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Tessera per la teriaca


pozleo

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Per quanto riguarda Venezia, il sigillo dell'Arte degli speziali era il Redentore. D'altra parte anche quella del Cristo farmacista è una tradizione lungamente consolidata, soprattutto nella Germania meridionale, Baviera e dintorni, ma attestata spesso anche in Italia, particolarmente nel nord Italia.

 

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3 ore fa, Spicier dice:

per quanto riguarda il leone di S. Marco, su tutti gli atti ufficiali della Serenissima il leone è di fianco con le due zampe anteriori sulla terraferma e le due posteriori in acqua a significare il dominio di Venezia sulla terra e anche sul mare. 

Non so bene quando venisse privilegiato quello in moeca, del quale possiedo un bellissimo sigillo per ceralacca

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... ma che bello il sigillo :blink:

ci puoi dire di più?

Sembrerebbe un sigillo personale di NB, chiaramente un veneto; non so se fosse un nobile veneziano (avrebbe probabilmente messo il suo scudo araldico in chiaro e sotto le sue iniziali), ma forse la croce posta in capo allo scudo, potrebbe farne parte ...

Dubito che sia appartenuto a qualcuno facente parte di una casata dogale; che io sappia l'unico stemma araldico di una casata dogale, che ha una croce in capo al suo scudo, è dei Gritti e la "G" non collima con le iniziali, poi, in genere, gli appartenenti ad una casata dogale, mettevano sul proprio stemma il corno dogale, come dire: .... "uno di noi è stato doge"!

saluti

luciano

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Riguardo all'uso di apporre sulle monete l'immagine della Madonna col Bambino, rischiamo di "perderci" .... usata fin dal primo medioevo in tantissime monetazioni, mi è difficile dire di chi fu la "primogenitura". Ancor più difficile se estendiamo l'uso ad altri ambiti come le scuole di devozione o di arti.

Per quanto riguarda l'uso del leone andante, stante, rampante o in "moleca", siamo in alto mare, perché Venezia, purtroppo, non ha mai codificato le insegne "araldiche" che dovevano rappresentarla ufficialmente, così stranamente anche per le bolle plumbee che corroboravano i documenti ufficiali della cancelleria dogale; nel tempo acquisirono caratteristiche che venivano grosso modo ripetute nel tempo, anche modificandone taluni dettagli, ma accettate come dato di fatto.

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1 ora fa, 417sonia dice:

... ma che bello il sigillo :blink:

ci puoi dire di più?

Sembrerebbe un sigillo personale di NB, chiaramente un veneto; non so se fosse un nobile veneziano (avrebbe probabilmente messo il suo scudo araldico in chiaro e sotto le sue iniziali), ma forse la croce posta in capo allo scudo, potrebbe farne parte ...

Dubito che sia appartenuto a qualcuno facente parte di una casata dogale; che io sappia l'unico stemma araldico di una casata dogale, che ha una croce in capo al suo scudo, è dei Gritti e la "G" non collima con le iniziali, poi, in genere, gli appartenenti ad una casata dogale, mettevano sul proprio stemma il corno dogale, come dire: .... "uno di noi è stato doge"!

saluti

luciano

mah, in realtà non è che ne sappia molto. L'ho trovato per caso qualche anno fa in un mercatino e dal momento che stavo mettendo insieme del materiale sugli speziali, particolarmente veneziani, cascava a fagiolo. In effetti è molto bello. Sul possibile "proprietario" non ho fatto indagini, mi è capitato di inserirlo in un lavoro in cui ho omesso le iniziali perché non interessavano. La croce sembrerebbe quasi una croce templare ma il sigillo credo sia '6/'700 quando i templari erano già spariti, almeno ufficialmente, da 3/4 secoli. Probabilmente questo tipo di croce avrà poi assunto significati diversi, ma sono assolutamente fuori dall'ambito delle mie -seppur striminzite- conoscenze per cui non ho elementi per collocarlo. Magari ne potrebbe sapere di più qualcuno di voi

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@Spicier, mi permetto di segnalarti un mio scritto di qualche tempo fa, sull'uso del leone marciano.

http://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/il-leone-di-venezia-storia-di-un-simbolo

saluti

luciano

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26 minuti fa, 417sonia dice:

@Spicier, mi permetto di segnalarti un mio scritto di qualche tempo fa, sull'uso del leone marciano.

http://numismaticamente.it/collezionismo-numismatico/il-leone-di-venezia-storia-di-un-simbolo

saluti

luciano

Interessante, quindi a livello di monetazione venivano utilizzati vari tipi di leone (e ricompare anche la croce simil-templare).

Per la mia esperienza più "cartacea" il leone utilizzato in tutti i documenti ufficiali -almeno quelli che ho visto in ambito sanitario: terminazioni, ecc.- era il classico leone preso di lato. Probabilmente quello in moleca  si adatta particolarmente ad uno spazio rotondeggiante, moneta o sigillo che sia.

Tornando ai tappi della teriaca, qualche anno fa ho acquistato un tappo della spezieria Testa d'oro di Trieste, che, presumibilmente, lucrava sul nome dell'omonima veneziana. Purtroppo l'americano che me l'ha venduto ha avuto la felice idea di scrivere sulla dichiarazione doganale la parola "testa d'oro". Mi hanno contattato dalla dogana per sapere se il pacco contenesse preziosi, gli ho risposto che era un pezzo di piombo e che lo aprissero pure se volevano sincerarsene. Tutto ok, va bene così. Ma il pacco è uscito dalla dogana e non è più arrivato. Quindi consiglio vivamente di sincerarsi che i venditori non indichino mai alcun vocabolo che possa far pensare a qualcosa di prezioso.

L'unica cosa che mi è rimasta è la foto.

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Supporter

Anch’io ho avuto un problema con la dogana per una medaglia della teriaca spedita dal Cànada, ma dopo un batti e ribatti con gli uffici è stato risolto positivamente.

Ho messo a confronto il tappo non pervenuto di Spicier con quello pure triestino di Andrea79 al post # 397 (42 mm, 18 g), che raffigura un’aquila bicipite nel posto normalmente occupato dal Leone di S. Marco per indicare l’appartenenza politica della città di Trieste all’Austria.

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Nel (potenziale e presumibilmente imitativo) tappo di Spicier, che dovrebbe appartenere alla serie di capsule a diametro maggiore, sembra proprio esserci la testa di un leoncino nel campo a destra, mentre l’aquila bicipite è… nell’avatar di Spicier.

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9 ore fa, apollonia dice:

Anch’io ho avuto un problema con la dogana per una medaglia della teriaca spedita dal Cànada, ma dopo un batti e ribatti con gli uffici è stato risolto positivamente.

Ho messo a confronto il tappo non pervenuto di Spicier con quello pure triestino di Andrea79 al post # 397 (42 mm, 18 g), che raffigura un’aquila bicipite nel posto normalmente occupato dal Leone di S. Marco per indicare l’appartenenza politica della città di Trieste all’Austria.

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Nel (potenziale e presumibilmente imitativo) tappo di Spicier, che dovrebbe appartenere alla serie di capsule a diametro maggiore, sembra proprio esserci la testa di un leoncino nel campo a destra, mentre l’aquila bicipite è… nell’avatar di Spicier.

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Infatti, l'avevo notato anch'io. C'è un articolo sulla teriaca a Trieste: Colin Martin, La Theraque a Trieste in Quaderni Ticinesi, Numismatica e antichità classiche V, 1976. Non so bene come funzioni il discorso ma riprodurlo e metterlo qui in rete, teoricamente, configurerebbe una violazione del Copyright. Magari quando ho un po' di tempo vedo di riassumere cosa dice

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sono andato a riguardarmi l'articolo di Colin Martin, La Theriaque a Trieste: presenta l'immagine di un tappo/sigillo che sembrerebbe molto simile a quello sopra a sinistra, ma che lui descrive come avente a lato un leone "nimbè".

Ripercorre poi la storia della farmacia Alla Testa d'Oro di Trieste che risulta aperta in via Mazzini 43 e sulla facciata dell'immobile si legge "fondata nel 1630".

Un documento del 1 dicembre 1756 rivela che un certo Domenico Rondolini viene sanzionato per aver utilizzato dei succedanei in preparazioni medicali senza una espressa autorizzazione del medico e da questo documento si presume che, nel 1756, fosse il proprietario della farmacia alla Testa d'oro di Trieste.

Nell'Archivio di Stato di Trieste risulta che, nel 1792, tal Leonardo Suzzi è autorizzato dal magistrato della sanità a fabbricare teriaca nella spezieria alla Testa d'oro e questi denuncia che a Trieste due spezierie fabbricano teriaca di pessima qualità, allegando due piccoli contenitori contenenti la teriaca incriminata. Parte un'indagine che rivela che effettivamente a Trieste viene prodotta teriaca contraffatta spacciata sotto le etichette alla Testa d'oro, allo Struzzo, ai Due mori, e alla Madonna di Venezia. L'inchiesta rivela anche l'autore dei marchi contraffatti, tal Giovan Battista Sperandio. Contraffazione che non interessa i contenitori in metallo quanto le etichette, infatti si nominano lo "stampatore" e i "rami incisi", quindi le matrici per la stampa delle stesse. (La vendita fraudolenta di teriaca veneziana contraffatta si rivela una consuetudine assai diffusa anche a Costantinopoli).

Comunque, l'inchiesta si conclude con la teriaca fraudolenta che viene bruciata o dispersa in mare e si procede con un decreto che, per tutelare il buon nome di Trieste, proibisce di produrre teriaca se non a proprio nome e rende necessaria l'autorizzazione di un magistrato per produrne a scopo di esportazione.

La farmacia risulta di proprietà della famiglia Rondolini  fino al 25 gennaio 1798 quando passa a Francesco Redaelli, poi, dal 1808 a Leonardo Suzzi, che chiede alle autorità di poter produrre teriaca all'Insegna della Testa d'oro a proprio nome; quindi, nel 1857 passa a Carlo Redaelli, ecc. 

Viene poi riportato un ulteriore documento, una lettera datata Trieste, li 24 aprile 1803 e indirizzata al sig. Menegati, che fa riferimento ancora a teriaca di pessima qualità venduta in vasi di tre once "colla Vostra marca, e quella della Testa d'Oro" " Questa scoperta m'interessa tanto riguardo al Pubblico che viene ingannato quanto al disonore dei fabricatori..." e si chiede di "procurare che venga impedita la continuazione di questo contrabando" " Il manipulatore di questa Theriaca deve essere qualche giovine, che à servito nella vostra spezeria."

La lettera provoca a Venezia una protesta e un intervento presso le autorità triestine perché procedano a una inchiesta.

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quindi a Trieste veniva prodotta sia teriaca legittima, anche a marchio alla Testa d'oro, sia contraffatta a marchio delle più prestigiose spezierie veneziane. Per quanto riguarda l'aquila o il leone del tappo, potrebbe essere che quella col leone  sia contraffatta e l'altra no. O magari sono solo di periodi diversi, quella col leone precedente, quando dominava ancora Venezia, quella coll'aquila successiva, sotto l'influenza austriaca

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Supporter
1 ora fa, Spicier dice:

quindi a Trieste veniva prodotta sia teriaca legittima, anche a marchio alla Testa d'oro, sia contraffatta a marchio delle più prestigiose spezierie veneziane. Per quanto riguarda l'aquila o il leone del tappo, potrebbe essere che quella col leone  sia contraffatta e l'altra no. O magari sono solo di periodi diversi, quella col leone precedente, quando dominava ancora Venezia, quella coll'aquila successiva, sotto l'influenza austriaca

Buona serata

Dubito che Trieste abbia mai potuto usare il leone; non è mai stata veneziana (ci fu solo un tentativo di occupazione nel 1283 subito sventato);    :nono:    ci sarebbe stata subito un'azione ufficiale - e pesante - della Serenissima ... credo invece più probabile la tua prima ipotesi, cioè un tentativo "fraudolento" per ingannare il compratore. Un po' come il formaggio "Parmesan" venduto oggi in Germania, con tanto di bandierina italiana sulla confezione. Legittimo invece l'uso dell'aquila, d'altra parte Trieste era sotto "protezione" asburgica.

Noi non siamo capaci di tutelare i nostri prodotti; i veneziani erano capacissimi, fino alle estreme conseguenze .... ;)

saluti

luciano

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Il 15/10/2010 at 11:40, apollonia dice:

@arrigome

Sul "bastone per la mostra della teriaca".... qualcuno ne ha mai sentito parlare?

E’ la prima volta che ne sento parlare, ma ricordo questa illustrazione in copertina de ‘I Discorsi’ di Pietro Andrea Mattioli sopra i sei libri di Pedacio Dioscoride, dove l’autore, nella dedica a Caterina regina di Polonia, dopo gli elogi della teriaca faceva notare come fosse impossibile ai suoi tempi (1559) procurarsi alcuni ingredienti che all’epoca di Galeno provenivano dai confini dell’impero.

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Si può trovare un’analogia con il bastone di Esculapio (nome latinizzato di Asclepio, il dio della salute nell’antico pantheon greco), il simbolo greco associato alla medicina che consiste appunto in un serpente attorcigliato attorno a una verga.

Si deve tener presente che la vipera è anche un simbolo della teriaca dopo che Andromaco il Vecchio, medico di Nerone, aveva rielaborato la formula di Mitridate aggiungendovi soprattutto la carne di vipera, secondo il concetto base dell’assuefazione che il veleno è antidoto a sé stesso (similia similibus curantur).

Senza dimenticare che con la carne di vipera si facevano i trocisci, i quali poi servivano per confezionale la teriaca cosicchè li possiamo considerare i precursori delle nostre pastiglie.

apollonia

 

Il 15/10/2010 at 14:48, arrigome dice:

... Grazie Apollonia.... molto interessante

la ricerca su questo argomento riserva sempre delle sorprese...!

Cmq il "bastone"... che chiedevo imformazioni... dev'essere per un altro uso... (stò cercando un vecchio articolo... sull'argomento... e lo inserirò appena lo trovo!)

... e penso anche che quel bastone del frontespizio, sia il "logo" dello stampatore!

 

Il 15/10/2010 at 15:31, apollonia dice:

... e penso anche che quel bastone del frontespizio, sia il "logo" dello stampatore!

Certo, può essere. C'è da osservare però che il bastone ha la forma di una T, quasi fosse l'iniziale di Teriaca.

Se trovi quell'articolo potremo sicuramente fare un po' più luce sulla questione.

Il bastone a forma di Tau con avvolto il serpente è semplicemente il logo del Valgrisi, nulla c'entra con la teriaca.

Per approfondimenti:

http://theses.univ-lyon2.fr/documents/getpart.php?id=lyon2.2006.andreoli_i&part=107705#Noteftn845

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Supporter

"Il bastone a forma di Tau con avvolto il serpente è semplicemente il logo del Valgrisi, nulla c'entra con la teriaca. "

 

E infatti ho detto in seguito (post # 56) che l’articolo di Nicolò Spada ‘Una mostra di triaca in Venezia, Boll. Stor. Arti Sanitarie” fasc. IV, 1941, ha chiarito la questione.

Il ‘bastone della teriaca’, che la tradizione vuole fosse usato nella cerimonia della confezione del farmaco (anche se non c’è una documentazione specifica), è lungo circa un metro e ha come impugnatura la testa di un’aquila stretta alla gola da un serpente uscente da quattro foglie di acanto. Il serpente non è avvolto attorno al bastone, ma costituisce il corpo stesso del bastone che termina all’impugnatura con la bocca spalancata del rettile dalla quale emerge la testa dell’aquila.

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Sono andato a vedermi l'articolo -avevo visto i link ma prima di iscrivermi al forum per cui non mi si aprivano-

Ho qualche perplessità in merito al fatto che rientrasse nelle "simbologie standard" della produzione della teriaca, ho visionato parecchi volumi, anche 5/6/7centeschi e mai viene citato qualcosa del genere.

E' possibile che venisse usata una stecca di legno per indicare, muovere le varie droghe durante l'esposizione, e che magari uno speziale particolarmente abbiente abbia pensato di farsi fare questo bastone molto elaborato e simbolico, ma non escluderei per nulla che sia un pezzo unico frutto della creatività di un singolo.

Fosse stato un attrezzo tipico i riferimenti sarebbero dovuti essere molteplici e, soprattutto se il suo utilizzo fosse visto come importante, apotropaico in qualche misura, e quindi se questi bastoni fossero considerati "preziosi" probabilmente sarebbero stati conservati e sarebbero giunti fino a noi in vari esemplari.

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2 ore fa, Spicier dice:

Sono andato a vedermi l'articolo -avevo visto i link ma prima di iscrivermi al forum per cui non mi si aprivano-

Ho qualche perplessità in merito al fatto che rientrasse nelle "simbologie standard" della produzione della teriaca, ho visionato parecchi volumi, anche 5/6/7centeschi e mai viene citato qualcosa del genere.

E' possibile che venisse usata una stecca di legno per indicare, muovere le varie droghe durante l'esposizione, e che magari uno speziale particolarmente abbiente abbia pensato di farsi fare questo bastone molto elaborato e simbolico, ma non escluderei per nulla che sia un pezzo unico frutto della creatività di un singolo.

Fosse stato un attrezzo tipico i riferimenti sarebbero dovuti essere molteplici e, soprattutto se il suo utilizzo fosse visto come importante, apotropaico in qualche misura, e quindi se questi bastoni fossero considerati "preziosi" probabilmente sarebbero stati conservati e sarebbero giunti fino a noi in vari esemplari.

Buona serata

Perché no? La tua perplessità è condivisibile .... da ignorante in materia posso pensare che parte della "liturgia" prevista, cioè: mettere in bella vista tutti gli ingredienti prima della miscelazione, la presenza dei magistrati che sovraintendevano all'esatta bontà degli stessi e alla successiva esecuzione, l'esporre in luoghi dedicati i pentoloni che dovevano raccogliere gli ingredienti, ci fosse anche un bastone più o meno elaborato per indicare e/o mescolare le varie sostanze.

Faceva tutto parte della "rappresentazione" e più questa era elaborata, più soddisfaceva e dava valore al preparato.

Che quello in parola sia un "unicum" non è affatto escluso; forse altri - meno raffinati - sono finiti in qualche caminetto, o distrutti dalle soldataglie francesi e giacobine quando hanno invaso la città, o più semplicemente marciti in qualche cantina .... 

saluti

luciano

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sottolineo che il logo dell'editore Valgrisi deriva direttamente da quello di Aldo Manuzio, o forse in un certo senso lo voleva "contraffarre". Quello delle aldine aveva un delfino attorcigliato su un'ancora.

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Su questo non concordo, l'ancora aldina, il festina lente, deriva dal denario di Tito, probabilmente regalato ad Aldo da Pietro Bembo.

Come marca editoriale fu usato per la prima volta in alcune copie della Comedia del 1502, anche se si ritrova in opere precedenti, ad es. l'Hypnerotomachia Poliphili, come immagine simbolica.

La marca del Valgrisi si rifà ad altre marche editoriali, ad es. quelle di Froben, e ha una simbologia assai diversa più in relazione col bastone di Eusculapio o il caduceo di Hermes e quindi la vastissima simbologia del serpente: la conoscenza, i principi opposti di zolfo e mercurio (caduceo), la forza di rigenerazione, la ciclicità, vedi l'uroboro, simbolo assai utilizzato in testi alchemici, simbologie religiose, ecc.

Il festina lente è il contrasto tra la velocità (il delfino)e la forza, la staticità (l'ancora).

Discorso che sarebbe molto lungo e complesso, ma un delfino e un'ancora credo abbiano pochi punti in comune con una bastone a forma di Tau e un serpente, spingersi a vederlo come una contraffazione mi pare assai azzardato-

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Se proprio vogliamo, c'è chi ha trovato un trait d'union tra le due simbolistiche: Leonhard Thurneysser zum Thurn, nel frontespizio della sua opera principale, Historia sive descriptio plantarium omnium, Berlino, Michael Hentske, 1578

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interessantissimo, @Spicier. io ho solo fatto un accostamento "estetico" ma assolutamente non simbolico con Aldo Manuzio, l'immagine mi ha suggerito questo.

sono off-topic e mi scuso, ma l'immagine del serpente su tau non possiamo, come mero simbolo editoriale, considerarlo scisso da quello di Aldo (e dei suoi figli, non dimentichiamo che veniva riproposto per decine di anni dopo la morte del padre come "marchio di fabbrica"). ho proposto volontariamente un collegamento provocatorio tra le due immagini, ma solo per il fatto che il frontespizio dei libri nel '500 era una sorta di conferma della bontà del libro. tipo oggi il made in italy apocrifo su certe merci non propriamente italiane. spero di spiegarmi bene. Contraffazione l'ho messo volontariamente tra virgolette, perché una simbologia simile a quella aldina poteva spingere un lettore ad acquistare un'opera non di Aldo, ma forse simile. Un po' come accadeva per le monete di imitazione, o contraffatte. Qualche cosa che rimandasse all'autentico.

PS off topic di nuovo... La Hypnerotomachia Poliphili è il libro che vorrei possedere in originale prima della mia dipartita, ma l'ultimo che ho visto in vendita stava a troppe decine di migliaia di euro dalla mia portata. Forse nella prossima mia vita, magari me lo vende Colonna in persona.

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In effetti siamo parecchio off, se di disturbo rimuovete.

Le marche editoriali erano presenti anche su molti incunaboli, sono quasi  coeve alla stampa, dal Cinquecento ogni tipografo aveva la sua e i "plagiatori" di Aldo sarebbero centinaia allora.

Valgrisi ha stampato qualcosa di "umanistico", ad esempio un famoso Ariosto (ovviamente in volgare) ma perlopiù era un editore scientifico (Discorsi e Commentarii del Mattioli, Anguillara, Calzolari, Prospero Borgarucci, ecc.); Aldo, a parte Le terze rime e il Decamerone (tra l'altro pubblicato postumo dal suocero) solo testi in greco e latino, ed essenzialmente testi umanistici (eccezione per il primo Dioscoride "moderno", ma sempre in greco e poco altro) per cui non erano neppure in competizione tra loro per quanto riguarda la tipologia di clienti.

Il Polifilo, grandioso libro per le illustrazioni e la lingua -una sorta di linguaggio misto italiano, greco, latino, ecc. con una struttura sintattica prevalentemente italiana e una terminologia arcaica, ricchissima di riferimenti colti, una specie di maccheronea al contrario, maccheronea in cui la costruzione sintattica era ancora latina ed erano i vocaboli ad essersi volgarizzati- è un libro piuttosto comune.

Se non è andato venduto a NY nei giorni scorsi, anche in questo momento ne ha in vendita una copia della prima edizione un libraio italiano: Il prezzo, ovviamente, è impegnativo, almeno per me :-).

L'editore Methuen ne ha fatto una splendida anastatica nel 1904, io l'ho trovata anni fa a poco, ora è rara e costosa pure quella.

 

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@Spicier se hai voglia di parlare del Polifilo in privato, scrivimi pure in mp così non intasiamo la discussione e magari ci scambiamo info-.-- o meglio me ne dai tu, che mi pari un bibliofilo davvero in gamba!

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Supporter

Ho fatto un collage dell’articolo di Spada che parla del bastone.

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Anch’io penso come Luciano che possa trattarsi di un ‘unicum’, però con funzione non di attrezzo ma di simbolo, come il bastone di Asclepio e il caduceo di Ermes.

Nel bastone di Asclepio, simbolo greco associato alla medicina, il serpente è attorcigliato attorno a una verga.

Nel caduceo di Ermes, che era il simbolo di pace e prosperità, i serpenti sono due e attorcigliati intorno a un bastone alato.

Nel bastone della teriaca il serpente costituisce il corpo stesso del bastone che termina all’impugnatura con la bocca spalancata del rettile dalla quale emerge la testa di un’aquila. Questa simboleggia la malattia che viene debellata dal veleno rappresentato dal serpente. L’immagine si adatta bene alla teriaca, il polifarmaco dalle proprietà portentose che contava tra i suoi componenti la carne di vipera.

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Anche secondo me è un 'unicum', ma, allo stato attuale delle cose, non mi sentirei di includerlo nel "teatro della teriaca", sembrerebbe più un orpello voluto da un singolo speziale, sempre che sia effettivamente riconducibile alla teriaca.

Nell'interpretazione dello Spada, che confessa di non avere "pezze giustificative" a riguardo, passi il parallelismo veleno-serpente (serpente che assume di volta in volta valenze positive o negative a seconda degli ambiti) ma  vedo un po' forzato l'accostamento aquila-malattia. Aquila che assume sempre valenze positive -da Giove in giù-.

Senza contare che il serpente, le vipera, nella teriaca ha funzione, potremmo dire, di drug carrier cioè di "veicolo" che per affinità guida la teriaca stessa verso il veleno nascosto all'interno del corpo.

In questo caso l'aquila sarebbe il veleno, ma la vedo sempre dura da giustificare.

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le "certe produzioni singolari d'aspetto corneo di certi cetacei, come della balena, del narvalo e del pesce spada" nulla c'entrano con la teriaca. Il dente di narvalo era considerato il corno di unicorno e la "spada" dei pesci spada o sega, così come le costole della balena (a Vr nel passaggio tra piazza Erbe e piazza del Mercato vecchio, a fianco dello stabile in cui era la spezieria alla Campana d'oro di Francesco Calzolari esiste ancora appesa ad un arco una costola di balena che dà proprio il nome all'arco stesso: l'Arco della costa) erano reperti comuni delle Wunderkammer degli speziali, si credeva avessero proprietà medicinali, e servivano anche per mostrare il grande assortimento della spezieria, ma non entravano nella composizione della teriaca. Faccende del tutto diverse

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