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Supporter
Inviato

Buona sera

Mi allaccio ad una corrispondenza avvenuta con un'altro utente circa l'uso degli zecchini in ambito veneziano/domestico, per chiedere ai frequentatori del forum che trattano questa monetazione (ho visto che ce n'è di molto competenti) qualche lume circa un termine usato che mi ha lasciato perplesso e al quale non ho saputo dare risposte.

Dalla relazione dell'Ambasciatore veneziano Andrea Trevisan (1498): "Relazione, o più tosto raguaglio dell'isola d'Inghilterra, con più particolari e costumi di quelli popoli, e dell'entrate regie sotto il re Enrico VII che fu circa l'anno 1500".

In questa relazione, scritta in volgare e quindi senza essere stata tradotta, si legge...quello che non abbia in casa vasi d'argento almanco per cento libre di sterlini, che sono de' nostri cinquecento scudi d'oro. E poi ancora a pag. 41: E dicono li suoi, che Sua Maestà spende nella tavola a l'anno 14.000 libre di sterlini, che sono scudi 70.000. Ed è possibile che ancora nella perdona sua, della regina, de' figlioli e soldati cortigiani, che sono da 150 fino in 200 per la sua guardia......deputate al vivere 80.000 marche e vale la marca tredici scellini e denari quattro di sterlini, che vengono ad essere più di tre scudi e un quarto de' nostri. Ma, per fare un conto così alla grossa, farò che ogni marca vaglia scudi tre d'oro, che saria in tutto scudi 240.000.

Ora, come è possibile che venga definita scudo d'oro l'unica moneta in oro corrente in Venezia a quel tempo, cioè lo zecchino?

Non può esserci commistione con lo scudo d'oro coniato molti anni dopo sotto il doge Gritti.

Mi rimetto alle vostre gradite considerazioni.

Grazie e saluti....adesso vado a vedere l'Inter ;)

Luciano


Supporter
Inviato

Innanzitutto devo chiedere scusa; scusa agli appassionati che - forse - dopo ave letto la mia si sono chiesti dove poter verificare la stessa.

L'arcano sta nella prefazione del libro (da me letta molti anni fa e che onestamente avevo dimenticato). In questa si dice che la relazione manoscritta vera e propria fatta dal Tevisan (ca. 36 carte) è andata smarrita presumibilmente nella metà del 1700.

Quella restata, che io ho citata, è una copia verosimilmente redatta nel 1500 da qualche amatore delle notizie di terre lontane "sciacquato in Arno", stante un impasto linguistico non prettamente veneto...ecco allora che forse si è spiegato l'arcano; chi l'ha copiata - forse - ha ragguagliato gli importi espressi nel testo originale in valute allora correnti come gli scudi d'oro (anche se lo erano altrettanto gli zecchini)

E qui resta comunque il dubbio: qual'era il motivo e opportunità per sostituire la valuta?

Grazie dell'attenzione

Luciano


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