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Se i frontoni e le metope di alcuni templi greci sono considerati alcuni tra i prodotti piu' bella dell'arte di tutti i tempi (cfr. la stanza dei marmi Elgin al British Museum o le metope del tempio di Olimpia al Louvre), alcun frontone di tempio romano puo' venirle accostato. E anche i pur validissimi bassorilievi della colonna Antonina o degli archi trionfali , temo non reggano il confronto con leopere citate prima.

A parte i miei gusti personali in materia di arte classica, ho cercato di riportare gli orientamenti non solo della critica ma anche dei principali musei che dispongono di collezioni di opere classiche romana e greca.

Comunque de gustibus... Se uno preferisce l'arte romana alla greca ben venga.

Nessuno mette in dubbio le molteplici espressioni dell'arte romana e delle testimonianza da essa lasciateci, di cui ono pieni i musei di mezzo mondo.

Diciamo solo che l'arte greca fa sognare un po' di piu'.. :lol:

numa numa

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Non nego che la storia della scultura greca abbia uno sviluppo differente molto più denso e articolato rispetto a quella scultura romana. Nella scultura romana, come dicevamo, le copie degli originali greci, occupano un posto di rilievo.

Ma secondo me i bassorilievi della colonne dedicate a Traiano e a Marc'aurelio non devono reggere nessun confronto. Si pensi alla novità del rilievo storico che come un papiro si srotola sulla colonna... e il procedere incessante della narrazione, allocuzioni, battaglie, movimenti di eserciti.

Sono due mondi e due concezioni di arte diversissimi ed entrambi trovano il loro peculiare modo di esprimersi. Non credo nel confronto diretto.

A me fanno solo sognare entrambe.

Modificato da orlando10

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Neanche io volevo fare una gara tra arte greca e romana...

forse poi non mi sono spiegato bene ho fatto gli esempi del'Apollo e il Lacoonte proprio perché sono copie romane che hanno contribuito nel Rinascimento alla conoscenza dell'arte greca.

Sulle copie sappiamo che Michelangelo ad es. bazzicava a Firenze il deposito mediceo delle "anticaglie" (come si diceva allora) e sappiamo cosa ne è venuto fuori.

Alla scoperta del Lacoonte si fecero delle belle copie rinascimentali (cioè copie di una copia :rolleyes: )

Agli Uffizi c'è il Lacoonte di Bandinelli (non Ranuccio bensì Baccio) che ha ispirato tutta la scultura del periodo manierista toscano es. Giambologna, Buontalenti, Ammannati etc.

Una cosa è certa, il Rinascimento è nato in Italia...perché non in Grecia? Perché in Italia c'è Roma... ;) e l'arte classica ha ispirato per primi gli italiani.

Un paio di esempi: avete presente Mantegna oppure Ghirlandaio? Le loro opere sono istoriate di bassorilevi "alla romana" o di paesaggi con rovine classiche...

Oppure quanto è stata importante per la pittura la riscoperta della Domus aurea e l'uso delle grottesche nella pittura d'affresco di Marco da Faenza o Pellegrino da Udine.

Resto sempre della mia idea "no Roma, no Rinascimento :lol: " senza nulla togliere alla purezza, l'equilibrio formale delle opere greche...si sa "Grecia capta etc. etc."

Alla fine i romani erano un popolo di pastori ma a nord avevano gli etruschi (di cui non si parla ma hanno avuto una forte impronta sui modelli romani) e a sud la Magna Grecia, intelligentemente hanno abusato dell'una e l'altra civiltà...e noi moderni di quella romana.

La Grecia (confermo) è una citazione culta ripresa in varie epoche. Chi potrebbe giurare che l'aristotelismo che conosciamo sia veramente ciò che Aristotele ha scritto e non una versione "arabeggiante" del pensiero di Ari mutuato da Averroè che come scrisse Dante era "colui che fè il gran commento" (scusate ma cito a memoria).

Come mai Averroè (o Averois come dice Dante) è l'unico musulmano della Divina Commedia che ha l'onore di un posto nel Limbo dei sapienti....mente il suo profeta Macomet sta in bocca a Lucifero...quindi nel posto più sfigato dell'Inferno?

Perché chi diffonde la cultura (e la copia) ha un posto speciale nella collezione dell'uomo moderno pure s'è della religione nemica... :P


Inviato

Non dimentichiamo che l'arte greca arriva prima rispetto a quella romana di parecchi anni e come tale ogni particolare va avvalorato del tempo che merita.

Si paragona il Partenone al Pantheon e a prima vista può sembrare adeguato.

Ma non lo è se si pensa che il Partenone fu iniziato nel 447 a.C. e il Pantheon fu realizzato tra il 118 e il 128 d.C., vale a dire quasi 570 anni dopo... :(

E' come se paragonassimo l'architettura odierna a quella del primo Rinascimento (almeno l'arco di tempo è quello).

Con centinaia di anni di anticipo, gli Ateniesi creano un Tempio perfetto con qualsiasi proporzione studiata e relazionata al modulo della colonna, con le tecnologie di quell'epoca.

Lo stesso Pantheon fu realizzato utilizzando le stesse proporzioni e le stesse regole matematiche e statiche con l'ingegneria di ben 570 anni di esperienza (vedi la cupola con 5 strati diversi in calcestruzzo, sempre più leggero in prossimità dell opaion e decine di sistemi di archi romani a sostenere la struttura lapidea).

Forse non tutti sanno che Adriano fece erigere il nuovo Pantheon per poter celebrare importanti cerimonie statali e giudiziarie presumibilmente secondo il modello della pantheia ellenistica (l'assemblea generale degli Dei con al centro l'imperatore) proprio a dimostrare quanto sangue greco abbia il Pantheon.

Le otto colonne (blocchi monolitici) in granito egiziano che sorreggono il pronao, sono coronate da capitelli finemente lavorati "di stile corinzio"...

(Le colonne monolitiche di queste dimensioni sono opera dell'ingegneria romana che preferì rompere le proporzioni del fronte non riuscendo a realizzare colonne di maggior dimensioni dovendo poi abbassare il timpano che doveva celare la cupola retrostante.)

Ma mi preme ricordare che non è così giusto a paragonare come una gara le due civiltà, che si sono passate il testimone di arte e cultura.

Io non preferisco i Greci ai Romani, anzi guai a chi mi tocca quest'ultimi, ma solo diamo ai Greci quello che è dei Greci, ovvero le origini del valore dell'arte e del bello, senza nulla togliere ai Romani che seppero far tesoro del loro bagaglio culturale (come quello di Etruschi, Egiziani e altre popolazioni sottomesse) e furono capaci di evolverlo e migliorarlo in modo pregevole.


Inviato

Orlando ha ragione, se si può discutere dell'originalità e della prima ispirazione nell'arte greca per quanto riguarda la statuaria, in molte altre forme d'arte la cultura greca si rivelò molto carente rispetto alla romana, nell'urbanistica, ad esempio, nella costruzione di acquedotti e strade (il Pont du Garde non è un'opera d'arte, forse??) . Nella pittura i romani superarono di gran lunga la pittura greca, basta studiare il II stile di pompei, manifestazione tipicamente romana della fine I secolo aC. Per tornare alla numismatica, siamo abbastanza alla pari, è vero che alcune vette greche sono ineguagliabili (i decadrammi di Siracusa, Euainetos, Kimon) ma è anche vero che nella spropositata produzione romana tra aurei e sesterzi si trovano opere di grandissimo pregio artistico.

Comunque siamo tornati a discutere se sia meglio l'arte romana o quella greca, ripeto, per me è un falso problema. E' un equivoco nato dalla distrocente visione romantica dei tedeschi ma a quanto pare Winkelmann di adepti ne ha ancora anche qui....

C'è l'arte antica nata in grecia nel V secolo, ci sono una fila di ellenismi, di cui quello romano è forse l'ultimo, ma solo cronologicamente. Allora fatemela buttare la provocazione: michelangelo è un produttore di copie esattamente come gli anonimi e disprezzati copisti romani: sappiamo tutti che non avrebbe dipinto la Sistina se non fosse emerso il torso del belvedere e le altre sculture romane. Allora, Michelangelo è un copista? No, diranno gli epigoni del Winkelmann, però l'arte romana è fatta di copie. I pregiudizi sono duri a morire.

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Orlando ha ragione, se si può discutere dell'originalità e della prima ispirazione nell'arte greca per quanto riguarda la statuaria, in molte altre forme d'arte la cultura greca si rivelò molto carente rispetto alla romana, nell'urbanistica, ad esempio, nella costruzione di acquedotti e strade (il Pont du Garde non è un'opera d'arte, forse??) . Nella pittura i romani superarono di gran lunga la pittura greca, basta studiare il II stile di pompei, manifestazione tipicamente romana della fine I secolo aC. Per tornare alla numismatica, siamo abbastanza alla pari, è vero che alcune vette greche sono ineguagliabili (i decadrammi di Siracusa, Euainetos, Kimon) ma è anche vero che nella spropositata produzione romana tra aurei e sesterzi si trovano opere di grandissimo pregio artistico.

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Sono d'accordo anche se la questione urbanistica non è poi così semplice.

Anche qui i Greci sono i precursori di un modello.

La struttura urbanistica tipica delle città romane a reticolo con Cardo e Decumano principali, deriva in realtà da un precursore greco, ovvero Ippodamo da Mileto che nel V secolo realizzò una specie di trattato per la realizzazione di città perfette, e Mileto ne era un esempio, realizzata con il famoso reticolo Ippodamico, ponendo anche limiti di capienza per le città perfette che denotano l'affrontare di problematiche sempre esistite e presenti tutt'ora a testimonanianza del bisogno di emigrare e creare colonie nella nostra penisola.


Inviato
Come mai Averroè (o Averois come dice Dante) è l'unico musulmano della Divina Commedia che ha l'onore di un posto nel Limbo dei sapienti...

Perché chi diffonde la cultura (e la copia) ha un posto speciale nella collezione dell'uomo moderno pure s'è della religione nemica... :P

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Vero! E infatti il nobile, rispettoso Saladino è con Avicenna e Averroè nel limbo. Non con Seneca morale e con Democrtito che 'l mondo a caso pone... è solo in disparte, ma sempre limbo è. :D


Inviato (modificato)
Orlando ha ragione, se si può discutere dell'originalità e della prima ispirazione nell'arte greca per quanto riguarda la statuaria, in molte altre forme d'arte la cultura greca si rivelò molto carente rispetto alla romana, nell'urbanistica, ad esempio, nella costruzione di acquedotti e strade (il Pont du Garde non è un'opera d'arte, forse??) . Nella pittura i romani superarono di gran lunga la pittura greca, basta studiare il II stile di pompei, manifestazione tipicamente romana della fine I secolo aC. Per tornare alla numismatica, siamo abbastanza alla pari, è vero che alcune vette greche sono ineguagliabili (i decadrammi di Siracusa, Euainetos, Kimon) ma è anche vero che nella spropositata produzione romana tra aurei e sesterzi si trovano opere di grandissimo pregio artistico.

Comunque siamo tornati a discutere se sia meglio l'arte romana o quella greca, ripeto, per me è un falso problema. E' un equivoco nato dalla distrocente visione romantica dei tedeschi ma a quanto pare Winkelmann di adepti ne ha ancora anche qui....

C'è l'arte antica nata in grecia nel V secolo, ci sono una fila di ellenismi, di cui quello romano è forse l'ultimo, ma solo cronologicamente. Allora fatemela buttare la provocazione: michelangelo è un produttore di copie esattamente come gli anonimi e disprezzati copisti romani: sappiamo tutti che non avrebbe dipinto la Sistina se non fosse emerso il torso del belvedere e le altre sculture romane. 

Allora, Michelangelo è un copista? No, diranno gli epigoni del Winkelmann, però l'arte romana è fatta di copie. I pregiudizi sono duri a morire.

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Vediamo di mettere un po' di ordine..

Innanzitutto il parallelo tra l'arte greca e quella romana riguardava appositamente la statuaria e non altre forme quali l'architettura, l'urbanistica e l'organizzazione delle citta' ove i romani ci hanno lasciato indiscutibili capolavori , superiori a quanto lasciato in questi campi dalla civilta' greca.

Si parlava del "bello" non della 'forma urbis'.

Come si fa a dire che i romani erano superiori ai greci nella pittura se dei greci non ci e' pervenuto alcun quadro ? Forse si pensa che non fossero stati prodotti ?

Invece sappiamo che proprio nei Propilei, le porte del complesso del Partenone esisteva una bellissima pinacoteca andata irrimediabilmente perduta in un incendio.

Possiamo pero' comparare l'arte pittorica greca a quanto ci e' stato tramandato attraverso i vasi. Crateri, anfore, piatti etc. ci hanno tramandato un'arte raffinatissima, celebrata in ogni epoca. Non a caso si parla di vasi "greci" ma mai di vasi "romani"..

Sostenere poi che gli etruschi , popolo proveniente dall'Asia mInore, sia piu' affine ai Romani (dai quali sono sempre stati combattuti tra l'altro) piuttosto che ai greci ai quali sono molto vicini per espressioni artistiche (pensiamo alla statuaria, ai frontoni dei templi, alla glittica) non lo comprendo.

Infine Michelangelo non era un produttore di copie, ma si ispirava all'arte classica.

Ogni artista viene influenzato da cio' che e' venuto prima.

Il copista invece non crea in originale ma riproduce quanto prodotto in precedenza. I copisti romani riproducevano opere greche perche' cosi' veniva loro richiesto dai committenti patrizi romani per abbellire le loro magioni. Naturalmente vi erano degli ottimi artisti che ci hanno lasciato fior di capolavori. Infine non tutte le statue romane erano copie, pensiamo solo alle statue degli imperatori, dei retori, dei grandi personaggi romani.

E infine l'arte antica non e' nata in Grecia nel V sec. aC

Per ammirare la bellezza delle incisioni greche basta ammirare una piccola litra prodotta ad Agrigento, senza scomodare i grandi decadrammi siracusani. Sensibilita', maestria di incisione e finissima esecuzione ne fanno dei capolavori assoluti, anche se molto meno conosciuti e (per fortuna :lol: ) meno apprezzati da collezionisti e dal mercato.

numa numa

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Modificato da numa numa

Inviato

Zeusi, il pittore greco più famoso, in un aneddoto di (mi sembra) Plutarco, viene definito come colui che più si avvicinava alla realtà pare che dipingendo un grappolo d'uva aveva causato confusione tra gli uccelli che cercavano di beccare gli acini dal muro.

Ma oggi non abbiamo niente di questo pittore anche se i motivi vegetali sono stradiffusi nella pittura romana.

Erodoto dice che i Tirreni (ovvero Etruschi) provenivano dalle coste turche ma è una delle tante teorie...quel che è certo è che avevano una fitta rete di contatti con la Magna Grecia... nonché con i fenici di Sardegna da qui penso nasca l'arte etrusca dei vasi, templi e statue così simili a quelli del Mediterraneo Orientale...Grecia compresa :)


Inviato

non si discute la bellezza delle romane, ma tenete in considerazione che tra una bella greca e una bella romana ci sono 500 anni di differenza...e non son pochi; basti guardare i bronzi di siracusa, confrontare la bellezza dei ritratti di eumens o quelli di kimone, e poi guardate i bronzi coniati sotto il dominio romano....circa 300 anni di differenza...e non ci sono paragoni......

sku


Inviato

Forse le distinzioni tra ciò che è "greco" e ciò che è "romano" sono in gran parte create artificialmente da noi moderni. Il mondo mediterraneo antico, almeno dal periodo ellenistico in poi, era una koinè in cui si mescolavano lingue, merci, saperi, religioni, credenze, con una evoluzione e una transizione ininterrotta dal mondo greco classico a quello ellenistico e poi a quello romano ... C'è un saggio all'apparenza assai interessante che tratta proprio di questo:

Paul Veyne, L'IMPERO GRECO-ROMANO

Se qualcuno ha avuto il coraggio di leggerlo (sono 777 pagine!) ce lo racconti visto che io sono mesi che ce l'ho sul comodino e non mi decido a cominciarlo ;)

E comunque:

"Quasi tutto ciò che di più bello e nobile l'umanità ha detto, lo ha detto in greco."

-- Anonimo?

Ciao, P. :)


Inviato

Per ammirare la bellezza delle incisioni greche basta ammirare una piccola litra prodotta ad Agrigento, senza scomodare i grandi decadrammi siracusani. Sensibilita', maestria di incisione e finissima esecuzione ne fanno dei capolavori assoluti, anche se molto meno conosciuti e (per fortuna :lol: ) meno apprezzati da collezionisti e dal mercato.

numa numa

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E' quello che dico io...erano capaci i romani di tanta abilità incisoria su superfici così piccole quali sono quelle di una litra? Facile parlare di dupondi e sesterzi....nessuno mette in dubbio che siano monete meravigliose...ma quanti denari romani hanno un fascino pari alle dracme?

Come ha detto qualcuno, qui si discute del bello, di esteticità assoluta per quanto riguarda la numismatica e non di chi sia stato migliore tra greci e romani...


Inviato

concordo totalmente e ribadisco che basta anche guardare un semplice bronzo per vedere la differenza di stile.....

sku


Inviato (modificato)

Vorrei mostrarvi questo esemplare. Considerate che dal vivo la moneta si presenta alquanto più uniforme. Vi sembra che il ritratto non possa competere con quelli greci classici o ellenistici? Io lo trovo più affascinante di una “anonima” (nella fisionomia) Aretusa. Ovviamente tutto è ponderato secondo il mio gusto personale e non è mia intenzione fare effimeri paragoni...

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Modificato da caiuspliniussecundus

Inviato
Vorrei mostrarvi questo esemplare. Considerate che dal vivo la moneta si presenta alquanto più uniforme. Vi sembra che il ritratto non possa competere con quelli greci classici o ellenistici? Io lo trovo più affascinante di una “anonima” (nella fisionomia) Aretusa. Ovviamente tutto è ponderato secondo il mio gusto personale e non è mia intenzione fare effimeri paragoni...

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Se e' per questo si possono citare decine di esemplari di sesterzi, denari o aurei romani con ritratti ancora piu' espressivi, realistici, fisiognomici, etc. etc.

CRedo sia vano fare un parallelo tra l'arte incisoria romana e quella greca.

Si possono evidenziare le differenze di manifattura, di tipologia, le diverse rese stilistiche ma sarebbe vano gradare l'una rispetto all'altra, sarebbe coem comparare la pittura di Caravaggio, ad esempio, con quella degli Impressionisti. Sono due realta' espressive differenti e soprattutto espressione di epoche diverse..

Isosteniori e amanti dell'uno continueranno a vederne la superiorita' rispetto agli altri pittori, senza possibilita' di risolverne in maniera compiuta il parallelo..

Lasciamo che i 'romanisti' celebrino le loro monete e che i "grecisti" facciano altrettanto. E poi c'e' chi ama entrambe senza fare distinzioni o preferenze, ..come due figli :lol:

numa numa


Inviato

Concordo pienamente con numa numa, ho citato quella moneta perché è una delle mie (ma non è mia la foto)... E a me piace davvero molto


Inviato

Ci credo che ti piaccia quella (tua) moneta. A chi non piacerebbe un sesterzio così! Sei in possesso di un qualcosa che non potrai non ammirare e rimirare ogniqualvolta tu ne abbia voglia, ci mancherebbe!

Tuttavia questa splendida moneta nulla toglie al concetto di coloro che qui hanno espresso profonda ammirazione nei confronti della moneta greca come massima esaltazione della forma del bello e della perfezione...

Sui sesterzi romani, niente da dire. Sono monete magnifiche che hanno, nel caso del tuo, costi altrettanto magnifici....

Però io di una moneta come la mia dracmina da 6 grammi postata all'inizio di questa discussione, pur collezionando principalmente monete romane e amandole molto, non mi priverei mai e poi mai...


Inviato

sono anch'io affascinato dai 3/4 greci essendo poi un collezionista sia di greche che di romane.

Mi ritengo onorato di essere un... micro supporter di questo stupendo sito visto l'alto livello degli iscritti.

C'è solo da imparare....

ed è piacevolissimo leggere i vostri post.


  • 4 settimane dopo...
Inviato

La presente discussione è davvero interessante e permette di trattare una tematica molto articolata.

La prima riflessione che vorrei proporre è sull’estetica intesa come argomento di speculazione filosofica; nel mondo antico essa non si limita esclusivamente alle arti, ma coinvolge l’essere, la fenomenologia e la psicologia. Questo è un punto fondamentale!

L’estetica moderna è abituata a cercare la bellezza soprattutto nell’opera d’arte che viene ammirata in quanto rappresentazione di un significato indipendente da qualsiasi vincolo utilitaristico o morale.

L’estetica antica, invece, inserisce l’arte fra le competenze tecniche ed artigianali i cui prodotti sono destinati ad una fruizione prevalentemente pubblica: entro spazi funzionali come feste, simposi e riti religiosi.

E’ in questo contesto culturale che si comprende come mai l’artista antico ottenga il successo in funzione della sua capacità di trasformare i propri mezzi espressivi rendendoli adeguati alla situazione che essi devono rappresentare ed alle circostanze in cui essi verranno recepiti.

Altro punto discriminante, già trattato, è quello che nell’antichità l’originalità non era un valore primario ed il copiare non era considerato disdicevole; il metro per valutare un’opera d’arte era quello della “téchne”: dell’abilità artigianale e del saper fare.

L’ “aemulatio” comportava una competizione creativa, possibile solo dopo una profonda assimilazione delle caratteristiche del modello. E’ lo stesso Seneca che distingue tra la copia imitativa che è compito dell’apprendista di bottega da quella creativa che è frutto di un’introiezione empatica dei modelli e tipica di chi, ormai, padroneggia pienamente il proprio panorama espressivo.

Quintiliano non apprezzava i copisti che lavoravano “mensuri” et “lineis”, ma chi si esercitava su più modelli padroneggiandoli tutti; questo anche in materia di letteratura e teatro.

L’arte dell’emulazione è tale perché reinterpreta la forma con l’intento di mediare con cultura e società contemporanee.

Si deve tenere presente, poi, un altro aspetto cardine per la presente discussione: l’attività di copiare originali greci, per i romani, era affidata ai greci stessi. Anche per la composizione dei conii monetarii i committenti si rivolgevano ai greci che mettevano a disposizione, professionalmente, la loro erudizione minuziosa e le loro capacità tecniche (Cfr. G. Belloni, La moneta Romana, Carocci).

Quello di una maniera romana ripetitiva e pregiudizialmente inferiore rispetto a quella greca, allora, è un equivoco che ci portiamo dietro dall’epoca di Winckelman. In realtà tutto rimane nella medesima ed ininterrotta tradizione artigianale e formale greca!

L’unica cosa che cambia sono le esigenze della committenza romana!

Il committente romano era interessato al “decor” che in greco era detto “prèpon” e cioè “appropriatezza”; quello che conta per i romani, allora, non è un astratto valore artistico, ma la convenienza di un certo contenuto e quindi di un certo soggetto iconografico e di una certa forma (cioè di un certo stile) ad un determinato contesto.

Ai committenti importava poco di possedere la copia esatta di questa o quell’opera del tale maestro. Loro volevano esibire delle composizioni artistiche che rimandassero immediatamente a quella cultura greca alla quale si riconosceva unanimemente un’eccellenza ed una valenza normativa. I proprietari dovevano risultare delle persone d’élite.

Gli artisti, allora, più che copiare passivamente citavano, alludevano sapientemente ed emulavano perché i fruitori della loro opera si proiettassero in una Grecia idealizzata. Tale uso dell’arte classica fu proprio anche del Rinascimento e dell’età Neoclassica.

Scrive Goethe che nell’Antichità ogni opera d’arte è opera d’occasione. E’ il campo della fruizione, quindi, a suggerire i tipi iconografici ed i linguaggi formali da adottare.

La numismatica non è fuori da questo quadro concettuale!

Le monete, nel mondo romano ed in particolare in quello della Repubblica, “sono un “monumentum”, portano ossia un segno in più che testimonia l’essere del romano, un uomo che vuole essere testimoniato” (Belloni, G., La moneta Romana, Carocci. p. 56)

Orlando10 ha riportato lo splendido ed emozionante aureo di Sesto Pompeo che in maniera egregia ci fa comprendere la differenza strumentale che dell’arte i romani facevano rispetto ai greci.

In quanto “monumentum”, la moneta è il veicolo di un messaggio che non può essere subordinato alla ricerca del bello fine a sé stessa dei greci. Ai romani interessava il messaggio politico, il ritratto realistico e le considerazioni che esso doveva suscitare in chi lo osservava; ai romani interessava esprimere aspetti comunicativi giocando sulla psicologia. La resa di tale messaggio rientrava a pieno titolo nella definizione che di estetica avevano gli antichi!

Il ritratto non doveva essere eseguito secondo i canoni della bellezza espressa con il virtuosismo tecnico. Se avessero voluto giungere a tale fine, i Romani, lo avrebbero fatto senza problemi!

Il committente Romano, per quanto riguardava i ritratti numismatici, voleva immortalare il suo essere “vir romanus”: sobrio nei gesti e nelle parole, rispettoso degli dèi e della comunità a cui apparteneva. Ad essere celebrate erano la “Virtus” (fondata sui due pilastri della “Pietas” e della “Fides”) e le qualità di onestà, semplicità, parsimonia, capacità di restare al proprio posto durante il combattimento.

Qualunque posto occupi nella società, l’uomo romano repubblicano non ha che uno scopo: rendere illustre il suo nome, guadagnare merito e riconoscimento.

Il più assoluto realismo del ritratto è fondamentale per le finalità del committente romano e non la ricerca del bello o l’idealizzazione del suo volto o il ritratto di tre quarti! Il nostro gusto di osservatori moderni deve tener conto anche di questo.

Enrico :)


Inviato (modificato)

minerva,04 agosto 2008, 09:23L’estetica moderna è abituata a cercare la bellezza soprattutto nell’opera d’arte che viene ammirata in quanto rappresentazione di un significato indipendente da qualsiasi vincolo utilitaristico o morale.

L’estetica antica, invece,  inserisce l’arte fra le competenze tecniche ed artigianali i cui prodotti sono destinati ad una fruizione prevalentemente pubblica: entro spazi funzionali come feste, simposi e riti religiosi.

E' un'espressione densa di significato ma temo un po' generalizzata.

Vi sono diverse "estetiche antiche", pensiamo ad esempio a quella egizia (il mondo antico era tutt'altro che polarizzato tra Roma e la Grecia) ove il fine estetico univa forma e contenuto financo negli utensili di tutti i giorni lasciandoci reperti di un'eleganza senza pari..

Altro punto discriminante, già trattato, è quello che nell’antichità l’originalità non era un valore primario ed il copiare non era considerato disdicevole; il metro per valutare un’opera d’arte era quello della “téchne”: dell’abilità artigianale e del saper fare.

Sta di fatto pero' che erano gli originali greci, assai stimati e considerati dai cittadini romani, ad essere copiati per il "decor" delle loro magioni.

E chi poteva - vedi imperatori o cittadini facoltosi - ambiva agli originali e non alle copie...

Quello di una maniera romana ripetitiva e pregiudizialmente inferiore rispetto a quella greca, allora, è un equivoco che ci portiamo dietro dall’epoca di Winckelman. In realtà tutto rimane nella medesima ed ininterrotta tradizione artigianale e formale greca!

L’unica cosa che cambia sono le esigenze della committenza romana!

Non si tratta di pregiudiziali alla Winckelmann ma del diverso grado di valenza artistica che ha ispirato, da un lato l'ideale di bellezza che ritroviamo negli originali greci, dall'altro le copie 'romane' di tali originali ispirati da criteri didascalici o di ostentazione formale del soggetto, ma ove manca l'afflato originario ispiratore dell'opera. [le statue dello Stadio dei Marmi , a Roma, realizzato nel Ventennio, mi assolvono le funzioni del 'decor' e della ostentazione didascalica con i personaggi raffigurati, ma il contenuto artistico e' assai limitato..]

Ai committenti importava poco di possedere la copia esatta di questa o quell’opera del tale maestro. Loro volevano esibire delle composizioni artistiche che rimandassero immediatamente a quella cultura greca alla quale si riconosceva unanimemente un’eccellenza ed una valenza normativa. I proprietari dovevano risultare delle persone d’élite.

l'eccellenza dell'arte greca veniva appunto riconosciuta senza particolari complessi di inferiorita'

Gli artisti, allora, più che copiare passivamente citavano, alludevano sapientemente ed emulavano perché i fruitori della loro opera si proiettassero in una Grecia idealizzata. Tale uso dell’arte classica fu proprio anche del Rinascimento e dell’età Neoclassica.

Se e' vero che il Rinascimento riprese alcuni modelli classicheggianti, e' vero anche che seppe proporre un'infinita' di modelli nuovi, nelle forme come nei contenuti, talche' non si puo' certo parlare di Rinascimento come forma d'arte imitativa di quella greca..

La numismatica non è fuori da questo quadro concettuale!

Le monete, nel mondo romano ed in particolare in quello della Repubblica, “sono un “monumentum”, portano ossia un segno in più che testimonia l’essere del romano, un uomo che vuole essere testimoniato” (Belloni, G., La moneta Romana, Carocci. p. 56)

In quanto “monumentum”, la moneta è il veicolo di un messaggio che non può essere subordinato alla ricerca del bello fine a sé stessa dei greci. Ai romani interessava il messaggio politico, il ritratto realistico e le considerazioni che esso doveva suscitare in chi lo osservava; ai romani interessava esprimere aspetti comunicativi giocando sulla psicologia. La resa di tale messaggio rientrava a pieno titolo nella definizione che di estetica avevano gli antichi!

Quali 'Antichi' ? Distinguiamo. Per i roamni il messaggio e' politico, e' storico, poco spazio al mondo degli dei e molto spazio all'uomo, al duce, al limite anche idealizzato, ma sempre uomo.

La Grecia Classica mai avrebbe messo un ritratto di un vivente su una moneta (lo fara' solo con l'Ellenismo) al pari Roma Repubblicana aveva bandito qualsiasi ritratto di viventi (tranne pochissime eccezioni - e le possiamo esaminare - i primi ritratti compaiono con Cesare). Diversissimi quindi il fine e la forma

Il ritratto non doveva essere eseguito secondo i canoni della bellezza espressa con il virtuosismo tecnico. Se avessero voluto giungere a tale fine, i Romani, lo avrebbero fatto senza problemi!

Beh, direi che i romani di idealizzato avevano davvero poco.

Posso emozionarmi davanti ad un ritratto realistico e perfettamente reso di un imperatore del IV secolo, ma difficilmente potro' pretendere di accostare una statua di un dio, o anche un tempio, realizzati dai romani con gli omologhi greci di alta epoca

Il committente Romano, per quanto riguardava i ritratti numismatici, voleva immortalare il suo essere “vir romanus”: sobrio nei gesti e nelle parole, rispettoso degli dèi e della comunità a cui apparteneva. Ad essere celebrate erano la “Virtus” (fondata sui due pilastri della “Pietas” e della “Fides”) e le qualità di onestà, semplicità, parsimonia, capacità di restare al proprio posto durante il combattimento.

Verissimo per l'arte romana. Su tutto un altro canale quella greca. Ecco perche' e ' vano insistere a paragonare le due e soprattutto a voler suggerire che i romani avrebbero potuto essere altrettanto bravi dei greci nelle medesime rappresentazioni

Qualunque posto occupi nella società, l’uomo romano repubblicano non ha che uno scopo: rendere illustre il suo nome, guadagnare merito e riconoscimento.

Si . Parlano le sue gesta, ma mai il suo ritratto, perche' nella Repubblica era proibito porre dei rappresentazioni di viventi sulle monete

Il più assoluto realismo del ritratto è fondamentale per le finalità del committente romano e non la ricerca del bello o l’idealizzazione del suo volto o il ritratto di tre quarti! Il nostro gusto di osservatori moderni deve tener conto anche di questo.

Certo che ne tiene conto e proprio per questo dico che e' assai vano comparare le due forme d'arte.

Come dicevo in altro post il realismo di alcuni ritratti romani e' stupefacente e affascinante allo stesso tempo. Ma la bellezza idealizzata, quella, lasciamola ai greci.. :D

numa numa

Modificato da numa numa

Inviato (modificato)
L’estetica moderna è abituata a cercare la bellezza soprattutto nell’opera d’arte che viene ammirata in quanto rappresentazione di un significato indipendente da qualsiasi vincolo utilitaristico o morale.

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Sono d'accordo e ti quoto anche se trovo questa tua affermazione non completamente vera, almeno se ho capito il tuo pensiero, per i moderni il concetto della bellezza non si ferma all'opera d'arte, ad esempio l'anfora romana serviva per il trasporto della merci, alle volte anche vili, ma per noi ha assunto il valore d'opera d'arte, o quantomeno oggetto da museo. Questo vale anche per chiodi, pettini etc. cioè lo stesso oggetto nel corso dei secoli cambia il suo valore (non soltanto economico) da valore d'uso a valore simbolico. Un po' come se il nostro tritacarne fosse in un museo d'arte antica.

Quanto alle copie ormai dobbiamo accontentarci, da secoli, delle riproduzioni romane e grazie a dio ce ne hanno lasciate delle notevoli.

Il problema, a mio avviso, non sta nel primato della bellezza, la palma va data ai greci senza dubbio, ma dobbiamo inchinarci alla grandezza di un popolo, quello romano, l'ultima espressione dell'ellenismo come ha detto mi sembra numa, e la sua indole umile, dal punto di vista artistico, ma onnivora, che ha portato nella sua capitale un compendio dell'arte dell'oriente, mitrei, la piramide di Cestio tanto per fare alcuni esempi.

E gli stessi romani ci hanno trasmesso da un lato la bellezza greca, dall'altro la loro perizia costruttiva. I greci erano un popolo non incline ad accettare lezioni, quindi il loro messaggio è stato veicolato dai romani ai posteri, e dagli arabi per la filosofia.

Modificato da Frenkminem

Inviato (modificato)

Temo che quanto da me scritto non sia stato sufficientemente chiaro.

Non ho mai sostenuto la superiorità nè dell'arte greca nè di quella romana, ma i diversi impieghi che dell'arte le due culture hanno fatto. Ho sotenuto, inoltre, che un ritratto che raffigura anche gli aspetti psicologici del soggetto, per gli antichi dell'Età Classica, fosse bello tanto quanto un ritratto idealizzato ed eseguito con estremo virtuosismo tecnico.

Sintetizzo quanto da me scritto in 2 punti.

1) I romani che volevano ostentare oggetti di lusso e belli acquistavano opere greche; copie o originali che fossero è secondario. La copia non era tacciata di "Kitsch" come facciamo noi oggi. Distinguiamo il periodo imperiale da quello repubblicano. Io non l'ho fatto, ma è sottinteso visto che le copie di cui si tratta sono del periodo imperiale. L'artista che copiava un'opera greca era un maestro a tutti gli effetti.

2) Nel caso delle monete repubblicane, i romani hanno scelto con cognizione di causa di non accedere al "bello formale" greco. Non dimentichiamo di quali giudizi negativi, moralmente parlando, godevano le "mode" greche. Vogliamo citare Catone?

La moneta possiede un'altra definizione di bellezza che non è secondaria a quella formale.

Anche se in modo meno "ortodosso" tale situazione relativa ai ritratti è valida anche per il periodo imperiale.

Rispondo agli appunti di Numa anche se non cito; il risultato mi parrebbe poco chiaro a leggersi.

L'argomento è il mondo classico e non mi sarei mai sognato di analizzare con le categorie dell' "estetica" classica mondi che dalla filosofia greca erano fuori. E' evidente che i miei sottintesi abbiano generato fraintendimenti, ma preciso che quanto da me scritto è contenuto nel testo: "G., Carchia, G., Lombardo, L'estetica antica, 1999".

Se parliamo di "afflato" e di originalità, però, stiamo guardando con le lenti moderne (per dirla alla Hegel) un mondo che non le aveva. Il contenuto del mio precedente intervento voleva proprio evitare questo. L'ispirazione, per gli antichi greci e romani proveniva da un Parnaso fatto di "exempla": Omero, Prassitele, Policleto, Lisippo, etc. L'aspirazione non era l'originalità perchè la bellezza la si otteneva con l'imitazione. Sarebbe da approfondire il concetto di "mimesis", ma poi non ne usciremmo più.

Io sostengo, inoltre, che il decoro non era voluto nelle monete perchè la moneta non era un giardino, ma una tribuna. Per l'estetica classica, però, questa scelta non era una scelta di mortificazione della bellezza visto che nella definizione della stessa rientravano anche altri elementi.

Certo, si copiava l'arte greca, ma è un principio dell'antropologia culturale che una cultura più giovane e meno sviluppata attinga da quella più antica e sviluppata per poi padroneggiarne i principi ed evolverli. Mai messo in discussione tale principio elementare. Quanto da me riportato circa le copie romane è presente nei testi: "A. Reiff, Ars Latina, 1983"; "G. Pucci, P. D. D'Angelo, E. Di Stefano, Estetica della scultura, 2001"; "G., Genette, P., Ricoeur, Studi di Estetica, 1999".

Ribadisco ancora che il significato di quanto da me sostenuto è che i romani, se lo avessero voluto, avrebbero potuto far fare dai greci dei conii belli come quelli della Grecia. E' Belloni che scrive che i conii romani li facevano i greci.

Mai sostenuto che il Rinascimento abbia scopiazzato. La "citazione" di uno stile risponde ad una definizione molto meno volgare dell'imitazione.

L'importanza della ritrattistica, per i romani, è proprio il punto di forza della loro originalità. Non solo li hanno concepiti senza che i greci ne avessero reso tradizionale l'impiego, ma li hanno voluti in puro stile romano e non in quello greco che veniva considerato "frivolo" perchè presente in giardini, palestre e terme.

I romani non idealizzavano perchè a quello ci pensavano i greci. I romani non generalizzavano come i greci che mettevano un pò di "bello formale" ovunque. I romani avevano il bello frivolo ed il bello utile.

Certo, si usava ritrarre i defunti perchè erano il vettore per la gloria e la nobilitazione della famiglia. Con i ritratti si faceva ostentazione di glorie famigliari.

In definitiva intendo sostenere che si è usato appunto un concetto di "bello" limitato e limitativo per fare una classifica fra la superiorità greca e quella romana nell'espressione artistica. La classifica non ha motivo di esistere. Sono le nostre categorie che non tengono conto degli aspetti comunicativi e testuali di certe forme espressive. L'espressione di tali aspetti era considerata altrettanto bella e virtuosistica nel mondo classico. A Roma era considerata oltre che bella anche appropriata alla nobile vita politica.

Enrico.

Modificato da minerva

Inviato

Breve replica per puntualizzare alcuni concetti.

1. daccordissimo che le due "arti" romana e greca non possano essere giudicate e quindi comparate, con un unico metro. Sarebbe alquanto riduttivo.

Ambedue hanno pari dignita' di qualita' espressione anchese con modi e formalita' assai diversi tra loro.

2.L'artista che copiava un'opera greca era un maestro a tutti gli effetti.

In realta' dovrebbe sempre riconoscersi un primato all'idea originale, anche se alcuni copisti possono essre di pari valenza dei maestri "artefici" dell'opera oiginale

3. Siamo sicuri che i romani abbiano scelto "consapevolmente" nelle loro monete repubblicane di "non accedere" al bello formale. Saro' dissacrante , ma a mio avviso non erano capaci del genio artistico che aveva forgiato i capolavori greci di alta epoca. Come puo' il Belloni sostenere che gli incisori delle repubblicane fossero greci (200/300 anni dopo il periodo d'oro dell'arte greca cosa poteva restare )? Forse greci lo erano per passaporto, ma quale abisso separa le meravigliose litre siciliane (piu' piccole come modulo di un denario) ove certi particolari possono essere ingranditi oltre 10 volte, dai denari repubblicani, onesti ma che gia' a 2x mostrano i propri limiti.

Ma anche ammesso che fosse una precisa scelta quella di evitare "estetismi" nelle monete, non si puo' decantare il virtuosismo "estetico" di tale scelta, ma solo riconoscerne il carattere differente.

Non vi era ne' una cultura , ne' un ambiente propizio, nella Roam Repubblicana per replicare la ricerca del "bello" perseguita dai Greci. Altri erano gli obiettivi e , come tali, le manifestazioni esteriori.

4. L'importanza della ritrattistica, per i romani, è proprio il punto di forza della loro originalità. Non solo li hanno concepiti senza che i greci ne avessero reso tradizionale l'impiego, ma li hanno voluti in puro stile romano e non in quello greco che veniva considerato "frivolo" perchè presente in giardini, palestre e terme.

Questo e' il punto nodale dell'analisi. L'arte romana diventa interessante come "arte" proprio quando diviene originale, ovvero invece di replicare l'arte greca , quando 'crea' dei propri stilemi che trovano la loro massima espressione nel realismo dei ritratti.

E' la prova del nove che cercavamo per sostenere che qualsiasi espressione ha una propria valenza artistica quando persegue forme originali, non mutuate da altri. Mentre la replica, anche se raffinata, di forme artistiche generate da altri spiriti non porta a raggiungere gli stessi livelli, non suscita le stesse emozioni.

Emozioni che sono appunto il fine ultimo di un'opera d'arte, tanto piu' grande quanto piu' forti sono le emozioni che essa sa suscitare.

numa numa


Inviato
2.[

In realta' dovrebbe sempre riconoscersi un primato all'idea originale, anche se alcuni copisti possono essre di pari valenza dei maestri "artefici" dell'opera oiginale

numa numa

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L'idea originale allora non è neanche dei greci ma è della Natura o del buon Dio, visto che l'arte antica riproduce fondamentalmente le fattezze dell'uomo ;)

Vorrei ringraziare Minerva per avere espresso ciò che penso io, ma con parole sicuramente migliori...


Inviato
2.L'artista che copiava un'opera greca era un maestro a tutti gli effetti.

In realta' dovrebbe sempre riconoscersi un primato all'idea originale, anche se alcuni copisti possono essre di pari valenza dei maestri "artefici" dell'opera oiginale

numa numa

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L'idea originale allora non è neanche dei greci ma è della Natura o del buon Dio, visto che l'arte antica riproduce fondamentalmente le fattezze dell'uomo ;)

Vorrei ringraziare Minerva per avere espresso ciò che penso io, ma con parole sicuramente migliori...

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Certo, ma la natura e' gia' perfetta di per se'.

Quello che "veramente" distingue l'uomo e la sua "umanita' e' proprio il suo incredibile e ammirevole sforzo nel riprodurre , secondo i suoi mezzi e secondo il suo spirito, il modello della natura (sia essa paesaggio, animali o l'uomo stesso).

Ed e' proprio in questo sforzo di imitazione, o meglio, reinterpretazione, la vera essenza dell'arte..

numa numa


Inviato
3. Siamo sicuri che i romani abbiano scelto "consapevolmente" nelle loro monete repubblicane di "non accedere" al bello formale. Saro' dissacrante , ma a mio avviso non erano capaci del genio artistico che aveva forgiato i capolavori greci di alta epoca. Ma anche ammesso che fosse una precisa scelta quella di evitare "estetismi" nelle monete, non si puo' decantare il virtuosismo "estetico" di tale scelta, ma solo riconoscerne il carattere differente.

Non vi era ne' una cultura , ne' un ambiente propizio, nella Roam Repubblicana per replicare la ricerca del "bello" perseguita dai Greci. Altri erano gli obiettivi e , come tali, le manifestazioni esteriori.

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Ammettiamo che le conoscenze tecniche impiegate dai greci nella produzione monetale siano superiori. Può essere appunto che per i romani fosse sufficiente minore perizia per raggiungere il loro fine. Del resto lo stesso problema si riproporrà successivamente – Minerva ha giustamente fatto cenno all’antropologia culturale- con la monetazione bizantina: qui la semplificazione delle forme è dovuta a mancanza di tecnica adeguata o semplicemente le nuove urgenze non abbisognano di tanta tecnica? Forse i motivi in questo caso si intrecciano, ma per i romani, padroni dell’orbe, direi che si tratta di una scelta precisa.

La monetazione repubblicana “compone” in modo perfetto ed il nobile fine della “comunicazione” è raggiunto. La comunicazione si articola su piani di diversi e ne è testimonianza una monetazione assai varia tra realismo e iconicità, fino all’epigraficità. Anche i confini della comunicazione cambiano: essi possono essere vasti quali richiede la propaganda, eppure il simbolo sa trascendere la necessità mimetica come fosse vincolato ad una conversazione “sacra” e per eletti. La composizione infine rivela una ricercatezza ed equilbri impressionanti.

I romani non erano capaci del genio dei greci, solo nel senso che il loro genio si esprime appunto in modo diverso.

Emozioni che sono appunto il fine ultimo di un'opera d'arte, tanto piu' grande quanto piu' forti sono le emozioni che essa sa suscitare.

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L'opera d'arte è espressione e il suo fine è esprimere.


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