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IGNORED

Tessera per la teriaca


pozleo

Risposte migliori

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Dal trafiletto tratto da un bollettino parrocchiale del 2010 una testimonianza diretta.

Amarcord veneziano.JPG

Giovenale firma con inglese ok.jpg

 

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Ciao

Ma tu pensa ..... questa non la sapevo!

saluti

luciano

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Abbiamo anche noi il... Paradiso!

Teriaca Al Paradiso.JPG

Appena acquistato.

 

Giovenale firma con inglese ok.jpg

 

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16 ore fa, julmin1 dice:

Sinceri congratulazioni per questo tappo bellissimo!

Cordiali saluti di julmin1.

 

Grazie, anche per il tuo 'assist' al post # 394 sotto l'albero di natale.

Giampiero

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5 ore fa, fromUkrain dice:

Hello
Sorry, you can help assess my mini - collection?
thank you very much

 

3.jpg

2.jpg

yfTCY.jpg

Good morning
Very beautiful these caps; compliments!
Small collection, but with well-preserved pieces
We expect the expert's comments @apollonia.

saluti

luciano

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Supporter

 

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A nice set of Theriac box seals of differing diameter values produced by the “Spezieria Alla Testa d’oro” of Venice. The inscription reads TERIACA·F·ALLA·TESTA·DORO·IN·VENET/VEN. (the largest/both smaller), laureate and draped right; to right, small winged lion.

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Supporter

 

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I can't read the legend. I think that this lid is of the Spezieria ‘Al San Marco’.

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Supporter

 

58a4605bad8e0_TeriacaStruzzodoro.jpg.dfeb2f51c1289685dbf9624f783c53cc.jpg

I can’t read the legend, but I am sure that this lid is of the Spezieria ‘Allo Struzzo d’oro’.

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thank you for comment
but you do not quite understand me correctly
I read this topic for a long time (thanks to the authors)
I am interested in money equivalent rating
I'm not interested in collecting it (I'm interested in coins of the Roman Empire)

( sorry if asked this question not in the relevant section )

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Supporter
6 ore fa, fromUkrain dice:

thank you for comment
but you do not quite understand me correctly
I read this topic for a long time (thanks to the authors)
I am interested in money equivalent rating
I'm not interested in collecting it (I'm interested in coins of the Roman Empire)

( sorry if asked this question not in the relevant section )

You wrote:

Hello
Sorry, you can help assess my mini - collection?
thank you very much

 

A meaning of 'to assess' is 'to evaluate the quality or worth of'. So, 'to assess the value' would have been more understandable.

 

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  • 2 settimane dopo...

Buonasera, mi sono iscritto oggi dopo aver seguito nei giorni scorsi l'evoluzione della discussione dall'inizio.

Premetto che non mi occupo di monete ma di storia della farmacia, ma qui siamo una zona ponte tra le due discipline quindi sono interessato e spero, nel mio piccolo, di poter contribuire in qualche misura.

In particolare volevo riallacciarmi ai post #177,178,181 in cui si discuteva di un tappo con l'effige del leone in moeca e se potesse o meno essere un tappo di un contenitore della teriaca, ed eventualmente se potesse fare riferimento alla spezieria Al San Marco.

Dal momento che la teriaca era di fatto un "medicinale di Stato", nel senso che la preparazione della stessa era effettuata sotto la sorveglianza degli "organismi sanitari" preposti della Serenissima (addirittura, al termine della sua preparazione, un campione veniva prelevato e conservato sigillato dal fante di sanità per fungere da riferimento in caso di contestazioni sulla qualità del prodotto venduto), Serenissima che aveva tutto l'interesse a fare bella figura anche all'estero (nei tempi d'oro se ne preparavano oltre 600.000 libbre all'anno, corrispondenti a 200 tonnellate, che poi venivano in larga misura esportate) e che traeva quindi un grande ritorno economico, e non solo di immagine, dalla sua commercializzazione. Ritorno che avveniva sicuramente in maniera indiretta, grazie all'enorme fama e successo commerciale delle farmacie teriacanti, ma, con ogni probabilità, anche direttamente tramite una qualche forma di tassa sull'esportazione del prodotto. Tanto è vero che nel 1706, per "grandi meriti conseguiti all'estero" (e come non pensare alla teriaca) l'Arte degli speziale viene promossa a "Nobile Arte", status che permette agli iscritti alla stessa di contrarre matrimonio perfino con una nobildonna.

Ora, mi è capitato tra le mani un frammento di bossolo della teriaca con una estremità ancora sigillata da una figura assai simile a quelle riportate nei post di cui sopra e che sembrerebbe (purtroppo la conservazione non è ottimale) l'immagine del leone in moeca di san Marco.

A questo punto riterrei un'ipotesi non improbabile che i bossoli in cui la teriaca veniva commercializzata (o almeno alcuni, in un certo periodo) potessero essere sigillati alla base col simbolo della Serenissima e riportassero sopra, dall'altro lato, il tappo della spezieria che effettivamente aveva preparato il medicamento contenuto all'interno.

Una sorta di doppio sigillo (pubblicitario e di garanzia) del prodotto, da un lato della farmacia teriacante, dall'altro della Serenissima.

Può essere un'ipotesi realistica?

 

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14 ore fa, Spicier dice:

A questo punto riterrei un'ipotesi non improbabile che i bossoli in cui la teriaca veniva commercializzata (o almeno alcuni, in un certo periodo) potessero essere sigillati alla base col simbolo della Serenissima e riportassero sopra, dall'altro lato, il tappo della spezieria che effettivamente aveva preparato il medicamento contenuto all'interno.

Una sorta di doppio sigillo (pubblicitario e di garanzia) del prodotto, da un lato della farmacia teriacante, dall'altro della Serenissima.

Può essere un'ipotesi realistica?

 

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Buona giornata Spicier  :D Nomen omen ....

Innanzitutto benvenuto nel forum.

Ipotesi suggestiva la tua e che, personalmente, non scarterei a priori ... mi lascia però qualche perplessità.....!

Le spezierie autorizzate dallo Stato alla preparazione della teriaca erano conosciute e conoscibili, nel senso che erano censite e certificate dallo Stato stesso - anche per i motivi che hai correttamente scritto nella tua precedente - e la loro denominazione era "registrata" (passami il termine).

Prova ne è che la teriaca prodotta altrove, ad imitazione di quella prodotta dalle spezierie ufficiali, veniva incapsulata in bossoli che riportavano, alterandolo, un marchio di una spezieria ufficiale; potevano modificarne il disegno, il nome o la legenda che contornava il disegno, perchè erano quelli, sostanzialmente, i dati "certificatori".

Se così non fosse stato, ma ci fosse stato sul bossolo anche un ulteriore "sigillo di Stato" (come un leone in moleca), gli elementi da contraffare o alterare, sarebbero stati due....ma ne sarebbe valsa la pena? Non sarebbe bastato apporre solo un leone in moleca che certificasse il preparato, senza curarsi di imitare anche il marchio della specieria?

In un'epoca dove le notizie circolavano molto lentamente, per assurdo, uno spicier turco avrebbe potuto inventarsi una confezione di teriaca tutta sua, apponendo un nome di fantasia sul bussolotto, che so: "Alla Specieria dei Frari in Venetia", purché apponesse poi un leone in moleca "di garanzia", simile a quello presente sui bussolotti ufficiali e il gioco era fatto; la teriaca fatta "Alla Specieria dei Frari in Venecia", avrebbe avuto mercato, spacciandola per teriaca veneziana ufficiale.

Se è vero che ci sono bussolotti che riportano denominazioni differenti, perché la teriaca è prodotta altrove, è anche vero che è soltamente "in chiaro" il luogo: Trieste, Napoli, Roma .....

In ogni caso, ripeto, pur con tutte le mie perplessità, la tua ipotesi non me la sento di scartarla a priori.

saluti

luciano

 

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Mah, la mia idea era che il bossolo fosse unico e fornito dalla Serenissima a tutte le speziarie teriacanti, ciascuna delle quali poi lo personalizzava col suo sigillo personale. Un po' come avviene oggi per il consorzio dell'aceto balsamico tradizionale di Modena. Questo avrebbe consentito due cose: da un lato avere tubi-dose omogenei e garantiti dalla pubblica autorità in quanto alla quantità di prodotto contenuto, dall'altra la possibilità di far pagare l'imposta sul prodotto alla fonte; la spezieria allo Struzzo acquistava 1000 bossoli e pagava, che so, un ducato; la Testa d'oro 2000 e pagava due ducati. E queste erano le dosi ufficiali smerciabili. Poi, immagino, ai clienti noti magari alcune dosi potevano essere cedute a parte ma a quel punto su quelle non si era pagata l'imposta, non erano ufficiali e garantite dalla pubblica autorità, e non potevano essere utilizzati i contenitori ufficiali.

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Supporter

La scoperta di Spicier è indubbiamente interessante, ma riguardo all’ipotesi del bossolo unico marchiato alla base fornito dalla Serenissima a tutte le spezierie triacanti, condivido le perplessità espresse dall’amico Luciano nel post # 414. Per verificare l’ipotesi di Spicier bisognerebbe disporre di bossoletti delle varie spezierie triacanti possibilmente intatti per esaminarne la base. O anche poter prendere visione dei bossoletti che sono stati descritti in questa discussione, nello specifico quelli illustrati da cancilot al post # 98 (a), da me (ma non miei) al post # 126 (b) e da hellcat11 al post # 16 (c).

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Il fatto però che un ‘sigillo di Stato’ come il Leone in moeca comune e quindi caratteristico di tutti i bossoletti, per quanto non evidente come il tappo sigillo, sia passato inosservato per secoli, o ancor di più non ne sia mai stata annunciata la presenza dagli organi sanitari ufficiali così precisi nei dettagli quando c’era di mezzo la teriaca, rende molto probabile che alla base di questi bossoletti non vi sia nessun marchio. Naturalmente fino a prova contraria, perchè sarei anche felice di essere smentito.

D’altra parte, come opinione personale, credo che il bossoletto marchiato alla base col leone fosse quello ufficiale, destinato al controllo di qualità della teriaca prodotta dalle varie spezierie dai Signori della Giustizia Vecchia o Giustizieri Vecchi. Riporta il Dian che con la terminazione del 1480, onde evitare che per frode le triache venissero allungate con melasse, si dava incarico ai soprastanti che non solo dovessero vigilare sulla preparazione del composto in parola, ma dovessero anche prenderne un campione e riporlo in un bossolo di piombo che si chiudeva, si muniva di sigillo e della firma dello speziale con la data del giorno e lo si riponeva nell’ufficio dei Giustizieri Vecchi. Il bossoletto, con il libro delle triache sul quale erano stati annotati la quantità e il tempo fissato per la vendita, era tenuto in uno speciale armadio del Magistrato con due chiavi, delle quali una era custodita dal massero dell’ufficio e l’altra dal più vecchio dei due soprastanti.

Quindi una prassi diretta ad evitare le contraffazioni e a garantire la qualità della teriaca.

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Infatti, l'unica strada sarebbe il confronto. Purtroppo mi risulta che i bossoletti siano assai difficili da vedere. Innanzitutto direi che  ne esistono almeno di due tipologie: l'una con diametro intorno ai 2,5 cm., l'altra con diametro di circa 4,5. E questo in accordo con le - a grandi linee - due serie di tappi. Per quanto riguarda la serie di maggiore capacità, l'unico esempio noto perfettamente conservato credo sia quello conservato allo Science Museum di Londra (Wellcome Images) della Testa d'oro, che è già stato riproposto in questo forum. Dello stesso esiste anche un'immagine dall'alto che sembrerebbe far propendere per una base liscia (l'immagine è presa dall'interno ma se ci fosse stato qualcosa di rilevante all'esterno sarebbe stato evidenziato di sicuro). Della serie più piccola (a parte quelli riproposti qui sopra) mi sono noti il mio col leone, e uno riportato nel volume Cappelletti Elsa M., Maggioni G., Rodighiero G., La spezieria, Edizioni Antilia, Treviso, 2002 a pag.38, e facente parte della Collezione Maggioni donata all'Università degli Studi di Padova. Quest'ultimo, ben conservato, riporta da un lato il sigillo del "Ponte delle Guglie" a Cannaregio ma il lato opposto non è visibile (magari la prima volta che mi capiterà di andare a Pd provo a dare un'occhiata). Ne ho poi uno, schiacciato, della theriaca di Roma, e quello riporta sul lato il simbolo dei gesuiti (ma questa è un'altra storia). Resta il fatto che mi è capitato di vedere più di un "dischetto" col leone in moeca che farebbe pensare ad un ritaglio, e quando mi è capitato questo frammento di bossoletto col leone mi è sorto il dubbio. Anche il fatto di poter essere un bossoletto ufficiale di paragone della teriaca prodotta non mi dispiacerebbe come ipotesi. 

Per il resto non ho molto da aggiungere alla vostra nutrita collezione sulla teriaca a parte, se non mi sbaglio non sono apparsi in discussione, un tappo della spezieria Al Campanile e uno, anzi, forse due in due varianti, della spezieria Al Sole.

Spezieria questa che non figura tra le novantanove riportate nel Codice Gradenigo come ancora aperte il 16 luglio 1803 ma che risulta nella Mariegola A., cart. -279- anno 1650 "Delle insegne di Botteghe, nelle quali già si soleva esercitare la professione di Specier Medicinale, et hora sono serrate" (Vedi Dian G., Cenni Storici sulla Farmacia Veneta).

 

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Supporter

Il contenitore conservato al Science Museum di Londra è di peltro.

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Il coperchio è applicato a pressione e non dev'essere ritagliato come dai bossoletti di piombo dove è sigillato.

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Sì, è dichiarato peltro, ma piombo, peltro... va a sapere cosa è effettivamente. Quelli della serie "grande" credo avessero il tappo a pressione. Ne ho uno del Redentore che ha i margini perfetti, non dà assolutamente l'idea di essere stato ritagliato, e anche  quello è della serie grande. Quelli piccoli che ho -purtroppo perlopiù in condizioni di conservazione assai più precarie- invece hanno il bordo  più irregolare e potrebbero essere stati ritagliati. Anche se sono leggermente più grandi del frammento di bossoletto col leone, tanto da poterlo chiudere pressoché perfettamente a modo di tappo a pressione.

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D'altra parte esistono numerosi esempi di grandi vasi per la conservazione della teriaca e del mitridato dichiarati in peltro, e che si affiancavano a quelli più di "rappresentanza" in maiolica. (Vedi ad es Pedrazzini, La farmacia storica ed artistica italiana, pag. 146, o la fig 76 del vol. 1 "Piemonte e Valle d'Aosta" della serie "Per una storia della farmacia e del farmacista in Italia". Ma gli esempi sarebbero moltissimi).

Lo stesso Capello nel suo "Lessico" ne prescrive la conservazione in "vasi di stagno o terra vetriata" ovviamente nella convinzione che questi materiali non interferissero nella fermentazione, che proseguiva per diversi anni, tra i vari componenti della teriaca e che le faceva assumere sempre maggiore efficacia (almeno finché non giungeva alla sua "vecchiaia", cosa che accadeva dopo decenni però).

Fermentazione che non veniva intesa come oggi solo come una serie di reazioni chimiche poste in atto da microorganismi e/o enzimi vari ma, da un punto di vista alchemico, come una vera e propria morte seguita da una rinascita di un nuovo soggetto. I componenti della teriaca morivano e nasceva la teriaca vera e propria che racchiudeva purificate tutte le virtù dei suoi componenti. Quindi il contenitore, e di conseguenza il materiale di cui era costituito, assumevano un ruolo non secondario nella faccenda. Al di là di poter essere sigillato e quindi di poter garantire la conformità del contenuto.

Mi sono posto anche la domanda se i contenitori più grandi potessero essere multidose, e quindi con un tappo atto ad essere aperto e chiuso più volte, a differenza dei piccoli che potrebbero essere stati monodose.

In realtà la dose da assumere era tra la scrupolo e la dramma (Lessico del Capello), massimo una dramma e mezza (Theatro farmaceutico e spagirico del De Sgobbis) e quindi, grosso modo, da 1,8 a 8 grammi circa; e posto che avesse all'incirca la densità di una marmellata, direi che anche i contenitori piccoli dovessero contenere ben più di una dose -circa 25 grammi a occhio-. Potrebbe starci quindi benissimo che anche i contenitori piccoli prevedessero un tappo riutilizzabile.

Per quanto riguarda le tariffe di vendita, in "Taxa seu Pretia Veneta anni 1696" (io ho questa ma ogni anno -more veneto- veniva rinnovata) il costo è di 6 soldi alla dramma (il soldo era la ventesima parte della lira, che a sua volta era un sesto scarso del ducato che fungeva da valuta di scambio, per cui era mantenuto a parità di cambio con altre valute, ad es. il fiorino di Firenze. Un lavoratore specializzato percepiva circa 15 soldi per un giorno di lavoro, quindi ci volevano all'incirca 4 ore di lavoro per acquistare circa 3,5 grammi di teriaca. Almeno questi sono i dati che sono riuscito a mettere insieme ma sono sicuro che molti di voi saranno in grado di fare meglio).

Il fatto che il prezzo venisse rapportato alla dramma e non alla più consistente oncia (circa 8 dramme) o libbra (circa 12 once = 340 g.) fa pensare che fosse venduta normalmente a piccole dosi.

Per curiosità, nelle altre città, più o meno, la faccenda era assai simile: nella "Tassa dei medicinali" di Bologna, 1711 costava 3 soldi alla dramma e nella "Tassa dei medicinali di Fermo", 1707, 3 baiocchi, sempre alla dramma.

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Il peltro è una lega a base di stagno contenente il 4÷6% di antimonio e l’1% di rame, ma nel sec. 16° lo stesso nome designava una lega di stagno e piombo contenente circa il 10% di quest’ultimo.

Anche dal contorno del mio tappo del Redentore si vede che non è stato ritagliato e serviva da coperchio a dei contenitori di vetro come quelli in figura (h 7,9 – 8,6 cm) di un’asta francese di dieci anni fa.

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I due flaconi erano ‘complétés d’un bouchon en étain au centre doré orné du Christ ressuscité et portant la mention “THERIACA PINA AL REDENTOR IN VENEZIA”. XVIIIe siècle.’ Il conferente aveva letto PINA invece di FINA.

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Ed essendo le misure del contenitore dello Science Museum 70 x 53 mm., direi che avevano lo stesso volume interno di questi di vetro.

D'altra parte questi del Redentore contravverrebbero alla norma di utilizzare stagno o terra vetriata, ma solo di poco intendendo la funzione "dell'invetratura" della terra sostituita dal vetro stesso nella sua funzione di eliminare porosità della terracotta responsabili di possibili alterazioni del farmaco. Ovviamente si ponevano due ordini di problemi: il primo la fragilità del materiale, assai meno adatto del piombo/peltro/stagno al trasporto, e magari anche il prezzo del vetro soffiato che, benché comune a Venezia, potrebbe essere stato superiore a quello del metallo, più facilmente lavorabile.

Anche il mio contenitore della teriaca romana sembrerebbe avere un volume pressoché identico a quelli piccoli veneziani, per cui l'ipotesi che fosse venduta in due "pezzature" standard sembrerebbe reggere.

Della sopra citata "raccolta Maggioni" fa parte anche un contenitore di teriaca assai tardo, presumibilmente fine '800- inizio '900, che è costituito da un cilindretto di materiale ignoto, in quanto poi rivestito di carta tipo da pacchi (sembrerebbe), riportante ancora lo stemma della spezieria "La Testa D'Oro" e la scritta Teriaca Fina, e che sembrerebbe ricalcare le dimensioni dei bossoletti della serie piccola.

Sempre nella stessa collezione troviamo, tra gli altri, un foglietto illustrativo/etichetta novecentesca di teriaca semplificata della Testa d'oro riportante i prezzi per vasetti di g 25 (L. 1,70), di g 50 (L. 3,30) e di g 100 (L. 5,50).

Misure quindi abbastanza in linea con gli standard dei secoli passati

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Buon pomeriggio

.... è un piacere leggervi :clapping:

saluti

luciano

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L’analisi a raggi X SEM-EDS del coperchio ‘Al Redentore’ al post # 421 ha rivelato nella zona della legenda una composizione elementare piuttosto complessa, per quanto i metalli preponderanti siano il piombo (Pb) e lo stagno (Sn). C’è anche l’oro della doratura. Nella parte più esterna dei fregi si trova ca 48% Sn e ca 27% Pb, mentre nella zona centrale i due metalli sono presenti all’incirca nella stessa percentuale. Lo stagno è il metallo ideale per questi oggetti in quanto a temperatura ambiente è stabile all’aria e non cambia sostanzialmente di aspetto perché si forma un film protettivo di diossido pressochè invisibile. Essendo troppo tenero, lo stagno viene utilizzato in lega con altri metalli come il piombo in questo caso, che lo rende resistente alla corrosione.

L’analisi a raggi X dei tappi sigillo che dovevano essere ritagliati dai bossoletti e che presentano per questo un contorno irregolare, come quelli all’Umiltà Coronata e alla Testa d’oro descritti rispettivamente ai post # 45 e 203, rivela in entrambi i casi la presenza di piombo e nessuna traccia di stagno o di altro metallo pesante.

Il tappo di chiusura era quindi dello stesso metallo dei bossoletti che sigillava. Questi erano contenitori cilindrici alti circa 40 mm e un diametro di base di 23 mm e oltre. Sembra che questi bossoletti presentassero delle scritte, oggi di lettura pressochè impossibile a causa dei rilievi molto bassi e della corrosione, e che talvolta effigiassero uno stemma e un leone alato.

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Apollonia, è sempre un piacere leggerti! La numismatica è anche scienza esatta, come tu, da buon farmacista (e chimico!) ci insegni.

un saluto dal tuo "collega" Luigi ci rivediamo a Verona presto ho alcune domande da farti sul SEM, che io uso (per lavoro, si intende).

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