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Una pubblica fusa nell'arsenale di Napoli nel 1622


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Approfitto di questa nuova sezione, (era ora :) ) sulla monetazione partenopea per parlare di una moneta, appartenente ad una collezione privata, un po particolare...

E’ noto che all’inizio del regno di Filippo IV a Napoli, per un breve periodo, sono state attive, oltre a quella ufficiale che si trovava nel convento di Sant’Agostino, altre due officine di zecca. Una nella cittadina di Torre Annunziata e l’altra presso l’arsenale del porto della città.

Per spiegare Il motivo di queste ulteriori officine di zecca bisogna dire che a quei tempi la città fu colpita da una forte carestia dovuta ad una grave carenza di grano. Ciò a causa, oltre che agli scarsi raccolti avuti negli anni precedenti, di un persistente periodo di maltempo che, con continue piogge e mare mosso, ostacolava i rifornimenti della città sia mare che via terra. Pare addirittura che diverse navi da carico, stivate con grano ed altre vettovaglie, destinate ad alleviare la fame ed il malcontento della popolazione, facessero naufragio proprio a causa delle imperverse condizioni metereologiche ed i forti venti di scirocco. Un galeone carico, che dopo varie peripezie, riuscì ad attraccare nella piccola isola di Nisida, a pochi chilometri da Napoli, rallegrò momentaneamente il viceré il cardinale Antonio Zapata che invitò a ringraziare il santo protettore San Gennaro nel Duomo cittadino. Ma per un carico giunto altri furono destinati ad andare persi, causa, oltre il maltempo, le scorrerie di pirati turchi nelle acque del Mediterraneo. Il vicerè poi, per tranquillizzare la popolazione, fece in modo di farsi vedere in giro, ma fu proprio in uno di questi viaggi verso il duomo che si sentì apostrofare, dal popolo scontento, insulti nei propri confronti e lamentele a riguardo alla cattiva moneta circolante. Infatti i napoletani erano convinti che, oltre il problema della carestia, la crisi era dovuta proprio alla monetazione circolante, sempre più tosata ed adulterata. In particolare si riferivano ai mezzi carlini, volgarmente detti zannette o squame di pesce che ormai risultavano quasi totalmente tosati. Per far fronte a questo problema, le autorità delegarono, attraverso sette pubblici banchi, di far giungere a Napoli “tre milioni d’argento di coppella” per la coniazione di nuovi tarì che sarebbero dovuti andare a sostituire la “cattiva moneta”. Ma siccome l’urgenza di nuova moneta era tale da non poter aspettare molto, si iniziarono a coniare i nuovi tarì prima ancora di avere tutto l’argento a disposizione e questa situazione fu il preambolo ad una vera e propria truffa da parte della zecca. Infatti, in considerazione che non poteva essere scambiata la moneta vecchia per quella nuova, nei banchi, ad ogni immissione di “nuova moneta”, nella zecca rientravano un pari numero di monete “nuove” che venivano rifuse in pani e riconiate. In pratica con la stessa quantità di argento si fecero due tornate di coniazioni per far sembrare di aver coniato un numero doppio di pezzi rispetto alla realtà. Scoperto il tutto, i responsabili furono processati, e per timore di sommosse da parte del popolo, si decise di spostare la zecca di Napoli nella città di Torre Annunziata dove tra l’altro fu sperimentato il sistema della coniatura a bilanciere, ma passato il momento di crisi, la zecca fu di nuovo riportata nel convento di Sant’Agostino.

Probabilmente fu proprio in questo periodo che si decise di sfruttare anche l’arsenale di Napoli per la produzione di monete, solo che in questa sede le monete prodotte non furono coniate, ma fuse e, probabilmente, l’unica tipologia emessa, sia stata la pubblica del 1622. Questa moneta però, sia a livello estetico che economico, non rispecchiava i canoni, già poco apprezzati, dell’epoca, infatti il processo di fusione non migliorava il risultato finale della moneta, anzi li peggiorava notevolmente rendendo i tondelli irregolari ed i rilievi poco nitidi.

33 mm - 23 g. - P/R 52

Veniamo ora alla moneta presentata. Come si può vedere chiaramente, la moneta risulta ottenuta per fusione e non per “battitura” ed abbiamo al D/ il busto volto a sinistra del re con dietro le sigle del mastro di zecca Michele Cavo MC ed intorno la legenda PHILIPPVS∙D∙G∙1622 mentre al R/ in una ghirlanda d’alloro, su quattro righe, la legenda PVBLI / CA /•/ COMMO / DITAS. Ulteriore particolarità di questa moneta è il suo peso di g 23, nettamente superiore alla media. Infatti, osservando i pesi riportati nelle descrizioni del CNI vol. XX, si può notare che solo in un caso abbiamo una moneta che si avvicina ad esso ed è la n°149, indicata come appartenente alla collezione Catemario, che pesa g 22,07. Purtroppo però il CNI non specifica se si tratta di moneta fusa o coniata. Un peso così alto discosta da quanto affermato dai documenti dell’epoca, infatti le monete di rame dovevano essere coniate per un controvalore di 42 grana per libbra ed addirittura sembra che nella zecca dell’arsenale il “sostituto mastro di banca” Matteo Catuogno ed il suo credenziere maggiore (addetto alla bilancia grande) Giovanni Andrea Russo, per trarne profitto, liberassero monete in rame per un controvalore di 50 grana per libbra di metallo. Quindi in base ai documenti il grano di rame doveva pesare 171 acini, pari a 7,61 grammi e quindi la pubblica presentata, considerata di un valore di 2 grana, sarebbe dovuta pesare 15,22 g, quindi non con un divario di oltre 7 grammi sul peso del nominale, senza poi considerare eventuali speculazioni di zecca. Tutto ciò mi porta ad ipotizzare che questa moneta, insieme ad altre di peso notevolmente maggiore, sia stata tra le prime ad essere emesse, quasi un saggio od una prova prima di affinare le tecniche di fusione per poter rispettare i pesi delle emissioni.

A riprova di quanto affermato vi sono i precedenti casi di monete considerate dei multipli del loro nominale proprio a causa del loro peso maggiore. Infatti, senza dimenticare i multipli di cavallo del periodo aragonese, anche durante il regno di Filippo III si riscontrano monete considerate multipli di tornese aventi un peso superiore ai 20 grammi rispetto ai g 5,25 del tornese regolare, e sotto Filippo IV vi sono altri casi di monete considerate multipli di grano a causa del loro peso di molto superiore al dovuto. La caratteristica che accomuna questi multipli è la loro estrema rarità ecco perché a mio avviso sono da considerarsi delle prove o dei saggi di coniazione.

Scusate se mi sono dilungato,

fedafa.

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Ciao Fedafa, ottimo intervento il tuo! Appena mi libero dal lavoro inizieremo con il pubblicare un bell'articolo del Circolo Numismatico Napoletano del 1974 proprio sulle monete napoletane del periodo di Filippo IV, non voglio anticipare nulla, sarà una sorpresa, ti dico soltanto che non è un articolo di Bovi, bensì una rara pubblicazione a firma Licio Quaratino che riguarda proprio la qualità e la lega dell'argento utilizzata nella zecca di Napoli nel '600 (Repubblica Napoletana 1647-48 compresa). Un articolo fondamentale per i nostri studi ed approfondimenti su questo tipo di moneta.

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Scusate se mi sono dilungato,

fedafa.

Mio caro Amico, per favore, dilungati altre 10, 100, 1000 volte se questi sono i contributi che puoi fornire alla comunità !

:beerchug:

M

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Mio caro Amico, per favore, dilungati altre 10, 100, 1000 volte se questi sono i contributi che puoi fornire alla comunità !

:beerchug:

M

Mi fa piacere che abbia riscontrato pareri favorevoli. Ora sono impegnatissimo in altro, ma prometto di contribuire ancora con qualche notizia/curiosità sulla monetazione napoletana.

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Bellissimo ed interessante questo capitolo della Monetazione Napoletana. Grazie Fedafa, ne aspettiamo altri presto. Giò :)

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  • 1 mese dopo...

Caro Fedafa, come promesso, ho preso in seria considerazione il tuo quesito riguardante la monetazione napoletana di Filippo IV e inizio a segnalarti questo articolo del Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano scritto nel 1916. Consultalo perchè è molto interessante.

http://www.ilportaledelsud.org/bcnn1916b.pdf

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Cerca di pazientare caro Fedafa, tra qualche settimana sarà pubblicato un articolo del 1920 che illustra documenti della zeccaoriginali del '600 che parlano della monetazione di Filippo IV nell'Arsenale e a Torre Annunziata. Ecco un'anticipazione

post-8333-1259941237,86_thumb.jpg

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  • 1 mese dopo...

Bellissimo intervento Fedafa! Appassionante periodo della monetazione napoletana, scandito dal disordine più totale in cui versava lo stato. Sempre curioso di avere nuovi lumi su questa fase e non vedo l'ora di mettere le mani sul numero del bollettino anticipato daFrancesco...

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  • 1 anno dopo...

corrisponde perfettamente alla descrizione di fedafa 3 cm di diametro il peso purtroppo non lo conosco nel lato anteriore pvblica commo ditas posteriore un profilo con una piccola m c e bello avere un pezzo di storia in mano spero solo che non sia un falso potete dirmi se vale qualcosa?

non e mia intenzione ricavarci denaro vorrei sapere solo cosa posseggo!!!

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il problema e che l'immagine e troppo grande e non so se c'e' un metodo per diminuire il formato o almeno non ci riesco ho postato l'immagine sulla pagina di facebook di lamoneta.it ma sembra che sia stata cancellata!!

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il problema e che l'immagine e troppo grande e non so se c'e' un metodo per diminuire il formato o almeno non ci riesco ho postato l'immagine sulla pagina di facebook di lamoneta.it ma sembra che sia stata cancellata!!

Ciao Frank, benvenuto nel forum, invia un'immagine nitida della moneta al mio indirizzo di posta elettronica [email protected] , provvederò a postarla per conto tuo. Francesco

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Ciao Frank87, ho letto il tuo messaggio ed ho visto le immagini che avevi inserito nel Catalogo lamoneta.

Le ho tolte perchè in bassissima risoluzione, in particolare il D/.

Cmq le metto ora in questa discussione.

Ti confermo che si tratta di una pubblica del 1622 (?) coniata a nome di Filippo IV. Il R/ non è malvagio, ma il D/, da quel poco che si vede, mi pare compromesso anche da una pesante corrosione da cancro del bronzo.

In realtà questa moneta nacque con il nominale di 2 grana, ma nel 1626 fu ridotta a 3 tornesi, da qui il nome di pubblica per questo nominale.

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il lato D si e un po rovinato.....si intravede un profilo con una scritta tutt'intorno e sul lato la sigla MC ....dal vivo rende meglio l'idea ti ringrazio per la delucidazione sai mika come posso provvedere per la pulitura non vorrei essere troppo invasivo gia' in passatyo ho provato con la coca cola.........e poi un'altra domanda quanto vale???

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.... sai mika come posso provvedere per la pulitura non vorrei essere troppo invasivo gia' in passatyo ho provato con la coca cola...

:blink: :blink:

Questa mi mancava :P . Per una corretta pulizia, visto che siamo di fronte a quella che pare corrosione da cancro del bronzo (il colore celestino ne è la prova), immergila in acqua demineralizzata, cambiandola frequentemente e spazzolandola leggermente cercando di togliere i residui del cancro. Fatto questo sarebbe indicato un trattamento con benzotriazolo, ma che sinceramente ti sconsiglierei. Il gioco non vale la candela. Nel frattempo non tenerla assieme ad altre monete che il cancro si contagia...

e poi un'altra domanda quanto vale???

E' una moneta comune e in quella conservazione credo che parlare di valore economico sia superfluo. Conservala a memoria storica del tempo che fu.

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ok ok .....cmq con la coca cola qualcosina e andata via........hai perfettamente ragione avere quella moneta del 600 e come avere un pezzo di storia tra le mani e per me questo non ha valore. il mio compito ( visto che studio conservazione dei beni culturali ) e propio quello di conservare ed e cio che faro'!!!! grazie di tutto ciao!!!!!

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... il mio compito ( visto che studio conservazione dei beni culturali ) e propio quello di conservare ed e cio che faro'!!!!...

Allora immagino saprai che c'è anche chi, proprio per conservare questo tipo di monete, dopo cmq aver cercato almeno di bloccare il cancro del bronzo le immerge nel Paraloid B72. E' un procedimento che non mi piace, ma nella conservazione dei Beni Culturali solitamente è un passaggio obbligato.

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Leggo soltanto oggi questa interessante discussione. Mi potreste rispiegare la parte, che ho quotato, per favore? Non mi è molto chiaro ed è la parte che si avvicina di più ai miei interessi :D. Grazie, in anticipo

in considerazione che non poteva essere scambiata la moneta vecchia per quella nuova, nei banchi, ad ogni immissione di “nuova moneta”, nella zecca rientravano un pari numero di monete “nuove” che venivano rifuse in pani e riconiate. In pratica con la stessa quantità di argento si fecero due tornate di coniazioni per far sembrare di aver coniato un numero doppio di pezzi rispetto alla realtà.

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Riporto il testo completo della fonte "Archivio storico per le province napoletane, Volume 3"

Che però ai 2 marzo si pubblicarno rigorosi banni che li mezzi carlini, detti corrottamente zannette , non corressero nè si spendessero: mentre sin dall'anno antecedente 1621 s'era incominciata a battersi nuova moneta di tari del partito fatto da sette pubblici banchi, in quel tempo residenti in Napoli , con Paolo Battista Graffoglietti, Giovann' Agostino e Nicola Castelli, ed altri partecipanti, i quali mediante cautela delli 13 settembre dell' anno antecedente eransi obbligati di far venire in Napoli tre milioni d'argento di coppella per farli cognare in tanti tari, i quali non potevano in modo alcuno supplire al mancamento del Regno, che in dodici sue Provincie occupa la terza parte d'Italia, e conseguentemente ricerca abbondantissima copia di denari, non che tre soli milioni che si batterono in riguardo d'abbolire la sola moneta zannetta come corrosa ed adulterina, restando in pratica tutte le altre monete cosi d'oro come d'argento, benchè venisse minorata di valore, come si può osservare nella prammatica 13a. sotto la rubrica De Monetis.

Ma questi accidenti, sfavorevoli alla congiuntura della carestia da un verso e della moneta dall' altro, cagionarono il terzo disordine , nato per rimediare alli due primieri , mercè che si deliberò accelerare la pubblicazione della nuova moneta prima che fossero stati intieri li tre milioni zeccati: il che aprì la strada all' inganno ed alla fraude de' partitarii, che, non potendo aver tanta copia d'argenti in pane che bastasse per la fabbrica di tre milioni per essere alterati i loro prezzi in tutta l'Europa, ma più li rendeva conto comprar l' argento a prezzo cosi alterato, però per rimediare all'obbligo del lor partito ricorsero ad una sottilissima astuzia, e fu di zeccare due volte non più che un milione e mezzo , mentre che essendo stata già proibita la moneta vecchia per la nuova del partito, die immettevano ne' banchi, venivano sodisfatti d'altrettanta moneta nuova, la quale essi di nascosto un'altra volta riducevano in pani e facevano di bel nuovo zeccare: e di questa maniera l'argento d'un milione e mezzo fu zeccato due volte, ed in simil guisa si discaricarono dal partito di tre milioni. Del che ne furono poi inquisiti e processati i partitarii degli argenti GrafToglietti, Castelli, Giovan Filippo Sollazzo, Giovanni Fossa e Giacomo Fornaro.

In pratica ad ogni liberata di nuova moneta, in considerazione che era proibita la cicolazione della "cattiva moneta" in zecca rientrava un pari controvalore sempre di nuova moneta che veniva rifusa e riconiata nuovamente.

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