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Maregno

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Attinenente in qualche modo con questa discussione vi segnalo che ho postato un Regio Decreto del 1861 relativo al Regolamento dell' Ufficio dei Saggi

Ineressante spunto per intraprendere nuove ricerche riguardanti la gestione Sabauda delle miniere aurifere del M. Rosa,

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Procedimenti per l'estrazione dell'oro.

Dopo il procedimento dell' "Amalgamazione",

il processo di "Cianurazione":

La solubilità dell'oro nelle soluzioni di cianuro di potassio venne già osservata da Scheele nel 1782,

fù studiata particolarmente nel 1846 da Elsner. In seguito J.H. Rae (1867) e J.W. Simpson (1885)

posero dei brevetti sull'estrazione dell'oro dai minerali per mezzo di cianuro di potassio.

Tuttavia i pionieri del processo di cianurazione si debbono considerare J.S. Mac Arthur,

W. Forrest e R.W. Forrest che, nel 1886 resero economico il processo adoperando soluzioni molto

diluite di cianuro di potassio (CKN), successivamente il processo si è reso ancora più economico

da quando si potè preparare industrialmente il cianuro di sodio (NaCN) da sostituire al corrispondente

sale di potassio molto più costoso.

Nella tecnica il processo di "cianurazione", non si impose sempre a scapito di quello dell'

"amalgamazione" perchè spesso i due metodi si adottarono per uno stesso tipo di minerale

procedendo prima all'attacco con il mercurio e successivamente con le soluzioni di cianuro.

La rapidità dell'attacco del cianuro sull'oro dipende anche dallo stato di suddivisione delle

particelle (per particelle di oro uguali o superiori a 30 micrometri è efficace il sistema dell'

amalgama mentre, per dimensioni inferiori l'amalgama risulta inefficace e si ricorre alla

cianurazione).

I processi Mac Arthur e Forrest sono adatti per quei minerali l'oro in microscopiche fogliette

(free milling ores) mentre quando l'oro risulta occluso nel reticolo cristallino dei solfuri

(quali pirite, calcopirite, arsenipirite, galena ecc..) necessita di altri preliminari

trattamenti quali desolforazione e arrostimento.

Con questi procedimenti teoricamente per ottenere una parte di oro occorrono 0,65 parti

di cianuro di sodio (rapporto 1 a 0,65) mentre in alcuni casi con certi tipi di concentrati

occorrono anche 20 o 30 parti di cianuro (1 a 30).

Per quanto riguarda l'area estrattiva italiana nei primi decenni del 900 l'amalgamazione

con mercurio sarà sostituita dal procedimento di cianurazione (che tra l'altro permisero

di ritrattare anche vecchi scarti di precedenti lavorazioni), il materiale veniva trattato negli

stabilimenti locali fino ad ottenere un denso fango aurifero, che poi veniva inviato

a ditte specializzate per la raffinazione.

Brevemente il complicato "processo al cianuro" (o anche detto "filtraggio con il

cianuro" o più brevemente "cianurazione") può essere molto schematicamente

così riassunto:

1) desolforazione, arrostimento del minerale

2) macinazione finissima in appositi molini

3) dissoluzione in soluzioni di cianuro di sodio

(quando il contenuto in oro è molto debole si usa un trattamento anche con

bromato di potassio)

4) precipitazione dell'oro tramite lastre e/o truccioli di zinco

Questo procedimento attacca anche l'argento, che viene portato in soluzione

con l'oro, e poi successivamente separato.

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Salve

Dopo i vari interventi in questa discussione, riguardo appunto alla variazione del colore della lega usata per la realizzazione

dei marenghi, lega per monetazione che teoricamente "dovrebbe" contenere solo oro e rame (dico dovrebbe perchè, se lo

contenesse veramente non si avrebbero così diverse sfumature di colore).

Nel 1971 H. Kowalski e un ricercatore del BAM (Bundesanstalt fur Materialprufung) di Berlino, P Reimers, fecero uno studio e,

poi una relazione presentata al "simposio sull impiego dei metodi nucleari per l'analisi non distruttiva dei metalli preziosi"

studio che s'intitolava :"Analisi non distruttiva su monete medioevali".

Riassumendo il più possibile, lo scopo della ricerca è "di dare una risposta all'accusa lanciata nel 1239 da papa

Gregorio IX all'Imperatore del Sacro Romano impero e Re di Sicilia, Federico II di Hohenstaufen,

chiamandolo " novus monetae falsarius".

Praticamente hanno voluto stabilire con notevole precisione il contenuto in argento o oro di una serie di monete

a partire da Alessandro III, fino a Carlo I (stateri, solidi, tareni,cavallini ecc...) arrivando poi alle zecche italiane

(fiorino, zecchino, genovino, pierreale ecc...) fino ad arrivare a tre marenghi (di cui uno solo italiano, un 20 lire di

Vittorio Emanuele II anno 1863).

In totale sono state determinate dal punto di vista della composizione circa 50 monete

La determinazione di oro rame e argento è stata effettuata mediante l'analisi dell'attivazione prodotta da neutroni

le monete sono state "bombardate" appunto da un generatore di neutroni.

e insieme a misure di densità si è calcolata la precisa composizione della lega Au-Ag-Cu.

Alla fine di tutto il discorso (per farla breve) gli autori hanno riscontrato e circostanza rimasta inspiegabile che le monete

moderne (marenghi) contengono anche argento (dallo 0,3 al 0,8 in peso) .

Ad esempio Vittorio Emanuele II- 20 Lire 1863

Cosa molto interessante che la presenza dell'argento non è a discapito dell' oro, ma del rame!!

(CAPITO? oro ok, meno rame , più argento!)

Mentre in altri due marenghi europei il leggero contenuto in argento è a discapito dell' oro!!

...............

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  • 2 settimane dopo...

Risultati delle analisi di tre monete moderne (marenghi):

Italia 20 Lire 1863 - peso 6,40686g - Composizione lega ternaria Ag 0,6 - Cu 10,8 - Au 88,6

Ungheria 20 Fr.1881 - peso 6,43409g - -------------------------------------- Ag 0,8 - Cu 11 - Au 88,2

Svizzera 20 Fr. 1947 - peso 6,45080g - ---------------------------------------Ag 0,3 - Cu 11,4 - Au 88,3

Asempi di analisi di alcune monete medioevali (ottenute sempre con attivazione tramite neutroni),

gli autori tendono a sottolineare la grande finezza del contenuto in oro.

Fiorino d'oro - Ag - Cu non rilevati - Au 100%

Genovino XIII sec. - Ag - Cu non rilevati - Au 100%

Zecchino XIII sec. - Ag - Cu non rilevati - Au 100%

Zecchino XIV sec. - Ag 1,3% - Cu 0,6% - Au 98,1%

Zecchino XVIII sec. - Ag 0,3% - Cu 1,9% - Au 97,8%

Imitazione del Fiorino - Ag 10,7% - Cu 15,4% - Au 73,9%

Imitazione Zecchino - Ag 25,1% - Cu 1,6% - Au 73,3%

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Supporter

.... ma allora nelle monete più antiche l'oro era più puro....

forse perchè si estraeva da miniere con maggiore quantità di metallo non aggregato???? o magari veniva utilizzato oro ancora più antico??? :huh:

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.... ma allora nelle monete più antiche l'oro era più puro....

forse perchè si estraeva da miniere con maggiore quantità di metallo non aggregato???? o magari veniva utilizzato oro ancora più antico??? :huh:

Non è facile dare una risposta (almeno secondo me).

Sicuramente monete come il genovino, zecchino e fiorino sono risultate alle analisi con un contenuto di Au pari al 100% o poco meno,

ma ad esempio altre monete più antiche come statere di Alessandro III, aurei di Augusto, solido di Giustiniano VI sec.

sono risultate alle analisi con un contenuto di Au variabile dal 97% al 99%, praticamente quasi pure,

gli autori dello studio hanno tenuto a sottolineare la grande finezza degna di nota delle monete auree antiche e quelle

medioevali, con le quali prende l'avvio la produzione europea di monete di oro fino.

Il fatto poi che venisse estratto dalle miniere o, altri tipi di giacimenti come quelli alluvionali oro puro, cosidetto "nativo"

o che fosse stato usato oro più antico, non saprei, non conosco documentazione in merito.

Altre monete dal VI sec. al XI sec. (solidi di Costanzo II, Michele II, Romano III, Dinar, tareni di Guglielmo II)

hanno un contenuto di Au che scende fino al 79% (la lega è composta oltre che da oro anche da rame e argento).

Ad esempio per quanto riguarda i reali di Carlo I il contenuto medio di Au è risultato pari a 83,47% = 20,0 carati

Pare quindi che sotto Carlo i si sia avuto un invilimento, sia pure minimo delle monete.

Questa ipotesi è corroborata dal tasso di cambio ufficiale dell'epoca : 4 reali pari a 5 fiorini d'oro, cambio

che deve essersi basato anchesso sull'oro di reale a 20 carati; 4 reali da 20,5 carati dovrebbero contenere

18g di fino, mentre 4 da 20 carati ne contengono solo 11,67g ossia proprio quanto 5 fiorini

Battere reali da 20,5 carati sarebbe stato quindi un cattivo affare per gli Angiolini.

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  • 1 mese dopo...

Non sono un esperto di metallurgia dei metalli preziosi, ma -se si pensa che gli zecchini veneziani sono stati coniati per oltre duecento anni con un tasso di purezza del 99,7%- credo che i procedimenti di raffinazione dell'oro utilizzati dal 1500 in poi potessero essere stati più efficienti di quanto indicato.

Almeno a Venezia, poi, le leghe di cui erano composte le monete erano indicate per legge (i capitolari), almeno per quanto riguardava il contenuto minimo del metallo più prezioso (oro od argento), con anche le tolleranze. Per amor di precisione, tali tolleranze erano relative al numero di monete coniabili ogni dato peso di metallo, quindi la tolleranza non era misurata su ogni singolo "bianco".

In pratica, per quanto ricordo relativamente all'argento, i commercianti che portavano argento a Venezia dovevano girarne una quota alla zecca, che provvedeva all'assaggio e a scambiare l'argento consegnato in lingotti od in barre con l'equivalente in monete previsto dalla legge. Ovviamente, il peso dell'argento contenuto nelle monete era inferiore a quello dell'argento consegnato, sia per ripagare i costi della zecca, sia per il diritto di conio (signoraggio).

Modificato da PiVi1962
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Non sono un esperto di metallurgia dei metalli preziosi, ma -se si pensa che gli zecchini veneziani sono stati coniati per oltre duecento anni con un tasso di purezza del 99,7%- credo che i procedimenti di raffinazione dell'oro utilizzati dal 1500 in poi potessero essere stati più efficienti di quanto indicato.

Almeno a Venezia, poi, le leghe di cui erano composte le monete erano indicate per legge (i capitolari), almeno per quanto riguardava il contenuto minimo del metallo più prezioso (oro od argento), con anche le tolleranze. Per amor di precisione, tali tolleranze erano relative al numero di monete coniabili ogni dato peso di metallo, quindi la tolleranza non era misurata su ogni singolo "bianco".

In pratica, per quanto ricordo relativamente all'argento, i commercianti che portavano argento a Venezia dovevano girarne una quota alla zecca, che provvedeva all'assaggio e a scambiare l'argento consegnato in lingotti od in barre con l'equivalente in monete previsto dalla legge. Ovviamente, il peso dell'argento contenuto nelle monete era inferiore a quello dell'argento consegnato, sia per ripagare i costi della zecca, sia per il diritto di conio (signoraggio).

Salve PiVi

Concordo pienamente sul fatto che il contenuto delle leghe erano indicate per legge, compresa tolleranza e numero di monete coniabili per dato peso di metallo.

Anche nella zecca di Genova (come del resto anche nelle altre zecche) era previsto il diritto di conio.

Invece per quanto riguarda i genovini, zecchini e fiorini, per l'alta purezza dell oro (intorno al 98/100%) non mi sembra ben chiaro se si tratta di oro

con alto tenore di purezza dovuto ad elaborati passaggi di raffinazione, oppure se si tratta di metallo raccolto allo stato pressochè puro in filoni

(nativo) o di giacimenti alluvionali (placers), non penso che si tratti di metallo ottenuto con raffinazione di solfosali e solfuri.

Saluti

Oento

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Invece per quanto riguarda i genovini, zecchini e fiorini, per l'alta purezza dell oro (intorno al 98/100%) non mi sembra ben chiaro se si tratta di oro

con alto tenore di purezza dovuto ad elaborati passaggi di raffinazione, oppure se si tratta di metallo raccolto allo stato pressochè puro in filoni

(nativo) o di giacimenti alluvionali (placers), non penso che si tratti di metallo ottenuto con raffinazione di solfosali e solfuri.

Si tratta di raffinazione tramite coppellazione (tecnica per separare il metallo nobile dalle sue impurità) del cosiddetto "oro di pagliola" alla purezza di 854/1000 (20 kt 1/4) che era la purezza della polvere d'oro proveniente dall'Africa centrale attraverso i paesi islamici, delle ultime emissioni di iperperi bizantini e dell'augustale di Federico II.

Modificato da Paleologo
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Invece per quanto riguarda i genovini, zecchini e fiorini, per l'alta purezza dell oro (intorno al 98/100%) non mi sembra ben chiaro se si tratta di oro

con alto tenore di purezza dovuto ad elaborati passaggi di raffinazione, oppure se si tratta di metallo raccolto allo stato pressochè puro in filoni

(nativo) o di giacimenti alluvionali (placers), non penso che si tratti di metallo ottenuto con raffinazione di solfosali e solfuri.

Si tratta di raffinazione tramite coppellazione (tecnica per separare il metallo nobile dalle sue impurità) del cosiddetto "oro di pagliola" alla purezza di 854/1000 (10 kt 1/4) che era la purezza della polvere d'oro proveniente dall'Africa centrale attraverso i paesi islamici, delle ultime emissioni di iperperi bizantini e dell'augustale di Federico II.

Che credo fosse lo stesso sistema usato dagli alchimisti, la coppellazione, ne ho letto notizia da qualche parte di questa tecnica in uso nel 1500-1600, non so se anche prima, per estrarre l'oro da altri metalli. Processo che diventò leggendario come "trasformazione" del piombo in oro.

Ricordo male? Confermatemi per favore. Ciao e grazie, Giò :)

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Invece per quanto riguarda i genovini, zecchini e fiorini, per l'alta purezza dell oro (intorno al 98/100%) non mi sembra ben chiaro se si tratta di oro

con alto tenore di purezza dovuto ad elaborati passaggi di raffinazione, oppure se si tratta di metallo raccolto allo stato pressochè puro in filoni

(nativo) o di giacimenti alluvionali (placers), non penso che si tratti di metallo ottenuto con raffinazione di solfosali e solfuri.

Si tratta di raffinazione tramite coppellazione (tecnica per separare il metallo nobile dalle sue impurità) del cosiddetto "oro di pagliola" alla purezza di 854/1000 (20 kt 1/4) che era la purezza della polvere d'oro proveniente dall'Africa centrale attraverso i paesi islamici, delle ultime emissioni di iperperi bizantini e dell'augustale di Federico II.

Salve Paleologo

Conosco molto poco la monetazione bizantina, però ho visto pubblicate analisi di monete di questo periodo, monete che vanno dai 10 carati ai 20-21, questa notevole variazione

mi sembrava un pò strana, pensav,o visto che usavano il sistema della copellazione, il risultato della purezza avesse minor variazione.

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Conosco molto poco la monetazione bizantina, però ho visto pubblicate analisi di monete di questo periodo, monete che vanno dai 10 carati ai 20-21

Non c'è contraddizione, le ultime monete d'oro bizantine erano di finezza molto inferiore a quelle coniate nei secoli precedenti. Alcune monete tardo bizantine si considerano di elettro e non d'oro perché nella lega di oro ce n'è meno del 50%. Mi pare comunque che i bizantini non coniarono mai in oro praticamente puro come nel caso del genovino/fiorino/ducato. La coppellazione serviva appunto ad aumentare la purezza della lega partendo dall'oro di pagliola.

N.B. oro di pagliola = 20 1/4 kt, sopra avevo scritto male, ho corretto

Giovanna ricorda bene, il procedimento è proprio quello degli alchimisti, o quanto meno molto simile :)

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Giovanna ricorda bene, il procedimento è proprio quello degli alchimisti, o quanto meno molto simile :)

Grazie Paleologo, l'argomento è molto interessante, meriterebbe un approfondimento, ad esempio sulle varie tecniche di raffinazione usate nel tempo fino ai nostri giorni.

Cercherò qualcosa sul web. Grazie ancora. Giò

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Dalla rete:

Nel 1269 il Gran Consiglio decretò che l'oro circolante a Venezia dovesse essere di caratura minima fissa di 23,5 carati (97,9%). (Peter Spufford. Money and its use in Medieval Europe).

In un altro libro trovato in rete viene descritto il procedimento per ottenere l'oro a 24 carati a Venezia (con un procedimento chimico, utilizzando sali), ma purtroppo non riesco a leggere interamente il frammento. (Frederic Chapin Lane, Reinhold C. Mueller. Money and Banking in Medieval and Renaissance Venice: Coins and moneys of account).

Ho trovato qui ( http://www.minieredoro.it/raffinazione_dell%20oro.htm ) una descrizione di un metodo di raffinazione che si dice noto da secoli, che immagino possa essere molto simile a quello utilizzato dalla zecca di Venezia in tempi medievali, con il quale si ottiene una purezza superiore al 99%.

Modificato da PiVi1962
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Dalla rete:

Nel 1269 il Gran Consiglio decretò che l'oro circolante a Venezia dovesse essere di caratura minima fissa di 23,5 carati (97,9%). (Peter Spufford. Money and its use in Medieval Europe).

In un altro libro trovato in rete viene descritto il procedimento per ottenere l'oro a 24 carati a Venezia (con un procedimento chimico, utilizzando sali), ma purtroppo non riesco a leggere interamente il frammento. (Frederic Chapin Lane, Reinhold C. Mueller. Money and Banking in Medieval and Renaissance Venice: Coins and moneys of account).

Ho trovato qui ( http://www.minieredoro.it/raffinazione_dell%20oro.htm ) una descrizione di un metodo di raffinazione che si dice noto da secoli, che immagino possa essere molto simile a quello utilizzato dalla zecca di Venezia in tempi medievali, con il quale si ottiene una purezza superiore al 99%.

Grazie PiVi, molto interessante, a volte sistemi efficaci vengono persi e non più utilizzati. Oppure era troppo dispendioso come tempo impiegato, chissà.

Ciao Giò :)

Modificato da giovanna
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In questa discussione iniziata da Maregno si è trattato dei processi di estrazione e di raffinazione (e delle loro innovazioni) dell'oro a partire dalla

fine del settecento in poi, in quanto l'oggetto della discussione è la variazione del colore della lega che costituisce i marenghi a partire da

Vittorio emanuele I, per poi arrivare a Carlo Felice, Carlo Alberto ecc...

La metallurgia vera e propria si può far risalire al IV millennio A.C., quando l'uomo capì che con il riscaldamento, la fusione e la colata si

poteva rendere il metallo duttile e malleabile.

Per quanto riguarda in particolare metalli preziosi e la loro affinazione, si capì ben presto, che non era utile tenere il minerale unito

al combustibile: furono quindi applicate ai forni le prime innovazioni tecnologiche che consistettero nell'applicazione dei "crogiuoli"

(scodelle o vasi in materiale refrettario, con un foro per la colata) che mantenevano appunto il minerale separato dal combustibile e,

dal tiraggio forzato attraverso dei tubi ceramici in cui veniva insufflata l'aria da dei veri e propri mantici realizzati in cuoio (Tuyères),

(queste innovazioni erano già ampliamente conosciute nel II millennio A.C., Forbes R.J. 1966 Vol.1).

Ad esempio i risultati delle ricerche ottenuti dallo scavo di un forno etrusco (condotto da A. Minto), dimostra che la fusione dei

minerali dovette avvenire in forni composti da due camere sovrapposte separate da un piano forato sorretto da una colonna

di pietra, la parte superiore era riempita di combustibile mista a minerale ( solfuri precedentemente arrostiti all'aria in modo

da liberarli quasi totalmente dello zolfo e trasformati così in ossidi).

Al combustibile e al minerale si aggiungeva del quarzo (biossido di silicio) in modo da provocare una perfetta scorificazione

della calcopirite (solfuro di rame e ferro).

Una volta acceso il fuoco, i mantici immettevano nella fornace attraverso le tuyères l'aria neccessaria per la combustione del

carbone a monoossido di carbonio (CO) il quale reagendo a temperature superiori a 800°C con i minerali ossidici,

permetteva la loro trasformazione in metallo producendo anidride carbonica, uno dei momenti critici del processo

metallurgico che presupponeva da parte del metallurgista una notevole competenza per operare in condizioni

ottimali e che si doveva condurre il processo in atmosfera caratterizzata da un diffetto controllato di ossigeno.

L'altro processo fondamentale era la scorificazione, cioè separare il metallo dalle altre componenti non metalliche contenute

nella roccia di cui non era stata possibile la totale separazione in precedenza (cioè la ganga).

Se non c'era una giusta proporzione tra silicati e ossidi metallici si doveva operare per aggiungere materiale che

favoriva la formazione di tali scorie, le quali si allontanavano dal metallo scorrendo fluide verso il fondo della fornace

o all'esterno di essa.

Questa breve descrizione è valida per riassumere gli aspetti generali dei produzione dei metalli nell'antichità,

esistono aspetti specifici legati alla produzione di rame, ferro, piombo, argento (senza entrare nel merito)

e poi alla separazione e raffinazione dell'oro.

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Grazie per l'approfondimento Oento, sei stato gentilissimo, quello che hai esposto è molto interessante, se avrai tempo potresti illustrarci le differenze di lavorazione tra i vari metalli, grazie fin da ora. Giò :D

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Grazie per l'approfondimento Oento, sei stato gentilissimo, quello che hai esposto è molto interessante, se avrai tempo potresti illustrarci le differenze di lavorazione tra i vari metalli, grazie fin da ora. Giò :D

Con piacere, appena ho un po di tempo.........

Modificato da oento
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Alla fine dell'età neolitica la scoperta dei metalli,

primo fra tutti l'oro, cambiò radicalmente i rapporti

umani, rivoluzionando il sistema sociale e economico.

L'oro si trovava (anche se non frequentemente) in lega naturale

in varie percentuali con argento (elettro) o come sottoprodotto

della raffinazione dell'argento, quindi, vennero elaborate nei vari

periodi storici tecniche per potere separare i due metalli e,

successivamente raffinare l'oro ottenuto.

L'estrazione dell'argento avveniva soprattutto dalla galena

(PbS, solfuro di piombo, frequentemente minerale che contiene

piccole percentuali di altri metalli, dallo 0,05% fino in alcuni casi

oltre 1% di argento, oro, zinco ecc...), con un procedimento detto

"coppellazione", successivamente dall'argento ottenuto veniva

separato e raffinato l'oro con un altro procedimento detto

"cementazione".

Brevemente si può riassumere in questo modo.

1) coppellazione (estrazione dell'argento da solfuri)

2) cementazione (dall'argento ottenuto si separa l'oro)

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Coppellazione:

Il metodo è basato sulla proprietà del piombo fuso di ossidarsi in presenza di

ossigeno (cioè aria) e, di trasformarsi in ossido di piombo (PbO) o meglio conosciuto

da sempre come "litargirio" (dal latino lithargyrium, greco lithargyros; LITHOS pietra,

ARGY'RION argento).

Il litargirio a 888°C fonde, e fonde e scioglie gli ossidi dei altri metalli (solfuri precedentemente

desolforati), questo procedimento si svolgeva dentro a dei forni a forma di conca (o crogiuoli)

realizzati appunto in argilla o in marna che prendevano il nome di coppella,

(di conseguenza l'operazione si definisce coppellazione).

Brevemente la galena argentifera (precedentemente arrostita o tecnicamente desolforata)

veniva trattata nel forno in ambiente ossidante, trasformandosi in litargirio, che in parte

fuoriusciva da apposite aperture, (operazione effettuata dal maestro metallurgo)

in parte assorbita dalla suola porosa del forno, man mano che l'operazione

procede la massa di piombo che si sta ossidando, da un colore verdastro passa

gradamente a un giallo-rosso, scendendo nella parte inferiore del crogiuolo,

si riduce ad uno strato sottile formato a cerchi colorati detti "occhi dell'argento o

argento in fiore" quando la percentuale di argento raggiunge il 95-98% appare

all'improvviso la superficie del metallo, dando luogo al cosidetto "lampo di argento"

che segna la fine ell' operazione.

Parte del piombo data l'elevata temperatura evapora, portandosi via una piccola percentuale

di argento (dato che tra le sue proprietà vi è quella, al di sopra della temperatura di fusione

di essere leggermente volatile) perciò la temperatura dell'operazione di coppellazione

neccessitava di persone con notevole competenza e padronanza del processo.

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:) Affascinante procedimento, chissà come sono arrivati a mettere a punto questo sistema, anni di esperimenti sui metalli penso :rolleyes: :rolleyes: . Grazie Oento, ti seguo con interesse. Giò :)

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:) Affascinante procedimento, chissà come sono arrivati a mettere a punto questo sistema, anni di esperimenti sui metalli penso :rolleyes: :rolleyes: . Grazie Oento, ti seguo con interesse. Giò :)

Sicuramente queste tipologie di procedimenti, a differenza della semplice fusione dei metalli trovati

allo stato nativo o dell' arrostimento di ossidi (ad esempio della cuprite, ossido di rame),

presupponeva notevoli conoscenze "tecnologiche e chimiche" per quei tempi.

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