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Medaglie=investimento?


bizerba62

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Buona sera a tutti.

Un caso relativo alle medaglie commercializzate da una nota società operante nel settore, dopo essere stato oggetto di una trasmissione televisiva della terza rete nazionale, è approdato davanti al Tribunale di Bari.

La Corte territoriale pugliese ha depositato nel febbraio 2009 la relativa sentenza, che credo possa interessarV, non tanto per la conclusione (che, come vedrete, non è particolarmente istruttiva) ma perchè conferma le valutazioni che molti di noi hanno espresso in merito a quel genere di operazioni che a torto (oggi lo dice anche un Tribunale) alcuni definivano "sicuri investimenti".

Buona lettura.

Saluti.

Michele

""........REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il giorno 23 del mese di gennaio DUEMILANOVE

IL GIUDICE MONOCRATICO DR. L. COLELLA

PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI

II SEZIONE PENALE

Con la presenza del P.M. DR. G. CASSANO

Con l'assistenza della Sig. Dr. Rivoir

Ha pronunciato, mediante lettura del solo dispositivo,la seguente

SENTENZA

Nella causa penale di primo grado

Contro

RI.D.ME.VI. N. (omissis) ivi res. Pzza (omissis) elett. dom. in (omissis) P.zza (omissis), libero contumace, dif. Avv. Ri.Ol., da (omissis) di fid. assente, sost. dall'Avv. A.Le., presente.

IMPUTATO

In ordine ai seguenti ipotizzati reati:

di cui agli artt. 110 e 640 c.p., perchè, in corsorso con un delegato alle vendite rimesto ignoto, con artifizi e raggiri consistiti nel prospetta l'acquisto di due monete di oro coniate dalla Zecca dello Stato asseritamente soggette ad un notevole ad un notevole incremento di valore nel tempo, induceva in errore Am.Ro. (nata a Santo Spirito - BA - il (...)) in ordine alla convenienza dell'investimento proposto, procurando così alla società Si. S.p.A. un ingiusto profitto con altrui danno, stupulando il contratto di compravendita per un corrispettivo pari ad Euro 3123,53 in parte effettivamente corrisposti dalla vittima con pagamenti rateali.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione del 15.6.2007 l'imputato veniva tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato in rubrica ascrittogli.

All'udienza dell'11.1.2008, dichiarata la contumacia dell'imputato, il giudice disponeva notificarsi il decreto di citazione a giudizio al codifensore dell'imputato.

Alla successiva udienza del 18.4.2008, costituitasi ritualmente la parte civile Ro.Am., a mezzo del proprio procuratore speciale, veniva rigettata la richiesta formulata in via preliminare dalla difesa dell'imputato e dal P.M., di declaratoria di prescrizione del reato.

Aperto il dibattimento, venivano quindi ammessi i mezzi di prova indicati dalle parti e si procedeva all'esame della teste Am.Ro.

Non essendo comparso il teste citato dalla difesa dell'imputato, veniva disposto rinvio.

All'udienza del 23.1.2009 il difensore produceva certificato di morte dell'imputato (deceduto in (omissis) il (omissis), come attestato dall'Ufficiale dello Stato Civile di Roma) e depositava memoria in cui chiedeva l'assoluzione nel merito dello stesso.

In sede di discussione le parti formulavano le rispettive conclusioni, come riportate nel verbale.

Occorre innanzitutto precisare, quanto alla configurabilità del reato contestato, che secondo l'orientamento della S.C. a S.U. (sent. n. 18/2000), la consumazione del reato di truffa contrattuale si realizza non già al momento dell'assunzione dell'obbligazione di dare, ma nel momento in cui l'agente consegue il bene e lo stesso viene perduto dal raggirato.

Invero la S.C. ha già evidenziato (con riferimento a fattispecie in danno di enti previdenziali, ma applicabile anche ai pagamenti rateali) che il reato di truffa per indebite prestazioni maturate periodicamente, costituisce un reato a consumazione prolungata, un reato cioè che sin dall'inizio si prospetta nella volontà di chi intende commetterlo come un'azione che sfocia in un evento che continua a prodursi nel tempo, aumentando logicamente man mano la propria entità (Cass., sent. n. 4856/84); sicché quando l'azione esecutiva è idonea ed ha conseguito l'effetto causale che ne discende, colui che l'ha attuata con coscienza e volontà ne continua a rispondere, ove non ne interrompa egli stesso l'effetto, anche se questo, e cioè l'evento che continua a protrarsi nel tempo, poteva essere interrotto dalla stessa parte offesa.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l'azione penale è stata promossa nei confronti dell'imputato a seguito di querela sporta dalla persona offesa Am.Ro.

Quest'ultima, in dibattimento, ha dichiarato di avere acquistato nell'anno 1995 due medaglie per l'importo di Lire 5 milioni, convinta di fare un investimento, avendole il venditore (un incaricato della società SI., un signore anziano, sui sessanta anni, bassino e con i capelli bianchi) prospettato che dette medaglie, del valore di circa 5 milioni di lire, avrebbero con il tempo acquistato maggior valore. Ha precisato che, vista la pubblicità sul giornale "La Repubblica", ebbe a contattare la SI. ed a firmare il contratto di acquisto, convinta di fare un investimento ed avendo intenzione di destinare dette medaglie ai suoi due figli una volta che avessero raggiunto la maggiore età.

La teste ha altresì descritto e riconosciuto le medaglie acquistate in quelle mostratele, come raffigurate in una fotocopia.

Ha precisato la teste che, dovendo mettere in banca le medaglie acquistate, ebbe a portarle da un gioielliere per farle stimare, apprendendo che si trattava solo di monili in oro senza alcun valore, ad eccezione di quello loro intrinseco.

Ha aggiunto di avere versato al momento dell'acquisto la somma di Lire 500.000 come acconto e, successivamente, di avere effettuato ulteriori pagamenti rateali mensili mediante bonifico per circa due anni, rendendosi conto che le medaglie non avevano alcun valore, così come confermatole dal direttore della Banca (omissis), dove si recava per effettuare i pagamenti, essendosi resa conto di essere stata defraudata ed avendo in seguito dato incarico al proprio avvocato (Avv. De.) di far effettuare una perizia.

Ha precisato che, avendo appreso che le monete "non valevano niente", aveva deciso di non pagare più le rate mensili, venendo citata in giudizio dinanzi al giudice di Pace di Procida ed avendole successivamente la SI. ingiunto il pagamento della ulteriore somma di Euro 1.475,00 più le spese.

Quanto dichiarato dalla persona offesa trova allo stato riscontro nella documentazione acquisita nel corso del dibattimento ed in quella inserita nel fascicolo ex art. 431 c.p.p.

Risulta infatti dalla sentenza del Pretore di Procida emessa in data 15.10.2004 che, convenuta in giudizio dalla SI. in persona del suo legale rappresentante, la signora Am. fu condannata al pagamento della somma di Euro 1.475,00 oltre interessi legali e spese di giudizio in quanto, avendo acquistato il 4.11.95 alcuni oggetti di "Collezione d'Arte", aveva versato un acconto di Lire 500.000, impegnandosi avversare il residuo importo di Lire 4.500.000 in 36 rate mensili di Lire 168.000 cadauna, avendo omesso di versare la somma residua di Euro 1.475,00, nonostante la messa in mora effettuata dalla società SI. a mezzo raccomandata del 3.7.2002.

Risulta altresì che della vicenda inerente il valore delle medaglie proposte dalla SI. si era occupata la trasmissione "(omissis)" (come da stampa di una pagina del sito della trasmissione, allegata alla querela e relativa alla puntata del 9.3.2005), a cui si erano rivolti alcuni acquirenti che avevano fatto valutare le loro medaglie, apprendendo che non solo dette medaglie non avrebbero acquistato valore nel tempo, ma che sarebbe stato anche difficile rivenderle senza perdere l'investimento iniziale.

Tanto basta ad escludere, allo stato degli atti, che siano stati acquisiti elementi atti ad assolvere nel merito l'imputato, che risulta rappresentante legale della SI. dal 28.6.1993 al 1999, non essendo sufficienti ad escluderne la responsabilità le dichiarazioni dallo stesso rese in sede di interrogatorio (secondo cui non si sarebbe occupato dell'attività di commercializzazione), rimaste allo stato prive di riscontro.

Secondo la consolidata giurisprudenza della S.C., in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la sua rilevanza penale ovvero la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile. La "evidenza" richiesta dall'art. 129 co. 2 c.p.p. presuppone, infatti, la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione (Cass., sent. n. 9174/2008).

Tale regola è applicabile, stante l'esplicito richiamo normativo operato dall'art. 531 c.p.p., anche alla fase dibattimentale, non potendo, prima che sia concluso il dibattimento, essere applicata la regola di giudizio di cui all'art. 530 co. 2 c.p.p. (Cass., sent. n. 48527/2003; n. 22205/07).

Ne discende che la formula assolutoria richiesta dalla difesa non può trovare accoglimento, non emergendo incontestabilmente dagli atti, per le ragioni sopra evidenziate, né la insussistenza del reato né la non commissione del medesimo da parte dell'imputato.

P.Q.M.

Il giudice, visto l'art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di Ri.d.Me.Vi., per il reato a lui ascritto, perché estinto per morte del reo.

Fissa il termine di giorni trenta per il deposito della motivazione.

Così deciso in Bari, il 23 gennaio 2009""........................

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Guest utente3487

Buona sera a tutti.

Un caso relativo alle medaglie commercializzate da una nota società operante nel settore, dopo essere stato oggetto di una trasmissione televisiva della terza rete nazionale, è approdato davanti al Tribunale di Bari.

La Corte territoriale pugliese ha depositato nel febbraio 2009 la relativa sentenza, che credo possa interessarV, non tanto per la conclusione (che, come vedrete, non è particolarmente istruttiva) ma perchè conferma le valutazioni che molti di noi hanno espresso in merito a quel genere di operazioni che a torto (oggi lo dice anche un Tribunale) alcuni definivano "sicuri investimenti".

Buona lettura.

Saluti.

Michele

""........REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il giorno 23 del mese di gennaio DUEMILANOVE

IL GIUDICE MONOCRATICO DR. L. COLELLA

PRESSO IL TRIBUNALE DI BARI

II SEZIONE PENALE

Con la presenza del P.M. DR. G. CASSANO

Con l'assistenza della Sig. Dr. Rivoir

Ha pronunciato, mediante lettura del solo dispositivo,la seguente

SENTENZA

Nella causa penale di primo grado

Contro

RI.D.ME.VI. N. (omissis) ivi res. Pzza (omissis) elett. dom. in (omissis) P.zza (omissis), libero contumace, dif. Avv. Ri.Ol., da (omissis) di fid. assente, sost. dall'Avv. A.Le., presente.

IMPUTATO

In ordine ai seguenti ipotizzati reati:

di cui agli artt. 110 e 640 c.p., perchè, in corsorso con un delegato alle vendite rimesto ignoto, con artifizi e raggiri consistiti nel prospetta l'acquisto di due monete di oro coniate dalla Zecca dello Stato asseritamente soggette ad un notevole ad un notevole incremento di valore nel tempo, induceva in errore Am.Ro. (nata a Santo Spirito - BA - il (...)) in ordine alla convenienza dell'investimento proposto, procurando così alla società Si. S.p.A. un ingiusto profitto con altrui danno, stupulando il contratto di compravendita per un corrispettivo pari ad Euro 3123,53 in parte effettivamente corrisposti dalla vittima con pagamenti rateali.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto di citazione del 15.6.2007 l'imputato veniva tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere del reato in rubrica ascrittogli.

All'udienza dell'11.1.2008, dichiarata la contumacia dell'imputato, il giudice disponeva notificarsi il decreto di citazione a giudizio al codifensore dell'imputato.

Alla successiva udienza del 18.4.2008, costituitasi ritualmente la parte civile Ro.Am., a mezzo del proprio procuratore speciale, veniva rigettata la richiesta formulata in via preliminare dalla difesa dell'imputato e dal P.M., di declaratoria di prescrizione del reato.

Aperto il dibattimento, venivano quindi ammessi i mezzi di prova indicati dalle parti e si procedeva all'esame della teste Am.Ro.

Non essendo comparso il teste citato dalla difesa dell'imputato, veniva disposto rinvio.

All'udienza del 23.1.2009 il difensore produceva certificato di morte dell'imputato (deceduto in (omissis) il (omissis), come attestato dall'Ufficiale dello Stato Civile di Roma) e depositava memoria in cui chiedeva l'assoluzione nel merito dello stesso.

In sede di discussione le parti formulavano le rispettive conclusioni, come riportate nel verbale.

Occorre innanzitutto precisare, quanto alla configurabilità del reato contestato, che secondo l'orientamento della S.C. a S.U. (sent. n. 18/2000), la consumazione del reato di truffa contrattuale si realizza non già al momento dell'assunzione dell'obbligazione di dare, ma nel momento in cui l'agente consegue il bene e lo stesso viene perduto dal raggirato.

Invero la S.C. ha già evidenziato (con riferimento a fattispecie in danno di enti previdenziali, ma applicabile anche ai pagamenti rateali) che il reato di truffa per indebite prestazioni maturate periodicamente, costituisce un reato a consumazione prolungata, un reato cioè che sin dall'inizio si prospetta nella volontà di chi intende commetterlo come un'azione che sfocia in un evento che continua a prodursi nel tempo, aumentando logicamente man mano la propria entità (Cass., sent. n. 4856/84); sicché quando l'azione esecutiva è idonea ed ha conseguito l'effetto causale che ne discende, colui che l'ha attuata con coscienza e volontà ne continua a rispondere, ove non ne interrompa egli stesso l'effetto, anche se questo, e cioè l'evento che continua a protrarsi nel tempo, poteva essere interrotto dalla stessa parte offesa.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l'azione penale è stata promossa nei confronti dell'imputato a seguito di querela sporta dalla persona offesa Am.Ro.

Quest'ultima, in dibattimento, ha dichiarato di avere acquistato nell'anno 1995 due medaglie per l'importo di Lire 5 milioni, convinta di fare un investimento, avendole il venditore (un incaricato della società SI., un signore anziano, sui sessanta anni, bassino e con i capelli bianchi) prospettato che dette medaglie, del valore di circa 5 milioni di lire, avrebbero con il tempo acquistato maggior valore. Ha precisato che, vista la pubblicità sul giornale "La Repubblica", ebbe a contattare la SI. ed a firmare il contratto di acquisto, convinta di fare un investimento ed avendo intenzione di destinare dette medaglie ai suoi due figli una volta che avessero raggiunto la maggiore età.

La teste ha altresì descritto e riconosciuto le medaglie acquistate in quelle mostratele, come raffigurate in una fotocopia.

Ha precisato la teste che, dovendo mettere in banca le medaglie acquistate, ebbe a portarle da un gioielliere per farle stimare, apprendendo che si trattava solo di monili in oro senza alcun valore, ad eccezione di quello loro intrinseco.

Ha aggiunto di avere versato al momento dell'acquisto la somma di Lire 500.000 come acconto e, successivamente, di avere effettuato ulteriori pagamenti rateali mensili mediante bonifico per circa due anni, rendendosi conto che le medaglie non avevano alcun valore, così come confermatole dal direttore della Banca (omissis), dove si recava per effettuare i pagamenti, essendosi resa conto di essere stata defraudata ed avendo in seguito dato incarico al proprio avvocato (Avv. De.) di far effettuare una perizia.

Ha precisato che, avendo appreso che le monete "non valevano niente", aveva deciso di non pagare più le rate mensili, venendo citata in giudizio dinanzi al giudice di Pace di Procida ed avendole successivamente la SI. ingiunto il pagamento della ulteriore somma di Euro 1.475,00 più le spese.

Quanto dichiarato dalla persona offesa trova allo stato riscontro nella documentazione acquisita nel corso del dibattimento ed in quella inserita nel fascicolo ex art. 431 c.p.p.

Risulta infatti dalla sentenza del Pretore di Procida emessa in data 15.10.2004 che, convenuta in giudizio dalla SI. in persona del suo legale rappresentante, la signora Am. fu condannata al pagamento della somma di Euro 1.475,00 oltre interessi legali e spese di giudizio in quanto, avendo acquistato il 4.11.95 alcuni oggetti di "Collezione d'Arte", aveva versato un acconto di Lire 500.000, impegnandosi avversare il residuo importo di Lire 4.500.000 in 36 rate mensili di Lire 168.000 cadauna, avendo omesso di versare la somma residua di Euro 1.475,00, nonostante la messa in mora effettuata dalla società SI. a mezzo raccomandata del 3.7.2002.

Risulta altresì che della vicenda inerente il valore delle medaglie proposte dalla SI. si era occupata la trasmissione "(omissis)" (come da stampa di una pagina del sito della trasmissione, allegata alla querela e relativa alla puntata del 9.3.2005), a cui si erano rivolti alcuni acquirenti che avevano fatto valutare le loro medaglie, apprendendo che non solo dette medaglie non avrebbero acquistato valore nel tempo, ma che sarebbe stato anche difficile rivenderle senza perdere l'investimento iniziale.

Tanto basta ad escludere, allo stato degli atti, che siano stati acquisiti elementi atti ad assolvere nel merito l'imputato, che risulta rappresentante legale della SI. dal 28.6.1993 al 1999, non essendo sufficienti ad escluderne la responsabilità le dichiarazioni dallo stesso rese in sede di interrogatorio (secondo cui non si sarebbe occupato dell'attività di commercializzazione), rimaste allo stato prive di riscontro.

Secondo la consolidata giurisprudenza della S.C., in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice può pronunciare sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 129 co. 2 c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la sua rilevanza penale ovvero la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente incontestabile. La "evidenza" richiesta dall'art. 129 co. 2 c.p.p. presuppone, infatti, la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione (Cass., sent. n. 9174/2008).

Tale regola è applicabile, stante l'esplicito richiamo normativo operato dall'art. 531 c.p.p., anche alla fase dibattimentale, non potendo, prima che sia concluso il dibattimento, essere applicata la regola di giudizio di cui all'art. 530 co. 2 c.p.p. (Cass., sent. n. 48527/2003; n. 22205/07).

Ne discende che la formula assolutoria richiesta dalla difesa non può trovare accoglimento, non emergendo incontestabilmente dagli atti, per le ragioni sopra evidenziate, né la insussistenza del reato né la non commissione del medesimo da parte dell'imputato.

P.Q.M.

Il giudice, visto l'art. 531 c.p.p., dichiara non doversi procedere nei confronti di Ri.d.Me.Vi., per il reato a lui ascritto, perché estinto per morte del reo.

Fissa il termine di giorni trenta per il deposito della motivazione.

Così deciso in Bari, il 23 gennaio 2009""........................

Essendo la sentenza pubblica e la vicenda trasmessa dalla Tv, non ci sono problemi a scrivere il nome della società. Chissà, magari potremmo salvare qualcuno da queste scelleratezze, visto che si continua a pubblicizzare questi grandi investimenti.

Del resto, cito la vicenda anche nel mio libro...

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Ciao Domenico.

"Essendo la sentenza pubblica e la vicenda trasmessa dalla Tv, non ci sono problemi a scrivere il nome della societa"

Non c'è dubbio che si possa pubblicare il nome (per chi non l'avesse capito la società SI. è la SIPLEDA). Tutte le abbreviazioni e gli "omissis" contenuti nel testo della sentenza non sono miei ma è la fonte da cui ho tratto il provvedimento che (talvolta) omette le generalità o le riporta abbreviate.

Saluti.

M.

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Guest utente3487

Ciao Domenico.

"Essendo la sentenza pubblica e la vicenda trasmessa dalla Tv, non ci sono problemi a scrivere il nome della societa"

Non c'è dubbio che si possa pubblicare il nome (per chi non l'avesse capito la società SI. è la SIPLEDA). Tutte le abbreviazioni e gli "omissis" contenuti nel testo della sentenza non sono miei ma è la fonte da cui ho tratto il provvedimento che (talvolta) omette le generalità o le riporta abbreviate.

Saluti.

M.

Ciao Michele!!!!

Si, è la SIPLEDA. Speriamo che non ci caschi più nessuno in queste trappole. Mi dispiace per quelle persone che con sacrifici hanno acquistato quelle medeglie convinte di fare un investimento per i figli.

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"Sipleda

Da LaMonetaPedia.it.

La Sipleda S.p.A. (Società Italiana per le Edizioni d'Arte) è una società del gruppo IPZS che si occupa di produzione di medaglie e di oggetti d'arte. Con la Sipleda collaborano e cooperano alcuni degli incisori della zecca di Roma.

Pur non potendosi definire monete, alcuni dei prodotti della Sipleda riportano un valore facciale e una data, ad esempio la serie di medaglie sulla storia della lira.

Recentemente la Sipleda ha cambiato nome e ora si chiama Editalia.

La Sipleda a Mi manda RAI3

La ditta ha acquisito una certa notorietà nel marzo 2005, in quanto è stata oggetto di una puntata di Mi manda RAI3. Durante questa puntata alcuni acquirenti si sono lamentati di essere stati invogliati all'acquisto di prodotti della Sipleda con il miraggio di notevoli rivalutazioni; rivalutazioni che non ci sono poi state.

Un professionista del settore, intervistato durante la trasmissione (Roberto Giansanti consulente in preziosi del Tribunale di Roma), confermava che per i prodotti della Sipleda non ci fosse in pratica mercato e che venissero valutati il prezzo dell'oro e dei preziosi, a dispetto del prezzo di vendita piuttosto elevato (e dell'indubbio valore artistico). Lo stesso professionista valutava un paio di medaglie acquistate da uno dei partecipanti alla trasmissione qualche centinaia di euri; le due medaglie erano però state acquistate per circa 15 milioni di lire. "

[http://www.lamonetapedia.it/index.php/Sipleda]

Modificato da cibcib
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Il problema non è che si siano venduti oggetti (medaglie) ad una qualsivoglia cifra, anche notevolmente superiore al valore intrinseco; il problema nasce nel momento in cui si propone l'acquisto sostenendo che si tratta di un investimento, di oggetti che sicuramente si rivaluteranno nel tempo. Questo è considerato truffa.

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Guest utente3487

Il problema non è che si siano venduti oggetti (medaglie) ad una qualsivoglia cifra, anche notevolmente superiore al valore intrinseco; il problema nasce nel momento in cui si propone l'acquisto sostenendo che si tratta di un investimento, di oggetti che sicuramente si rivaluteranno nel tempo. Questo è considerato truffa.

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