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Inviato (modificato)

Voglio postare una monetina appartenente ad una collezione privata che non si vede tutti i giorni, anzi non si vede quasi mai...

Si tratta di un Carlino a nome di Filippo IV del 1647.

2ikz2c5.jpg

D/ PHILIPP . IIII . D .( G . REX); Busto radiato del re volto a dx, dietro le sigle GM/P, davanti N.

R/ *IN . HOC . SIGNO . VINCES . 1647; Croce potenziata cantonata da fiamme.

19 mm - 2,3 g

Rif. P/R n°44 - MIR n° 253

Modificato da fedafa

Inviato

ciao, interessante, in effetti non c'è neanche sul Catalogo. Chissà se il collezionista privato concede la foto...

Secondo la scheda la moneta è un R5. Dovrebbe avere la data sotto la croce, ma invece è in leggenda.

Ha avuto dei problemi in fase di conio, specie al D/.

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Inviato (modificato)

Accidenti!!!

Comunissimo con GaC in nesso e N sotto, ma con quelle iniziali e di quello stile...Gesù!

Apprendo dal Corpus (solo 3 esemplari censiti) che le iniziali GM dovrebbero identificare Il Maestro di zecca temporaneo Giuseppe Maffei, mentre la P il Maestro di Prova Geronimo Pontecorvo...il 1647 mi fa pensare ai tumulti di Masaniello. Mi pare che il Cavo avesse apposto le sue iniziali (GaC) anche sulle monete "rivoluzionarie". Una momentanea epurazione?

Stranissimi i fioroni come segni di interpunzione al rovescio. E quella faccia...sembra Popeye! Ma forse c'entra il fatto che il tondello risulta "scivolato" e il conio è ribattuto? Ad ogni modo è singolarissima, complimenti!

Modificato da JunoMoneta

Inviato

Se può interessare posto quanto da me scritto qualche tempo fa.

I 3 carlini 1647 di Filippo IV, anzi il 15 grana 1647 di Filippo IV, scusate il carlino 1647 di Filippo IV

Come si evince dal titolo non è tanto chiara l’attribuzione del nominale a questa moneta del regno di Napoli, ma procediamo con ordine. Siamo a Napoli, il Regno è sotto il dominio di Filippo IV, nella città partenope comanda Rodrigo Ponce de Leon Duca d’Arcos e siamo in un periodo abbastanza complicato e delicato. Il popolo è insoddisfatto, tasse, gabelle e povertà lo sfiancano, la tosatura delle monete ha raggiunto livelli esagerati e spesso è la stessa zecca partecipe delle frodi monetarie. Insomma ci sono tutti i presupposti perché qualche tempo dopo, un pescivendolo di nome Tommaso Aniello, detto Masaniello, si prenda la premura di guidare una rivolta (ma fu proprio lui???) che spodestò il viceré e che portò alla proclamazione della Repubblica Napoletana.

Torniamo un po’ indietro, come detto siamo nel 1647, nella zecca si decide di coniare una nuova moneta che porterà la “firma” del Mastro di zecca provvisorio Giuseppe Maffei e del Mastro di prova Geronimo Pontecorvo (non vi è comunque la certezza che le sigle apposte sulla moneta siano le loro); Questa moneta riporterà al D/, come si è solito fare, il busto del re volto a destra con corona radiata con la legenda PHILLIPP∙IIII∙DEI∙GRA (o similare) ed al R/ la croce potenziata cantonata da fiamme con la legenda *IN HOC SIGNO VINCES 1647 . A mio avviso è proprio questo rovescio, simile ad altri nominali di Filippo IV a causare un po’ di confusione. In pratica, il Cagiati nella sua opera “Le monete del reame delle due Sicilie” riporta questa moneta indicandone un valore nominale di 15 grana, escludendo o più probabilmente non conoscendo, il 3 carlini che verrà poi riportato dal CNI. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza.

Partiamo dal 3 carlini, il CNI ne riporta tre esemplari entrambi appartenenti alla collezione reale:

N°1103 (30 mm – 8,98 g)

D/ …HILIPP•IIII•DEI•GR• ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN HOC•SIG…O•VINCES•; Croce potenziata cantonata da fiamme.

N°1104 (22 mm – 4,90 g)

D/ PHILIPP•IIII•D•GRA• ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN HOC•…..O•VINCES•; Croce potenziata cantonata da fiamme.

Come si potrà notare in entrambi le descrizioni non viene indicata la data, in quanto si tratta di monete tosate e che quindi essa non è visibile, ma nonostante ciò vengono riportati come datati 1647 questo forse anche a causa del terzo esemplare riportato ed indicato come appartenente alla collezione Catemario.

N° 1105 (19 mm – 2,97)

D/PHILIPP•IIII•D•GRA ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ +IN HOC SIGNO VINCES 1647; Croce potenziata cantonata da fiamme.

La prima cosa che salta all’occhio, nonostante che anche quest’ultimo esemplare sia definito tosato (peso e diametro ne sono un riscontro oggettivo), è come mai esso sia perfettamente leggibile? Non sarà per caso che invece ci troviamo di fronte al carlino del 1647 riportato dal P/R al n°44 (19 mm – 2,96 g) e catalogato dal dott. Giovanni Bovi nel Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano 1965-66 n°122. Infatti questo carlino, anch’esso rarissimo, ha tutte le carte in regola per essere il tipo riportato nel CNI al n°1105. Visionando la Raccolta degli studi del dott. Giovanni Bovi, scorrendo la monetazione di Filippo IV, troviamo la seguente descrizione:

N°122 (19 mm – 2,98 g)

D/ PHILIPP•IIII•D•G•REX; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN….CES • 1647; Croce potenziata cantonata da fiamme.

Ma la cosa più intrigante è che anche questo esemplare è indicato come appartenente alla collezione Catemario e se non fosse per la legenda verrebbe da dire che sia lo stesso esemplare, infatti diametro e peso sembrano corrispondere. Possibile che non si tratti di un qualche errore di trascrizione degli autori del CNI? Per me siamo di fronte alla stessa moneta. Tra l’altro questo carlino è identificabile anche per la differenza di disegno delle fiamme che si trovano nei quarti della croce al R/ che assomigliano in questa moneta a delle foglie.

Ora facciamo un piccolo passo indietro, ricordate i numeri 1103 e 1104 del CNI, e che in entrambi la data non era visibile? Ebbene il P/R al n° 21 riporta un’esemplare da 3 carlini appartenente ad una collezione privata datato 1648, ed in questo caso la data è ben leggibile al R/ al termine della legenda, quindi è da supporre che il 3 carlini 1647 non sia mai stato coniato, ma esisterebbe solo quello datato 1648.

Quindi ricapitolando, i nominali con la croce potenziata al R/, con le sigle GM/P dietro il busto sono due, il 3 carlini 1648 ed il carlino 1647 e che entrambe queste coniazioni sono di estrema rarità.

Ma avevamo parlato anche di un 15 grana riportato dal Cagiati se non erro. Ebbene anche questa moneta, indicata come appartenente alla collezione dell’Erba è invece il carlino di cui sopra che l’autore all’epoca confuse per una variante della tipologia dal nominale di 15 grana .

Con questo breve “sunto” voglio chiarire che non ho scoperto nulla di nuovo, in quanto, sia il Bovi prima che il Pannuti e Riccio dopo, avevano già compreso l’errore e nelle loro rispettive opere hanno riportato le giuste indicazioni. Io nel mio piccolo mi sono limitato a chiarire cosa c’era dietro questa piccola confusione di tipologie, dovuta probabilmente ad errori di trascrizioni e di fraintendimenti giustificabili dal fatto che chi ha scritto l’opera del CNI e lo stesso Memmo Cagiati, considerata l’epoca delle pubblicazioni (inizio del 1900) e la mole delle stesse senza avere la disponibilità di foto chiare, facili comunicazioni con i collaboratori, non hanno avuto certo il “lavoro facile” che noi possiamo avere oggi nell’era della tecnologia e di internet.

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Inviato

ciao, interessante, in effetti non c'è neanche sul Catalogo. Chissà se il collezionista privato concede la foto...

Secondo la scheda la moneta è un R5. Dovrebbe avere la data sotto la croce, ma invece è in leggenda.

Ha avuto dei problemi in fase di conio, specie al D/.

Immagine a catalogo ;)


Inviato

Bellissima scheda FED

è un piacere leggerti, grazie e complimenti

Sergio


  • 14 anni dopo...
Inviato
Il 06/06/2010 alle 11:51, fedafa dice:

Se può interessare posto quanto da me scritto qualche tempo fa.

I 3 carlini 1647 di Filippo IV, anzi il 15 grana 1647 di Filippo IV, scusate il carlino 1647 di Filippo IV

Come si evince dal titolo non è tanto chiara l’attribuzione del nominale a questa moneta del regno di Napoli, ma procediamo con ordine. Siamo a Napoli, il Regno è sotto il dominio di Filippo IV, nella città partenope comanda Rodrigo Ponce de Leon Duca d’Arcos e siamo in un periodo abbastanza complicato e delicato. Il popolo è insoddisfatto, tasse, gabelle e povertà lo sfiancano, la tosatura delle monete ha raggiunto livelli esagerati e spesso è la stessa zecca partecipe delle frodi monetarie. Insomma ci sono tutti i presupposti perché qualche tempo dopo, un pescivendolo di nome Tommaso Aniello, detto Masaniello, si prenda la premura di guidare una rivolta (ma fu proprio lui???) che spodestò il viceré e che portò alla proclamazione della Repubblica Napoletana.

Torniamo un po’ indietro, come detto siamo nel 1647, nella zecca si decide di coniare una nuova moneta che porterà la “firma” del Mastro di zecca provvisorio Giuseppe Maffei e del Mastro di prova Geronimo Pontecorvo (non vi è comunque la certezza che le sigle apposte sulla moneta siano le loro); Questa moneta riporterà al D/, come si è solito fare, il busto del re volto a destra con corona radiata con la legenda PHILLIPP∙IIII∙DEI∙GRA (o similare) ed al R/ la croce potenziata cantonata da fiamme con la legenda *IN HOC SIGNO VINCES 1647 . A mio avviso è proprio questo rovescio, simile ad altri nominali di Filippo IV a causare un po’ di confusione. In pratica, il Cagiati nella sua opera “Le monete del reame delle due Sicilie” riporta questa moneta indicandone un valore nominale di 15 grana, escludendo o più probabilmente non conoscendo, il 3 carlini che verrà poi riportato dal CNI. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza.

Partiamo dal 3 carlini, il CNI ne riporta tre esemplari entrambi appartenenti alla collezione reale:

N°1103 (30 mm – 8,98 g)

D/ …HILIPP•IIII•DEI•GR• ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN HOC•SIG…O•VINCES•; Croce potenziata cantonata da fiamme.

N°1104 (22 mm – 4,90 g)

D/ PHILIPP•IIII•D•GRA• ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN HOC•…..O•VINCES•; Croce potenziata cantonata da fiamme.

Come si potrà notare in entrambi le descrizioni non viene indicata la data, in quanto si tratta di monete tosate e che quindi essa non è visibile, ma nonostante ciò vengono riportati come datati 1647 questo forse anche a causa del terzo esemplare riportato ed indicato come appartenente alla collezione Catemario.

N° 1105 (19 mm – 2,97)

D/PHILIPP•IIII•D•GRA ; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ +IN HOC SIGNO VINCES 1647; Croce potenziata cantonata da fiamme.

La prima cosa che salta all’occhio, nonostante che anche quest’ultimo esemplare sia definito tosato (peso e diametro ne sono un riscontro oggettivo), è come mai esso sia perfettamente leggibile? Non sarà per caso che invece ci troviamo di fronte al carlino del 1647 riportato dal P/R al n°44 (19 mm – 2,96 g) e catalogato dal dott. Giovanni Bovi nel Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano 1965-66 n°122. Infatti questo carlino, anch’esso rarissimo, ha tutte le carte in regola per essere il tipo riportato nel CNI al n°1105. Visionando la Raccolta degli studi del dott. Giovanni Bovi, scorrendo la monetazione di Filippo IV, troviamo la seguente descrizione:

N°122 (19 mm – 2,98 g)

D/ PHILIPP•IIII•D•G•REX; Busto con corona radiata volta a d. con dietro le sigle GM/P e davanti N.

R/ *IN….CES • 1647; Croce potenziata cantonata da fiamme.

Ma la cosa più intrigante è che anche questo esemplare è indicato come appartenente alla collezione Catemario e se non fosse per la legenda verrebbe da dire che sia lo stesso esemplare, infatti diametro e peso sembrano corrispondere. Possibile che non si tratti di un qualche errore di trascrizione degli autori del CNI? Per me siamo di fronte alla stessa moneta. Tra l’altro questo carlino è identificabile anche per la differenza di disegno delle fiamme che si trovano nei quarti della croce al R/ che assomigliano in questa moneta a delle foglie.

Ora facciamo un piccolo passo indietro, ricordate i numeri 1103 e 1104 del CNI, e che in entrambi la data non era visibile? Ebbene il P/R al n° 21 riporta un’esemplare da 3 carlini appartenente ad una collezione privata datato 1648, ed in questo caso la data è ben leggibile al R/ al termine della legenda, quindi è da supporre che il 3 carlini 1647 non sia mai stato coniato, ma esisterebbe solo quello datato 1648.

Quindi ricapitolando, i nominali con la croce potenziata al R/, con le sigle GM/P dietro il busto sono due, il 3 carlini 1648 ed il carlino 1647 e che entrambe queste coniazioni sono di estrema rarità.

Ma avevamo parlato anche di un 15 grana riportato dal Cagiati se non erro. Ebbene anche questa moneta, indicata come appartenente alla collezione dell’Erba è invece il carlino di cui sopra che l’autore all’epoca confuse per una variante della tipologia dal nominale di 15 grana .

Con questo breve “sunto” voglio chiarire che non ho scoperto nulla di nuovo, in quanto, sia il Bovi prima che il Pannuti e Riccio dopo, avevano già compreso l’errore e nelle loro rispettive opere hanno riportato le giuste indicazioni. Io nel mio piccolo mi sono limitato a chiarire cosa c’era dietro questa piccola confusione di tipologie, dovuta probabilmente ad errori di trascrizioni e di fraintendimenti giustificabili dal fatto che chi ha scritto l’opera del CNI e lo stesso Memmo Cagiati, considerata l’epoca delle pubblicazioni (inizio del 1900) e la mole delle stesse senza avere la disponibilità di foto chiare, facili comunicazioni con i collaboratori, non hanno avuto certo il “lavoro facile” che noi possiamo avere oggi nell’era della tecnologia e di internet.

 

@fedafa, è trovabile il testo? 

1° Concorso NIA – Numismatici Italiani Associati

“Davide Fabrizi nell’elaborato I 3 carlini 1647 di Filippo IV, anzi il 15 grana 1647 di Filippo IV, scusate il carlino 1647 di Filippo IV illustra una piccola confusione fatta nella tipologia di monete coniate sotto Filippo IV nel regno di Napoli: il 15 grana (in realtà un carlino) illustrato da Memmo Gagiati nella sua opera “Le monete del reame delle due Sicilie” e il 3 carlini riportato dal CNI (in realtà un carlino).”

Grazie.


Inviato
Il 16/04/2025 alle 21:43, Oppiano dice:

@fedafa, è trovabile il testo? 

1° Concorso NIA – Numismatici Italiani Associati

“Davide Fabrizi nell’elaborato I 3 carlini 1647 di Filippo IV, anzi il 15 grana 1647 di Filippo IV, scusate il carlino 1647 di Filippo IV illustra una piccola confusione fatta nella tipologia di monete coniate sotto Filippo IV nel regno di Napoli: il 15 grana (in realtà un carlino) illustrato da Memmo Gagiati nella sua opera “Le monete del reame delle due Sicilie” e il 3 carlini riportato dal CNI (in realtà un carlino).”

Grazie.

 

I 3 carlini 1647 di Filippo IV.pdf

Sostanzialmente l'articolo riporta quanto già scritto nel post. Spero sia di gradimento. 

  • Grazie 1

Inviato
3 minuti fa, Oppiano dice:

Ma grazie, troppo gentile. 

 

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riposto l'immagine che il "tempo" ha cancellato dal post.

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Inviato

Catalogo della Collezione Sambon. Anno XX. N. 2. : 5 avril 1897. Monete dell'Italia meridionale. / Jules Sambon 1897.

image.jpeg

Lotto 1182 senza foto ed indicazioni dati ponderali.

Stiamo parlando della medesima tipologia?


Inviato
13 ore fa, Oppiano dice:

Catalogo della Collezione Sambon. Anno XX. N. 2. : 5 avril 1897. Monete dell'Italia meridionale. / Jules Sambon 1897.

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Lotto 1182 senza foto ed indicazioni dati ponderali.

Stiamo parlando della medesima tipologia?

 

Senza i dati metrici quali peso e diametro non è facile rispondere. Provo ad esprimere la mia opinione.

Prima di tutto va detto che il 2 carlini indicato nel catalogo Sambon è da riferirsi al 15 grana. Moneta in argento simile a quella descritta con un peso teorico di circa 4.99 gr.  La descrizione tuttavia, in particolare quel "ramoscelli" la identifica in maniera obiettiva in quanto è noto che nel 15 grana la croce è cantonata da fiamme. Si potrebbe però, giustamente, obiettare che si tratti di una variante.

Una variante del 15 grana riportata in seguito nell'opera del Cagiati (p. 243, nr. 31) con le stesse caratteristiche indicate nella moneta ex coll. Sambon, ramoscelli compresi, (nel disegno del Cagiati in realtà, anche se indicata, manca la N del coniatore). Anche in questo caso non sono indicati peso e diametro ma viene indicata la fonte nella collezione del prof. dell'Erba.

Nella "Riforma monetaria Angioina..." proprio Luigi dell'Erba riporta la rarissima moneta con la croce cantonata da ramoscelli come 15 grana senza indicazioni di peso e diametro.

Il passo successivo è lo studio del Bovi sulla monetazione di Filippo IV pubblicato sul BCNN del 1965-1966. Il Bovi documenta che il tarì di Filippo IV debba avere un giusto peso pari a gr. 5.92, quindi la sua metà, il carlino, dovrebbe avere un peso pari a 2.96 gr.

Al nr. 122 di tale studio viene riportata la moneta sotto esame e, finalmente ne viene indicato il peso: 2.98 gr. con un diametro pari a 19 mm e l'appartenenza alla collezione Catemario. Nella descrizione la croce è indicata come cantonata da fiamme, ma nell'immagine delle tavole quelle fiamme sembrano effettivamente dei ramoscelli.

Per il Bovi la moneta è indubbiamente un carlino.

Stessa cosa per Pannuti/Riccio che, riferendosi proprio alla moneta riportata dal Bovi, la riportano al nr. 44 come carlino aggiungendo una nota con la quale, riferendosi all'esemplare del Cagiati indicato come 15 grana, in base al peso debba essere invece considerato un carlino.

Qualcuno però potrebbe pensare che tale moneta altro non sia che una moneta da 15 grana tosata e quindi bassa di peso.

A mio avviso non è così. Le monete finora note (pochissime) con la presenza dei presunti ramoscelli invece che delle fiamme nei quarti della croce, hanno tutte la legenda praticamente quasi completamente leggibile il che escluderebbe una tosatura drastica che ne giustificherebbe un peso così ridotto. 

A questo si aggiunga poi che il peso di queste particolari monete è proprio quello del carlino. A supporto poi di questa mia opinione porto a confronto le immagini pubblicate dal Bovi del carlino e del 15 grana. Credo non ci sia altro da aggiungere.

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Dopo tutte queste chiacchiere posso finalmente rispondere al quesito iniziale: Sì, per me la moneta ex coll. Sambon è il carlino in oggetto. Anche se peso e diametro non sono indicati, le caratteristiche iconografiche sono indizi fondamentali per tale risultanza.

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Inviato
1 ora fa, fedafa dice:

… Una variante del 15 grana riportata in seguito nell'opera del Cagiati (p. 243, nr. 31) con le stesse caratteristiche indicate nella moneta ex coll. Sambon, ramoscelli compresi, (nel disegno del Cagiati in realtà, anche se indicata, manca la N del coniatore). …

 

Grazie ancora. Sono andato a consultare il Cagiati. In effetti, si descrive il tipo n. 31 ed è presente il disegno/raffigurazione dell’esemplare descritto, ma -salvo errore - la N pare essere presente.

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Inviato

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C'è la N, confermo. Ad una certa età gli occhiali dovrebbero stare sul naso e non nella loro custodia in ufficio. Chiedo venia al Cagiati ma soprattutto al Tufano.


Inviato

Andiamo al CNI e ai tipi citati in discussione (1103, 1104 e 1105).

Allora:

1)  Questi tipi sono catalogati come Terzo di scudo (con la croce), e non in altri termini (ad esempio, carlino, quindici grana); del pari, non è stata utilizzata una descrizione simile a quella utilizzata per il tipo n. 1094 (sempre millesimo 1647), ossia Terzo di scudo (Quattro carlini)…oppure “3 Carlini”.

2) I primi due tipi non appartengono alla “collezione reale”. Dalle Avvertenze Generali al Volume XX del CNI, infatti, è scritto che la “Collezione di proprietà privata di Sua Maestà … è sempre indicata con le iniziali SM, mentre quella Reale di Torino, dotazione della Corona, è indicata con RT.”. Sia il tipo 1103 sia il tipo 1104 sono descritti con riferimento a SM e, pertanto, sono da considerarsi facenti parte della collezione privata di Vittorio Emanuele III. Il terzo tipo, invece, fa parte della Collezione del Duca Catemario di Quadri (o meglio, come ben sottolinea il CNI: “si descrivono quelle esistenti in altre”). Quindi, trattasi di una mera “descrizione”.

3) Solo il terzo tipo (1105-Catemario) viene descritto come “tosato” mentre per il primo (1103-SM) è utilizzato il termine “maltagliato” che (forse) potrebbe indurre a sostenere la tesi giustificativa del peso eccessivo pari a grammi 8,98 nonché del diametro. Il secondo tipo (1104-SM) non presenta indicazioni circa l’applicazione di un’eventuale tosatura.

4) Purtroppo, dell’esemplare 1105-Catemario non è presente nel CNI la figura in fotocalcografia e, pertanto, allo stato, non è possibile esprimere a priori valutazioni circa il “peso” della tosatura sull’esemplare.

 

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Inviato
2 minuti fa, Oppiano dice:

4) Purtroppo, dell’esemplare 1105-Catemario non è presente nel CNI la figura in fotocalcografia e, pertanto, allo stato, non è possibile esprimere a priori valutazioni circa il “peso” della tosatura sull’esemplare.

 

Confrontiamo l'esemplare riportato al nr. 122 del Bovi con il 1105 del CNI. La legenda non corrisponde ma questo purtroppo ho avuto modo di constatarlo spesso quando le monete non sono appartenenti alla CR. Peso e diametro però sembrano coincidere ma cosa importante entrambi appartengono alla coll. Catemario. Se gli esemplari fossero stati due, nel CNI sarebbe stata sicuramente inserita anche la seconda variante. Se l'esemplare fosse stato acquisito dopo la pubblicazione del CNI le due monete sarebbero state menzionate dal Bovi. Delle due, una. La mia idea è che si tratti della stessa moneta.

 


Inviato
40 minuti fa, fedafa dice:

…Se gli esemplari fossero stati due, nel CNI sarebbe stata sicuramente inserita anche la seconda variante. Se l'esemplare fosse stato acquisito dopo la pubblicazione del CNI le due monete sarebbero state menzionate dal Bovi. Delle due, una. La mia idea è che si tratti della stessa moneta.

[Se gli esemplari fossero stati due, nel CNI sarebbe stata sicuramente inserita anche la seconda variante.] : Non è possibile essere certi del “sicuramente”.

[Se l'esemplare fosse stato acquisito dopo la pubblicazione del CNI le due monete sarebbero state menzionate dal Bovi.] : È solo un’ipotesi.

[La mia idea è che si tratti della stessa moneta.] : ok. Sorge a questo punto una domanda: Se il Bovi avesse ritenuto che l’esemplare CNI 1105-Catemario fosse quello da lui indicato nel suo lavoro per il tipo 122, con provenienza Collezione Catemario, perché non lo ha indicato nella descrizione a latere, come, ad esempio, fatto per il precedente tipo 121 rinviando al tipo 1104-SM? Possibile che il Bovi non avesse riflettuto sul tipo 1105 del Corpus?

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Inviato

Andiamo a Pannuti/Riccio.

Alla nota n. 7, a pagina 161, richiamando il tipo 21 (Tre Carlini, grammi 10,00 e millesimo 1648 con al R/ IN HOC SIGNO VINCES 1648 Croce di Gerusalemme cantonata da fiamme), gli Autori scrivono che “Di questa moneta sono descritti nel Corpus, ai nn. 1103 e 1104, due esemplari con la data 1647. In realtà, si tratta di esemplari tosati, nei quali la data non è visibile. Non avendo notizia di altri esemplari con la data 1647, tranne quello Catemario, tosatissimo (Corpus, n. 1105), non menzionato dal Bovi, è da dimostrarsi che siano stati effettivamente battuti esemplari con la data 1647.

Gli Autori asseriscono che “sono descritti nel Corpus, ai nn. 1103 e 1104, due esemplari con la data 1647”. Esatto, ma parzialmente. Dalle Avvertenze al Corpus si legge: “Nelle descrizioni delle monete che portano data, si è seguito l'ordine cronologico; quelle senza data e di cui non fu possibile argomentarla, sono state disposte secondo specie.” Quindi, significa che, nonostante il fatto che la data non fosse visibile sugli esemplari, i compilatori del Corpus hanno ritenuto egualmente di inserirli sotto il millesimo del 1647 sulla base di un processo argomentativo.

Gli Autori asseriscono che i due esemplari del Corpus 1103 e 1104 sono “esemplari tosati” e, per tal motivo, giustificano la non visibilità della data. Da dove lo deducono? Li hanno visionati? Sono monete della Collezione privata di Sua Maestà e nella loro descrizione non sono riportati elementi da riferirsi alla tosatura (anzi, il compilatore, per il tipo 1103, ha sottolineato che trattasi di un “maltagliato”).

Gli Autori asseriscono che il tipo CNI 1105-Catemario (che poi dovrebbe essere -il condizionale e’ d’obbligo- il tipo 122 del Bovi) è “tosatissimo”. Lo hanno visionato? Forse lo deducono dal peso? 

Quando gli Autori parlano di “non menzionato dal Bovi” si riferiscono al tipo CNI 1105-Catemario?


Inviato

Purtroppo senza dati ufficiali, pesi, misure e quant'altro necessario alla soluzione e corretta identificazione, si discute sul sesso degli angeli. Ognuno dice la sua senza giungere a conclusioni. Quello che a me fa propendere sul fatto che la moneta 1105 del CNI sia la stessa del Bovi è la comparsa di altri esemplari. Il primo proprio quello della collezione Catemario riportato al 122 del Bovi che nessuno si è reso conto possa essere il 1105 del CNI. Ma diamo per assodato e per rigore scientifico che non sia lui. Rimane comunque l'esemplare riportato dal Bovi (ex Catemario) che per peso non può certo essere un 15 grana. Pur se tosato è pienamente leggibile. A questo si aggiunge l'esemplare da me postato che, per peso e diametro non può essere considerato un 15 grana. Figuriamoci poi se questi due esemplari, dal peso di un carlino, pienamente leggibili, possano essere terzi di scudo ( come indicato nel CNI) o tre carlini. La comparazione tra un 15 grana ed il carlino l'ho postata in uno dei post precedenti. Basta osservare i diametri dei cerchi interni e della legenda. Osservate la moneta da me postata, il rovescio. È pienamente centrato e la legenda risulta quasi del tutto leggibile. Quindi siamo di fronte ad un conio approntato per coniare monete di quel diametro. La moneta ha un peso di 2.3 gr. con un calo che giustifica la parte tosata. A questo punto faccio io una domanda. Che moneta è? Un terzo di scudo, un tre carlini, un 15 grana o un carlino?


Inviato

Qualcuno ha visionato la moneta tipo 31 citata dal Cagiati asserita di provenienza Collezione dell’Erba?
Qualcuno ha visionato la moneta tipo 122 citata dal Bovi asserita di provenienza  Collezione Catemario?
Qualcuno ha visionato la moneta tipo 1105 citata nel Corpus asserita di provenienza Collezione Catemario?
Il tipo 126 Bovi è privo della data che segue VINCES. 
Perché non poter raffrontare l’esemplare in discussione con il tipo 31 del Cagiati, soprattuto per il R/, ed ipotizzare una tosatura effettuata in modo tale non deturpare fortemente la legenda, ma tale da ridurre il peso?  pare che ci sia ulteriore spazio per la tosatura stessa.

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Inviato

Il Magliocca nel suo lavoro, a pag. 253, nella nota al tipo 151 (Quindi Grana), scrive: “Il Carlino non venne più coniato già dopo il 1634”.

 


Inviato
13 ore fa, Oppiano dice:

Qualcuno ha visionato la moneta tipo 31 citata dal Cagiati asserita di provenienza Collezione dell’Erba?
Qualcuno ha visionato la moneta tipo 122 citata dal Bovi asserita di provenienza  Collezione Catemario?
Qualcuno ha visionato la moneta tipo 1105 citata nel Corpus asserita di provenienza Collezione Catemario?
Il tipo 126 Bovi è privo della data che segue VINCES. 
Perché non poter raffrontare l’esemplare in discussione con il tipo 31 del Cagiati, soprattuto per il R/, ed ipotizzare una tosatura effettuata in modo tale non deturpare fortemente la legenda, ma tale da ridurre il peso?  pare che ci sia ulteriore spazio per la tosatura stessa.

image.jpeg

 

 

Allora sono da dubitare tutte le monete riportate in tutti i cataloghi se nessuno le visiona. Non scendiamo nel ridicolo.

La ex Catemario il Bovi la riporta nelle tavole. È la stessa che riportano Pannuti/Riccio. Nell'esemplare da me postato, come detto è stato approntato un conio di dimensioni inferiori per battere la moneta, quindi un conio che non era adatto a battere il 15 grana. La moneta, praticamente integra, non avrebbe mai raggiunto il peso del 15 grana.  La particolarità dei "ramoscelli" poi presenti unicamente in questi esemplari... 

Insomma io almeno una ho avuto modo di visionarla ed affiancarla al 15 grana e le posso garantire che si tratta di due distinte tipologie con diverso nominale.

Prima di me lo ha fatto il Bovi e dopo di lui Pannuti/Riccio. Escludendo me quest'ultimi suppongo si siano anche loro poste delle domande e giunti a delle conclusioni che hanno portato tutti ad assegnare a questa particolare moneta il valore di un carlino. 

Questi sono dati certi ed obbiettivi, non teorie e/o ipotesi. La moneta nasce "più piccola".

Forse solo chi l'ha visionata può comprenderlo appieno...

 

13 ore fa, Oppiano dice:

Il Magliocca nel suo lavoro, a pag. 253, nella nota al tipo 151 (Quindi Grana), scrive: “Il Carlino non venne più coniato già dopo il 1634”.

 

 

E allora di cosa stiamo discutendo 😃.

Faccia una Buona Pasqua!


Inviato

Grazie per le ulteriori osservazioni che mi permettono di inquadrare meglio la questione anche in relazione alla circostanza che recentemente sono venuto in possesso di un esemplare proveniente da una importante collezione. 

Buona Pasqua anche a Lei.


Inviato (modificato)

Ma se il tipo 1105-CNI-Catemario dal peso dichiarato di 2,97 grammi è il medesimo tipo 122-Bovi-Catemario-Pannuti/Riccio dal peso dichiarato di 2,98 grammi, quanto dovrebbe pesare questo esemplare al lordo della tosatura visto e considerato che detto esemplare è descritto come “tosato” dal CNI e, addirittura, “tosatissimo” dal Pannuti/Riccio il quale, peraltro, indica quale peso/massa di riferimento il valore di 2,96 grammi per la tipologia “carlino”?
 

Modificato da Oppiano

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