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Genova - Grosso, Simone Boccanegra


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Personaggio enigmatico per la letteratura e il melodramma ottocentesco, accusato di ambizioni signorili e di nepotismo, alla luce di un'indagine storica Simon Boccanegra appare invece un uomo nuovo, di rottura, espressione del ceto mercantile-imprenditoriale, protagonista di un rivoluzione sociale e istituzionale che sfocia nella creazione del dogato a vita. Le vicende biografiche e le scelte del primo doge si intrecciano con quelle di Genova a metà del Trecento quando, dopo aspri contrasti e tensioni interne, la città deve confrontarsi con la mutata situazione geopolitica del Mediterraneo, con la spietata concorrenza di catalani e veneziani, con le mire viscontee per raggiungere l'agognato sbocco a mare, con le tendenze autonomistiche.

Fonte: Introduzione a Simon Boccanegra e la Genova del '300 di Giovanna Petti Balbi.

Altre note sulla vita le avevo postate nella discussione sul grosso del secondo dogato.

Foto fatta su impostazioni manuali (M), apertura F8, esposizione 1/2 sec, ISO-200, con supermacro (S1) utilizzando una "postazione" improvvisata e neon come illustrato qui

2168726684_f41b0d1519.jpg

Simone Boccanegra (... – 1363), Ag grosso, 3gr.

D: + DVX: IANVENSIVM. PRIMV'. Castello in un rosone ornato di punti negli angoli. D gotica sotto al castello.

R: +[rosetta]CONRADVS[rosetta]REX[rosetta]n gotica[rosetta] Croce patente in un rosone ornato di punti negli angoli.

Rif. Bibl.: CNI 165,185; M.I.R. 33; Biaggi 862.

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Per chi fosse interessato, alcune note attinenti agli anni del primo dogato del Boccanegra (23 settembre 1339 - 23 dicembre 1345).

Nel 1341: come da protocolli di Giorgio Camogli, 40 fiorini erano 50 lire di Genova.

Nel 1343: in atti nel Not. Tommaso Casanova, 6 fiorini d'oro valevano lire 7.10 di Genova.

Nel 1345: in atti dello stesso notaio un "contratto" fatto dai 4 Sapienti della Città coi muratori che dovevano "fare" le mura di Fassolo in pietra minuta fu stabilito il prezzo di 35 soldi per cannella* di dette mura.

Unità di misura del Genovesato

Lunghezza

Canna = 10 palmi da 12 once = metri 2,49095

Cannella = 12 palmi = metri 2,98914

Miglio = cm 1,488

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Inviato (modificato)

Visto l'enorme successo di questo post :D sono sicuro che una domanda vi è balenata nella testa e non vi ha lasciato dormire queste fredde notti... :lol:

Ma quanto "guadagnava" un Doge ????

Nel 1340 percepisce (si parla di Simone Boccanegra, al primo dogato come Doge I) lo stipendio annuo di 5.350 lire che nel '43 passano a 6.687 lire con un aumento di circa il 25% in due anni, certamente in rapporto con la strutturazione della familia e con l'acquisizione di un tenore di vita adeguato al suo rango. [...] Il successore, Giovanni de Murta, nel '45 afferma di volere denaro dall'erario non per sé, ma solo per spese di rappresentanza. Tuttavia nel '45 riceve già 3.700 lire più altri supplementi, nel '46 4.300 lire che diventano 4.700 nel '47, mentre nel '49 pare che i suoi emolumenti siano passati a 5600 lire.

Durante il secondo dogato, sulla base dell'unico bilancio ricostruibile, il Boccanegra raggiunge nel '58 ben 12.000 lire annue che gli vengono pagate in rate trimestrali di 3.000 lire. A parte la svalutazione del denaro e la presunta esosità del doge, sulla cifra potrebbe incidere anche il pagamento di una serie di persone, dai mazzieri ai servienti, alle guardie personali, ai cavalieri da assegnarsi agli ambasciatori, per i quali le leggi dell'Adorno (Gabriele, Doge V, nota mia) contemplano voci di spesa separate dalle 6.275 lire assegnate al doge e alla sua familia.

Fonte: Simon Boccanegra e la Genova del '300 di Giovanna Petti Balbi.

Modificato da fra crasellame
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Molto interessante, davvero, ma nel libro viene citato qualche valore relativo o potere di acquisto della moneta di conto usata all'epoca (lira) ?

Ad esempioqual'era il guadagno di un artigiano o di u n commerciante dell'epoca a paragone, oppure quante lire costava un'abitazione per una famiglia,

in modo da rendere le somme citate "parlanti" in qualche modo...

numa numa


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Alla faccia, il doge non se la passava tanto male eh? :D

Grazie per queste informazioni, molto interessanti :)


Inviato

Complimenti per la moneta e grazie per le interessanti notizie storiche! :)

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Inviato

Fra, mi spieghi meglio il discorso della familia? Se non ho capito male il doge era responsabile di una serie di "figure professionali", per così dire, che svolgevano una funzione all'interno dell'amministrazione e per le quali il doge doveva provvedere al mantenimento, giusto? Se le cose stanno così sarebbe interessante fare un confronto con quanto avveniva in altri comuni quando il podestà veniva chiamato da fuori, e mi risulta che anche in questo caso si portasse dietro un'ampia "corte" di funzionari, magistrati, capitani ecc.

Ciao, P. :)


Inviato

Se avrete pazienza cercherò di riassumere parti del libro che sto leggendo, per dare uno spaccato della vita dell'epoca.

Partendo dal basso, dal mondo dei mestieri, cioé degli artificies cosa si può scrivere.

Innanzitutto che ogni corporazione era retta da due consoli eletti per un anno.

Sono loro che rappresentano la categoria e che vengono convocati (dal 1340) dal doge e dal suo consiglio, insieme ai conestabili ed i capi dei quartieri in occasione dell'imposizione di prestiti forzosi.

I detti consoli devono tutelare gli interessi comuni, far osservare regole e statuti a tutti gli aderenti all'arte.

Non sempre sono chiari i meccanismi che portano all'ammissione ed all'iscrizione nella matricola. In taluni casi tale ammissione comporta il pagamento di un tributo, la tassa d'entratura che a Genova pare essere sulle 25 lire.

Tralasciando gli aspetti delle ammende voglio porre l'attenzione su un argomento che a mio avviso è d'attualità (in certi aspetti): l'inserimento nel mondo del lavoro.

E' la prima tappa dell'inurbamento. Il passaggio da garzone a maestro, da un'arte all'altra o la tendenza degli stessi artigiani ad avviare i propri figli verso professioni più ricche e/o più prestigiose rendono il mondo degli artificies assai mobile.

Parrebbe che l'arte della lana fosse la più attiva nonostante una generale crisi del settore, ma il maggior numero di assunzioni si potrebbe spiegare col fatto che un apprendista durante il primo dogato ricevesse subito un salario di 4 lire annue, con una punta di ben 25 lire pagate in due anni nel '43 dal lanaiolo Giovanni de Davagna di Bargagli a Domenghino di Iacopo Ferrario cintraco del Comune collocato nella bottega dell'artigiano per apprendere e lavorare.

Durante il secondo dogato il compenso non è mai inferiore alle 5 lire annue.

Non tutti i ragazzi però hanno alle spalle un padre già esperto del mestiere o un cintraco del Comune che riescono a spuntare cifre cospicue.

Casi come quello del frate che si appropria delle 15 lire versate come anticipo per un ragazzo a cui farà suonare le campane a titolo gratuito non saranno stati rari...

La riscossione di un anticipo sembra essere la maggiore aspirazione di giovani e genitori. Rarissimi i casi in cui i genitori si preoccupano di fornire ai figli oltre al mestiere anche un'istruzione elementare. Un esempio fu quello, nel 1340, della vedova di un callegario quando colloca il figlio per 12 anni presso Turco cenderio ottenendo che il datore di lavoro fornisca anche vitto, alloggio, abiti, scarpe ed anche facere eum docere litteras.

Seguiranno altri ceti ed altre figure professionali...

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Inviato
...oppure quante lire costava un'abitazione per una famiglia...

numa numa

300794[/snapback]

In attesa di parlare del ceto privilegiato, anticipo qualcosa...

Nel 1341 il maestro (di scuola) Luchino Vestra deve pagare ad un ortolano di Bisagno 15 lire per l'affitto della casa in cui abita.

Seguirà anche una parentesi sulle monete di conto e quelle reali, sperando di poter essere esaustivo in poche righe.

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Inviato (modificato)

Per far "parlare" un po di più le cifre scritte in precedenza bisogna distinguere tra moneta di conto e moneta effettiva.

Da Carlo Magno alla Rivoluzione francese, il sistema di conto più diffuso nell'Europa occidentale fu quello basato sulla lira da 20 soldi, da 12 denari per soldo. Le tre unità erano legate tra loro da rapporti fissi e l'uso dell'una o dell'altra dipendeva dall'ordine di grandezza dei valori e dall'opportunità di esprimerli nel modo più semplice.

Ad esempio si preferiva dire 2 lire, 1 soldo e 10 denari (abbreviato 2.1.10) anziché parlare di 502 denari.

Quando si parla di lire di conto, dobbiamo sempre tenere presente il mondo delle monete effettive che a quelle lire ideali si confrontavano nelle transazioni e che, in base al ragguaglio voluto dalla legge o praticato dal mercato, si spendevano per un certo prezzo.

Solitamente quando si negoziava in lire senza altra specificazone si alludeva a valori che potevano essere liquidati in qualsiasi moneta effettiva da valutarsi al corso legale.

Tre esempi di situazioni successive del mercato monetario per capire meglio.

Prima situazione in cui coestistono in armonia il denaro effettivo di 0,50 grammi d'argento fino ed un soldo effettivo con 6 grammi; in questo caso non fa differenza parlare di lire (di conto) liquidabili con 240 denari o 20 soldi, perché nel complesso avremmo sempre 120 grammi di fino.

Seconda situazione. Un denaro con 0,40 di fino circola contemporaneamente ad un soldo (in valore legale) di 6 grammi, per cui una lira di conto equivaleva a 96 grammi di fino se saldata in denari, ma 120 grammi se pagata in soldi.

Proprio da questa dsparità nasceva l'esigenza di specificare se l'importo della transazione dovesse intendersi nell'una o nell'altra specie monetaria.

Per riassestare il mercato monetario, il governo poteva intervenire riportando il denaro all'intrinseco primitivo oppure, più verosimilmente (tenuto conto del costo dell'argento sempre in salita), aumentando a 15 denari il valore legale del soldo-moneta; in questa terza situazione, la liquidazione di una lira con 240 denari effettivi o 16 soldi diventava nuovamente indifferente, perché equivaleva a 96 grammi di fino.

I frequenti squilibri del mercato monetario portavano a periodi in cui esistevano parallleli due mercati: uno ufficiale e l'altro libero.

Ad esempio, nel 1292, il fiorino (o genovino) ha un valore legale di 10 soldi, quotazione a cui era stato coniato e a cui doveva spendersi; ma nel mercato libero aveva raggiunto una quotazione di 14,6 soldi! Una bella differenza: 7,134 contro 4,920 grammi d'oro fino per lira...

Nel periodo preso in esame in questa discussione e per tutto il XIV secolo, il mercato legale e quello libero tornano a coincidere a livello di 25 soldi per fiorino.

Nel 1341: come da protocolli di Giorgio Camogli, 40 fiorini erano 50 lire di Genova.

Spero di non essere stato troppo noioso.

Modificato da fra crasellame
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Inviato

Su Simon Boccanegra è stato scritto molto, ma resta indubbiamente una figura ancora da indagare e di cui comprendere appieno alcuni periodi oscuri della vita.

Dubito, tuttavia qualora vi fosse qualche studioso toscano a conoscenza di riferimenti o pubblicazioni inerenti al "nostro" e concernenti il periodo pisano, sarebbe molto interessante uno scambio di idee.

df


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