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IGNORED

Repubblica di Ragusa


Risposte migliori

Buonasera a voi,

se qualcuno vuole rendermi edotto della tesi di cui ha accennato elledi gliene sarei grato. MI interesserebbe molto, ma non riesco proprio a capire come Ragusa possa essere considerata in area italiana.

A meno che non si stia parlando di Ragusa di Sicilia... :rolleyes:

Elledi, puoi darmi qualche delucidazione?

Grazie anticipatamente, Teofrasto

Modificato da teofrasto
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Guest utente3487

Ecco i dati richiesti.

Claudio Susmel

“I confini naturali d’Italia”

carlo delfino editore

Bibliografia.

Carte e schizzi (45 tavole): Confini naturali d’Italia. Regno di Sardegna. Arcipelaghi occidentale, centrale, orientale, e penisola. Alpi occidentali e dettagli. Alpi centrali e dettagli. Alpi orientali (Dalmazia inclusa) e dettagli. Patto di Londra. Zona “A” e Zona “B” del Territorio libero di Trieste. Totale pagine per “I confini naturali d’Italia”: 116.

Nella prefazione: i punti in comune che costituiscono l’identità nazionale; la considerazione che dagli assemblaggi internazionali dell’Impero romano e degli Imperi europei degli ultimi secoli, si è sempre tornati alla nazione, e che le contese territoriali non sono mai cessate, basta ascoltare i telegiornali: Tibet, Jugoslavia, Gibilterra, Sahara, Georgia, Libia, e molto altro ancora.

Nell’Italia fisica: in rilievo che la Corsica è a vista d’occhio dalla Sardegna, così come le isole toscane dalla Corsica, e la Toscana dalle isole: Arcipelago occidentale italiano; che le Isole maltesi fanno parte dell’Arcipelago centrale insieme alle Eolie, Egadi, Pantelleria e Sicilia propriamente detta; che le isole del Quarnaro e della Dalmazia settentrionale fanno parte dell’Arcipelago orientale italiano: Arbe, Incoronata, Brazza, Lissa e altre centinaia; che la Penisola comprende, tra l’altro, Briga e Tenda, il Sempione, il Canton Ticino, l’Istria, Fiume, la Dalmazia settentrionale.

Nell’Italia politica: le venti regioni politicamente e geograficamente italiane, le due regioni solo geograficamente italiane di Corsica e Dalmazia. I territori di Malta, Fiume, Istria, e altri ancora, trattati con particolare attenzione perchè non amministrati dall’Italia. In rilievo assoluto e continuo la ricerca del confine geografico alpino e marittimo. Il canovaccio storico è centrato sul Risorgimento - si sta celebrando il centocinquantesimo anno dell’Unità d’Italia - e sulla prima metà del Novecento. La trattazione inizia dalla Sardegna e da quel primo nucleo dell’Italia Occidentale che dal 4 agosto del 1720 (Sardegna, Nizza, Piemonte e Savoia unite) porterà avanti il processo di unificazione dell’Italia. In rilievo anche le amputazioni territoriali subite per le guerre perse, e qualche indebita attribuzione territoriale all’Italia.

Nella Revisione del Trattato di Pace del 1947: ci si domanda, brevemente, quali passi fare presso l’Europa e gli Stati Uniti per rivedere le clausole territoriali di quel Trattato che ha ormai 64 anni.

Nella Città del Vaticano: l’11 febbraio 1929 è stato edificato un pilastro della politica internazionale dell’Italia, che ha consentito una pace religiosa assente in Irlanda, nel Tibet, in Iraq e in tante altre nazioni.

Nella Provocazione: come contemperare le esigenze umanitarie nei confronti degli stranieri con l’interesse nazionale a perseguire i confini naturali e a difenderli.

Fonti: la bibliografia riporta un centinaio di testi dell’Ottocento, Novecento, Duemila. Riporta anche carte del Seicento, Settecento, Ottocento e Novecento, in cui si trova riscontro, con più varianti, delle tre ipotesi di confine naturale italiano trattate nel manuale. Consultate in specie le carte del Touring Club e dell’Istituto Geografico Militare.

Motti: a ciascuna delle ventidue regioni italiane e alle auspicate nuove province autonome è assegnato un motto.

Lo stile: ad intervalli regolari lievemente umoristico: “… è lecito immaginare i fiumi carsici mentre sghignazzano per i problemi causati al geografo professionista che tenta di individuare e tracciare i loro corsi sotterranei …”, oppure: “… leggendo della vita privata di D’Annunzio, è ragionevole pensare che anche lui abbia letto l’Ars Amandi scritta dal suo conterraneo abruzzese Ovidio.” Asciutto per la descrizione dei tracciati confinari: “… il confine si dirige a nord est verso il Monte Traunich di metri 2.377 … tra le sorgenti dei fiumi pertinenti ai bacini del Mar Nero e del Mar Adriatico attraverso il Passo di Piedicolle …”. Familiare, senza ingiustificati supponenti toni professorali, nelle altre parti.

Obiettivo: essere un manuale di divulgazione delle nozioni essenziali sul perimetro di terra e di mare di casa Italia; manuale utilissimo anche per chi scrive professionalmente di storia del Novecento, perché molte carte pubblicate sono introvabili in commercio. Manuale di divulgazione scritto da un giornalista pubblicista, laureato in diritto internazionale su Fiume, che ha speso due anni in ricerche e consultazioni, effettuato sopralluoghi e viaggi, e che ha digerito cinquanta anni di letture sull’argomento. Il confine alpino è esaminato a tratti chilometro per chilometro; su quest’ultimo punto esiste certamente una specializzazione inarrivabile in alcuni alti ufficiali dell’Esercito e in pochi altri civili, che però non pubblicano o perlomeno non divulgano, limitandosi alle riviste specializzate e a qualche raro articolo di giornale. In ogni caso, al momento attuale non risulta una sola pubblicazione che tratti i confini naturali d’Italia in tutta la loro estensione considerata unitariamente. Durante il centocinquantesimo anno dell’unità d’Italia (incompleta), colma un vuoto.

Si aggiunga per le tante librerie che hanno in catalogo numerosi libri di storia, inclusi quelli scritti da Edoardo e Duilio Susmel, che la descrizione cartografica che “I confini naturali d’Italia” di Claudio Susmel fa dei territori di confine guadagnati e/o persi con le due guerre mondiali, di cui quei testi trattano, risulta un supporto chiarificatore, stante la povertà o l’assoluta mancanza di carte illustranti i territori su cui si svolgono le vicende suddette.

Questa è una scheda preparata dall'autore stesso. Il Libro devo dire che è avvincente e interessante.

Ovviamente non si parla della Ragusa di Sicilia :)

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Sinceramente che Ragusa faccia parte geograficamente dell'Italia mi pare alquanto ardito sostenerlo.

Leggo peraltro nella tua prefazione che si parla di "Dalmazia Settentrionale". Dunque si intende compresa anche Ragura o si arriverebbe fino a Spalato e dintorni?

Non avendo letto il libro, non sono in grado di esprimere alcun giudizio, spero non sia una pubblicazione dettata da ispirazione di stampo fascista.

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Guest utente3487

Sinceramente che Ragusa faccia parte geograficamente dell'Italia mi pare alquanto ardito sostenerlo.

Leggo peraltro nella tua prefazione che si parla di "Dalmazia Settentrionale". Dunque si intende compresa anche Ragura o si arriverebbe fino a Spalato e dintorni?

Non avendo letto il libro, non sono in grado di esprimere alcun giudizio, spero non sia una pubblicazione dettata da ispirazione di stampo fascista.

Posso garantirti che l'autore si basa solo sull'aspetto geografico, nessuna rivendicazione politica o similare. Spiega come la morfologia del territorio potrebbe far comprendere nel territorio italiano anche molte zone oggi appartenenti ad altre nazioni.

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Buongiorno elledi,

premetto che non ho letto il volume. Tuttavia, ammettendo pure che geograficamente Ragusa-Dubrovnik possa fare parte della Penisola Italiana, non credo che in alcun modo che le sue monete possano essere ritenute "italiane" per il motivo che ho già espresso nel post #4: Le emissioni furono prodotte a nome di una Repubblica Aristocratica autonoma fino al 1806. Nè durante il periodo in cui fu possedimento di Venezia, né durante quello napoleonico a Ragusa fu attiva una zecca.

A mio avviso sarebbe come ritenere italiane emissioni merovinge coniate in una qualsiasi località della costa francese, semplicemente perché la città in questione fu fondata dai romani o perché geograficamente "affine" o contigua alla costa ligure.

Credo che il discriminante debbano essere l'attuale confine nazionale e/o l'autorità emittente che deve essere, in un qualche modo, riconducibile all'Italia.

In tal modo si possono inserire p. es. Le emissioni milanesi a nome dei re francesi e spagnoli, e quelle delle località sul Mar Nero che batterono moneta a nome di Genova o di Signorie di origine italica. E per lo stesso motivo non si possono ritenere italiane le monete dei Cavalieri di Rodi e in seguito di Malta: dal momento che si tratta di un Ordine sovrano e autonomo che non dipendeva in alcun modo da qualche re o principe italiano, anche se qualche Gran Maestro fu effettivamente italiano.

A proposito delle zecche cd. "estere", credo sia un ottimo spunto di riflessione quanto è stato scritto nella "Guida delle zecche" della Travaini.

Cordialmente, teofrasto

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Guest utente3487

Buongiorno elledi,

premetto che non ho letto il volume. Tuttavia, ammettendo pure che geograficamente Ragusa-Dubrovnik possa fare parte della Penisola Italiana, non credo che in alcun modo che le sue monete possano essere ritenute "italiane" per il motivo che ho già espresso nel post #4: Le emissioni furono prodotte a nome di una Repubblica Aristocratica autonoma fino al 1806. Nè durante il periodo in cui fu possedimento di Venezia, né durante quello napoleonico a Ragusa fu attiva una zecca.

A mio avviso sarebbe come ritenere italiane emissioni merovinge coniate in una qualsiasi località della costa francese, semplicemente perché la città in questione fu fondata dai romani o perché geograficamente "affine" o contigua alla costa ligure.

Credo che il discriminante debbano essere l'attuale confine nazionale e/o l'autorità emittente che deve essere, in un qualche modo, riconducibile all'Italia.

In tal modo si possono inserire p. es. Le emissioni milanesi a nome dei re francesi e spagnoli, e quelle delle località sul Mar Nero che batterono moneta a nome di Genova o di Signorie di origine italica. E per lo stesso motivo non si possono ritenere italiane le monete dei Cavalieri di Rodi e in seguito di Malta: dal momento che si tratta di un Ordine sovrano e autonomo che non dipendeva in alcun modo da qualche re o principe italiano, anche se qualche Gran Maestro fu effettivamente italiano.

A proposito delle zecche cd. "estere", credo sia un ottimo spunto di riflessione quanto è stato scritto nella "Guida delle zecche" della Travaini.

Cordialmente, teofrasto

Sostanzialmente potrei anche essere d'accordo con te. Ma come mai allora Ragusa è inserita nel CNI?

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Posso garantirti che l'autore si basa solo sull'aspetto geografico, nessuna rivendicazione politica o similare. Spiega come la morfologia del territorio potrebbe far comprendere nel territorio italiano anche molte zone oggi appartenenti ad altre nazioni.

Grazie moltissimo per la precisazione. :)

Per quanto riguarda il considerare le emissioni di Ragusa "italiane" o meno, sono d'accordo con teofrasto.

Chiaramente nulla vieta di considerare nella stesura di un libro il criterio geografico e giova pure ricordare che, forse, un criterio perfetto ed assoluto non esiste.

Personalmente anche io ritengo che i confini attuali ovvero i confini al momento in cui avviene lo studio possano essere un parametro determinante.

Dunque, semplificando e stabiliti eventuali limiti temporali, verifichirei innanzitutto se i territori dello stato antico che sto considerando possono essere generalmente compresi all'interno dei confini dell'attuale Repubblica Italiana.

Se la risposta è affermativa, considero tutte le zecche dello stato antico in questione, comprese quelle al di fuori degli attuali confini nazionali (esempi: Avignone per lo Stato Pontificio, Boung-en-Bresse per il Ducato di Savoia).

Se la risposta è negativa, ovvero i territori dello stato antico in questione non sono generalmente compresi all'interno dell'attuale Repubblica Italiana, considero solo le zecche comprese nell'attuale territorio nazionale (esempi: zecche fatimidi di Sicilia, zecche napoleoniche d'Italia).

Chiaramente il tipo di approfondimento che sto conducendo richiederà tutte le precisazioni del caso, come l'inclusione o meno delle emissioni commissionate ad una zecca da parte di autorità estera (esempio Birmingham per l'Italia o Roma per l'Albania, però nessun dubbio sul fatto che Birmingham non possa essere considerata zecca italiana o Roma zecca albanese).

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Sostanzialmente potrei anche essere d'accordo con te. Ma come mai allora Ragusa è inserita nel CNI?

Forse proprio perché nelle aspirazioni di chi scriveva c'era l'intedimento di acquistare Ragusa alla storia d'Italia o semplicemente perché la prospettiva storica era dettata da una sensibilità diversa. Niente di più facile che Ragusa potesse essere considerata una exclave italiana.

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Guest utente3487

Per quasi due anni Ragusa fece parte del napoleonico Regno d'Italia (1808-1809) e per decreto del governatore Vincenzo Dandolo la lingua italiana - già utilizzata nei secoli precedenti assieme al latino - divenne ufficiale nell'amministrazione e nelle scuole.

Queste notizie non meritano di essere considerate?

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Buongiorno elledi,

premetto che non ho letto il volume. Tuttavia, ammettendo pure che geograficamente Ragusa-Dubrovnik possa fare parte della Penisola Italiana, non credo che in alcun modo che le sue monete possano essere ritenute "italiane" per il motivo che ho già espresso nel post #4: Le emissioni furono prodotte a nome di una Repubblica Aristocratica autonoma fino al 1806. Nè durante il periodo in cui fu possedimento di Venezia, né durante quello napoleonico a Ragusa fu attiva una zecca.

A mio avviso sarebbe come ritenere italiane emissioni merovinge coniate in una qualsiasi località della costa francese, semplicemente perché la città in questione fu fondata dai romani o perché geograficamente "affine" o contigua alla costa ligure.

Credo che il discriminante debbano essere l'attuale confine nazionale e/o l'autorità emittente che deve essere, in un qualche modo, riconducibile all'Italia.

In tal modo si possono inserire p. es. Le emissioni milanesi a nome dei re francesi e spagnoli, e quelle delle località sul Mar Nero che batterono moneta a nome di Genova o di Signorie di origine italica. E per lo stesso motivo non si possono ritenere italiane le monete dei Cavalieri di Rodi e in seguito di Malta: dal momento che si tratta di un Ordine sovrano e autonomo che non dipendeva in alcun modo da qualche re o principe italiano, anche se qualche Gran Maestro fu effettivamente italiano.

A proposito delle zecche cd. "estere", credo sia un ottimo spunto di riflessione quanto è stato scritto nella "Guida delle zecche" della Travaini.

Cordialmente, teofrasto

Sostanzialmente potrei anche essere d'accordo con te. Ma come mai allora Ragusa è inserita nel CNI?

Ri-buongiorno a voi,

non vorrei sembrare noioso, ma basta vedere quali e quante zecche Vittorio Emanuele III ha fatto rientrare nel CNI o comunque pensava di inserirvi, per vedere come egli intendesse le "zecche italiane" in modo assai elastico.

I grafici autografi compilati all'incirca nel 1920 (pubblicati sempre dalla Travaini nella "Guida") e che dovevano servire come canovaccio per la stesura dei volumi del CNI, consentono di osservare bene quale fosse stata la genesi del suo pensiero. Bastava infatti che in un qualche modo una località sede di zecca fosse stata, se pur per un brevissimo periodo e magari in tempi lontanissimi da quello in cui fu attiva un'officina monetaria, dipendenza di un "italiano" (fosse questo uno Stato, un avventuriero, un pirata, un principe, ecc.) perché il re la includesse automaticamente tra le zecche Italiane o di italiani all'estero...

A sua discolpa tuttavia bisogna dire che quello era il pensiero e il metodo seguito da molti numismatici del tempo. Era, in una parola, il comune sentire dell'epoca. Oggi però non è più pensabile una classificazione del genere e i paletti sono stati ristretti di molto.

Cordialmente, Teofrasto

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Per quasi due anni Ragusa fece parte del napoleonico Regno d'Italia (1808-1809) e per decreto del governatore Vincenzo Dandolo la lingua italiana - già utilizzata nei secoli precedenti assieme al latino - divenne ufficiale nell'amministrazione e nelle scuole.

Queste notizie non meritano di essere considerate?

Va bene, ma basta per definire le monete coniate nei secoli precedenti come italiane?

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Per quasi due anni Ragusa fece parte del napoleonico Regno d'Italia (1808-1809) e per decreto del governatore Vincenzo Dandolo la lingua italiana - già utilizzata nei secoli precedenti assieme al latino - divenne ufficiale nell'amministrazione e nelle scuole.

Queste notizie non meritano di essere considerate?

Certo che sì.

Se nel biennio fossero state coniate monete, queste farebbero di Ragusa una zecca italiana per quel biennio e come tale andrebbe studiata.

Per quanto riguarda la lingua, nessun dubbio che Ragusa abbia una forte tradizione italiana come penso attesti anche il fatto che continuiamo ad usare il nome italiano di questa città.

Però, a mio avviso, questo non basta a fare della città una zecca italiana né possono essere considerati marginali gli apporti dalmati e slavi nel corso dei secoli.

Modificato da orlando10
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Grazie a te per aver posto la questione.

Ogni situazione è diversa, però, forse, considerare Ragusa zecca italiana è un po' come se i Francesi considerassero Saluzzo zecca esclusivamente francese... A me non suona molto bene! :P

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  • ADMIN
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Quale siano state le linee guida seguite dal CNI nel considerare o meno le zecche da inserire credo siano chiarissime dal titolo esteso: tentativo di un catalogo generale delle monete italiane medievali e moderne coniate in Italia o da Italiani in altri Paesi.

Quindi una zecca appare (o dovrebbe apparire visto che l'opera è incompleta) nel CNI se: (1) geograficamente italiana oppure se (2) politicamente o amministrativamente sotto influenza italiana.

Quindi nel CNI appaiono monetazioni legate a dominazioni straniere di zone attualmente italiane (si pensi alle monetazioni imperiali austriache) , monetazioni parimenti straniere di zone geograficamente italiane ma che non attualmente tali (Corsica ad esempio) e monetazioni italiane relative a zone non geograficamente italiane ma rette per qualche periodo da italiani (ad esempio i vari possedimenti genovesi o veneziani).

Tutto questo, come giustamente riporta teofrasto, pesato in base al sentire dell'epoca e probabilmente abusato. Però non mi sento di criticare il fondamento che mi sembra tuttora valido.

Allo stesso tempo questo non implica neanche una esclusività di appartenenza della zecca. La zecca di Roma deve apparire nelle opere italiane -ci mancherebbe- ma questo non significa che non possa apparire anche nelle opere francesi limitatamente alla monetazione Napoleonica. Un discorso simile, ma rovesciato, immagino valga per Avignone e similmente anche per le varie zecche ex-Savoia attualmente in area francese.

Ragusa come già indicato non ha mai battuto moneta in occasione di dominazioni italiane o pseudo-italiane quindi come tale non rientra nella monetazione "italiana". Se però Ragusa fosse "geograficamente" italiana, perché no?

Ma lo è? Da perfetto ignorante di geografia non andrei oltre a quanto dice Dante: Si come a Pola presso del Carnaro / ch’Italia chiude e suoi termini bagna e tralascerei l'orlo dalmatico di D'Annunzio e quindi anche Ragusa.

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