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IGNORED

Profumi etruschi da annusare... direttamente da Cipro


Risposte migliori

Inviato
Ciao :)

Dopo la scoperta del "profumo della Maddalena", ecco una nuova notizia "archeo-cosmetica".

http://www.archart.it/rivista-archeologia/...remila-anni-fa/

E dopo il balsamo di 2000 anni fa della peccatrice Maddalena ….,

... e ancora la fragranza d’incenso di 3000 anni fa della regina egizia Hatshepsut … (GRAZIE Flavio :))

.... ...... ..... eccovi ben 4 profumi etruschi di 4000 anni fa, ricostruiti e pronti da annusare! :o

Adoro i profumi..... Mmmmmhmmmm… :wub:

“Cipro, un sito di 4000 anni fa e l'Archeologia Sperimentale”: l'Olio, i Profumi, la Metallurgia e i Tessili di Pyrgos/Mavroraki.

Viterbo, Museo Archeologico Nazionale Etrusco, Rocca Albornoz, 2 Aprile - 31 Maggio 2009.

Che essenze, che radici, che infusi usavano gli Etruschi? Il Centro di archeologia sperimentale Antiquitates di Blera è riuscito, partendo dai reperti (alambicchi, mortai, imbuti, recipienti vari, pesi da telaio ed utensili di pietra), con l'ausilio delle analisi chimico-fisiche dei ricercatori del Cnr di Roma, a ricomporre il ciclo produttivo dei profumi e ad individuare gli elementi con cui venivano preparati dagli Etruschi.

Sono stati attribuiti loro i nomi delle dee dell'Olimpo: Hera, Athena, Artemide e Afrodite. Sono i quattro profumi preistorici, composti da olio d'oliva, acqua, pino e coriandolo, mescolati ad alloro e bergamotto, prezzemolo, mandorla amara e menta, le cui fragranze potranno essere annusate durante una mostra allestita a Viterbo, nella Rocca Albornoz, sede del Museo archeologico nazionale etrusco, dal 2 aprile prossimo.

In esposizione, oltre alle ampolle con le fragranze, ci saranno le tecnologie preistoriche per preparare i profumi rinvenute nel sito di Pyrgos-Mavroraki a Cipro dalla missione del Cnr, finanziata dal ministero.

Valeria


Inviato

Grazie Valeria/medusa per aver contraccambiato la mia notizia "archeo-cosmetica" :D .

Sarebbe bello che la mostra da Te descritta divenisse itinerante; sarei proprio curioso di poter vivere queste esperienze olfattivo-archeologiche.

Devo dire che mi affascinano in genere le ricostruzioni d'archeologia sperimentale, militari in primis ma anche quelle...gastronomiche.

Da par mio vanto un paio di tentativi di emulazione del mitico "garum", dei quali il primo è risultato alquanto blando (poco più dell'effetto di una pasta d'acciughe disciolta nell'aceto o di una buona salsa Worcestershire), mentre il secondo doveva avere già qualcosa di vicino all'originale, poichè all'assaggio non sono mancate le citazioni di Seneca : "un prezioso marciume di pesci andati a male, che brucia le viscere con la sua acida putredine"...ehm...a dire il vero "prezioso" nessuno lo ha pronunciato :P .

Da allora sono passato alla semplice colatura d'alici...sopraffina con gli spaghetti :rolleyes: !.


Inviato
..........

Devo dire che mi affascinano in genere le ricostruzioni d'archeologia sperimentale, militari in primis ma anche quelle...gastronomiche.

Da par mio vanto un paio di tentativi di emulazione del mitico "garum", dei quali il primo è risultato alquanto blando (poco più dell'effetto di una pasta d'acciughe disciolta nell'aceto o di una buona salsa Worcestershire), mentre il secondo doveva avere già qualcosa di vicino all'originale, poichè all'assaggio non sono mancate le citazioni di Seneca : "un prezioso marciume di pesci andati a male, che brucia le viscere con la sua acida putredine"...ehm...a dire il vero "prezioso" nessuno lo ha pronunciato :P .Da allora sono passato alla semplice colatura d'alici...sopraffina con gli spaghetti :rolleyes: !.

:lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:

GRANDE, Flavio !

Grazie Valeria/medusa per aver contraccambiato la mia notizia "archeo-cosmetica" :D .

Sarebbe bello che la mostra da Te descritta divenisse itinerante; sarei proprio curioso di poter vivere queste esperienze olfattivo-archeologiche.

Grazie a te, per le letteralmente GUSTOSE segnalazioni :P

Desidererei davvero pure io annusare quei profumi dalla patria di Afrodite...

Speriamo che qualche amico della Tuscia abbia l'occasione di visitare questa mostra e poi ce la racconti!!

Valeria

PS. ... certo che se il "prezioso marciume" del garum rispecchia anche le preferenze olfattive degli antichi.... mi sa che farò Volentieri a meno di desiderare di farmi avVvolgere in quei profumi, pur dal nome di dea :rolleyes:


Inviato

Scusate se ritorno sul tema, ma ho scoperto che la Mostra si era già svolta nel 2007 ai Musei Capitolini di Roma, a Palazzo Caffarelli. Esiste pure un bel catalogo e alcuni saggi sono disponibili online qui:

http://www.museicapitolini.org/mostre_ed_e...greto_dell_olio

Per chi fosse curioso, riporto uno dei saggi qui:

L’isola di Afrodite e i suoi profumi vecchi di 4000 anni

dal saggio di MARIA ROSARIA BELGIORNO, direttore dello scavo di Pyrgos/Mavroraki a Cipro

[...]

L’olio d’oliva nel Mediterraneo

[...] parlare dell’uso dell’olio d’oliva nella preistoria Mediterranea vuol dire oggi parlare di Cipro e di Pyrgos, poiché il sito è attualmente l’unico che possa mostrare il molteplice utilizzo dell’olio d’oliva nelle diverse attività industriali, tre delle quali, la fabbricazione dei profumi, la produzione delle stoffe e la metallurgia, costituiscono le principali attività intorno alle quali ruotava l’economia del II millennio a.C. e il mercato dei traffici marittimi e carovanieri. Ad esclusione dell’impiego come combustibile per fondere i metalli, notizie riguardanti l’uso dell’olio d’oliva per i profumi e per la tessitura sono riportate già nei testi cuneiformi del vicino oriente, nei testi e nelle raffigurazioni Egiziane e nelle tavolette in lineare B miceneo.

Un riferimento ai profumi e al loro uso è sempre presente negli inni, nelle storie eroiche e nei miti come in quello più famoso di Gilgamesh, che influenzò enormemente i miti e le religioni mediterranee più recenti. Ma fu l’Egitto che fece dell’olio d’oliva e dei profumi estratti dalle essenze messe a macerare in olio d’oliva, più che un’arte, una necessità di vita e di morte, di religione e di prestigio.

Fu il solo paese in cui il sacro e il profano trovarono realmente un denominatore comune, nell’uso e nella fabbricazione degli unguenti, dei profumi e dei cosmetici. Ma è difficile stabilire quando gli Egiziani iniziarono a produrre profumi veri e propri, o cosmetici, e con quali metodi (forse acquisiti e tramandati dal Sudan, la mitica Terra di Punkt madre di tutte le spezie).

La produzione e l’uso dei profumi in olio d’oliva dovrebbe però risalire al 4° millennio a.C., quando compaiono in Egitto nei corredi delle tombe del periodo predinastico (Abido, 3500 a.C.) i primi vasetti da unguenti e profumi. Tuttavia solo verso l’inizio del III millennio a.C. si definisce la tipologia vascolare egizia dei portaprofumi d’alabastro, che sembrano inventati proprio per la conservazione dell’olio d’oliva e dei profumi. La pietra è, infatti, il materiale più adatto per conservare gli oli vegetali al buio e al fresco, e per impedire che irrancidiscano, specialmente in un paese dove la temperatura estiva può raggiungere, nei mesi estivi, i 60° C.

Il clima torrido dell’Egitto ci fa presumere che il sistema della macerazione in oli vegetali sia nato lì. Il procedimento consisteva, infatti, nel mettere in infusione parti odorose di una pianta in acqua piovana e olio (stessa quantità dell’uno e dell’altro) in un contenitore mantenuto ad una temperatura media di circa 50°-60° C, per un tempo variabile da uno a cinque giorni. Durante questo periodo avveniva la completa macerazione delle fibre vegetali, che, attraverso l’acqua, liberavano gli oli essenziali che si sposavano con l’olio, che galleggiava in superficie. Quando l’acqua era completamente evaporata, il profumo era pronto per essere filtrato e conservato nei vasi d’alabastro. Un procedimento semplice che può verosimilmente essere stato inventato proprio in quelle latitudini, dove era possibile mettere le brocche al sole, immerse nella sabbia fino al collo, senza bisogno d’altra fonte di calore.

Ritroviamo i diversi usi dell’olio d’oliva nella Bibbia e nei poemi Omerici, e Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia dà una descrizione dettagliata delle diverse presse da olivo e riporta fedelmente le ricette di Dioscoride per fabbricare i profumi con l’olio d’oliva.

Oggi l’olio d’oliva, per la sua diffusione geografica, la continuità storica che lo caratterizza e l’associazione con i riti e con le religioni più antiche è diventato il simbolo della pace e della riconciliazione abbracciando interamente il panorama culturale del Mediterraneo. La ricerca continua dei mezzi più idonei per produrlo e conservarlo ha segnato la storia della scienza e della tecnologia umana. Una ricerca che oggi è ancora attiva, come lo è quella dell’impiego ottimale dell’olio d’oliva nell’industria farmaceutica e nella cosmesi, secondo una tradizione che nacque appunto nell’utilizzare l’olio d’oliva per la produzione dei profumi.

L’olio d’oliva (onfacium) per il profumo

Molti dei preziosi profumi, che circolavano nel ricco mercato mediterraneo del II millennio a.C. erano quindi ottenuti attraverso la macerazione delle essenze odorifere nell’olio d’oliva, e commerciati in speciali portaprofumi (alabastra e ariballoi) dotati di una stretta imboccatura, con largo labbro svasato imbutiforme, che impediva lo spreco del prezioso contenuto della bottiglia.

La forma, come abbiamo accennato, trae origine dall’alabastron egiziano copiato dai ceramisti ciprioti all’inizio del Bronzo Antico, quando Cipro iniziò probabilmente a produrre i suoi famosi oli profumati e iniziò ad esportarli nei diversi paesi mediterranei. Attraverso i secoli la forma, perfettamente adatta all’uso, fu replicata in tutto il Mediterraneo in pietra, terracotta e vetro seguendo i diversi stili vascolari, fino alla tarda età bizantina, prendendo il nome di alabastron e aryballos a seconda della forma allungata o tondeggiante.

La piccola fabbrica dei profumi di Pyrgos si trovava, non a caso nella stessa sala del frantoio che del resto rimaneva inutilizzata per gran parte dell’anno. Quando fu scoperta nel 2003 la disposizione dei vasi e delle suppellettili mostravano in modo inquietante che al momento del terremoto si stavano producendo diverse essenze profumate: le 14 fosse per la macerazione degli aromi in olio d’oliva ospitavano ancora le brocche per l’estrazione del profumo e intorno c’era tutta l’attrezzatura per preparare gli aromi (macine di basalto, pestelli e innumerevoli bacili e tazze con becco laterale) e per travasare i profumi (attingitoi, askoi, imbuti e bottiglie per profumo).

Le analisi archeometriche confermarono la destinazione del luogo individuando nei residui organici dei vasi e della terra, insieme all’olio d’oliva, resti di coriandolo, mandorle amare, bergamotto, resina ed essenza di terebinto, pino, alloro, mirto, maggiorana, salvia, lavanda, rosmarino, camomilla e prezzemolo.

La scoperta confermò le citazioni tavolette in lineare B relative ai profumi esportati a Creta da Cipro nel XIV sec. a.C. Confermando in particolare la tecnica di estrazione dei profumi, mediante pseudo bollitura delle essenze nell’olio d’oliva, descritta proprio nella tavoletta di Knosso Fh 361 e Fh 371, nella quale è riportata anche la parola Kupirijo: Cipro o il Cipriota (Gallavotti 1976, 53; Shelmerdine 1985).

Gli oli profumati erano usati in Egitto fin dalla fine del IV millennio a.C. Sebbene le tombe predinastiche fossero semplici fosse nel terreno, esse già contenevano insieme alle tradizionali offerte di cibo e bevande per il morto, cosmetici, profumi e ingredienti per la loro preparazione: resine, limoù, ginepro, hennè e semi oleosi. Ad Abido, in una tomba reale del 3000 a.C. furono trovate giare con resine di conifere disciolte in olio e grasso animale e a Saqqara, in tombe dell’Antico Regno, furono trovate rappresentazioni di massaggi eseguiti con olio d'oliva.

Per quanto invece riguarda l’uso dell’olio d’oliva per i profumi è curioso notare che gli antichi Romani classificavano l'olio di oliva in cinque qualità: oleum ex albs ulivis proveniente dalla spremitura delle olive verdi (il cosidetto onacium) adatto alla fabbricazione dei profumi, oleum viride proveniente da olive raccolte a uno stadio più avanzato di maturazione, ma pregiato e utilizzato nei rituali religiosi, oleum maturum proveniente da olive mature (il più adatto all’alimentazione), oleum caducum proveniente da olive cadute a terra (considerato un olio di seconda scelta) e oleum cibarium proveniente da olive appassite sul terreno, destinato all’alimentazione degli schiavi. i f

Il settore Est e la fabbrica dei profumi

La piccola fabbrica dei profumi di Pyrgos era ospitata nel settore Est della stanza del frantoio. Per allestire uno spazio adatto a questo scopo parte del pavimento era stato rialzato di una 30 di centimetri con l’apporto di terra calcarea. In questa specie di mini collina erano state ricavate in ordine sparso 14 fosse, ben strutturate con ciottoli e sassi e rivestite di calce mescolata a talco, il famoso silicato di cui Cipro è ricchissima. In ognuna di queste fosse si rinvenne una brocca alloggiata in resti di cenere.

Intorno alle fosse furono trovate centinaia di lame di selce di ogni dimensione e forma e ben 70 oggetti di ceramica tra cui un supporto da brace per vasi, a ferro di cavallo, grandi e piccoli bacili (alcuni con grande becco laterale aperto sull’orlo), brocche, ciotole, attingitoi, imbuti, vasi gemellati, bottiglie portaprofumi e due grandi vasi di pregiatissima fattura: un’anfora con due statuette antropomorfe al posto dei manici e una brocca con lunghissimo collo a becco, decorata con serpenti in rilievo fiancheggianti una silouette antropomorfa il cui corpo è attraversato da un serpente. Di particolare importanza fu inoltre il ritrovamento dei due grandi vasi anforoidi a lungo becco, utilizzati per la distillazione delle essenze profumate, che facevano parte di due apparati distillatori costituiti ognuno da quattro elementi: due brocche, un alambicco e un bacile, tutti realizzati in ceramica di tipo metallico (Red Polished IV) adatta a sopportare temperature elevate.

Un quinto elemento di cui si è trovato un esempio completo e un grosso frammento di un secondo era il porta vaso che sorreggeva la brocca sul fuoco. La testa dell’alambicco rivoltata era poggiata sulla brocca, mentre il becco dell’alambicco era inserito nel collo della brocca di raccolta, adagiata in un bacile pieno d’acqua.

Le essenze [...] sono state individuate attraverso le analisi di laboratorio eseguite sulle campionature della terra presa all’interno delle fosse e sui residui di materiale organico contenuti nei reperti ceramici. Da queste e dalla tipologia dei vasi appartenenti al corredo della profumeria è stato possibile individuare con un buon margine di sicurezza tre metodi utilizzati per estrarre le sostanze aromatiche: la bollitura delle cortecce, la distillazione e la macerazione a caldo in acqua e olio d’oliva. Il primo procedimento, cioè quello della bollitura in acqua era riservato all’estrazione delle resine e dei componenti oleosi contenuti nelle cortecce, che, al termine dell’operazione, erano spremute in un telo fissato tra due bastoni.

Il secondo, cioè la distillazione, era utilizzato specialmente per l’estrazione degli oli essenziali dei fiori; il terzo, la macerazione in acqua e olio d’oliva o di mandorla per l’estrazione del profumo da radici, muschi, foglie e parti di pianta.

La distillazione è un sistema avanzato di bollitura in cui il vapore carico di essenze aromatiche viene convogliato in un recipiente freddo dove si condensa, producendo un liquido concentrato privo di scorie e materiale inquinante, di qualità molto superiore a quello ottenuto a mezzo bollitura.

La macerazione in acqua e olio fu invece il metodo più diffuso nell’antichità, descritto minuziosamente da Teofrasto, Plinio il vecchio e Dioscoride. Il sistema è sicuramente più antico delle testimonianze ritrovate a Pyrgos, anche se queste costituiscono per ora il primo esempio conservato nel suo contesto originario.

Le brocche contenenti in parti eguali, acqua, fiori (o parti di pianta) e olio di oliva o mandorla erano poste per alcuni giorni in una fossa mantenuta a bassa temperatura (circa 60° C), finché l’acqua non evaporava del tutto e l’olio aveva totalmente assorbito gli oli essenziali liberati dalle piante durante la macerazione. A Pyrgos sono state trovate 14 brocche, ognuna in una fossa diversa, sopra un letto di cenere, che confermano la descrizione riportata da Plinio. In alcuni casi la brocca era sigillata fino all’orlo da un leggero strato di calce. Cosa che indica che il vaso era stato sepolto per conservare il più a lungo possibile il calore della fossa. La qualità dell’olio d’oliva è invece il punto interrogativo di questo procedimento poiché Plinio raccomanda l’uso dell’“onfacium” (un olio limpidissimo privo di qualsiasi odore, che assumeva in pieno gli aromi disciolti in esso, ottenuto dalle olive acerbe del mese di agosto-settembre) per la preparazione dei profumi, ma noi abbiamo forti dubbi che i Ciprioti del 2000 a.C. conoscessero già la differenza tra l’olio estratto dall’oliva matura e l’olio estratto dall’oliva acerba.

Né il raffronto con i profumi citati nelle tavolette in lineare B può esserci d’aiuto su questo argomento. Poiché nei testi Micenei sono citate solo tre delle essenze rinvenute a Pyrgos: il Coriandolo, il Terebinto e la resina di pino.

Ovviamente le tecniche e le ricette per fare e miscelare i profumi non sono riportate nelle registrazioni commerciali, poiché erano patrimonio dei profumieri che sapevano magistralmente trattare e conservare le essenze aromatiche, gli oli e le resine delle ricca flora mediterranea. Possiamo solo sottolineare il fatto che nell’elenco degli aromi rinvenuti a Pyrgos mancano quelli estratti dai fiori più famosi, come la rosa, il giglio, il gelsomino e l’iris, che sono ampiamente citati nelle tavolette micenee. È probabile quindi che ci sia stata un’evoluzione della tecnica e della scelta delle essenze profumate dal 1850 a.C. al 1300 a.C. o che alcuni aromi siano passati di moda e fossero stati sostituiti da altri, o che non fosse la stagione adatta.

[...]

La continuità storica della produzione dei profumi di Cipro attraverso i secoli fino ad oggi

Origine del mito di Afrodite, un’ipotesi

L’isola di Cipro evoca da sempre l’immagine della bellezza femminile come luogo consacrato ad Afrodite. Ma chi era Afrodite e quali sono le origini del suo mito che sembra nascere da antichissime simbologie e tradizioni proprie non solo di Cipro ma di tutto il Mediterraneo Orientale?

Statuette e rappresentazioni femminili sono comuni a tutte le civiltà preistoriche come prima espressione apotropaica umana, volta alla protezione della vita identificata nella figura femminile che per eccellenza la produce, ma la loro simbologia non si è evoluta nell’ideale supremo della bellezza come è avvenuto nel tratto del Mediterraneo che circonda l’isola di Cipro. Tra le diverse teorie sull’origine di una divinità preistorica femminile che rappresentava non tanto la procreazione, quanto la bellezza intesa come attrazione sessuale, sembra che la cosiddetta “teoria Orientale” sia la più accettabile. Secondo questa teoria avanzata già alla fine dell’800, Afrodite trae origine dalla regale figura Sumerica di Inanna (più tardi identificata in Ishtar) che domina incontrastata la scena mediorientale già nel III millennio a.C. La sua città sacra fu probabilmente Uruk, ma i centri del suo culto erano sparsi per tutto il territorio controllato dalla civiltà Sumerica e, più tardi da quella Accadica. Era la dea che non simboleggiava l’ossessione Sumerica verso la fertilità ma la femminilità intesa come il concetto stesso di bellezza e di sensualità femminile. Una feroce dea guerriera assetata di sangue e di sesso, identificata con il pianeta “Venere” in quanto figlia “o” sorella del sole. Inanna era la signora del cielo, la “stella della sera” che risplendeva per la bellezza dei suoi vestiti e l’oro dei suoi gioielli. Una donna affascinante che incarnava l’ideale di donna per ogni uomo, poiché anche se madre di due figli era sempre eternamente giovane e interessata a nuove avventure amorose che la facevano diventare aggressiva, gelosa e vendicativa. Era immaginata e venerata come la quinta essenza della donna, il cui fascino poteva indurre alla pazzia qualsiasi uomo. Una figura molto lontana quindi dalla “dea madre” prosperosa e protettiva tramandata dall’arte neolitica Mediterranea, identificata in molte altre diverse divinità.

A Inanna fu dedicato il primo poema in versi della storia, scritto e firmato in caratteri cuneiformi su tavolette d’argilla, da Enheduanna, la figlia di Sargon I, re dei Sumeri, che nel 2300 a.C. le rivolse enigmatici versi, ancora oggi argomento di vivaci discussioni per l’interpretazione delle metafore che contengono, ma che ci hanno tramandato un ritratto della personalità di Inanna straordinariamente simile a quello di Afrodite.

Come Inanna/Ishtar nella sua versione semitica la dea assume più tardi un’altra caratteristica che la fa assomigliare ancora di più alla personalità di Afrodite, quella di avere delle sacerdotesse prostitute che erano parte integrante del rito e dei luoghi di culto a lei consacrati. Ma nel Mediterraneo Orientale con il progredire della civiltà greco-micenea, per ragioni complesse e sconosciute i nomi di Inanna e di Ishtar scomparvero gradualmente dalla scena, lasciando il posto ad Afrodite, la dea sovrana dell’isola di Cipro che ancora oggi simboleggia l’ideale della bellezza perfetta che non conosce limiti per affermarsi.

A torto o a ragione Cipro e non Citera vinse la battaglia nel rivendicare la natività della dea e il tempio di Paphos sulla costa Sud Orientale dell’isola, divenne il suo santuario più famoso, descritto innumerevoli volte dagli autori greci e latini, meta di pellegrinaggi fino alla tarda età romana.

Forse quindi non a caso proprio a quella città e al re che la fondò è legata la leggenda di uno dei profumi più famosi dell’antichità, la mirra. Il mito trascritto dettagliatamente da Ovidio nelle sue Metamorfosi (10: 48, 298–518), racconta la storia di Myrra figlia del re di Cipro Cynira (figlio di Paphos, figlio a sua volta di Pigmalione e della statua di Venere trasformata in Galatea) che si innamorò del padre e con la complicità della nutrice riuscì a giacere con lui durante il tempo delle feste Thesmophorie, sacre a Demetra, recandosi da lui nottetempo in assenza della madre, che, secondo il rito era in ritiro religioso insieme alle altre donne sposate. Quando il padre decise di vedere il volto della sua amante, rimase sconvolto nello scoprire di essersi macchiato di un terribile incesto e sdegnato decise di uccidere la figlia; ma la giovane riuscì a fuggire per nove mesi. Quando alla fine, prossima al parto, chiese aiuto agli dei, questi, per salvare il bambino che lei portava in seno, la trasformarono nell’albero della mirra. La spada di Cynira riuscì a tagliare solo la corteccia dell’albero e da questo nacque Adone, che allevato dalle ninfe e unto dalle lacrime della madre divenne un uomo talmente bello da far innamorare di se la stessa Afrodite. Quando poi Adone muore ferito da Marte trasformatosi in cinghiale, dalle lacrime di Afrodite nascono le rose che prima bianche diventano rosse, tinte dal sangue dell’amante morente.

Nello stesso mito troviamo quindi due dei profumi più noti ed usati nell’antichità.

In particolare quello estratto dalla distillazione dei petali di rosa, ci riconduce ancora una volta al mito di Inanna e ai versi della sua sarcedotessa Enheduanna, poiché fu proprio il padre Sargon I a introdurre per primo la coltivazione delle rose profumate nel suo giardino.

[...]

Indiscutibilmente Cipro fu nell’antichità, eletta a simbolo della bellezza e dell’amore; quindi di tutti gli artifici che contribuivano a rendere bella una donna. Era un luogo famoso per la ricchezza delle stoffe intrecciate di sottili fili d’oro, e per i prodotti cosmetici la cui fama è sopravvissuta inspiegabilmente nei secoli fino ai nostri giorni attraverso un sottile filo conduttore la cui origine e testimonianza conduce proprio al complesso industriale scoperto a Pyrgos.

La stranezza storica ci riporta al 1917 quando Francois Coty, oltre a creare il famoso profumo Chypre, divise i profumi in dieci famiglie a seconda della loro base aromatica e decise di chiamarne una Chypre. L’unica che si sarebbe identificata con un luogo geografico nel futuro della storia dei profumi. Ma come mai Coty fece questa scelta e quali erano le ragioni storiche e pratiche che lo portarono ad associare una determinata nuance di aromi a Cipro, in un epoca in cui l’economia di Cipro non era certo basata sull’esportazione di profumi?

Se gli aromi di base della famiglia Chypre sono principalmente il muschio di quercia, il Laudano, il Cipero, il Patchouli e il Bergamotto, dobbiamo credere che queste essenze fossero riconoscibili da tutti come cipriote e che la loro fragranza richiamasse immediatamente alla memoria l’isola e la sua dea più famosa Afrodite.

Se diamo uno sguardo alla pubblicità dei profumi della prima metà del secolo XX vediamo che Cipro era ritenuta patria della bellezza in quel periodo. Oggi solo per i profumieri e l’alta moda la parola e il profumo Chypre hanno un significato ben preciso che evoca essenze e nuances rigorosamente classificate.

Ma tutti ricordiamo che la prima polvere profumata colorata, e non, per dare candore o colorito alla pelle era chiamata fino a pochi anni fa, “Cipria” (in tutto il mondo), e che, ogni signora rispettabile aveva dentro la sua borsetta un portacipria con lo specchio e il piumino. Il portacipria d’argento era il regalo caratteristico che si faceva fino agli anni ’70 alle ragazze che compivano 18 anni, contrassegnato spesso dalle loro iniziali.

Ma perché la polvere cosmetica è stata chiamata cipria e non in un altro modo? Per “vox populi” che associava per antonomasia il prodotto di bellezza all’isola di Venere o per precedenti storici che collegavano l’isola alla produzione di cosmetici e profumi?

Se esaminiamo la composizione della “cipria” scopriamo che questa è composta per il 75% di talco, un silicato di magnesio costituito da silice, magnesio e acqua, di cui l’isola di Cipro è ricchissima. Il talco è tenerissimo (durezza 1 nella scala Mohs), leggero e perfettamente sfaldabile in lamine sottili o triturabile in polvere finissima, ma il suo impiego nella cosmesi è dovuto in massima parte al fatto che la sua proprietà traslucida conferisce all’epidermide una tonalità e lucentezza madreperlacea, unita al potere altamente assorbente sia dell’umidità sia dei grassi, che crea una piacevole sensazione di freschezza e pulito. Il suo potere assorbente permette di profumarlo anche semplicemente mescolandolo con foglie o fiori o essenze profumate. Non ci stupisce quindi il suo impiego nella cosmesi fin dai tempi più antichi ed il fatto che Cipro, forse per ragioni qualitative, difficili da stimare oggigiorno, ne sia diventata il paese produttore per antonomasia, tanto dal dare alla polvere di talco il suo nome.

Purtroppo le attestazioni storiche sul commercio della cipria e del talco sono pochissime, ma, gli esperti dei grandi Musei del profumo, come quello di Barcellona e di Grasse, sono propensi a credere che la storia dei profumi di Cipro sia stata scritta proprio dalla fama e dalla bontà dei meravigliosi aromi, spesso sotto forma di talco profumato, che i mercanti di tutto il Mediterraneo non hanno mai cessato di importare da Cipro. Era un prodotto vincente. Sempre. Non solo di lusso, cioè era un lusso a buon mercato. Bastava comprare una cipria o un profumo di Cipro per sentirsi ricchi, perché quel profumo evocava mitici splendori e ricchezze perse ormai da secoli. Ma tant’è la fama non è mai stata cancellata e la tradizione non si è mai interrotta, partendo forse da un tempo remotissimo che lega l’isola al mito stesso di Afrodite e all’ideale della bellezza assoluta. È curioso notare che gli abitanti attuali dell’isola non ne sanno niente, come del resto i loro progenitori, che ignoravano la fama delle essenze prodotte sull’isola ed esportate in tutto il Mediterraneo e l’Europa.

[...]

Le moderne fabbriche di profumi diversificano la loro produzione a seconda dei raggruppamenti fondamentali, che considerano la destinazione e l’uso di ogni specifica fragranza. I profumi sono divisi in settori ben precisi che oltre all’età, il sesso e alla condizione sociale, tengono conto anche delle tendenze politiche e religiose, degli stati d’animo, delle stagioni, dei momenti della giornata e dell’ambientazione. Così come è estremamente vario il supporto dal quale si sprigiona l’essenza profumata. Carte, saponi, detersivi, insetticidi, disinfettanti e deodoranti d’uso comune ne sono pieni. Né esiste un cosmetico o un prodotto farmaceutico che non abbia una componente aromatica.

Ma se confrontiamo la tabella delle materie prime che oggi contraddistinguono le ricette e le formule dei profumi denominati “Chypre”, ritroviamo gli aromi prescelti da Coty come standard della famiglia Chypre: il laudano, il muschio di quercia, i rizomi di iris, la radice di cipero e l’aspalato.

I rizomi di iris hanno una lunghissima attestazione che parte proprio dalle tavolette in lineare B con un lungo elenco di ricette riportate da Teofrasto, Plinio e Dioscoride.

Mentre per la produzione della polvere profumata (la “Cipria”), usata già nell’antico Egitto per dare alla pelle la luminosità dell’alabastro (il colore scuro era infatti considerato un segno di povertà), troviamo alcune ricette che consigliano come aroma di base “il muschio dell’isola di Cipro”, nominato da Plinio come il migliore.

Il muschio bianco della Quercia (Evernia Prunasti) è l’unica pianta aromatica, non appartenente alle specie superiori, che raccoglie il profumo del bosco secolare e la forza vitale della quercia stessa, l’albero che per i Romani simboleggiava la forza (“robur” = quercia = forza) sia fisica che morale, dal fascino primitivo. L’essenza estratta da questo muschio è ancora oggi la fragranza maschile per eccellenza, perché le molecole del suo aroma sono simili a quelle dei feromoni animali, ormoni dalla struttura volatile, il cui potere afrodisiaco consiste proprio nella capacità di essere inalati e di stimolare direttamente il sistema endocrino e riproduttivo.

L’intenso aroma sensuale del muschio, di gran moda nella Roma imperiale, aveva anche nell’antichità una valenza ancestrale che si identificava nel potere. Il suo uso continuò nei secoli successivi e lo ritroviamo come “erbetta che si trova sui tronchi delle querce” nominato da Alessio Piemontese (De secreti del Reverendo Donne Alessio Piemontese, Comanda Trino Veneta) nel 1557, come componente fondamentale della polvere odorosa di Cipro in voga ai suoi tempi, che Giovanventura Rosetti (Notandissimi secreti de l’arte profumatoria, Venezia 1555, Ried. Di F.Brunello e F. Facchetti, Vicenza 1973) chiama barba di bosco.

[...]

Ma dobbiamo arrivare al 1850 per trovare il primo profumo Chypre creato da Guerlain a cui segui di lì a poco nel 1880 Chypre di Eugene Rimmel creato apposta per Caterina di Russia. Nel 1893 Roger et Gallet presentò Chypre de Tentation a cui fecero eco Cyprisine di Guerlain nel 1894 e Chypre di Lubin nel 1898. Nel 1900 apparve il Chypre Violet e Chypre di Marcy seguiti nel 1909 da Chypre de Paris ancora di Guerlain. Iniziò poi la serie dei profumi Chypre contenuti in bottiglie preziose come il Chypre de Limassol di Bichara (1913) il cui tappo era una severa testa faraonica . L’escalation ebbe una battuta d’arresto o di splendore nel 1917 quando il grande profumiere Francois Coty presentò al mondo uno dei profumi più famosi del secolo scorso, Chypre de Coty (una fragranza fresca creata da una mescolanza magistrale di note di bergamotto, limone, neroli e arancio, con un cuore di rosa e gelsomino, sulle basi del muschio di quercia, patchouli, laudano, storace (Styra officinalis) e zibetto) creando la famiglia Chypre che comprende oggi centinaia di profumi famosi firmati da Dior, Versace, Givenchy, Valentino, Ralph Loren, Bulgari, Balenciaga, Grès, Missoni etc etc. Fragranze che hanno scritto la storia del profumo e le cui boccette originali sono gelosamente conservate in collezioni private e sono l’attrazione principale del Museo del Profumo di Barcellona in Spagna e del Museo Internazionale del profumo di Grasse in Francia. L’“Enciclopedia del Profumo” riporta varianti del profumo Chypre di Coty fino al 1970, quando per seguire le leggi della moda, che rincorre solo le novità del mercato, si cominciò a dare ai profumi della famiglia Chypre nomi di fantasia, mentre la composizione, sia pur interpretata in modo personale, restò fedele alla nuance di base fissata da Francois Coty.

Valeria


Inviato

Anche in altre circostanze mi è capitato di vedere mostre analoghe.

Nel mnuseo archeologico di Siviglia, se ben ricordo, vi è una sezione stabile di questo tipo.


Inviato

:) Desidererei davvero pure io annusare quei profumi dalla patria di Afrodite...

Speriamo che qualche amico della Tuscia abbia l'occasione di visitare questa mostra e poi ce la racconti!!

Valeria

PS. ... certo che se il "prezioso marciume" del garum rispecchia anche le preferenze olfattive degli antichi.... mi sa che farò Volentieri a meno di desiderare di farmi avVvolgere in quei profumi, pur dal nome di dea rolleyes.gif

Spero di riuscire a visitarla, forse a Maggio avrò più tempo e libertà per dedicarle un week-end.

Magari si potrebbe organizzare una visita collettiva a Viterbo, ne varrebbe la pena, è molto bella la città.

Ciao a tutti Giò

Awards

Inviato

Ciao Giò,

non sapevo ti interessi di profumi antichi...la prossima volta ti porto un Paco Rabanne del 1968 che ho conservato in poca quantità per ricordarmi di quei lontani eroici momenti. Spero vorrai provarne l'aroma, si sente tutto il tempo andato. :D :D

Ragazzi....allegri! Una battutina non guasta mai.

Complimenti a Medusa per gli ottimi interventi da vero Erudito.

Salutissimi.


Inviato
Ciao Giò,

non sapevo ti interessi di profumi antichi...la prossima volta ti porto un Paco Rabanne del 1968 che ho conservato in poca quantità per ricordarmi di quei lontani eroici momenti. Spero vorrai provarne l'aroma, si sente tutto il tempo andato. :D :D

Ragazzi....allegri! Una battutina non guasta mai.

Complimenti a Medusa per gli ottimi interventi da vero Erudito.

Salutissimi.

:D Pensavo tu avessi capito che mi interesso a tutto e di più, specialmente a tutto ciò che è Storia e che ne racconta un po'.

Mi unisco a te per i complimenti alla nostra cara Medusa, i suoi post sono sempre gioia per i miei occhi :P :D

Giò :rolleyes: :)

Awards

Inviato

Da Itaca di Kavafis, nella traduzione del mio compianto professore.

"να σταματήσεις σ’ εμπορεία Φοινικικά,

και τες καλές πραγμάτειες ν’ αποκτήσεις,

σεντέφια και κοράλλια, κεχριμπάρια κ’ έβενους,

και ηδονικά μυρωδικά κάθε λογής,

όσο μπορείς πιο άφθονα ηδονικά μυρωδικά"

"Fa scalo negli empori dei Fenici

per acquistare bella mercanzia,

madrepore e coralli, ebani e ambre,

voluttuosi aromi di ogni sorta,

quanti più puoi voluttuosi aromi"

Costantino Kavafis, Poesie, a cura di F.M. Pontani. Lo Specchio, Mondadori, 1961 pp. 120-121


Inviato

Grazie Giò e Piakos, per le Vostre gentili parole :blush:

E Grazie Okt per gli stupendi Versi ...

"...

voluttuosi aromi di ogni sorta,

quanti più puoi voluttuosi aromi"

Ricambio con altri Versi Voluttuosi ... :rolleyes:

Nel fr. 94 V. di Saffo, l’atto di profumarsi è preliminare alla soddisfazione del desiderio:

“e con molto… unguento /

di fiori… /

e con quello regale ti profumasti, //

e sui morbidi letti /

di delicate… /

liberavi il tuo desiderio…”

Per quanto riguarda il mondo greco, troviamo accenni all’uso di unguenti e cosmetici per pratiche rituali in Omero e solo nel VII secolo aC, come attesta una elegia di Saffo, l'uso di tali essenze viene introdotto nella vita quotidiana femminile attraverso la diffusione di prodotti di origine orientale sul mercato greco: “e tutto il corpo con unguenti di fiori copiosamente ungesti e con unguento regale - FR 94”.

L’ unguentum regale - prodotto rinomato nell’antichità, menzionato da Senofonte, da Atheneo che ne conferma la produzione orientale, in auge ancora in età romana, menzionato da Plinio (XIII, 2, 18) regale unguentum appellatum quoniam Parthorum regibus ita temperatur - era composto a seconda delle ricette di ben ventisette sostanze (Plinio XIII, 2, 2) di origine persiana e veniva prodotto appositamente per quella corte (Senofonte, Ciropedia) ma evidentemente anche per il mercato estero come attesta l'elegia di Saffo sopra citata.

Il testo della poetessa di Lesbo, dunque, appare la documentazione letteraria più antica relativa ad una circolazione di beni di consumo deperibili e «scelti», di origine orientale, sul mercato greco e alla funzione di smistamento di quest’ultimo sul mondo occidentale mediante una economia di scambi indiretti, di cui l'Etruria risulta largamente fruitrice in età orientalizzante..... - (Fonte: Le donne in Etruria di Antonia Rallo)

Valeria


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