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Tessera per la teriaca


pozleo

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Da:

https://mostre.cab.unipd.it/medicamenta/it/71/la-teriaca


"La teriaca è forse il medicamento più celebre della storia del farmaco e ha dominato la scena medico-farmaceutica per più di un millennio; era ritenuta una panacea, un rimedio infallibile... la regina degli antidoti" (Cappelletti p. 15). La sua origine è leggendaria ed è fatta risalire a Crateva, medico di Mitridate VI re del Ponto (ca. 132- 63 a.C.), che usava assumere veleni a dosi sufficienti a garantirsi l'immunità da eventuali attentati nemici. Quando le sue sorti si rovesciarono, l'immunità acquisita gli impedì il sucidio col veleno che aveva somministrato anche alle figlie e fu costretto a trafiggersi con la spada dopo aver assistito alla loro morte. La storia contribuì alla fama del mitridato, come si chiamava l'antidoto che da lui prese il nome. Lo modificò Andromaco, medico di Nerone (54-68 d.C.), e lo chiamò teriaca, dal greco thḗroin, bestia selvatica, in quanto antidoto contro le morsicature velenose. L'ingrediente fondamentale era la carne di vipera, nella convinzione che l'animale conservasse anche l'antidoto oltre al veleno. La teriaca fu trasmessa in tutti i ricettari fino all'Ottocento.

Il Grabadin, ricettario arabo del XII secolo, citando Avicenna, descrive la Theriaca Andromachi come se fosse un essere vivente, con cinque età, infanzia, pubertà, adolescenza, "senectutem et decrepitam" (c. 102r), legate all'evoluzione degli effetti con il passare del tempo dopo la sua preparazione. Si trova la teriaca anche nell'Antidotarium Nicolai, farmacopea della scuola salernitana contemporanea al Grabadin. Oltre alla proprietà di antiveleno, se ne ricordano molte altre, che sembrano l'elenco universale delle patologie: "contra gravissimas passiones totius humani corporis, epilepticis, catalepticis, apopleticis, cephalagicis, stomachicis, hemicranicis prodest; ad raucedinem vocis, et constrictionem pectoris optima est, arteriacis, asthmaticis, haemoproicis, icterics, hydropicis, peripneumonicis, iliosis, et vulnera in intestinis habentibus, nephriticis, calculosis, cholericis subvenit, menstrua educit, et foetum mortuum expellit, lepras, et variolas, et frigus periodicum" (c. 185v). L'autore consiglia di testare il preparato su un gallo, ponendo del veleno su in'incisione sotto l'ala sinistra vicino alla coscia e mettendo poi la teriaca: "si animal vixerit, erit theriaca bona et bonae aetatis; si moritur, sit prava" (c. 186v). Per la conservazione, sono sconsigliati i contenitori di piombo "quia plumbum attrahit ad se venenositatem", o di ferro, che possono arrugginire, ma vanno usati contenitori d'oro o d'argento o di vetro. La durata massima in buone condizioni di conservazione è di 40 anni, ricordando il variare delle età citato nel Grabadin. Non va somministrata prima di sei mesi dalla preparazione, che va fatta nelle stagioni temperate per favorire la miscela del miele, usato per impastare gli altri ingredienti polverizzati, ed escludere che geli. La preparazione è complessa. Il primo giorno si tritano al mortaio alcuni ingredienti e li si aggrega con poco miele despumato. Si lascia riposare tre giorni. Si pestano gli altri ingredienti, aspersi con vino, e si aggregano ai precedenti con miele, gomma, terebintina (resina del larice), balsamo e galbanum (resina di ferula gommosa) ben mescolati tra loro. Si sigilla. Il primo mese si agita con forza due volte al giorno per almeno mezz'ora, il secondo ogni quattro giorni, il terzo ogni sette, il quarto ogni dieci, il quinto ogni quindici e una volta il sesto. Ora la teriaca è pronta, con l'accortezza di conservarla sigillata e mescolare quando opportuno.

Le ricette della teriaca presentano varianti, ma prevalgono sempre le piante non spontanee in Italia. "Per l'approvigionamento dei vegetali esotici, Venezia si trovava in posizione privilegiata" (Cappelletti p. 21). Di qui la fama della teriaca veneziana. Non solo: "è opinione universale di Huomini intendenti ed esperti, che non si trovi la megliore di quella, che si fà in Venetia, poiche quì più agevolmente, che in qualunque altro luoco del Mondo, si possano havere le Vipere a tempi dovuti raccolte, ne Monti Euganei, gli Trochisci delle quali constituiscono uno de gli più principali Ingredienti della Medesima" (p. 432). Chi scrive è un orgoglioso testimone della fama della teriaca veneziana: Antonio De Sgobbis. Nel suo Vniuersale theatro farmaceutico lo Speziale allo Struzzo esibisce i riconoscimenti per la preparazione della teriaca rivolti alla sua farmacia dal Senato della Serenissima, con tanto di targa elogiativa con leone di San Marco posta "nel mezo del Ponte verso l'Officina" (c. 432). Sarà forse un non tanto celato desiderio di autopromozione a far arrivare a quasi due pagine la già lunga lista dei benefici della teriaca. Rispetto alla versione dell'Antidotarium Nicolai, la preparazione si complica: aumentano il numero degli ingredienti e le fasi in cui vengono uniti in composto. De Sgobbis raccomanda di verificare sempre con un crivello o setaccio, "cribbio" o "tamiso", che la polvere degli ingredienti pestati al mortaio sia fine e omogenea e che miele, vino, balsami e succhi usati per amalgamare diano un Elettuario "perfettamente misto, squisitamente uniforme, senza minima apparenza d'alcuni grumi, et ottimamente incorporato al possibile, in Forma totalmente eccellente; l'Antidoto cosi fabricato, come Thesoro stimatissimo..." (p. 428). Data la fama della teriaca veneziana, "L'AUGUSTUSSIMO DOMINIO VENETO, sempre ha avuto una vigilanza inimitabile, acciò non siano in modo imaginabile commesse alcune frodi, ò mancamenti... L'ECCELSO CONSEGLIO ne hà dato la sopraintendenza [per le "Fabriche de' Medicamenti"] all'ILLUSTRISSIMO MAGISTRATO DELLA GIUSTITIA VECCHIA" (p. 431). La produzione della teriaca era concessa su licenza a farmacie autorizzate, una quarantina a Venezia (Cappelletti p. 31), che depositavano la ricetta e dovevano prepararla pubblicamente. Nell'antidotario bolognese del 1751 la teriaca è il primo dei medicamenti galenici esposti, con il divieto di fabbricazione in privato e l'obbligo di prepararla pubblicamente sotto il controllo del Collegio dei Farmacisti "Conficiatur solemni ritu in Archigymnasio a Societate Pharmacopoeorum, coram universo nostro Collegio legitime convocato: privatim Theriacam componere nemini jus esto" (p. 3). Preparazione "solemni ritu", perchè l'aspetto pubblico, unito alla complessità della ricetta, trasformavano l'evento in una sorta di spettacolo. De Sgobbis racconta della preparazione pubblica della teriaca nell'anno 1662 (pp. 431-432). Espone per tre giorni "su'l Ponte di Barettari avanti la Nostra Officina intieramente adornato con pompe convenienti" gli ingredienti, le "Materie Medicinali", selezionate con la diligenza e il decoro "dell'Arte Farmaceutica", "raccolte, ragunate, scelte, squisitamente disposte, & apparecchiate... sopra gran Bacili d'argento". In questo modo, gli ingredienti sono esposti alla valutazione "non solamente degli Periti, alle censure de gli Quali liberamente soggiacevano, ma ancora de Tutti gli altri Esteri, e Nationali, che passassero per la Marceria, strada frequentata più d'ogni altra" (ancor oggi). In assenza di osservazioni, si passa all'esame di una commissione, composta dai Provveditori del Magistrato della Giustizia Vecchia, il Priore del Tribunale, tre Consiglieri del Collegio dei Medici (l'associazione di categoria), tre membri esperti del Collegio dei Farmacisti. In particolare, si controllano i sigilli dei contenitori dei trocisci di vipera, che dovevano avere "un certificato di autenticità ("fedi") rilasciato da medici padovani a ciò autorizzati" (Cappelletti p. 21). Si pesano gli ingredienti e si ripongono in casse separate, ratificate con il sigillo del Magistrato e del Collegio. Si passa alla preparazione, che dura più giorni ed è seguita sempre dai pubblici ufficiali, e che comprende la Triturazione "fatta da vintiquattro Huomini ben gagliardi in altrotanti Mortaij grandi di Bronzo" e la "perfetta Dissolutione [per] le Materie condensate". Ogni giorno, all'ora di pranzo e alla sera, si appongono i sigilli. Fase finale è la "Incorporatione delle Spetie, e Polveri, e delle Dissolutioni con il Miele, e perfetta Mistione de gli Antidoti e loro ripositione", con ultima apposizione dei sigilli ai vasi per conservare la teriaca fino alla sua maturazione e alla liberatoria per la vendita. Il Magistrato porta con sè un campione, da conservare nell'"Armario" dell'istituzione.”
 

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Anche nel Regno di Napoli:

Mongelli, Nicola. “DIFFUSIONE DI UN MEDICAMENTO POPOLARE NEL REGNO DI NAPOLI: LA TERIACA DI ANDROMACO.” Lares, vol. 42, no. 3/4, 1976, pp. 307–44. JSTOR, http://www.jstor.org/stable/44628116  9 Jul. 2022.

 
 

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Da:

 

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E perché non anche il Klein visto che più volte è citato in questa discussione:

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Modificato da Oppiano
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Modificato da Oppiano
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  • 2 settimane dopo...
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Ciao. Questo è il mio tappo sigillo della spezieria Al Paradiso

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Piombo: 8,22 g, 22,7 mm.

Nella metà superiore si nota il Padre con un’aureola triangolare, il Figlio con una corona raggiante e, tra loro, la colomba dello Spirito Santo in alto e sotto un globo terrestre mal formato sormontato da una croce. A destra e a sinistra un adoratore inginocchiato in preghiera. Nella metà inferiore si possono individuare le teste di quattro personaggi.

La legenda  è * THERIACHA * F * AL * PARADISO * IN * VEN,

Questa è l’insegna della spezieria riprodotta dal Codice Gradenigo

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apollonia

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Il 16/8/2021 alle 17:50, apollonia dice:

Il buco praticato sul coperchio conferma che il contenuto era un liquido (soluzione teriacale) che poteva essere prelevato versandolo. 

Interessanti le incisioni sul fondo dei contenitori, che ricordano i graffiti sulle monete antiche depositate nei ritrovamenti per riconoscerne la proprietà.

apollonia

 

 

Buongiorno a tutti, era un po' che non seguivo e mettendomi in pari mi è saltato all'occhio il discorso dei fori nei contenitori di triaca che dimostrerebbero che quelli più piccoli erano usati per l'acqua teriacale.

Sarei molto prudente sulla questione.

A parte che sembrano perlopiù fori casuali che potrebbero derivare da molte cose, ad esempio da un degrado del contenitore, spesso rimasto interrato e soggetto a una moltitudine di vicissitudini traumatiche.

Il discorso mi convince poco perché questi contenitori, sostanzialmente identici per le varie spezierie (salvo la diversa effige sul tappo, ovviamente), erano pensati per una sorta di tutela di un prodotto "brevettato", tutela voluta dalla Serenissima stessa, perché dalla teriaca ricavava introiti, sotto forma di imposte, e rinomanza anche all'estero.

Un po' come avviene per l'aceto balsamico tradizionale di Modena, il cui Consorzio ne impone la vendita nei caratteristici contenitori approvati dallo stesso a tutela di tutti: clienti, produttori e Consorzio stesso.

Ora,  la teriaca era un medicamento con una composizione definita a livello normativo, che prevedeva un rito pubblico di preparazione e numerosi controlli in tutte le fasi della preparazione e vendita, per cui, al di là della bravura della singola spezieria, era soggetto ad uno standard, era un prodotto standardizzato, venduto in contenitori standardizzati, in grandi quantità, sotto il controllo della Pubblica Autorità.

Tutto diverso il discorso dell'acqua teriacale.

Innanzitutto non esiste l'acqua teriacale tout court, ne esistono decine di versioni, alcune abbastanza semplici, tipo: vino bianco libbre 3, teriaca once 6, mirra lacrima oncia 1; si unisce, si lascia in infusone per 3 giorni poi si distilla secondo l'Arte.

Ma ne esistono anche versioni assai complesse con decine di componenti da unire alla teriaca prima della infusione e successiva distillazione.

E molte, come dicevo,  sono le acque teriacali note: da quella della Farmacopea di Londra a quella del Melichio, da quella del De Sgobbis a quella del Quercetano, da quella del Crollio alle due che riporta il Marinelli, ecc. ecc.

Sono quindi una "famiglia" di preparati, e sono dei distillati liquidi.

Mi parrebbe curioso che si usassero dei contenitori di questo tipo, inadatti ad un liquido (meglio un flacone di vetro), tutti uguali e uguali a quelli della teriaca, per commercializzare un farmaco non sottoposto a nessuna tutela o normativa ufficiale da parte della Pubblica Autorità

Come ulteriore considerazione, questi bossoletti sembrano essere molto numerosi ma, mentre la teriaca aveva una produzione e un uso enorme, l'acqua teriacale era un prodotto assai meno diffuso, tanto è vero che non figura neppure tra le 160 preparazioni che gli speziali dovevano (estratte a sorte 3 per ognuno degli 8 esaminatori) dimostrare di conoscere in sede di esame per conseguire il Privilegium in Arte Aromataria, documento indispensabile per poter esercitare la professione.

Poi magari uscirà qualche nuovo elemento ma, rebus sic stantibus, l'ipotesi mi pare tutta da verificare.

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Supporter

Cfr. #205

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Vedi anche #134 -  #141;  #205;  #260;  #265; #266; #550.

apollonia

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6 ore fa, apollonia dice:

Vedi anche #134 -  #141;  #205;  #260;  #265; #266; #550.

apollonia

 

?

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Buon pomeriggio ai teriacanti.

Sono andato a cercarmi su una Taxa Anni 1698 seu Pretia Veneta Rerum  Medicinalium tum Simplicium tum Compositarum...quanto costasse la teriaca a Venezia, anche in rapporto ad altri (presunti) medicamenti.

Posto che sono riuscito a capire (ma magari c'è qualcuno qui molto più esperto di me a livello di monete) che 20 soldi facevano una lira e 5 lire e 14 soldi corrispondevano a un fiorino, il cui cambio veniva mantenuto in parità col ducato di altre Nazioni per avere minori problemi nell'import/export, per così dire, ho cercato di stabilire quali potevano essere i "redditi" del periodo.

In realtà ho trovato riferimenti solo ad un periodo precedente, diciamo inizi '500, ( e anche qui, magari, qualcuno di voi potrebbe maggiori elementi) e quindi occorrerebbe capire come sia andata la faccenda inflazione -ma non solo- tra i due periodi considerati, comunque:

i dati che ho potuto recuperare parlano di una paga giornaliera di un lavoratore specializzato intorno ai 15 soldi; con 50 fiorini all'anno di guadagno stavi abbastanza bene e con 100 potevi condurre una vita agiata. Un professore universitario percepiva circa 120 fiorini/ducati annuali.

Per capire la tariffa occorre poi avere un'infarinatura sulle unità di misura in campo medico in quel periodo, e qui abbiamo:

1 grano = circa 0,0648 g

1 scrupolo = circa 18,2 grani = circa 1,179 g

1 dramma = circa 3,545 g

1 oncia = 8 dramme = circa 28,36 g

1 libbra = 12 once = circa 340,28 g

il tutto sempre circa perché le cose variavano da città a città, per cui servivano delle tabelle di conversione, ecc.

La tariffa è espressa, perlopiù, in soldi x dramma o in soldi per oncia, salvo poche eccezioni.

Per capire il costo reale di un "farmaco", bisogna poi, di volta in volta, per ciascuno, andarsi a vedere la posologia, per capire quante dramme (o once) e quante volte al giorno e per quanto tempo sarà da assumere.

Comunque:

la teriaca costava 6 soldi alla dramma (il mitridato 5);

l'acqua teriacale 24 soldi l'oncia, quindi 3 soldi alla dramma (stesso prezzo per l'acqua bezoartica).

Allargando ad altri medicamenti:

la mumia costava 6 soldi l'oncia;

l'olio di scorpioni del Mattioli 20 soldi per oncia;

il cranio umano 24 soldi la dramma ( 40 x dramma se si voleva l'estratto di cranio umano), e questo era ricompreso tra le cose preziose, per avere un confronto: i rubini costavano 8 soldi la dramma, mentre le perle 140 se perle orientali e 60 quelle occidentali, sempre per 1 dramma;

con le gemme si preparava l'elettuario di gemme composto di Mesue, che  infatti costicchiava: 36 soldi la dramma;

il grasso umano costava come il grasso di vipera: 20 soldi la dramma;

le sanguisughe venivano 6 soldi l'una e un decotto per clistere 2 soldi l'oncia (ma con 28g facevi ben poco, te ne occorrevano almeno 10 o 20 di once);

un clistere semplice (a base di olio e zucchero) costava 40 soldi, quindi, più o meno, come 20 once di decotto per clistere.

Anche le tariffe medicinali sono una miniera di informazioni.

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Ciao!

Complimenti per la ricerca che hai effettuato. Non è mai semplice correlare il valore delle monete ai costi/spese di merci e/o servizi, perché troppi secoli sono passati; più di una volta si è cercato di trovare una "quadra" a questo dilemma, ma si è sempre rivelato un esercizio accademico che trova pochi riscontri effettivi .... troppa acqua è passata sotto i ponti!

Ti allego il link di una discussione passata, dove trovi riferimenti di costi e salari tra il XV secolo ed il XVIII secolo, vedrai che le differenze sono notevoli; la svalutazione esisteva anche allora.

per quanto concerne l'equivalenza:

12 Denari = 1 Soldo

20 Soldi = 1 Lira

è corretta e deriva dalla impostazione carolingia assunta anche da Venezia e che si è perpetuata fino alla caduta della Serenissima.

Non so se è corretta l'equivalenza 5 Lire e 14 Soldi = 1 Fiorino (Zecchino) perché non ho appunti in vacanza ... non capisco perché citare il fiorino (Lo scritto era redatto da un fiorentino?)

Tanto più che la parità di peso e titolo tra Fiorino e Ducato veneziano era tale solo quando nacque il ducato veneziano, poi si differenziavano.

saluti

luciano

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Ciao Luciano, grazie per il link.

In effetti mi sono reso conto che capire quanto i farmaci -e gli altri beni- incidessero come costo sulla vita delle persone dei vari ceti sociali nel corso dei secoli passati sia piuttosto complicato.

Alcune notizie le ho estrapolate da: Brian Richardson; Stampatori, autori e lettori nell'Italia del Rinascimento; Edizioni Sylvestre Bonnard; Milano, 2004.

Occupandosi di editoria rinascimentale fa riferimento assai spesso a Venezia, per molto tempo centro principale in Europa per quanto concerne la produzione e il commercio librario, ma anche a Firenze, altro centro importante ( i Giunta, per esempio, operavano con due rami familiari molto interconnessi tra loro in entrambe le città).

Secondo l'autore, il cambio fiorino di firenze e ducati di Roma, Milano e Venezia, nel periodo considerato, era mantenuto sostanzialmente simile, e tutte queste monetazioni avevano come riferimento il loro peso in oro di circa 3,5 g. Per questo, credo, cita a volte il fiorino a volte il ducato, che considera di valore equivalente.

Per quanto concerne il rapporto di scambio tra lira e fiorino (o ducato) questo in effetti ha subito delle oscillazioni passando dalle 5,5 lire per fiorino nel 1471 alle 7,5 nel 1531 mentre a Venezia si passa dalle 6,2 lire per ducato all'inizio del '500 per finire alle 10 lire per ducato alla fine di quel secolo.

Tutto sommato però, mi sembrano differenze trascurabili, se consideriamo che arrivare ad attualizzare i costi di prodotti, servizi, affitti, così come di stipendi, guadagni, ecc. risulta assai arduo, vista l'enormità delle variabili in gioco.

Ci si prova però, almeno con le tariffe è possibile confrontare il costo dei prodotti in esse inserite.

E con tariffe dello stesso periodo valide in città diverse si può anche ragionare sulle differenze di costi tra una città è l'altra.

Buone vacanze ?

 

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Ulteriore esemplare che sarà esitato prossimamente (asta Nomos - Obolos Webauction 24, 21/8/2022 lotto 853):

ITALY. Venice. Circa 17th century. Theriac Capsule Seal (Lead, 24 mm, 9.13 g). TERIACA F ALL AQVILA NERA VEN• Crowned eagle, with spread wings, facing, head turned left. Rev. Plain. Cf. Klein, "Von Paradies zu Paradies: Theriak und Theriak-Kapseln," SM 218, 2005, pp. 35-42. Just three examples have entered the market last years, Naumann 75 (2019) 978, Roma e46, (2018), 973 and CNG e385 (2016), 736. A container for "medical" products. Extremely rare - just three examples have entered the market during the last years: Naumann 75 (2019) 978, Roma e46, (2018), 973 and CNG e385 (2016), 736. Very fine.

 

 

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A proposito della spezieria “All’Aquila nera”...

La teriaca: costi e guadagni

Verso la fine del Settecento la teriaca era la principale fonte di guadagno della farmacia “All’Aquila nera”, nonostante la concorrenza della non lontana “Testa d’oro”, la cui teriaca godeva particolare fama.

Lo speziale Francesco Rigoni che gestiva la farmacia “All’Aquila nera” esportava la sua teriaca in Germania, in Francia, nella terraferma veneta, e specialmente in Turchia e in Polonia. Egli ne diffondeva la conoscenza con dei foglietti pubblicitari in varie lingue che riportavano le istruzioni sulla modalità d’uso e sulle malattie per le quali si riteneva utile. In Turchia si spedivano in una sola volta da quattro a sei casse del peso di 200 libbre ciascuna, che contenevano 4800 vasetti da mezza oncia.

Ma lo speziale rivela anche un inganno del mestiere. Il prezzo di 55 lire al migliaio lasciava scarso margine al guadagno, perché considerando la confezione, l’imballaggio, il trasporto, i dazi, lo sbarco a Costantinopoli, la provvigione al venditore, il cambio della valuta (la piastra equivaleva a circa 5 lire venete), era molto se dalla merce si ricavava il prezzo di costo. Il trucco consisteva nel contenuto di ogni vasetto che non era di mezza oncia come dichiarato ma poco più di due dramme: da qui il guadagno.

L’esportazione in Turchia (circa 2600 libbre di triaca all’anno) superava di molto la vendita presso altre nazioni o in terraferma, tanto che alcuni governi ne ostacolavano l’importazione.

Da “Una farmacia del ‘700 IV parte”: I guadagni di un farmacista in https://www.conoscerevenezia.it/?p=59519

apollonia

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Veramente gustosissima questa testimonianza (vale la pena leggersi tutte e 6 le parti), degna di una rappresentazione teatrale.

E ci si immagina come potevano essere questi speziali, dal più abbiente di famiglia altolocata ai giovani più umili appena aggregati all'Arte.

Qualche, per la verità piuttosto raro, ritratto si trova in alcuni privilegi di speziale.

E confrontandoli appare subito di primo acchito la differenza tra l'uno e l'altro.

Alcuni sono molto giovani, e questo contrasterebbe con le norme riportate da molti storici della farmacia secondo le quali -a Venezia ma non solo- era necessario aver compiuto 24 anni per poter conseguire il diploma, e questo dopo almeno 8 anni di pratica, pratica che iniziava di solito tra i 12 e i 14 anni.

La terminazione che prevede tale limite di età esiste ed è del 28/12/1787. Non so se ne riprendesse altre precedenti, sta di fatto che ho potuto vedere almeno un privilegio con il ritratto dello speziale, contornato dalla scritta che lo certifica appena diciottenne mentre tiene in mano il suo Privilegium in Arte Aromataria.

E altri ritratti, pur senza riportarne l'età, sembrerebbero di soggetti piuttosto giovani.

Altri invece testimoniano inequivocabilmente la provenienza da famiglie piuttosto abbienti.

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Nella prossima CNG sarà battuta questa bella capsula della spezieria "Al Cedro Imperiale"

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Lotto 678. ITALY, Venezia (Venice). 18th century. PB Theriac capsule lid (42mm, 25.07 g). Produced by the il cedro imperiale pharmacopia of Venice. (rosette) TERIACA FINA AL CEDRO IMPERIAL VENEZIA, double headed imperial eagle; crown above; cherubs flanking / Blank. Cf. U. Klein. “Von Paradies zu Paradies: Theriak und Theriak-Kapseln,” SM 218 (June 2005), pp. 35-42 (for similar examples). Brown and gray surfaces, slightly bent. VF. Rare.

apollonia

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La mia capsula della spezieria “Al Cedro Imperiale” presentata al post # 383 ha un diametro di 20 mm e pesa 6 g.

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È probabile che coprisse un tappo di sughero che tappava una boccetta di vetro contenente il farmaco liquido (acqua teriacale), a differenza della capsula in asta di diametro doppio che serviva a sigillare il farmaco come elettuario nel suo vasetto metallico.

apollonia

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Volevo aggiungere alle varie ricette sulla composizione dell’acqua teriacale che si trovano nella discussione, questa dal taccuino della Farmacia Recordati di Correggio.

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apollonia

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3 ore fa, apollonia dice:

Volevo aggiungere alle varie ricette sulla composizione dell’acqua teriacale che si trovano nella discussione, questa dal taccuino della Farmacia Recordati di Correggio.

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apollonia

 

Ciao!

Chissà se c'è un legame con la Recordati industria farmaceutica 

Saluti

Luciano

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Supporter
3 ore fa, 417sonia dice:

Ciao!

Chissà se c'è un legame con la Recordati industria farmaceutica 

Saluti

Luciano

 

Forse si:

https://www.reggionline.com/nacque-correggio-colosso-dei-farmaci-recordati-video/

  • Grazie 1
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