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asse di Atri


chiaracat

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In Monete Antiche n. 41 di settembre-ottobre 2008 c’è un articolo di Alberto D’Andrea (uno degli autori del libro "Le monete del Teramano") “Un’insolita collezione di monete di Atri”.

Il tutto nasce da una pubblicazione sulle monete di Hatria di Francesco Barberini “Atri preromana” del 1969.

Quello che ha incuriosito l’autore dell’articolo è che i disegni allegati fanno riferimento alle stesse identiche monete che nel 1824 Melchiorre Delfico riportava nella sua celebre opera “Della antica Numismatica della Città di Atri nel Piceno......”.

Le monete naturalmente erano della famiglia Sorricchio.

Il Barberini nel suo libro (edito dalla Tipografia Zanni) allega e descrive le monete riportando in nota che “le monete sono state riprodotte al naturale dall’HAT – Antica Numismatica”. Si tratta di un opuscolo realizzato dalla Tipografia Zanni ed accluso ad un plateau con la riproduzione in bronzo delle antiche monete di Atri, proprio la copia di quegli esemplari che il Delfico aveva avuto modo di esaminare. L’opuscolo fu stampato nel 1971 dalla tipografia F.lli Colleluori i quali rilevarono l’intera ditta Zanni con tutto il materiale, comprese le serie di riconi delle antiche monete di Atri.

A questo punto, si domanda l'autore, per la nuova pubblicazione del Barberini fu richiesto il permesso di riproduzione? Ci sono due possibilità basate su deduzioni.

La tipografia Zanni aveva buoni rapporti con gli eredi dei Sorricchio e che, per riprodurre le serie in bronzo, si servì di calchi in gesso degli originali che teneva depositati nel magazzino della tipografia (tali calchi, fino a qualche anno fa, erano ancora in mano agli eredi Zanni). Quindi dietro accordo con gli eredi dei Sorricchio ci fu il permesso di riprodurre alcune monete della loro collezione e furono scelti gli esemplari più belli, proprio quelli che 150 anni prima il Delfico aveva immortalato nella sua opera.

Oppure, non sapendo se questo permesso sia stato richiesto o accordato, potrebbe esserci stata un’altra possibilità.

Nella metà del ‘900 furono fotografate e stampate tipo cartolina varie monete dei Sorricchio per essere commercializzate durante le rievocazioni storiche e culturali della città. Quindi c’è la probabilità che i riconi sono stati ricavati, tramite pantografo, da queste foto (che attualmente non si riesce più a rintracciare): questo spiegherebbe ancora meglio le piccole discrepanze fra le foto (della pubblicazione del 1969) e gli esemplari prodotti dallo Zanni. Esaminando infatti la serie riconiata con le foto allegate al plateau (della tipografia Zanni) si nota come piccoli particolari quali, la lunghezza dei gambi delle lettere o la loro inclinazione, siano leggermente diversi fra loro, e tutto ciò farebbe supporre ad uno stampo non ottenuto da calchi ma da sistemi più “indiretti”.

Conclude l’articolo: che fine hanno fatto le monete?

Gli ultimi discendenti del casato si sono trasferiti a Roma e dell’ingente patrimonio non si è saputo più nulla.

Nell’articolo non ci sono foto ma la comparazione tra i disegni della tipografia Zanni (ricavati dai calchi in gesso degli originali) e i disegni della pubblicazione del 1969.

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Riguardo alla tipologia di asse di questa discussione, riporto il disegno del Delfico (quindi della collezione Sorricchio).

L'aspetto curioso è che il rovescio riporta, tra ore 12 e ore 3, una mancanza di metallo simile agli assi che finora abbiamo visto.

Guardando poi sia il dritto che il rovescio i contorni del disegno sembrano richiamare l'asse venduto a Baldwin's 47 http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...185&Lot=155

post-4217-1230043661_thumb.jpg

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Giusto un paio di osservazioni.

1) tacrolimus afferma che la capacità di penetrazione della tecnica non è alta. Forse ricordo male ma a me pare proprio il contrario: vista l'alta energia della radiazione X e di conseguenza la sua ridotta sezione d'urto nell'interazione con la materia, la spettroscopia a raggi X e derivati sono le tipiche tecniche di analisi di volume, impiegate dove si vuole minimizzare l'effetto degli strati superficiali del materiale. Mi verrebbe quindi da concludere che non ci sia nessun rilevamento preferenziale dell'arsenico in strati superficiali. Ho cercato comunque qualche riferimento che permettesse di quantificare con più precisione la distanza media di penetrazione della tecnica, senza trovarlo. Ricordiamoci in ogni caso che quando si parla di tecniche spettroscopiche "superficiali" (tipo spettroscopia UV) stiamo parlando di tecniche che interagiscono con i primi strati atomici del materiale (distanze dell'ordine dei nanometri) quindi "profondità" in questo caso può essere anche un termine molto relativo: magari si rimane comunque nell'ambito degli strati interessati dai processi chimici e metallurgici. Attendo conferma o smentita

2) a prescindere da quanto sopra, e sempre se non mi sono perso qualcosa, i grafici presentati da chiaracat mi sembrano non normalizzati: sull'asse delle ordinate c'è log(count) cioè in pratica il dato grezzo che esce dallo strumento. Ricordiamo che la sensibilità della XRF è maggiore quanto più è alto il numero atomico quindi il dato grezzo tende a sottostimare la presenza di elementi a basso numero atomico. Prima di procedere a valutazioni basate sulla concentrazione relativa o assoluta di elementi nel campione mi sembrerebbe quindi indispensabile normalizzare il dato tramite confronto con un campione di riferimento a composizione nota, in modo da ottenere i dati reali di concentrazione percentuale dei vari elementi.

Ciao, P. :)

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Giusto un paio di osservazioni.

1) tacrolimus afferma che la capacità di penetrazione della tecnica non è alta. Forse ricordo male ma a me pare proprio il contrario:

Un buon ED XRF non riesce ad investigare oltre 100 micron di profondità del metallo.

Forse fai riferimento ad altre tecniche (PIXE, ad esempio)

Luigi

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Prima di procedere a valutazioni basate sulla concentrazione relativa o assoluta di elementi nel campione mi sembrerebbe quindi indispensabile normalizzare il dato tramite confronto con un campione di riferimento a composizione nota, in modo da ottenere i dati reali di concentrazione percentuale dei vari elementi.

L'ho scritto qualche post fa.

Ix = K Wx / (ul1 + ul2)

Ix = Intensità della riga

Wx = Frazione in peso dell'elemento in esame

ul1 = coefficente medio di assorbimento lineare del campione, nel suo insieme, per la radiazione incidente l1

ul2 = coefficente medio di assorbimento lineare del campione, nel suo insieme, per la radiazione di fluorescenza l2

k= costante di proporzionalità (strumentale)

Il metrodo di taratuta più frequente è il confronto tra le intensità prodotte da campioni incogniti e quelle prodotte da standards di composizione simile.

da: H.H. Bauer, Analisi strumentale

Luigi

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Un buon ED XRF non riesce a superare i 100 micron di profondità del metallo.

Ok, se queste sono le distanze coinvolte sono d'accordo che stiamo parlando di una tecnica di superficie, relativamente al contesto dell'analisi di manufatti archeologici.

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Mi verrebbe quindi da concludere che non ci sia nessun rilevamento preferenziale dell'arsenico in strati superficiali.

"Di norma l'arsenico, infatti, a causa della sua volatilità, tende durante il raffreddamento nella forma di fusione a distribuirsi verso le parti più esterne (segregazione inversa)."

E' il motivo per cui a tenori superiori al 12% gli oggetti di rame arsenicale sembrano argentati.

da: Giardino, I metalli nel mondo antico - Introduzione all'archeometallurgia

Luigi

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Non mi è possibile esprimere un parere sulle patine solo dalle foto, senza un controllo diretto. Posso solo dire che fra gli esemplari mostrati o citati nella discussione, quello che preferisco è quello dell'asta M&M 47 del dicembre 1972, lotto n° 112. La foto è in b/n ma nella descrizione si parla di ''splendide patine vert olivatre'' che, conoscendo la serietà e la competenza di Cahn, mi fa pensare che potrebbe trattarsi di una moneta genuina (sempre che esistano, vista la discussione precedente). Comunque nella stessa asta ci sono le seguenti monete di Hatria: n° 113 quincunx, n° 114 quartunx, n° 115 teruncius, n° 116 biunx, n° 117 e 118 oncia e n° 120 e 121 oncia. Una gran bella collezione!

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Mi verrebbe quindi da concludere che non ci sia nessun rilevamento preferenziale dell'arsenico in strati superficiali.

"Di norma l'arsenico, infatti, a causa della sua volatilità, tende durante il raffreddamento nella forma di fusione a distribuirsi verso le parti più esterne (segregazione inversa)."

Non metto in dubbio il fatto che l'arsenico tenda a migrare verso gli strati esterni (non è il solo elemento che presenta questo comportamento), solo mi domando se effettivamente la tecnica sia tale da rilevarlo in modo preferenziale. Se la distanza di 100 micron di cui scrivevi sopra è minore o confrontabile con la profondità delle "parti più esterne" allora è vero: la tecnica fornirebbe un valore percentuale per l'arsenico maggiore della realtà (intendo dire il valore percentuale su tutto il campione); in caso contrario no. La stessa identica problematica si ritrova quando si tenta di misurare il contenuto di fino delle monete antiche con tecniche spettroscopiche.

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Se la distanza di 100 micron di cui scrivevi sopra è minore o confrontabile con la profondità delle "parti più esterne" allora è vero: la tecnica fornirebbe un valore percentuale per l'arsenico maggiore della realtà (intendo dire il valore percentuale su tutto il campione); in caso contrario no.

Non seguo il tuo raggionamento e non voglio neanche provare a risponderti.

Credo che di aver rubato già troppo spazio alla discussione per contraddire le tue affermazioni.

Buona continuazione

Saluti

Luigi

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Luigi, cerco di dare un contributo a questa discussione sfruttando il fatto che in passato ho avuto a che fare con l'analisi dei materiali tramite tecniche spettroscopiche. Mi pare di capire dalle tue risposte che interpreti i miei interventi come un contraddittorio diretto nei tuoi confronti: sono dispiaciuto, non era questa l'intenzione e non c'era nessuna volontà polemica.

Saluti, P.

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Devo dire di aver purtroppo capito un po' poco di questi ultimi paragrafi molto tecnici sulla discussione sull'XRF, ma se qualcuno vuole fare il punto, semplificando, sarebbe utile, almeno per capire se ci sono nuove osservazioni al riguardo che possano in qualche modo coinvolgere direttamente l'analisi in questione. Grazie!

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Io credo che tutti questi discorsi di analisi spettrografica siano limitati se non si parte dall'analisi di un esemplare noto con certezza come autentico, non vi pare ?

Ho visto il commentoi di Gianoprora in merito all'esemplare dell'asta americana e mi incuriosisce.

E' vero o faslo secondo lui, a parte essre considerato come uno dei piu'belli esemplari noti ?

Infine anch'io mi sono posto iull dubbio se l'intera emissione fosse da condannare ma logicamente occorre fare due considerazioni:

l'emissione era gia' nota in tempi decisamente antichi (testo del Passeri , coll. Sorricchio, etc>)

inoltre il tipo e' cosi' originale e d ebbe cosi tanta fortuna da rendere poco credibile l'ipotesi di un'invenzione tout court (forse piu' verosiimile per il quinqunx) come tipo da parte di un falsario.

Molto piu' verosimile l'ipotesi di pochi pochissimi esemplari sicuramente autentici che vennero imitati in numerose copie e riproduzioni in epoca gia' assai remota per la particolarita' del tipo.

Infine visto il rinvenimenti di frazionali della serie sicuramente autentici sarebbe assai poco congruente non immaginare una serie completa.

numa numa

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Di per sè non tutte le serie fuse delle zecche italiche attive nel periodo presentano attestazioni di serie complete, ragion per cui non è totalmente da escludere anche questa possibilità (es. Ariminum - attestazioni dalla quincuncia alla semoncia -, o Vestini - dalla teruncia alla semoncia -). Il ritrovamento di un esemplare all'interno di un contesto archeologico per lo meno sicuro (ancora meglio se sigillato) è forse l'unico dato che possa garantire con quasi assoluta certezza l'autenticità di un pezzo (o almeno stabilire un termine ante quem per la sua coniazione/fusione).

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Conclude l’articolo: che fine hanno fatto le monete?

Gli ultimi discendenti del casato si sono trasferiti a Roma e dell’ingente patrimonio non si è saputo più nulla.

Il riferimento è relativo alla collezione Soricchio.

I pezzi maggiori sono stati visti dalle parti di Zurigo: come ho già citato nel mio post #93 di questa discussione, sono passati in asta NAC. Ora specifico meglio per chi vuole approfondire: asta NAC n. 9 del 1996, ai numeri 399 e 400 sono comparsi i due assi Hatria della collezione Soricchio, illustrati anche sull' Haeberlin ai numeri 96.6 e 206.54. Il n. 399 è quello illustrato anche dal Delfico nella citata opera del 1826 (post #93 di questa discussione). Se poi Chiaracat .... :) vuole anche sapere chi le ha comprate .... :) , beh, questo non si può indagare; lo sa NAC !!

E così, passo dopo passo, stiamo citando tutti gli assi Hatria noti e di cui vi è traccia in tempi recenti: musei a parte, ancora 8 pezzi e poi abbiamo finito ... :blink: !

Ciao da Gianoprora

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..... L'aspetto curioso è che il rovescio riporta, tra ore 12 e ore 3, una mancanza di metallo simile agli assi che finora abbiamo visto.

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...185&Lot=155

Rispondo con una ipotesi (che ovviamente può richiamare molti dissensi):

in quella officina monetale chi lavorava i pezzi, li tagliava così ! Mica tutti (infatti vi sarà stato mica un 'operaio' solo !), ma qualcuno li spezzava così ! Per altre monete, note in pochi esemplari, ho potuto notare delle analogie nei sistemi di lavorazione e di rottura del codolo di collegamento. Questi assi di Hatria, quanti saranno stati? Supponendoli tutti originali (!!), conteggiando quelli censiti da Haeberlin ed altri comparsi successivamente, oggi arriviamo a stento a contarne 80 pezzi. Quanti saranno stati in origine: decine di migliaia?? Penso piuttosto a qualche centinaio! E quanti 'operai' si saranno dedicati a questo lavoro? E' così fantasioso pensare che qualcuno di loro 'tagliasse' i pezzi con la stessa tecnica ripetitiva? I colpi di questo signore di 2300 anni fa sono 2, ad angolo di circa 150°, perchè probabilmente, per monete così grandi, i canali di adduzione della lega erano 2 (oppure uno piuttosto grande) e con i due colpi veniva sistematicamente 'rovinata' una parte del disco metallico. Affermo con un sorriso quanto sopra perchè la fantasia è proprio tanta (manca il nome dell'operaio ...), ma la considerazione è plausibile e permette di non stupirsi se qualche pezzo di monetazione fusa presenta alcuni esemplari con caratteristiche di contorno simili, in questa come in altre serie note in pochi esemplari.

Quanto sopra non aggiunge nulla alla discussione che pone dubbi sulla autenticità e non vuole sostenere alcuna tesi tranne questa: si ritrovano alcuni pezzi con 'tagli' simili, e ciò significa che la lavorazione subita in origine, post fusione, è stata simile.

In alcune officine si lavoravano con attenzione i dischi di metallo fuso, in altre no.

Ciao da Gianoprora

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Di per sè non tutte le serie fuse delle zecche italiche attive nel periodo presentano attestazioni di serie complete, ragion per cui non è totalmente da escludere anche questa possibilità (es. Ariminum - attestazioni dalla quincuncia alla semoncia -, o Vestini - dalla teruncia alla semoncia -). Il ritrovamento di un esemplare all'interno di un contesto archeologico per lo meno sicuro (ancora meglio se sigillato) è forse l'unico dato che possa garantire con quasi assoluta certezza l'autenticità di un pezzo (o almeno stabilire un termine ante quem per la sua coniazione/fusione).

Capisco la (de)formazione archeologica ma staremmo freschi se dovessimo avere evidenza dell'autenticita' di un pezzo (o una serie) solo in base ai ritrovamenti ufficilai e pubblicati.

In realta' quasi tutti i pezzi conosciut derivano da ritrovamenti in epoca antica anche se ovviamente solo una minima parte ha potuto essere documentata come proveniente da contesti stratigrafici o tesoretti oggetto di pubblicazione.

Torno a ripetere che ben difficilmente un falsario avrebbe potuto "creare" un tipo cosi'originale come l'asse atriano, del quale inoltre abbiamo evidenza di rinvenimento nei nominali inferiori di identica tipologia.

numa numa

PS

vedo pero; che Gianorpora continua a non esprimersi sull'esemplare venduto a NY..

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PS

vedo pero; che Gianorpora continua a non esprimersi sull'esemplare venduto a NY..

Arrivo, arrivo.

Vorrei riuscire a rispondere con considerazioni adeguatamente articolate, e per questo ho bisogno di tempo per farlo e tranquillità mentale: insomma devo far passare questo periodo di festività ....

A proposito, auguri a te ed a tutta la comunità: BUONE FESTE.

A presto

Saluti da Gianoprora

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Mi auguro che il Sileno sia in tutt'altre faccende affaccendato e non abbia avuto modo di seguire la discussione: rileggerla tutta di un fiato lascia interdetti.

E' un vero peccato che un argomento tanto interessante, soprattutto dal punto di vista delle molteplici visuali e chiavi di lettura che ha messo sul campo, sia finito spesso nel terreno di una rissa verbale da Bar Sport (con tutto il rispetto per i Bar Sport sparsi per la Penisola) in cui le pulsioni all'affermazione di sè hanno avuto tristemente il sopravvento sulla ricerca collettiva di elementi utili alla comprensione di un fenomeno qui rappresentato dall'asse postato da Chiara.

Stupiscono anche le cristalline certezze riguardo a manufatti antichi (tali sono le monete, nè più nè meno che le fibule, la produzione fittile, ecc.) dei quali, per quanto prodotti in serie, possediamo campioni il cui valore statistico è assolutamente risibile, dei quali i dati di rinvenimento (se va bene) sono del tutto limitati, frammentari e (molto spesso) datati e non verificabili, e dei quali, infine, la stessa conoscenza del contesto culturale di cui sono il prodotto risulta così sovente nebulosa e con limitatissimi punti fermi.

Probabilmente siamo di fronte ad uno di quei frangenti in cui la numismatica antica, intesa come collezionismo, collide con la numismatica antica, intesa come ricerca su di una specifica attività umana del passato.

Chiedo perdono per questa sconsolata digressione (nel frattempo è arrivato Natale, per cui confido in una benevola comprensione) e per il momento non entro nel merito del giudizio sull'asse di Chiara, con annessi e connessi.

Mi auguro che il prosieguo della discussione possa vedere valorizzata quella tipologia di interventi che tendono ad un accrescimento complessivo delle conoscenze dei lettori del forum su di un fenomeno così misconosciuto, interessante e problematico rappresentato dalla monetazione di Hatria e dalla sua tradizione, evitando o quanto meno limitando le sterili dispute tra "addetti ai lavori", o presunti tali.

Buon Natale.

Che il Sileno vegli su tutti noi.

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Awards

Aulisio

certi comportamenti sono stati giustamente stigmatizzati e la discussione e' rientrata sul giusto binario.

inutile rinfocolare vecchie polemiche. Godiamoci il Natale e ben vengano contributi fattivi e utili alla discussione.

numa numa

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Caro Numa, non è certo mia intenzione rinfocolare alcunchè, ma solo di tentare di portare nella discussione alcune considerazioni di metodo.

In particolare notando come molto spesso accanto alle affermazioni assertorie che tutti noi siamo portati a fare arrivando magari a scatenare dispute su questo o quel punto di vista, si stenda un quadro assolutamente desolante in termini di conoscenza complessiva dei molteplici aspetti del fenomeno di cui parliamo, specie se comparato alla conoscenza che abbiamo di altre manifestazioni materiali umane coeve.

E' un discorso generale, che non si riferisce a nessun intervento in particolare, ma che ritengo sia estensivamente applicabile alla monetazione di cui parliamo.

Ce lo dobbiamo dire con franchezza, credo: negli ultimi cent'anni, dal lavoro dell'Haeberlin, non è che siano stati fatti grossi passi in avanti nella conoscenza della monetazione fusa etrusca ed italica... Siamo sempre sostanzialmente lì, con una serie di ipotesi interpretative che non riescono ed essere nulla di più che mere ipotesi, dati scarsi e frammentari, campioni della produzione monetaria che molto spesso da un punto di vista statistico sono del tutti insufficienti (che di un dato asse se ne conoscano tre esemplari, dieci o venti, non è che da questo punto di vista cambi granchè,..)

Per questo penso che lo stupore dimostrato da Chiara circa la carenza di dati pubblicati relativi alla composizione delle leghe, rispetto alla dispersione dei materiali, rispetto alla quasi totale assenza non solo di dati di contesto datante ma addirittura di dati di rinvenimento affidabili, ci dovrebbe far riflettere su come la ricerca, con poche eccezioni, sia stata sostanzialmente ferma nell'ultimo secolo.

Oltre ai lavori di sintesi, ci si è magari concentrati sulla definizione del livello di rarità di questo o quel pezzo (dato che pure può avere la sua importanza nell'ambito del mercato collezionistico, ma che aggiunge ben poco, stante l'esiguità del campione statistico, alla conoscenza complessiva del fenomeno) trascurando aspetti, quale giusto per fare un esempio proprio quello legato agli aspetti estrattivi/metallurgici, che avrebbero fatto progredire realmente le nostre conoscenze, quanto meno approfittando della disponibiltà di mezzi tecnici a cui l'Haeberlin non aveva accesso.

Tutto qua. Nessun intento polemico, solo pacata e natalizia riflessione. :)

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Awards

Concordo con le tue considerazioni Aulisio ma personalmente ritengo che l'analisi di questi pezzi, particolarmente difficili e insidiosi, non possa essere limitata ad un unico ambito (quello chimico/metallografico ad es.) bensi dovrebbe essere un insieme di indagini. Non si puo infatti prescindere dall'analsis epigrafica della legenda, dalla forma delle lettere, dallo' iconografia, ponderale, metallografica, oltre che da una buona valutazion al microscopio e infine, perche' no, anche tattile, come sosteneva il grandissimo Federico Zeri :)

numa numa

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Concordo con te: il mio era solo un esempio, tra l'altro orientato non tanto (o non solo) alla verifica dell'autenticità o meno del singolo pezzo, quanto alla ricerca di quella massa enorme di informazioni di ordine tecnologico, storico, numismatico che la composizione della lega, i processi estrattivi e produttivi e le loro eventuali analogie con produzioni coeve, la provenienza del minerale, ci potrebbero d'are.

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Awards

Lasciando un attimo da parte la questione delle analisi metallurgiche, su cui purtroppo ogni osservazione, per quanto sensata e ragionevole è costretta a fare a meno, per le proprie argomentazioni, del supporto di un termine di confronto, ho cercato di documentarmi, anche se molto superficialmente, sulla tecnica produttiva degli aes grave e ho trovato, tra i manuali di questo sito - suppongo - (http://manuali.lamoneta.it/MoneteRepubblicane), alcune osservazioni interessanti, di cui vorrei avere conferma e magari discutere:

1) il possibile utilizzo - e riutilizzo, anche se ovviamente per limitati periodi di tempo (più o meno a seconda del tipo di materiale) - di matrici realizzate in terracotta o in arenaria:

- questo significa quindi che due monete possono presentare caratteristiche simili anche per motivazioni legate alla loro produzione, oltre che per possibili falsificazioni?

2) nell'articolo sono riportate anche alcune osservazioni legate a possibili "conseguenze" della tecnica produttiva della fusione, quali sfasature tra D/ e R/ a causa delle non coincidenze delle due valve o ancora il segno di distacco del/dei codolo/codoli di fusione:

- in rapporto alle sfasature, potrebbe considerarsi tale il bordo come "doppiato" sul lato dx della moneta da me postata?

- in rapporto al segno del distacco del codolo di fusione, potrebbe considerarsi tale la mancanza di materiale e il segno di "rottura" in basso, sotto il cane ed il viso del sileno?

Su questo secondo punto non tanto per discutere di autenticità o falsità del pezzo (questi caratteri ritengo che potrebbero infatti comunque essere riproposti anche in un falso se presenti in un originale), quanto per cercare di meglio definire la tecnica di produzione utilizzata, ammesso che le mie osservazioni possano considerarsi "sensate".

Ho letto inoltre del possibile utilizzo di matrici a grappolo oppure in verticale, le prime testimoniate a volte da un solo segno di distacco di codolo, le seconde da due poste a 180°. Queste due tecniche erano usate indistintamente ad Hatria? Ci sono attestazioni? Avete osservazioni in proposito su altri esemplari?

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