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La crisi del III secolo e l’inizio della decadenza


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Frutto delle notti insonni passate ad organizzare Vinovo, un piccolo sunto di uno dei periodi più affascinanti per la Storia romana...la fine del III secolo, periodo di sangue e devastazioni, di carestie e di migrazioni di massa in cui non mancarono certo valenti imperatori... morti lontano da Roma...

Con la morte di Traiano Decio in battaglia ad Abritto contro i Goti, nel 251 dc, la crisi economica e sociale che attanagliava l’Impero romano, con i continui tentativi di superamento dei confini da parte delle popolazioni barbariche, con la svalutazione della moneta che impoveriva soprattutto le classi meno abbienti e con le continue carestie, non solo non si affievolì bensì rese ancora più traballante il potere imperiale, oramai in balia dei generali dell’esercito che con autorevolezza e decisione nominavano imperatori scelti tra i propri ranghi e con altrettanta strafottenza se ne disfacevano quando vedevano apparire una figura più carismatica o vincente.

Nel 251 dc, appena appresa la notizia della morte di Decio, i soldati stanziati in Moesia (Provincia romana situata nell’attuale Bulgaria) nominarono imperatore il perugino Treboniano Gallo, governatore, che tanto aveva fatto per respingere le invasioni dei Goti sul Danubio.

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Sesterzio di Treboniano Gallo

D\ Busto laureato, drappeggiato e corazzato a destra di Treboniano Gallo

R\ VOTIS DECENNALIBVS SC in corona d’alloro

Cohen 137 RIC VI 127a

Appena salito al trono Gallo si affrettò a concludere una pace con i Goti (che prevedeva tra l’altro il versamento di un tributo) per tornare a Roma il più in fretta possibile, dove associò al potere il proprio figlio Volusiano e il figlio superstite di Decio, Ostiliano, che però poco dopo morì per l’epidemia di peste che da alcuni mesi mieteva vittime per tutto l’impero.

Nel 253 dc la Siria fu invasa dal re persiano Shapur I (Sapore) mentre le tribù gotiche, nonostante il trattato stipulato, stavano ribollendo nuovamente. Il governatore della Moesia Emiliano li sconfisse e come risposta le legioni lo nominarono imperatore. L’usurpatore Emiliano marciò allora verso l’Italia, ove Treboniano stava preparando l’esercito ma la battaglia non si ebbe mai perché i soldati dell’imperatore legittimo lo tradirono e lo uccisero assieme al figlio Volusiano.

Le emissioni di Treboniano Gallo sono caratterizzate da rovesci “pacifici” quali PAX, AEQUITAS, FELICITAS , IVSTITIA e lo stesso Marte (MARS), divinità della guerra, viene rappresentato come PACIFERO. Curiosa e’ l’introduzione del rovescio IVNONI MARTIALI, comune anche al figlio Volusiano, con la moglie di Giove raffigurata in un tempietto, che molto ricorda quelli dei giardini delle ville dei nobili e della borghesia di 1500 anni dopo.

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Sesterzio di Volusiano

D\ Busto laureato, drappeggiato e corazzato a destra di Volusiano

R\ IVNONI MARTIALI SC Statua di Giunone entro tempietto a 4 colonne

Cohen 41 var. RIC VI 252 a var.

Alla morte di Treboniano, Valeriano, generale delle truppe del fronte sul Reno che il defunto imperatore aveva richiamato per prestargli soccorso, venne acclamato dai soldati a vestire il manto imperiale. Valeriano accettò e continuo a marciare verso l’esercito di Emiliano. Quest’ultimo venne però ucciso dagli stessi soldati che lo avevano eletto, lasciando senza oppositori il suo rivale alla porpora.

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Aureo coniato da Valeriano (253-260 dc)

D\ Busto laureato, corazzato e drappeggiato di Valeriano a destra

R\ LIBERALITAS AVGG II Valeriano padre, Gallieno e Valeriano II (o il prefetto) assisi a sinistra su sedie curuli nell’atto di distribuire donativi

Cohen 124 RIC 145

Anche il regno di Valeriano fu caratterizzato dai continui tentativi di invasione da parte di Goti, Alemanni, Sassoni e soprattutto di Persiani, guidati dal re Shapur I che, come vedremo in seguito, avrà un destino incrociato con quello dell’imperatore romano.

Valeriano, con l’approvazione del Senato della quale faceva parte, associò al trono il figlio Gallieno, che si occupò di governare le province occidentali dell'Impero mentre il padre si stabilì ad Antiochia per tenere sotto controllo le mosse dei Persiani. Si rese anche artefice di confische e persecuzioni nei confronti dei Cristiani, probabilmente nel tentativo di allontanarli dai centri del potere politico ed economico verso le quali i seguaci di Cristo si stavano oramai avvicinando. Nel 260 dc, con le truppe oramai fiaccate nel morale da anni di continue battaglie, cercò di portare la guerra in territorio persiano, ma venne circondato e catturato assieme a tutti i suoi generali.

Passò quindi alla storia per essere stato il primo imperatore (e l’unico) catturato dai nemici, presso i quali morì di stenti. Alcune fonti affermano che i prigionieri romani vennero utilizzati nella costruzione di una diga (tanto per cambiare vista la bravura degli ingegneri romani in piedi ancora oggi..), altre riportano che fosse il poggiapiedi vivente di re Shapur I. Che fine ingloriosa per un imperatore….

Abbiamo affermato che Valeriano appena eletto nominò come co-reggente il figlio Gallieno. Costui alla morte del padre restò l’unico Augusto dell’Impero. Alcuni storici hanno messo in dubbio il rapporto filiale fra i due a causa del mancato intervento e/o pagamento di riscatto da parte di Gallieno per liberare il padre ma va detto in sua difesa che probabilmente a nulla sarebbero servite spedizioni militari in territorio nemico oppure tributi in oro, vista l’importanza del prigioniero e le cattive acque in cui versavano le finanze romane. Semplicemente Gallieno dovette “sacrificare” il padre e cercare di salvare l’Impero, sottoposto da tentativi di invasione ai confini (in particolar modo quelli renani) e soprattutto dalla secessione interna della Gallia, Britannia e della Spagna, ad opera del generale Postumo [vedere capitolo 2]. Costui, generale romano che aveva sostituito Gallieno al comando delle legioni stanziate sul Reno, si ribellò e proclamatosi imperatore del cosiddetto “Impero Gallico”, privò il popolo italico di risorse importanti quali frumento, vino e ceramiche. Ad Oriente la Siria cadde sotto il controllo di un ex-alleato romano quale Odenato che in breve tempo portò sotto la sua influenza parte dell’Asia minore e l’Egitto.

Roma in sostanza venne privata dei suoi “granai”.

Malgrado avesse riformato l’esercito, migliorando le tempistiche di intervento con l’introduzione di reparti speciali di riserva formati da cavalieri, Gallieno vedeva il suo Impero disgregarsi anno dopo anno e durante l’assedio di Milano, dove cercava di stanare il generale Aureolo, fedelissimo di Postumo, venne ucciso in una congiura organizzata dai suoi generali. Correva l’anno 268 dc e uno dei più controversi imperatori romani aveva finito il suo percorso terreno.

Gallieno e’ raffigurato con uno dei ritratti più facilmente distinguibili di tutta la coniazione imperiale. Testa piccola e quadrata, naso sovente aquilino e barba a puntini lo rendono facilmente identificabile anche ai neofiti che si avvicinano alle emissioni imperiali.

image00427.jpg

Medaglione in oro coniato da Gallieno (253-268 dc)

D\ Busto laureato e corazzato di Gallieno a destra

R\VIRTVS AVG Gallieno a cavallo, in abiti militari, nell’atto di trafiggere nemico in ginocchio ed implorante la resa

Cohen manca RIC manca Medaglione unico apparso nel 2003 e venduto a 85.000 $

La monetazione di Gallieno e’ caratterizzata da una gran varietà di rovesci e da nominali sottopeso, soprattutto antoniniani (che in questo periodo raggiungono la minima percentuale di argento) e aurei. Notevole e’ la rara e ricercata serie dedicata alle legioni con al rovescio gli animali che la rappresentavano.

Gli animali vennero anche utilizzati in altre emissioni, in particolare quella dedicata ad Apollo di ben più facile reperimento, e anche a nome di suo figlio Valeriano ( o molto piu’ probabilmente Salonino). E’ infatti al rovescio del giovane Cesare, morto in tenera età, che appare una delle più curiose rappresentazioni di divinità del Pantheon romano, il Giove infante raffigurato a cavallo, si fa per dire, della capra Amaltea.

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Antoniniano emesso da Gallieno a nome del figlio Valeriano (o Salonino) (253-255 dc)

D\ Busto drappeggiato di Valeriano II (Salonino) a destra

R\ IOVI CRESCENTI Giove bambino a cavallo della capra Amaltea

Cohen 27 RIC 3

Tutte le fotografie sono tratte da Coinarchives


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Chiedo a crivoz un piccolo chiarimento: non mi risulta cher Odenato si sia ribellato all'Impero. Credo che l'abbiano fatto i suoi eredi (che potrebbero aver pilotato la sua eliminazione).


Inviato

Sei un grande Crivoz, nonostante io non ami affatto il peridodo del basso impero ho letto il tuo intervento con molto interesse. Grazie


Inviato

Grazie per il lavoro interessante e gradevole da leggere. Enrico


Inviato

Bravo! Una lettura affascinante.


Inviato

Se mi consentite una piccola aggiunta, come da me già postata su un altro sito, qualche notizi sul nostro Gallieno:

XVI. Ecco i divertimenti di Gallieno: costruiva letti di rose e castelli di mele. Fece vassoi di gioielli e d'oro. Si mostrava in pubblico con la corona di raggi, e a Roma, dove gli imperatori indossavano la toga, portava un mantello di porpora e un vestito, con le maniche lunghe, sempre color porpora e in più bordato d'oro; preferiva decorazioni effeminate, come gioielli nei capelli, sulla cintura e sui lacci degli stivali. Offriva numerosi e demagogici banchetti pubblici. Inoltre mangiava seduto.

XVII. Quando l'imperatore Valeriano fu catturato, Gallieno, come il migliore dei filosofi, disse: "ho sempre saputo che mio padre era mortale." Quando entrava e quando usciva da palazzo faceva suonare le trombe e i tamburi. In estate faceva il bagno sei o sette volte al giorno, in inverno tre. Quando andava ai giardini che presero il suo nome dopo di lui, tutto il personale di palazzo andava con lui, e andavano anche i funzionari (praefecti) e i ministri (magistri). Tutti erano invitati ai suoi banchetti e facevano il bagno in piscina assieme alle ragazze. Le più belle per l'imperatore, le brutte per gli altri.

XVIII. Progettò una sua statua alta il doppio del Colosso di Rodi, con carro e cavalli, ma questo progetto, che sembrava folle anche a Claudio e Aureliano, fallì. Gallieno non demordendo progettò anche una lunghissima via porticata, fino al Ponte Milvio, con quattro o cinque linee di colonne.

Così l'autore di questo testo (che si fa chiamare Trebellio Pollione), come altri storici filo-senatoriali, descrive Gallieno (260-268) come un nuovo Caligola o Nerone, sull'orlo della follia, dedito a orge di sesso e alcol, a massacrare i soldati e a far costruire monumenti tanto grandiosi quanto improbabili. Al contrario gli storici bizantini Zosimo (VI sec.) e soprattutto Zonara (XVI sec.), attingendo a fonti diverse ora scomparse, riportano che fu un buon sovrano, onesto e liberale.

Gallieno, nonostante la sua origine, si comportò come i successivi imperatori provenienti dall'esercito e non dalla nobiltà. Ma probabilmente, agli occhi degli storici del IV secolo che scrissero questo testo appariva in contrasto anche con i successori. Può darsi che alcuni senatori avessero complottato coi militari proprio per assassinare Gallieno. Nel IV secolo Claudio II (268-270), "il Vincitore dei Goti" veniva indicato come antenato da Costantino (313-337) stesso, mentre Aureliano (270-275) veniva chiamato "il Restauratore del Mondo", colui che aveva riportato sotto dominio romano i regni separatisti.

I giudizi dell'ambiente senatoriale del IV secolo erano dovuti al fatto che sotto il regno di Gallieno la crisi plurisecolare dell'impero, economica e politica, raggiunse il suo culmine, con la cattura dell'imperatore Valeriano (253-260), padre di Gallieno, con la secessione delle province del nord e di quelle orientali. Gallieno, come detto, escluse la classe senatoriale dai comandi diretti delle legioni (lasciando loro probabilmente il governo provinciale), atto politico che si dimostrò storicamente ineccepibile dato che si pone in linea di continuità con la politica dell'impero da Augusto (27 a.C.-14 d.C.) a Diocleziano (284-305), il quale renderà definitiva la separazione fra compiti militari affidati ai discendenti degli antichi equites, e compiti civili-amministrativi affidati ai senatores.


Inviato (modificato)

Dato che parliamo di Gallieno, ieri ho ricevuto il sesterzio comperato da Artemide. E' un ritratto discreto e lo posto. A Crivoz ripongo il problema di Odenato: non credo che sia stato lui a ribellarsi, era un vassallo affidabile e molto considerato a Roma. Credo, invece, che proprio questa fedeltà gli sia costata la vita (e quella del suo primogenito).

post-7971-1222939600_thumb.jpg

Modificato da cancun175

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Grazie, molto interessante !


Inviato

Per Cancun175:

Purtroppo non riesco a rintracciare la pagina web che citava la fonte di quanto da me riportato...

Si diceva comunque che Odenato, malgrado non avesse preteso per se la porpora imperiale fosse di fatto un secennionista per i poteri che aveva. Non solo aveva conservato le provincie a lui assegnate o riconquistate ai Persiani ma vi aggiunse aggiunto anche l'Egitto..autentico granaio.

A detta dello storico citato da quell'articolo, che ripeto non riesco piu' a rintracciare, semplicemente Gallieno non aveva la possibilità di riprendersi i territori...come invece avrebbe fatto anni più tardi Aureliano


Inviato (modificato)

No, una cosa è certa. Non fu Odenato a conquistare l'Egitto, ma furono Zenobia e Vaballato. Odenato ebbe da Gallieno il titolo di <totius Orientis imperator>, una specie di vicariato sull'attuale Siria (Libano e parte di israele compresi) con capitale Palmyra, in cambio del sostegno a Gallieno contro Quieto e Macriano. E proprio nel nome dell'Impero, a cui riversò gran parte del bottino di guerra, sconfisse Shapur I (Sapore I) e riconquistò per Roma l'Armenia. Pur avendo creato di fatto un potentato autonomo, non entrò mai in collissione con Roma, rifiutando più volte di proclamarsi Augusto. Fu ucciso, con il figlio ed erede Erode, nel corso di una campagna contro i Goti da congiurati forse (FORSE) istigati da Zenobia che spingeva per Vaballato. E furono proprio Zenobia e Vaballato ad estendere il dominio di Palmyra in Egitto entrando così nel conflitto perdente con Aureliano.

A sostegno di questa tesi c'è il fatto, ad oggi inconfutabile, che non esistono monete con l'effige di Odenato, mentre ne esistono a profusione con l'effige di Vaballato e qualcuna anche con quella di Zenobia accostata al titolo di Augusta (battuta solo negli ultimi giorni di regno).

Possiamo, quindi, considerare certamente Odenato padre del Regno di Palmyra, ma non in contrasto con l'autorità di Roma. Odenato era troppo intelligente per capire di non poter fronteggiare Sapore a Est, Gallieno a Ovest e i Goti a Nord. Ed ebbe il coraggio di schierarsi con Roma nel momento in cui questa sembrava soccombere dopo la cattura di Valeriano e il sacco di Antiochia in una successiva campagna. Sorprese Sapore nella sua marcia di ripiegamento da Antiochia a Clesifonte e lo sbaragliò, cingendo d'assedio la capitale. Il suo assassinio, perpetrato mentre muoveva contro i Goti, priva la storia della soluzione di un quesito. Che cosa avrebbe fatto una volta soggiogati i Goti? Avrebbe mosso guerra a Gallieno? Ma la storia non si fa con i se...

NELLA FOTO ALLEGATA: tetradracma dalla mia collezione con Vaballato e Aureliano:

Vabalato e Aureliano (271d.C.), regno secessionista di Palmyra.

Tetradracma in potin, Alessandria

9,522 gr., 19 mm., MB+ (F+).

D/: AYT K Λ Δ(lamba,delta) AYPHΛ(lamda)IANOC CEB, busto di Aureliano laureato con veste lorica e paludamento a dx. Nel campo L A.

R/: I A C OVABAΛ Λ(lamda,lamda)AΘ(teta)OC AΘ(teta)HNO Y AVT C PΩ(omega) ; busto da Vabalato laureato e diademato a dx, con veste lorica e paludamento. Nel campo L Δ(delta)

BMC-2386, Milne-4311, Dattari 5422, Curtis 1739-41

da Sphinx Numismatica di Youssef Mishriki , Markham Ontario Canada

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Modificato da cancun175

Inviato (modificato)

E, in aggiunta, sembre Vaballato e Aureliano dalla zecca di Antiochia e sempre dalla mia collezione:

Vabalato e Aureliano, antoniniano di bronzo (271-272 d.C.), zecca di Antiochia

3.114 gr, 20.4 mm, 0°, qMB (gF)

D/: IMP C AVRELIANVS AVG, busto radiato e corazzato a dx, Γ(gamma) sotto

R/: VABALATHVS V C R IM D R, busto a dx diademato, laureato, drappeggiato e corazzato

RIC V 381

da Forum ancient coins, New York

-------

Vaballato si accontentava, in questa fase del titolo di VCR (vir clarissimus romanorum), più o meno come i senatori romani, lasciando l'AVG ad Aureliano. Era un chiaro messaggio: non voglio usurpare. Ma la conquista dell'Egitto fu un atto superiore alle formalità.

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Modificato da cancun175

Inviato

Ed ecco infine un antoniniano di Zenobia, nel quale compare l'attribuzione di AVG che la classifica anche formalmente come usurpatrice. Questa volta non è dalla mia collezione (magari! Fu valutato 5000 dollari nel 1999)

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Inviato

Esistono anche per Vaballato monete da Augusto...piu' facilmente rintracciabili di quelle di Zenobia.


Inviato
Per Cancun175:

Purtroppo non riesco a rintracciare la pagina web che citava la fonte di quanto da me riportato...

Si diceva comunque che Odenato, malgrado non avesse preteso per se la porpora imperiale fosse di fatto un secennionista per i poteri che aveva. Non solo aveva conservato le provincie a lui assegnate o riconquistate ai Persiani ma vi aggiunse aggiunto anche l'Egitto..autentico granaio.

A detta dello storico citato da quell'articolo, che ripeto non riesco piu' a rintracciare, semplicemente Gallieno non aveva la possibilità di riprendersi i territori...come invece avrebbe fatto anni più tardi Aureliano

Probabilmente Ti riferisci ad Isaac : "Limits of Empire".

"Vabalathus assumed the titles "corrector totius Orientis" and "King of Kings". In 270 he appears as "v(ir) c(larissimus), consul, dux Romanorum and Imperator". [...] In any event these titles, particularly the first and the last, reflect claims to imperial rank. Only emperors could accumulate such a series of titles, and no emperor would willngly beastow them on anyone but an associate. The evidence is reliable, deriving from Alesandrian coins and milestones in Syria, Judaea and Arabia."

Anche il Le Bohec parla chiaramente di usurpazione da parte di Odenato.

Odenato non si ribellò a Roma...ma certamente dal punto di vista orientale dei Palmireni, i titoli che ad egli furono attribuiti rappresentarono qualcosa di più, come potere locale, che semplice ordinaria amministrazione, come fu per i Romani, nell'attribuzione di deleghe straordinarie.

Tanto è vero che Vaballato (Zenobia) ritenne tali titoli ereditari...mentre per la legge romana ereditari non erano.


Inviato (modificato)

Certo che i titoli di Odenato erano fuori dalla norma. Anche se re dei re era un titolo di cui altri sovranucci orientali si erano fregiati, vir clarissimus romanorum era un titolo senatoriale, corrector totius Orientis faceva di lui una sorta di proconsole di un territorio allargato e imperator non aveva l'accezione che gli diamo noi, ma quella di comandante dell'esercito. Lo snodo era il titolo di Augusto e Odenato non se ne fregiò mai. Comunque, il fatto è che tali onori gli furono concessi. Io credo che la questione viaggiasse su un filo sottile: Odenato chiedeva e un imperatore debole gli dava. Troppo difficile scontentare il vincitore degli usurpatori, il vincitore di Sapore, colui che aveva riportato a Roma il regno di Armenia, colui che avrebbe mosso guerra ai Goti e che sicuramente li avrebbe sbaragliati. Ma proprio la concessione imperiale non faceva di lui un usurpatore. Credo che gli storici che hanno sostenuto questa tesi, invero pochi, abbiano fatto un po' il processo alle intenzioni. E, se entriamo nella fantastoria, posso convenire che se Odenato non fosse stato assassinato, probabilmente ora parleremmo di un epico scontro tra lui e Gallieno. Non a caso altri storici lasciano intendere che a muovere la spada di Maconio non fu Zenobia ma furono gli emissari imperiali.

Ma non è andata così e mi sembra che anche il testo citato di Le Bohec parli, più che di usurpazione, di un uso palmyreno dei titoli.

Modificato da cancun175

Inviato (modificato)
Ma non è andata così e mi sembra che anche il testo citato di Le Bohec parli, più che di usurpazione, di un uso palmyreno dei titoli.

Cito, da Le Bohec (ed altri) "storia romana" : "usurpazioni e secessioni, quella di Postumo in Gallia e

quella di Odenato a Palmira, in particolare, mostrano sia la debolezza del potere centrale che la volontà di restistere dei provinciali "

Direi quindi considerasse proprio usurpazione o secessione (teoria che comunque non condivido).

E, se entriamo nella fantastoria, posso convenire che se Odenato non fosse stato assassinato, probabilmente ora parleremmo di un epico scontro tra lui e Gallieno.

Certo che sarebbe stata una bella lotta.

Ma sarebbe stata da considerarsi una guerra civile o uno scontro tra Impero Romano e Regno di Palmira al pari di un qualsiasi altro regno/impero nemico ?

Propenderei per la seconda ipotesi, come del resto non ritengo guerra civile la vera lotta tra Aureliano e Zenobia.

Il regno di Palmyra era un'entita a sè stante, anche dal punto di vista militare (Zenobia non schierava legioni romane).

P.S. : questo post mi ha fatto ricordare la splendida mostra che si tenne qualche anno addietro a Torino su Zenobia.... :rolleyes:

Modificato da Flavio

Inviato (modificato)

DE GREGE EPICURI

Grazie davvero a Crivoz per la bella e sintetica esposizione, e per le belle immagini. Grazie anche a Postumus, a Paolo ed a Flavio per le integrazioni. Il III secolo è proprio appassionante!

Modificato da gpittini

Inviato

Ma sarebbe stata da considerarsi una guerra civile o uno scontro tra Impero Romano e Regno di Palmira al pari di un qualsiasi altro regno/impero nemico ?

Teoria affascinante. Che presume un quesito di partenza: la Siria era o non era parte integrante dell'Impero romano? Io propendo per il sì, quindi per l'eventuale guerra civile. Ma è un'opinione.

Opinione peraltro non esaustiva del problema. Ciò che mi sembra tagli la testa al toro sono proprio i titoli di cui Odenato si fregiava: il vir clarissimus romanorum, il dux romanorum, l'imperator e soprattutto il corrector totius Orientis. Questi titoli, come detto, non ne fanno un usurpatore (come Vaballato e Zenobia), ma indicano una chiara volontà di Odenato di essere parte della struttura romana e della sua gerarchia onorifica e burocratica. Odenato era stato posto al vertice di questa gerarchia, escludendo però il potere imperiale (Augustus) e la pretesa di successione (Caesar). E lo stesso Odenato non ha mai dato segnali espliciti, come il conio di monete o iscrizioni su lapidi, di pretese in questo senso. Se le aveva, le covava e aspettava il momento opportuno per esplicitarle. Una vittoria contro i Goti, peraltro non difficile per le potenzialità sue e quelle del suo esercito, avrebbe sgomberato il campo da qualsiasi rivale ai confini di Palmyra. Si sarebbe accontentato? Siamo nella fantastoria. Ma, dato il tipo, sono sicuro che non avrebbe giocato di sponda, come Vaballato e Zenobia, dirigendosi in Egitto, ma piuttosto avrebbe puntato direttamente contro l'esercito di Gallieno.


Inviato (modificato)
Teoria affascinante. Che presume un quesito di partenza: la Siria era o non era parte integrante dell'Impero romano? Io propendo per il sì, quindi per l'eventuale guerra civile. Ma è un'opinione.

Per i Romani certamente sì...ma cosa ne pensavano i Palmyreni ??

Mettiamola così...fu una guerra civile tra Impero e secessionisti (parliamo già di Zenobia, ovviamente), ma forse, almeno dal punto di vista militare, meno "civile" delle precedenti e delle successive.

Ho menzionato in precedenza l'esercito di Zenobia a tal proposito, poichè già Zosimo lo indicò del tutto "non romano", ma costituito da "Palmyreni, Siriani e barbari".

Insomma...già "solo" due secoli (e rotti) dopo se ne parlava come di scontri non "tra" Romani ma tra l'Impero ed un nemico "secessionista" ben poco Romano.

Per intenderci, certamente peggio fu la battaglia di Mursa...carneficina di Romani.

P.S. : Zenobia contava anche un congruo numero di catafratti allo stile persiano (mercenari?) che furono "allegramente" presi a "mazzate" dai soldati di Aureliano (metodo che qualche tempo dopo Costantino copiò contro i catafratti Massenziani ai Campi Taurinati...come certo Cancun175 ricorderà da un mio vecchio post :) ).

Mi rendo conto che ho trasformato un post numismatico in uno di storia (militare). Mi scuso per l'OT...ma in fondo il bello della numismatica è anche questo :)

Modificato da Flavio

Inviato

Ricordo perfettamente il tuo vecchio post sui Campi Taurinati. Ma dissento sulla prova di non romanità che viene dalla composizione non romana dell'esercito palmireno. Nella famosa iscrizione trilingue di Shapur I che magnificava la vittoria su Gordiano III si parlava espressamente di un esercito (quello romano) composto da realtà diverse (Herwig Wolfram, <Storia dei Goti> I cap.). L'impero romano accettava al suo interno re ed eserciti autonomi e ai re attribuiva gradi militari della gerarchia romana. Il regno di Palmyra e Odenato rispondono esattamente a questo criterio. Tutto il discorso, quindi, va spostato sulle pretese dei regni in qualche modo foederati verso l'Impero. In altre parole, se i re, o re dei re, pretendevano o meno di governare sull'intero Impero o su una parte di esso che esulava dai confini di competenza antecedenti la conquista romana (e la Siria era dominio di Roma da diversi secoli). Questo, con la conseguente contestazione della legittimità dell'Augusto, ne faceva degli usurpatori. Se i palmireni si sentivano non organici all'Impero romano, la loro guerra a Roma si poteva configurare, con parole di oggi, come una guerra di liberazione. Ma questo contrasta sia con la consegna a Gallieno da parte di Odenato del bottino, o di parte di esso, della campagna contro Shapur I, sia con l'invasione di Vaballato e Zenobia dell'Egitto. E ancor più con l'autoattribuzione del titolo di Augusto da parte di Zenobia e Vaballato.

L'unico evento storico che accredita eventualmente la tesi del regno autonomo è la ribellione dei palmireni dopo la cattura di Zenobia con il massacro della coorte di arcieri lasciati da Aureliano a Palmyra e la conseguente distruzione di Palmyra da parte di Aureliano. Ma i tempi della fine di Zenobia non sono quelli di Odenato e, specialmente, la politica di Zenobia non era quella di Odenato. Le pretese dei due verso Roma erano tanto diverse che non faccio fatica a vedere la mano di Zenobia dietro la morte del marito.


Inviato (modificato)
Ricordo perfettamente il tuo vecchio post sui Campi Taurinati. Ma dissento sulla prova di non romanità che viene dalla composizione non romana dell'esercito palmireno. Nella famosa iscrizione trilingue di Shapur I che magnificava la vittoria su Gordiano III si parlava espressamente di un esercito (quello romano) composto da realtà diverse (Herwig Wolfram, <Storia dei Goti> I cap.). L'impero romano accettava al suo interno re ed eserciti autonomi e ai re attribuiva gradi militari della gerarchia romana. Il regno di Palmyra e Odenato rispondono esattamente a questo criterio. Tutto il discorso, quindi, va spostato sulle pretese dei regni in qualche modo foederati verso l'Impero. In altre parole, se i re, o re dei re, pretendevano o meno di governare sull'intero Impero o su una parte di esso che esulava dai confini di competenza antecedenti la conquista romana (e la Siria era dominio di Roma da diversi secoli). Questo, con la conseguente contestazione della legittimità dell'Augusto, ne faceva degli usurpatori. Se i palmireni si sentivano non organici all'Impero romano, la loro guerra a Roma si poteva configurare, con parole di oggi, come una guerra di liberazione. Ma questo contrasta sia con la consegna a Gallieno da parte di Odenato del bottino, o di parte di esso, della campagna contro Shapur I, sia con l'invasione di Vaballato e Zenobia dell'Egitto. E ancor più con l'autoattribuzione del titolo di Augusto da parte di Zenobia e Vaballato.

L'unico evento storico che accredita eventualmente la tesi del regno autonomo è la ribellione dei palmireni dopo la cattura di Zenobia con il massacro della coorte di arcieri lasciati da Aureliano a Palmyra e la conseguente distruzione di Palmyra da parte di Aureliano. Ma i tempi della fine di Zenobia non sono quelli di Odenato e, specialmente, la politica di Zenobia non era quella di Odenato. Le pretese dei due verso Roma erano tanto diverse che non faccio fatica a vedere la mano di Zenobia dietro la morte del marito.

L'avvincente discussione che è sorta dal post originale di crivoz conferma che sull'argomento si potrebbe dialogare all'infinito, con sommo divertimento.

Regno autonomo o no ?

Non siamo gli unici a chiedercelo.

Sulla rete si sprecano le discussioni in merito...qualcuna finita anche..."ai ferri corti" (non è il nostro caso... :P ).

Comunque, il nocciolo della questione riguardava Odenato sul quale, pare, siamo tutti d'accordo che restò fedele a Roma...o almeno non sappiamo come si sarebbe comportato dopo un'eventuale vittoria contro i Goti (anche se sposo la tesi di Paolo che...Gallieno se la sarebbe vista brutta).

Zenobia..no...,ma per l'appunto si tratta di una "mente" diversa.

Militarmente, l'esercito di Palmyra era certamente "autonomo" come composizione e tattica (sostanzialmente splendidi arcieri montati ed un nucleo di cavalleria pesante corazzata, poco o nulla fanteria) ed io intendevo sottolineare il "non romano", nell'ottica del periodo, da questo punto di vista, ben comprendendo come comunque e pur nella sua "autonomia" fosse "inquadrato" nell'Impero.

Per altro, sono forse le fonti antiche (già citato Zosimo) ad essere un pò più pesanti nel sottolineare la poca "romanità" dell'esercito di Palmyra, visto che già l'esercito di Odenato che combattè i Persiani veniva indicato (mi pare anche da Jordanes) come composto...diciamo da "locali".

Sembrerebbe infine assodato (ma anche in questo caso i dubbi e pareri divergenti si sprecano) che, a parte forse un numero limitato di disertori e/o di soldati d'origine siriana, nessuna legione si sia unita a Zenobia (anzi se ben ricordo la III...Cyrenaica ?... si oppose decisamente).

Per questo...a livello ripeto di scontri militari...vedo una guerra certamente civile dal punto di vista storico/politico ma diciamo...meno "sentita" come tale.

Visto che continuo a sconfinare OT (scusate ancora ma è veramente una discussione interessante)...mi faccio perdonare tornando alla numismatica.

Ho trovato questo passo tratto dalla RIN : "le emissioni provenienti dalla zecca di Antiochia non presentano, né per Vaballato né per Zenobia, alcun tratto realistico, tale da far pensare che effigino le fattezze di due usurpatori: esse piuttosto ricorrono ad immagini tradizionali, probabilmente finalizzate a proporre un'idea di legittima continuità in Oriente, con l'Impero Romano".

Cosa ne pensate ?

Modificato da Flavio

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