7 1,9 grammi (il grosso di Tortona di cui ha fatto cenno Teofrasto potrebbe essere collocato nei primi anni di questo periodo insieme anche al grosso di Milano del peso di circa 1,8 1,9)

- denaro piano imperiale peso 0,7 0,9 grammi

- mezzo denaro imperiale piano (per la zecca di Bergamo)

Non ho inserito in questo schema alcune rare monete come ad esempio il grosso da 8 imperiali di Bergamo (peso 2,8/2,9 grammi) attribuito da Lorenzelli alla seconda metà del XIII secolo.

Rientrerebbero perfettamente in questo schema anche i grossi milanesi a nome di Enrico:

- 1250: inizio coniazione dopo la morte di Federico II (1250) (come ipotizzato dal Lorenzelli per damnatio memoriae a nome di Enrico) grossi dal peso di 1,2-1,4 grammi;

- 1251-1254: grossi con lO crociato

- post 1254: grossi da sei imperiali dal peso di 1,8 -1,9 grammi.

Sarebbe interessante apportare eventuali modifiche a questo schema e giungere ad una versione accettata da tutti noi.

Il passo successivo potrebbe essere quello di collocarvi le diverse monete delle varie zecche e verificarne la validità.

Non sarebbe un bel lavoro?

Modificato da giollo2
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1250-1254

Sono attribuibili ad un breve intervallo in questo periodo le monete contrassegnate dal simbolo dell’O crociato su entrambe le facce.

Sono in genere le stesse zecche che hanno successivamente aderito al concordato del 1254 ad eccezione di Milano, Como.

Le monete conosciute sono:

- grosso – peso 1,2 – 1,3 grammi (a questo grosso viene in genere dato il valore di 4 imperiali ma non sono a conoscenza di alcun documento che specifichi questo valore)

- mezzano scodellato – peso 0,4 – 0,6 grammi

- medaglia piana (è conosciuta in un unico esemplare per la sola zecca di Pavia)

SERIE DELL'O CROCIATO

Zecca di Bergamo

Grosso da 4 (?) imperiali

esemplari censiti dal Lorenzelli: 20

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SERIE DELL'O CROCIATO

Zecca di Como

Grosso da 4 (?) imperiali

esemplari censiti dal Lorenzelli: 11

Mezzano (o terzolo) scodellato

esemplari censiti dal Lorenzelli: 9

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SERIE DELL'O CROCIATO

Zecca di Milano

Grosso da 4 (?) imperiali

esemplari censiti dal Lorenzelli: 2

Mezzano (o terzolo) scodellato

esemplari censiti dal Lorenzelli: 18

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SERIE DELL'O CROCIATO

Zecca di Pavia

Grosso da 4 (?) imperiali

esemplari censiti dal Lorenzelli: 4

Medaglia piana

esemplari censiti dal Lorenzelli: 1

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SERIE DELL'O CROCIATO

Zecca di Tortona

Grosso da 4 (?) imperiali

esemplari censiti dal Lorenzelli: 2

Mezzano (o terzolo) scodellato

esemplari censiti dal Lorenzelli: 3

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