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Sarà anche l'ABC :rolleyes: , ma talvolta anche l'abbecedario sbaglia :D. Quella di aver confuso i denari de Rigo o d'Orrigis, attestati soprattuto nelle Marche (dove la C intervocalica diventa spesso G), con i denari rugi, ruzi, ruti attestati per lo più in Toscana (dove invece tale C diventa quasi un' H, comunqe una K molto aspirata non distantissima dalla pronuncia originale tedesca della parte finale di Einrich....ehm, forse un po' più dolce) a mio avviso è una discreta topica in un articolo al 99% condivisibile, presa da un validissimo studioso che in quanto straniero non poteva certo avere dimestichezza con gli accenti dialettali italiani. Provate ad esempio a far pronunciare ad un toscano e ad un marchigiano / umbro la frase così la contano, da chi dei due salterà fuori così l'...a...gontano :P ? Comunque per curiosità ho anche controllato il Corpus dell'Italiano antico e risulta che su 65 attestazioni di Rigo, fuori di Toscana questa parola indica sempre un nome proprio (cioè Enrico), mentre in Toscana un nome comune (proprio il rigo) , tranne in un caso ad Arezzo, che è terra di confine con le terre della c 'sonora' (tra l'altro si tratta di un tal Rigo di Martino da Querceto, quindi non si sa da dove venisse, essedo questo un nome di località diffuso in tutte Italia; comunque la Querceto più vicina ad Arezzo, secondo google map, si trova proprio in Umbria). Inoltre il fatto che denari rugi etc. si trovino attestati dalla prima metà dell'XI fino al XIII secolo sembra concordare più con il significato generico di 'freschi di conio' che con quello suggerito da Matzke del nome di una particolare serie delle monete lucchesi. Ultima considerazione: proprio in Toscana, in epoca successiva, il termine ruspone (ruvido) viene usato per indicare una moneta nuova di zecca: è un caso o è il frutto di una tradizione? Devo dire che parecchi anni fa cercai di spiegare questi dubbi ad un mio carissimo amico tedesco :friends: di nome Michael , ma vi giuro non ricordo la risposta: così :drinks: o così :bash: ? Io ho un sospetto.

Cari saluti a tutti,

Andrea

Modificato da Andreas
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Voto per :drinks: :D


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Ringrazio Andrea per le annotazioni... Come sempre il migliore ;)

A maggio forse vengo a Volterra. Ci vediamo?

Obbligatoriamente! Quando la sai dimmi la data ;)
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Leggo solo adesso questa interessante ripresa della discussione sui denari di Lucca e la proposta di Andreas per l'interpretazione dei denari lucchesi definiti "rugi", che forse potrebbe spiegare meglio anche alcune cose circa la cronologia della loro attestazione ;).

L'unica cosa che mi lascia un poco perplessa rispetto a questa sua lettura, almeno dando un'occhiata rapida alle mie schedature e quanto riportato dallo stesso Matzke, è che tali attestazioni siano riferibili a documenti delle serie del monastero di Camaldoli (Arezzo) e dintorni, di Coltibuono (circa 40 km da Camadoli in linea d'aria) e altre zone a sud-est del senese, oltre che a Roma e nella Marche, mentre non ne ritrovo nelle altre zone della Toscana, soprattutto centro-settentrionale e costiera. Se per Lucca non ho schedature a tappeto di tutta la documentazione di archivio, per la Lunigiana, Pisa e contado, Pistoia, Firenze e Volterra penso di avere una base di dati piuttosto estesa.

Ora l'aretino ed il senese (e direi anche il grossetano) sono quelle aree dove fino a tempi anche assi recenti i nomi Enrico e Federico sono attestati anche nelle varianti Arrigo, Errigo e Federigo (per ultimo ricordo lo scrittore senese Federigo Tozzi, 1883-1920), per via di quelle "ibridazioni" linguistico-fonetiche con la zona marchigiana, umbra e alto-laziale che lo stesso Andrea ricordava proprio per Arezzo. Magari non c'entra nulla, ma penso che anche questo elemento vada tenuto in debita considerazione...

Ovviamente per essere più precisi in merito a tale questione penso che andrebbero visti bene i singoli documenti e andrebbe valutata la provenienza delle parti contraenti dell'atto, come ricordava anche Andreas, oltre alla località del rogito del documento e la stessa provenienza del notaio rogante.

Per altri aspetti riguardanti la cultura materiale (compravendita di mattoni et similia, ad esempio), ho trovato casi in cui un notaio pisano aveva definito i beni secondo la propria lingua, ma poichè i contraenti erano di altra zona della Toscana aveva cancellato con una riga i termini usati in prima battuta e riscritti secondo il nome evidentemente corretto in base a quanto richiesto da chi commissionava il documento. Andando a controllare poi gli atti notarili dell'area di provenienza dei contraenti, infatti, i beni trattati avevano il nome usato nella correzione.

Vi lascio dunque con questi altri elementi di riflessione, che spero utili per la valutazione del problema, e vi saluto caramente MB

P.S. Bella provocazione per far riprendere la discussione Adolfos ;)!

Modificato da monbalda
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Cara Mombalda,

mi aspettavo i tuo intervento, e ne sono lieto :) , perché mi consente di chiarire meglio il mio pensiero. Infatti probabilmente non mi sono spiegato bene. Non mi è neanche passato per la testa di discutere la presenza dei nomi Arrigo, Federigo etc. in Toscana. E' del tutto ovvio che i nomi propri dipendono da mille fattori, dall'origine del titolare, dalla cultura linguistica del parroco che l'ha battezzato, dalle possibili letture dei genitori etc. etc. Arrigo ad esempio è addirittura usato dagli aspirantissimi scrittori fiorentini, come sappiamo bene. Io sono partito dalle forme rugi, ruzi, ruti (di quest'ultima non sono sicuro), che erano l'oggetto della discussione e che solo con tantissima buona volontà possono essere fatti derivare da Enrico (anche nella forma Arrigo). Non ho buona memoria dei miei corsi universitari, ma l'alternanza i/u che io sappia è piuttosto rara nell'evoluzione dei dialetti, a differenza di quelle e/i, o/u etc., per non parlare della trasformazione di 'c' in 'g' poi 'z' che dovrebbe passare attraverso una doppia gg (o una d) piuttosto improbabile in Arrigo, no? A questo punto sotto il profilo linguistico appare certamente più plausibile la derivazione da rosso (rubeus), come dimostra il toponimo roggio. Ho cercato invece rigo per vedere com'era usata quella parola in Toscana, ed il fatto che compaia come nome comune, e quasi mai come nome prioprio, a mio avviso rende ancora più improbabile che 'de rigo' sia stata accettata dai notai locali, ancorché periferici, per indicare i denari di Enrico, trasformandola poi addirittura in rugo, ruzo. Interessante l'annotazione che tali forme sono attestate solo in aree della Toscana vicine alle regioni 'ove la g suona' :closedeyes: , però questa annotazione sarebbe dirimente se in altre parti della Toscana fossero attestati denari denari ruchi o ruti che solo in quelle aree si sono trasformati nei lemmi a noi noti. Però che io sappia quete forme non esistono, e naturalmente il corretto e completo denari Henrici non vedo come possa essersi trasformato in denari rugi o ruzi senza nessun passaggio intermedio. E' possibile, questo sì, che alcun notai toscani periferici, non capendo cosa diavolo fossero quei denari de rigo indicati dai loro clienti umbro-marchigiani, li abbiano trasformati nel generico denari rugi cioe denari rugosi, freschi di zecca, immaginando che questo potesse essere il significato di quella strana espressione, ma quel punto avrei comunque ragione io, no? Però sinceramente non ci credo tanto. Mi sembra più probabile che in queste aree, se questa localizzazione delle attestazioni dovesse essere confermata, nel lessico monetario fossero sopravvissute espressioni giunte un tempo dalle circonvicine regioni bizantine (la parole hanno vita lunghissima), nelle quali l'uso di definre 'ruvide' le monete fresche di zecca è ben attestato (mi riferisco essenzialmente all'aspron). Non a caso quest'uso è attestato anche a Venezia, dove la parola 'ruspio' nel senso di spigoloso, ruvido, irsuto etc. ha un 'origine prettamente monetaria. Per concludere, quindi, rimango dell'idea che l'associare i denari de rigo con i denari rugi o ruzi sia una piccola topica linguistica. Talvolta succede anche ai migliori, no? :D.

Ciao,

Andreas


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salve

continuo

questa monetina evidenzia l'imbiancatura superficiale

pesa 0,9 grammi

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Inviato

Bella ed interessante!

Ci sono particolari che non quadrano, a mio avviso :).

Attendiamo altri pareri.

Salutoni

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Inviato (modificato)

grazie adolfo come sempre puntuale

il tondello misura 17 mm.

spero tu i riferisca a questo........o vedi altro?

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Modificato da scacchi
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Inviato

Grande, Mirco.

Effettivamente le leggende mi sembrano di fantasia.

Il tondello più che bianchito mi sembra suberato.

Potrebbe essere un falso d'epoca. Tutto ciò chiaramente attraverso la visione dell'immagine. Vederla direttamente sarebbe meglio.

Mio parere personale, comunque, e totalmente da appurare.

Saluti a tutti

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Inviato

Mi sembra più probabile che in queste aree, se questa localizzazione delle attestazioni dovesse essere confermata, nel lessico monetario fossero sopravvissute espressioni giunte un tempo dalle circonvicine regioni bizantine (la parole hanno vita lunghissima), nelle quali l'uso di definre 'ruvide' le monete fresche di zecca è ben attestato (mi riferisco essenzialmente all'aspron).

Qui confesso che mi sono perso e avrei bisogno di un chiarimento. "Aspron" (άσπρον) in greco moderno (demotico) significa "bianco" (άσπρο σπίτι = casa bianca; άσπρο κρασσί = vino bianco) e se quest'uso può essere riportato indietro a epoca bizantina dovrebbe fare riferimento a una moneta che si presenta con una superficie di colore chiaro, per presenza di argento. In effetti l'aspron trachy (άσπρον τραχύ) era una moneta di biglione con aspetto ancora abbastanza "argentoso" (in italiano sarebbe stato un "bianco scodellato").


Inviato

Ma io non ho detto che aspro significa ruvido. Ho detto che l'aspron era una delle monete chiamate ruvide, infatti si chiamava trachy, cioè appunto in origine 'ruvido'. No, scherzo, questa, ancorché vera, me la sono inventata al momento, di ritorno da una musical session con vecchi amici che non avveniva da vari decenni e che ha bisogno di un po' di decantazione, prima di consentirmi un po' di sonno. In realtà avevo letto, non ricordo dove, ma credo dalle parti di Philip Grierson, che in realtà aspron non è parola originale greca ma semplice calco dal latino asper, che significa appunto ruvido. Quindi in Italia il significato dovrebbe essere quello, mentre in Grecia, mal interpretato, divenne bianco. A dire il vero non ho fatto tutti questi ragionamenti, ma così al volo mi è venuto di citare l'aspron. Buona not...mattina. Andreas


Inviato

@@avgvstvs

ecco altre immagini

se preferisci altri particolari chiedi pure

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Inviato (modificato)

Le ultime immagini postate da Mirco evidenziano meglio alcune lettere nell'epigrafia.

Sono curioso di leggere la proposta che farà avgvstvs (bentornato :))

Saluti

Modificato da adolfos

Inviato

Grazie a Scacchi per le nuove immagini, in realtà non riesco a fare una lettura plausibile della legenda... la contraffazione con iscrizione fittizia é quello che viene a mente anche a me.


Inviato

per provare a vederci qualcosa

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Inviato

In realtà avevo letto, non ricordo dove, ma credo dalle parti di Philip Grierson, che in realtà aspron non è parola originale greca ma semplice calco dal latino asper, che significa appunto ruvido. Quindi in Italia il significato dovrebbe essere quello, mentre in Grecia, mal interpretato, divenne bianco.

Se riesci a ritrovare il riferimento, e me lo comunichi... mi fai cosa gradita. Alla fine gira gira si torna sempre a Bisanzio :)


Inviato

Se riesci a ritrovare il riferimento, e me lo comunichi... mi fai cosa gradita. Alla fine gira gira si torna sempre a Bisanzio :)

Ahimè, facile a dirsi, può essere che l'ho letto, l'ho sentito in una conferenza oppure in un colloquio personale (sai com'è, noi vecchietti siamo uomini di mondo...scherzo dai :D!). L'unica cosa che posso controllare a casa è il suo Byzantine coins, dove 'c'è un glossario. Ecco, in effetti qualcosa del genere c'è, ma non così puntuale come avevo in mente io: 'asper (gr. aspron) A tearm meaning originally 'rough', and subsequently 'fresh' 'clean', 'white', so that etc. etc. etc. Forse c'è qualcosa di più nel DOC, però può anche darsi che mi sbagli io e che abbia un po' infiorettato il mio ricordo. Resta il fatto che sicuramente trachy significa aspro, ruvido, quindi alla fin fine il problema non si pone: dopo il Mille sono i bizantini che usano il concetto di ruvido per indicare una moneta fresca di zecca.

Buona notte (dopo la nottata di ieri sera è meglio se vado a letto presto)

Andrea.


Inviato

Che ragionamento hai fatto? Mi interessa. Sempre che si tratti di falsificazione.......

Saluti a tutti

Pare una falsificazione sarda! :)


Inviato

Che ragionamento hai fatto? Mi interessa. Sempre che si tratti di falsificazione.......

Saluti a tutti

:D Scherzavo :) ... L'ho detto in modo ironico in riferimento alla proposta di interpretazione della leggenda "AIOH" :D

Concordo sul fatto che sia una falsificazione, ma non saprei proprio ricondurls ad una localitá particolare ... :)

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Inviato

@@magdi

Ho imboccato con tutte le scarpe. Te possino....questa me la paghi :D

Ciao, grande


Inviato

:pardon: io pensavo pi ad ATO di imperator

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  • 1 mese dopo...
Inviato

post-5622-0-63524400-1368474591_thumb.jppost-5622-0-63831800-1368474559_thumb.jp Buona sera , gradirei un vostro parere su questo denaro di Lucca . Data la buona qualità del materiale , avrei optato per una delle prime emissioni ; potrbbe essere Corrado II o Enrico III ? Grazie per l ' attenzione . Valerio

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