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Inviato

Oggi vi è un rapporto di fiducia che stabilisce che il valore intrinseco della moneta non corrisponda al valore nominale (e facciale). Questo accade dal 1971.

Ed ora le domande:

a. Da quando compare sulle monete un valore facciale?

a.1. Questo valore facciale in passato corrispondeva sempre al valore intrinseco del metallo?

Grazie.

Saluti,

N.


Inviato

Belle domandesmile.gif

Si può dire che le monete nascano, da subito, con un valore fiduciario, prima ancora dell'aggancio al valore intrinseco del metallo contenuto. Qualche tempo fa, in chat, abbiamo discusso proprio delle ragioni economiche, che hanno portato alla nasicta della moneta, superando i limiti congeniti al baratto. Se pensiamo alle cosiddette monete "utensili", vediamo subito un mix fra valore fiduciario, riconosciuto per convenzione, ed "utilità" dell'oggetto in sè ma, comunque, non legato al materiale, di cui era costituito. Anche le successive evoluzioni, con la nascita dei primi tondelli ponevano l'accento sull'autorità di chi conferiva valore alle monete. Alcuni abusi nell'emissione, screditando l'autorità stessa, hanno strettamente legato il valore monetario a quello materiale (la faccio breve).


Inviato

Belle domandesmile.gif

Si può dire che le monete nascano, da subito, con un valore fiduciario, prima ancora dell'aggancio al valore intrinseco del metallo contenuto. Qualche tempo fa, in chat, abbiamo discusso proprio delle ragioni economiche, che hanno portato alla nasicta della moneta, superando i limiti congeniti al baratto. Se pensiamo alle cosiddette monete "utensili", vediamo subito un mix fra valore fiduciario, riconosciuto per convenzione, ed "utilità" dell'oggetto in sè ma, comunque, non legato al materiale, di cui era costituito. Anche le successive evoluzioni, con la nascita dei primi tondelli ponevano l'accento sull'autorità di chi conferiva valore alle monete. Alcuni abusi nell'emissione, screditando l'autorità stessa, hanno strettamente legato il valore monetario a quello materiale (la faccio breve).

seconda domanda:

con una molteplicità di emissione dei diversi metalli, come si riconosceva il valore del pezzo e come si inseriva nel contesto economico? (al di la dell'iconografia monetale).

saluti,

Grazie,

N.


Inviato (modificato)

Oggi vi è un rapporto di fiducia che stabilisce che il valore intrinseco della moneta non corrisponda al valore nominale (e facciale). Questo accade dal 1971.

Ed ora le domande:

a. Da quando compare sulle monete un valore facciale?

a.1. Questo valore facciale in passato corrispondeva sempre al valore intrinseco del metallo?

Grazie.

Saluti,

N.

Anche prima del 1971 esistono innumerevoli casi in cui valore intrinseco e valore nominale della moneta non corrispondevano (basti pensare alle forme di monete più strane come le conchiglie).

Per quanto riguarda la risposta alla domanda a.1. si pensi che la monetazione è spesso avvenuta in più di un metallo. Se consideriamo la monetazione della Serenissima Repubblica di Venezia, essa riguardava -tra l'altro- monete in oro, argento e rame. Ovviamente il valore intrinseco di rame, argento ed oro è variato di molto nei circa 1000 anni di durata dello stato veneto, e quindi il cambio tra rame ed argento e argento ed oro era basato anche allora su valori fiduciari. Tanto per fare un esempio, in periodi di svalutazione della moneta (che equivaleva al passaggio alla coniazione di monete nominalmente dello stesso valore, ma con minore contenuto di metallo prezioso) spesso il valore facciale delle monete di vecchio conio era inferiore al valore intrinseco del metallo e una fonderia efficiente avrebbe guadagnato fondendo vecchie monete per venderne il contenuto in metallo prezioso. (Fondere e stronzare monete era un reato altrettanto grave che falsificarle, e in certi periodi comportava la pena di morte, anche se effettuato da cittadini non della Serenissima e al di fuori dei confini della Repubblica).

Per quanto riguarda la domanda a., credo che la risposta in parte dipenda da cosa si intenda per "valore facciale". Se si intende un numero scritto sulla moneta, sono certo che qualche storico saprà risponderti con precisione. Per quanto ne so molte monete non portavano, anche in epoche recenti, alcun numero nel conio (ad esempio, il ducato veneto).

Volendo rispondere più nello specifico, e facendo riferimento alla monetazione della Serenissima, il tasso di cambio (ed il conseguente intrinseco valore "facciale") tra ducati, grossi e piccoli era stabilito dalla legge. Quindi era fiduciario anch'esso.

(Nel momento del cambio dei rapporti, e supponendo di passare da 24 grossi per ducato a 26 grossi per ducato, non era evidentemente la stessa cosa possedere un attimo prima del cambio della legge un ducato o 24 grossi: c'era chi ci guadagnava e chi ci perdeva. Per risolvere il problema, in qualche caso la variazione del tasso di cambio ha portato al ritiro obbligatorio di tutte le monete di vecchio conio. Per i crediti ed i debiti di grande entità, contabilizzati su carta nelle banche, si usava una contabilità diversa, basata in pratica su cambi fissi, ma questo è un dettaglio...).

Infine, è noto che, grazie al signoraggio, praticamente nessuno stato ha mai coniato monete che corrispondessero al valore intrinseco del metallo contenuto. Sempre per fare l'esempio di Venezia, il commerciante che per legge era obbligato a consegnare alla fonderia una percentuale dell'argento che entrava nei confini veneti, ne riceveva poi monete che ne contenevano di meno; e questo non solo per ricompensare l'attività di fusione e coniazione, ma proprio per arricchire lo stato. Quindi un kilo d'argento corrispondeva a poco più di 900 grammi d'argento contenuto nelle monete che venivano ricevute in cambio. (La quantità è variata nei secoli, a memoria quasi sempre riducendosi a vantaggio dello stato).

Modificato da PiVi1962

Inviato

Anche prima del 1971 esistono innumerevoli casi in cui valore intrinseco e valore nominale della moneta non corrispondevano (basti pensare alle forme di monete più strane come le conchiglie).

Per quanto riguarda la risposta alla domanda a.1. si pensi che la monetazione è spesso avvenuta in più di un metallo. Se consideriamo la monetazione della Serenissima Repubblica di Venezia, essa riguardava -tra l'altro- monete in oro, argento e rame. Ovviamente il valore intrinseco di rame, argento ed oro è variato di molto nei circa 1000 anni di durata dello stato veneto, e quindi il cambio tra rame ed argento e argento ed oro era basato anche allora su valori fiduciari. Tanto per fare un esempio, in periodi di svalutazione della moneta (che equivaleva al passaggio alla coniazione di monete nominalmente dello stesso valore, ma con minore contenuto di metallo prezioso) spesso il valore facciale delle monete di vecchio conio era inferiore al valore intrinseco del metallo e una fonderia efficiente avrebbe guadagnato fondendo vecchie monete per venderne il contenuto in metallo prezioso. (Fondere e stronzare monete era un reato altrettanto grave che falsificarle, e in certi periodi comportava la pena di morte, anche se effettuato da cittadini non della Serenissima).

Per quanto riguarda la domanda a., credo che la risposta in parte dipenda da cosa si intenda per "valore facciale". Se si intende un numero scritto sulla moneta, sono certo che qualche storico saprà risponderti con precisione. Per quanto ne so molte monete non portavano, anche in epoche recenti, alcun numero nel conio (ad esempio, il ducato veneto).

Volendo rispondere più nello specifico, e facendo riferimento alla monetazione della Serenissima, il tasso di cambio tra ducati, grossi e piccoli era stabilito dalla legge. Quindi era fiduciario anch'esso.

La data '1971' l'ho ritrovata in 'Una cascata di contanti' del Boschieri.

Detto questo ho sempre pensato al valore fiduciario che ricopre una moneta non tanto al rapporto tra valore intrinseco e valore nominale: questo, in particolare se pensiamo anche alle grandi svalutazioni che si sono susseguite nel corso della storia che hanno portato a coniare monete con un tasso sempre maggiore di vil metallo.

Per valore facciale intendo quel numero riportato sulla moneta.

saluti,

Grazie!

N.


Inviato (modificato)

La data '1971' l'ho ritrovata in 'Una cascata di contanti' del Boschieri.

Detto questo ho sempre pensato al valore fiduciario che ricopre una moneta non tanto al rapporto tra valore intrinseco e valore nominale: questo, in particolare se pensiamo anche alle grandi svalutazioni che si sono susseguite nel corso della storia che hanno portato a coniare monete con un tasso sempre maggiore di vil metallo.

Per valore facciale intendo quel numero riportato sulla moneta.

saluti,

Grazie!

N.

Se intendi questo, allora sono innumerevoli i casi in cui la moneta non portava coniato alcun numero... Ancor oggi le "sovrane" inglesi, i Kruggerrand, le Libertad messicane non riportano alcun numero.

Credo che l'uso esteso della numerazione in monete e banconote sia un fenomeno molto recente rispetto alla storia plurimillenaria della moneta.

Modificato da PiVi1962

Inviato

Il 1971 è, semplicemente, l'anno in cui gli USA abbandonarono la convertibilità in oro del dollaro, drecretando la fine, di fatto, del gold exchange standard. Anche prima, comunque, c'erano già state sospensioni ed abbandoni simili, in paesi e periodi diversi.

Qui, tovi un lungo elenco di monete britanniche pre xx secolo, prive di valore facciale, con il sistema per identificarle

http://www.coins-of-the-uk.co.uk/coins.html#size


Inviato

le monete di rame praticamente da sempre hanno avuto un valore superiore all' intrinseco.


Inviato

le monete di rame praticamente da sempre hanno avuto un valore superiore all' intrinseco.

Ti cito un caso di assoluta corrispondenza far valore intrinseco e nominale.

Nel 1797, in Gran Bretagna fu adottata la prima moneta da un penny, in rame, sostituendo la precedente emissione, in argento. Proprio per mantenere la correlazione con il valore del metallo, furono coniate monete da 1 oncia di rame e da 2 once (quella del mio avatar) per i 2 pennies. Inutile dire che non riscontrarono molto favore....biggrin.gif


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