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Divisioni monetarie nel medioevo a Milano e Venezia


Risposte migliori

Inviato

Un amico mi ha chiesto questo........

Io mastico solo monete contemporanee e poco di più, chi mi "ci" da una mano?

D: A proposito..libecc

sai chi mi potrebbe aiutare a scoprire com'erano le 'divisioni' monetarie ,nel medioevo, a milano e venezia

l'unica cosa che ho capito è che, almeno in parte,erano 'dozzinali' (english system)...ma con quattrini soldi, bisciotti grossi ...e quant'altro, poi con oselle zecchini,soldini,ducati d'argento e no...e quante ne misero di queste divisioni....sono a digiuno..

Grazie per gli evventuali chiarimenti

Andrea Libeccio


Inviato

Per quanto riguarda Venezia, ma a Milano penso non fosse molto diverso, i conteggi venivano fatti sulla base stabilita dalla riforma di Carlo Magno. La base della riforma era il denaro d'argento. 12 denari componevano un soldo e 240 denari componevano la libbra (lira). Da cui il valore della lira pari a 20 soldi.

L'oro era soggetto a variazioni, perchè i valori tra l'oro e l'argento mutavano a seconda dell'offerta dei due metalli. Per esempio, quando alla metà del cinquecento venne istituita una moneta d'argento di pari valore dello zecchino, il valore in denari era pari a 124 soldi, ovvero 6 lire e 4 soldi.


Inviato

All'indomani della riforma di Carlomagno venivano coniati solo i denari, mentre la lira rimaneva unità di conto; all'inizio del XIII secolo in varie città italiane, chi sul piede di Milano, chi su quello di Venezia e Verona, cominciarono a coniare soldi (grossi) dal valore in denari variabile, da 6, 12, 16, 18, fino ad arrivare al grosso da 20 denari di Verona che divenne una sorta di moneta franca per gli scambi. Ma è da ricordare anche il grosso tirolino di Merano, del valore di 20 soldi e di ottimo argento, che ebbe larga fortuna e imitazione in tutta l'Italia settentrionale. Finalmente, nel 1472, il doge Nicolò Tron coniò per la prima volta una reale moneta da una lira.

Questo alla grossa: se ci sono imprecisioni, mi corrigerete...


Inviato

La domanda è interessante e più intricata di quanto possa sembrare a colpo d'occhio.

In linea di principio fino all'inizio del XIII sec. in tutta l'Italia centrale e settentrionale circolavano solo denari d'argento (al massimo dei mezzi denari), che per comodità di conto si chiamavano "un soldo" quand'erano 12 (ma era l'equivalente di dire "una dozzina" in termini pratici) e "una lira" quand'erano 240. Ne consegue quindi che 20 soldi virtuali facevano una lira altrettanto virtuale: tanto in tasca si tenevano sempre e solo denari d'argento. Questo sistema era stato imposto su tutti i suoi dominii da Carlomagno, ed evidentemente funzionava abbastanza bene da non essere cambiato.

Tutto relativamente semplice... ma solo in apparenza. Il diritto di zecca era una concessione imperiale, ed al suo arrivo Carlomagno fece un po' di pulizia lasciando aperte solo le zecche di Pavia, capitale del Regno d'Italia, Lucca, Milano, Verona e Treviso. La grande saldezza del potere imperiale però non sopravvisse a lungo il buon Carlomagno, e difatti i suoi discendenti litigarono spesso e volentieri, con e senza le spade... come sempre fra i due litiganti il terzo gode: sottoposta a controllo centrale meno stringente, la nobiltà locale si prese sempre maggiori libertà, parteggiando quando capitava ora per questo, ora per quel contendente. Sta di fatto che nei secoli seguenti varie città si guadagnarono il diritto di zecca.

Sappiamo bene che battere moneta era un affare lucroso: l'avente diritto intascava la differenza fra il prezzo d'acquisto dell'argento ed il valore nominale delle monete coniate. Evidentemente quindi aveva tutto l'interesse che l'argento fosse portato alla zecca sua e non alle altre, quindi poteva anche incentivare questo flusso di metallo pagando meglio di zecche concorrenti. D'altro canto la tentazione di ricavare più monete dalla stessa quantità d'argento era molto forte, abbassando il peso delle monete oppure aggiungendo più rame alla lega per abbassare il fino pur mantenendo lo stesso peso. Più grande era il numero di zecche attive, e più si creava un circolo vizioso di concorrenza-svilimento.

Il risultato? La divergenza del contenuto effettivo d'argento dei denari delle diverse zecche era talmente grande che di fatto ciascuna batteva una moneta di diverso valore, che andava chiamata col suo nome ("denaro lucchese", "denaro veronese", "denaro milanese") per capire di che prezzo si parlava.

Non ho dimenticato Venezia, di cui non ho parlato finora, ma che era attiva fin dai tempi del figlio di Carlomagno, Ludovico il Pio: era una zecca anomala rispetto alle altre, poiché essendo formalmente sotto il controllo bizantino non rispondeva affatto all'imperatore, ma la lontananza da Costantinopoli significava che, di fatto, i veneziani facevano quello che volevano.

La zecca di Venezia fu una di quelle che più e prima fece concorrenza monetaria alle altre, essendo libera da vincoli esterni. La differenza rispetto ad altre città era una classe dirigente coesa e coerente. Erano tutti mercanti, e capivano e perseguivano interessi monopolistici con feroce senso della realtà. Nel momento di maggiore potenza economica erano l'emporio d'Europa e centro di smistamento dei commerci fra est ed ovest. Questa posizione privilegiata era difesa con le armi, ed i mercanti non veneziani che arrivavano in città erano obbligati a portare un quinto del loro argento alla zecca perché fosse convertita in moneta - con ovvio guadagno per Venezia.

Tutto l'argento che aveva in cassa, enormemente aumentato con il nolo dei crociati del 1204 - che si imbarcarono a Venezia per la tristemente famosa quarta crociata - Venezia coniò il primo denaro grosso d'argento, una vera rivoluzione monetaria che fu rapidamente ripresa da tutte le altre zecche.

Nel frattempo, e per tutto il medioevo ed oltre, il denaro si svilì sempre di più, finendo per diventare un'inservibile scaglietta di basso argento. Con il solito realismo i veneziani, e contemporaneamente a loro i napoletani, la fecero finita con questa moneta inutile ed iniziarono a coniarla in rame, ovviamente con peso e dimensioni ben più importanti. Il nome ormai era mutato in "bagattino" a Venezia, e stavano nascendo altre monete come quattrini, sesini, trilline e così via.

Si erano evolute in maniera "darwiniana" valute ormai completamente distine e diverse in valori e nominali.


Inviato

E' sempre un piacere leggerti rob ;)


Inviato

Ottimo Rob, come sempre!


Inviato

..... toh... il quesito l'ho posto io :D su ebay ...

grazie a chi ha risposto fin'ora , interressanti .. interventi :)

MA :

MILANO: (epoche visconi/sforza/domin.spagnola)

BISCIOTTI'(??) equivalgono a :??

QUATTRINI equivalgono a :??......=denari??

SOLDI...... si è gia visto...

GROSSO (da 2-3-4-5 soldi) equivalgono a :??

????

etc. per tutti i tagli

VENEZIA:( +- stesse epoche)

????

SOLDI..........

GAZETTA equivalgono a :??

GROSSO equivalgono a :??

DUCATO (argento) equivalgono a :??

????

E COSI VIA...... per tutte gli altri tagli

Non ho mai trovato un "ordine" di valore su queste citta'


Inviato

Quando ho iniziato ad interessarmi di monete medievali mi sono posto anch'io la stessa domanda, come penso la maggior parte di coloro che arrivano da collezioni di monete contemporanee. La risposta è semplice, ma va spiegata altrimenti sembra tutto un gran pasticcio.

Il concetto di rapporti di valore fisso fra nominali che abbiamo oggi non è molto antico, ha al massimo un secolo e qualcosa ed è legato al concetto di moneta fiduciaria, cioè di una moneta il cui valore intrinseco è molto inferiore al suo nominale, ma che circola al nominale perché ognuno ha fiducia nel fatto che tutti la accetteranno per quello. Per intenderci: il metallo contenuto una moneta da un euro in realtà vale molto meno di un euro. E allora perché la accettiamo al valore di un euro? Per il semplice motivo che la potremo usare per acquistare merci o servizi per il valore di esattamente un euro; alla base sta il fatto che lo Stato garantisce di riconoscere e difendere sempre il valore (arbitrario) della moneta. Proprio perché arbitrario ed artificiale, il rapporto di cambio fra una moneta arbitraria e l'altra è soggetto nel tempo a variazioni anche molto grandi - prendiamo per esempio il cambio euro / dollaro negli ultimi 10 anni.

In passato la situazione era molto diversa. Ogni moneta circolava essenzialmente al suo valore intrinseco: per farla semplice equivaleva ad un mini lingotto d'oro o d'argento opportunamente marcato da colui che l'ha emessa a garanzia della bontà del fino e della correttezza del peso. Il problema era che il rapporto di valore fra oro e argento non era fisso, perciò poteva essere che 1 grammo d'oro ne valesse 10 d'argento nel 1300, e nel 1301 ne valesse 11 (sono numeri a caso, anche se effettivamente il rapporto tradizionale oro argento era di 10:1). Lo stesso discorso valeva per monete con differente contenuto d'argento.

Qual'è la conseguenza di tutto questo? Semplice, è come se ogni zecca avesse tre valute, ed ognuna avesse un rapporto di cambio variabile con l'altra: una valuta in oro, una in argento ed una in rame. E' possibile dire quanti ducati valesse uno zecchino, ma solo se si indica anche il periodo di riferimento, altrimenti è una domanda che non ha una risposta sensata.

Questo discorso appare molto complicato - ed in effetti lo era. Ma solo fino ad un certo punto: ogni metallo circolava in un ambito abbastanza ben delimitato, entro cui i prezzi erano omogenei. La circolazione spicciola era dominio della moneta in rame o bassa mistura (di rame e argento): se andavi al mercato avresti pagato in trilline, sesini e soldi (che fra di loro avevano effettivamente un rapporto di cambio fisso). Se invece dovevi acquistare una casa, l'avresti pagata in ducati, testoni o zecchini.

Andando ora a parlare delle varie monete, tralascio quelle di Milano perché non ne so abbastanza (magari Sesino può intervenire a proposito?), e andrò a descrivere quello che circolava nella Repubblica di Venezia alla fine del '700:

Circolazione spicciola

- bagattino (rame, = 1 denaro; 12 bagattini = 1 soldo)

- bezzo da 6 bagattini, o mezzo soldo (rame)

- soldo da 12 bagattini (bassissima mistura, cioè molto rame e pochissimo argento: Ag .047)

- 2 soldi o gazzetta (mistura)

- 5 soldi o trairo (mistura Ag .390)

- 10 soldi (mistura Ag .390)

- 15 soldi (mistura Ag .390)

- 30 soldi o lirazza (mistura Ag .434): in realtà era una lira e mezza, poiché 1 lira = 20 soldi

Un caso interessante rappresentano il ducato nuovo o ducatello e suoi sottomultipli, in buon argento e coniati per la circolazione:

- quarto di ducato (Ag.826) (31.½ soldi = 1 lira, 11 soldi e 6 bagattini)

- mezzo ducato (Ag .826) (62 soldi = 3 lire e 2 soldi)

- ducato o ducatello (Ag .826) (124 soldi = 6 lire e 4 soldi)

Questi nominali furono stabiliti l'8 giugno 1665 per risolvere il problema del grande rialzo del valore dell'argento sul mercato che avevano fatto innalzare moltissimo il valore di circolazione del ducato (vecchio) o ducatone, allontanandolo di molto dal nominale di 124 soldi.

A causa del continuo rialzo però del prezzo dell'argento già il 27 agosto 1678 (quindi solo 13 anni dopo la prima emissione) i Provveditori alla Zecca furono costretti ad avvisare il Senato che coniare queste monete provocava una perdita per lo Stato poiché l'intrinseco valeva più del nominale. Questo fatto inoltre faceva sì che i ducatelli sparissero dalla circolazione, dato che c'era più convenienza a venderli a peso d'argento che utilizzarli come moneta!

Ci sono libri interi scritti sull'argomento, e non è il caso di dilungarsi per pagine e pagine in questa discussione: credo che questi esempi diano già qualche indicazione sulle proporzioni di valore fra nominali.


Inviato

Rod...ti ringrazio , spiegazione stupenda...BRAVO

Che il valore delle monete era legato al valore del metallo contenuto, lo sapevo , tanto che usavano pesi monetari per gli scambi....

Il problema era "all'interno" cioe' , come ora, il problema del "resto" chiama i sottomultipli o multipli di una moneta che proprio a Venezia era per me caotica (un po' piu semplice Milano)

che poi i spiccioli erano quasi esclusiva del 'popolino' lo si sapeva.....come in parte la sua divisione che spesso era dozzinale cioe' anglosassone x 12 (memorie scolastiche)

Qui comunque esce che il 'soldo' non era certamente un'unita piccola visto le sue divisioni sotto di lui :huh:

Grazie Franco


Inviato

Per aggiungere qualche riferimento all'ottima esposizione di Rob (non Rod :P ) aggiungo che parlando di monetazione spicciola, i vari nominali si rapportavano così tra di loro:

bagattino= 1 denaro piccolo

trillina=3 denari

quattrino=4 denari

sesino= 6 denari

soldo=12 denari

Lira=20 soldi=240 denari

Come puoi vedere il nome di alcuni nominali spiccioli (trillina, quattrino, sesino) nasce proprio dal rapporto che essi avevano rispetto al denaro. Va aggiunto che il bagattino ha avuto una sua dignità come moneta solo fino all'inizio del '500, dopodichè la sua svalutazione lo ha praticamente eliminato delle tasche della gente, tanto che se non erro già a fine '500 il nominale più piccolo che veniva battuto era il quattrino (o il quarto di grosso a secondo del sistema di riferimento usato).


Inviato

Il doppio bagattino con la testa di S.Marco resiste anche nel seicento...


Inviato
Il doppio bagattino con la testa di S.Marco resiste anche nel seicento...

Credo che anche il bagattino circolasse ancora nel '600: una faccenda che devo ancora approfondire è appunto la permanenza in circolazione degli spiccioli veneziani. Si conoscono i decreti di emissione, ma quando effettivamente terminarono di essere usati?

Qui comunque esce che il 'soldo' non era certamente un'unita piccola visto le sue divisioni sotto di lui :huh:

Dipende a quale epoca ci riferiamo: a fine '700 un soldo non valeva un granché, ma nel '500 era già magari un pasto... non ho sottomano delle testimonianze documentali sul valore d'acquisto delle moneta: appunto a me stesso, altro argomento da approfondire! :P


Inviato
Il doppio bagattino con la testa di S.Marco resiste anche nel seicento...

Credo che anche il bagattino circolasse ancora nel '600: una faccenda che devo ancora approfondire è appunto la permanenza in circolazione degli spiccioli veneziani.

A Mantova gli ultimi bagattini furono coniati all'inizio del '500, quindi è praticamente certo che nel '600 non circolassero più. Evidentemente negli stati con una maggior credibilità monetaria le cose erano diverse.

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Dipende a quale epoca ci riferiamo: a fine '700 un soldo non valeva un granché, ma nel '500 era già magari un pasto... non ho sottomano delle testimonianze documentali sul valore d'acquisto delle moneta: appunto a me stesso, altro argomento da approfondire! :P

Nel Monferrato di metà '500 venivano battuti soldi ancora in mistura, mentre agli inizi del '700 ormai il soldo era dappertutto di rame schietto. Già questo può far capire la svalutazione che questa moneta ha subìto nel corso dei secoli.


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