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Inviato

Qualcuno di certo l'avrà sentito. Oggi al Telegiornale mi ha colpito la storia di un malcapitato a cui tempo addietro furono sottratte due tele secentesche di scuola caravaggesca:il derubato dopo aver rintracciato i quadri intenta causa. Il neo-incauto acquirente dei quadri si giustifica esibendo ricevute e consulenze per l'acquisto effettuato che all'epoca ammontava a circa 220 milioni di lire. Il giudice però non accoglie l'istanza del derubato ritendendo non valida l'accusa di incauto acquisto.

Mi piacerebbe conoscere bene i motivi giuridici per cui il giudice ha respinto le motivazioni dell'accusa e mi chiedo quali ripercussioni possa vere una sentenza del genere nel mondo numismatico dove spesso assistiamo a sequestri di materiale considerato di dubbia provenienza. secondo il giudice di non avere "strillato" abbastanza sul furto subito.


Inviato

Per l'aspetto giuridico posso darti io una risposta veloce: innanzitutto la vendita di cosa altrui (o "acquisto a non-domino") è permessa dal nostro legislatore con vari obblighi per chi vende (art. 1478 - 1480 codice civile); d'altra parte il codice penale punisce (art. 712) l'acquisto di cose di dubbia provenienza con l'arresto fino a 6 mesi; questo reato costituisce una versione blandita del più pesante reato di ricettazione (art. 648) (richiamoiamo anche il 1154 codice civile); la differenza tra i due sta nel fatto che mentre il ricettatore sa di acquisire dolosamente beni di illecita provenienza, chi commette incauto acquisto è solo appunto "incauto", ovvero per negligenza od imperizia, quindi per colpa, acquista un bene la cui vendita avrebbe dovuto far sospettare l'acquirente (esempio, un bene di grande valore venduto ad una cifra che è palesemente bassa, tipo una mercedes nuova rubata venduta a 500 € per inetnderci).

In questo caso a mio parere (bisognerebbe trovare il caso e leggere la motivazione in sentenza per essere sicuri) i giudici credo non abbiano ravvisato alcuna stortura nell'acquisto da parte del terzo del bene sottratto; la vendita evidentemente si basava su un titolo idoneo al trasferimento della proprietà e sussisteva la buona fede dell'acquirente (che non aveva, secondo i giudici, quindi, un valido motivo per sospettare del venditore). Per intenderci, se uno sconosciuto commerciante del settore offre un quadro rubato al prezzo del suo valore reale tendenzialmente, a meno che non si capisca palesemente che il venditore è il ladro o un suo collaboratore e voi non abbiate modo di sapere che il quadro è rubato, chi acquista non si fa e non si deve fare venire dei dubbi. Quindi credo che i giudici abbiano applicato una "clausola generale di sicurezza dei traffici", che può essere richiamata dal nostro codice civile agli articoli 1147 e 1153:

1147: Possesso di buona fede.

1. E' possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui diritto.

2. La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave.

3. La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell'acquisto.

1153: Effetti dell'acquisto del possesso.

1. Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà.

2. La proprietà si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell'acquirente.

3. (omissis)

Questa è la mia interpretazione, non so se coincide con quella dei giudici (non sono ancora un tecnico vero e proprio, sono solo uno studente). Per gli aspetti numismatici lascio ad altri la parola...


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