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Del resto l'annotazione relativa alla coniazione fiorentina era ben nota. La conosciamo fin dalla pubblicazione del volume di Arrigo Galeotti, "Le monete del Granducato di Toscana", edito nel 1930 e ristampato da Forni (1971). L'annotazione peraltro ha originato una serie di ipotesi, tanto che talora si parla di coniazione nel 1814, altrove tra il 1814 e il 1818, in altri casi addirittura di una coniazione successiva nel 1828. Come ho detto l'annotazione non può riferirsi al 1814 e comunque è ancora da sottolineare che le coniazioni in argento della zecca di Venezia cominciano non prima del 1818, il che fa pensare che anche i Talleri non siano stati coniati prima (il che è incongruente con quanto dice l'annotazione). Al di là dei dubbi qui esposti, che mettono in forte discussione l'affidabilità della testimonianza, rimane il fatto che, se mai furono coniati (e ne dubiterei non poco) non vi sono indizi per identificare i Talleri di Firenze.

Mi spiace ma non sono daccordo l'annotazione nel libro della zecca di Firenze

dimostra certo l'approvazione e non la effettiva coniazione ma depone più a favore

di quest'ultima che contro.

E' poi incontrovertibile che la stessa annotazione è indiscutibilmente un documento storico

ne quale si afferma che "Resta approvata -sotto questo giorno 20 luglio - 1814 - e per aver corso soltanto fuori dello Stato, la battitura del tallero detto della regina di lire 6 fiorentine sul modello, bontà e peso della stessa moneta la quale si fa attualmente a Venezia."

Se ne ricava quindi in maniera spicciola che a quella data a Venezia il Tallero di Maria Teresa veniava coniato.

5) ci si critica l'assenza di accenno al riconio Veneziano del 1848-1849. Vero, è una mancanza sebbene questi talleri non siano comunque riconoscibili dagli altri. In effetti quella parte dell'articolo poteva segnalarlo (in due righe visto che alla fin fine non è funzionale al succo dell'articolo che a questo punto temo non fosse chiarissimo).

Anche qui purtroppo devo smentire non vorrei proprio sbagliarmi da profano quale sono

ma questi talleri sono in realtà riconoscibilissimi dato che riportano nel campo

sia il riferimento all'assedio austriaco che all'argento offerto dai cittadini

Infatti troviamo in leggenda

a sx "VEN ASS SET / 1848"

a dx "ZEC VEN ARG / DE CIT"

post-149-1235931162_thumb.jpg

Modificato da expo77

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Inviato

Quanto al primo punto dissento totalmente. L'annotazione oltre che non dimostrare l'effettiva coniazione è, così come è, STORICAMENTE assai discutibile. I fautori dell'esistenza della coniazione fiorentina si trovano poi di fronte ad una difficoltà difficilmente superabile: non siamo in grado di individuare alcuna peculiarità di tali coni. NESSUNO può dire di poter identificare un Tallero come coniato a Firenze.

P.S.: Fidarsi dei registri è assai incauto in numismatica come dimostrano - per fare solo un esempio noto a tutti - quelli relativi alle coniazioni delle zecche di Torino e Genova nel periodo albertino.

P.P.S.: Rimango debitore di un commento relativo alle presunte coniazioni del Governo Provvisorio durante l'assedio austriaco. Arrivo...


Inviato (modificato)

Ho finalmente visto la lettera. Rimaniamo ancora sulla questione del tallero fiorentino. Il puntuale "recensore" a proposito dell'annotazione nel registro della zecca osserva che le parole "SIRIES FECIT", corrispondenti alla sigla S. F. presenti al dritto del Tallero teresiano, sarebbero una svista dell'estensore che avrebbe confuso le iniziali di Schoebl (non Schobl come più volte viene detto nell'articolo dimenticando la umlaut) e Faby con quelle del Siries, maestro di zecca a Firenze. Peccato che oltre a qualche zoppicatura nel tedesco il nostro recensore dimostri dunque incertezze anche sul latino in quanto il Siries certamente non si chiamava Fece (terza persona del perfetto di facio) che invece ben si accorda con la volontà di attribuire al Siries l'opera di coniazione. Inattendibili dunque sul punto sia l'annotatore, sia il "recensore". Quest'ultimo però si supera quando vuole insegnare il latino al punto 1. Che i titoli siano nell'iscrizione redatti al maschile è assolutamente inesatto: al dritto l'abbreviazione REG. sta più che evidentemente per REGINA (di Ungheria e di Boemia) e dunque anche i titoli del rovescio (che si noti continuano quelli del dritto) possono leggersi al femminile, con L'UNICA ECCEZIONE di quello di dux (evidentemente poco marziale in questo caso il femminile ducissa, peraltro inesistente nella lingua latina) con riferimento alla Borgogna. Infine R. IMP. va sciolto è vero come Imperatrix Romanorum, ma non credo che la lingua degli avi sia eccessivamente violentata traducendo con Imperatrice romana che allude, non meno del più letterale Imperatrice dei romani, al Sacro romano impero.

Scusate la pedanteria, ma il "tono" magistrale del "recensore" richiede di rispondere a tono anche rischiando di fare i "maestrini".

P.S. Rinvio allla giornata di domani altre puntate della replica.

Modificato da Costi92

Inviato

Per il tallero coniato a Firenze qualche notizia interessante, compresi i contatti intercorsi fra le zecche di Firenze, Venezia e Milano, si trova anche in Pucci (Le monete della zecca di Firenze -parte III - Ferdinando III - Leopoldo II) a pag. 65 (La moneta dalle belle poppe).


Inviato

"...Che i titoli siano nell'iscrizione redatti al maschile è assolutamente inesatto: al dritto l'abbreviazione REG. sta più che evidentemente per REGINA (di Ungheria e di Boemia) e dunque anche i titoli del rovescio (che si noti continuano quelli del dritto) possono leggersi al femminile, con L'UNICA ECCEZIONE di quello di dux (evidentemente poco marziale in questo caso il femminile ducissa, peraltro inesistente nella lingua latina)"

Se può esservi utile, il sostantivo "dux" in latino è sia maschile che femminile...


Inviato

Grazie apesissi! Con quest'ultima osservazione credo che la discussione di cui al punto 1 possa dirsi definitivamente e felicemente chiusa.

Con la documentazione che si ricava dal Pucci (ringrazio pubblicamente Giuseppe per la squisita e sollecita cortesia con cui mi ha fatto avere il passaggio che ci può interessare) si complica invece quella di cui al punto 2. Da un carteggio intercorso tra il direttore della zecca di Firenze Fabbroni e quello della zecca di Milano Isimbardi emerge infatti che la zecca di Milano avrebbe dismesso la coniazione di Talleri, iniziata in epoca prerivoluzionaria, durante il Governo Napoleonico. Si tratta di una notizia che non ha corrispondenza né nel Leypold, né nell'Hafner e che sposta indietro di una ventina d'anni la coniazione di Talleri a Milano (peraltro allo stato non individuabili a meno di non volerli identificare con quelli denominati H35, di cui, si noti, è conosciuta una variante coniata alla "francese" con asse ruotato di 180°).

A ciò si aggiunga che da un carteggio intercorso con il direttore della zecca di Venezia si ricaverebbe che coniazioni di Talleri sarebbero avvenute a Venezia durante il Governo Napoleonico. Anche di queste non vi è traccia né nel Leypold, né nell'Hafner e quindi non sono allo stato identificabili a meno di non ipotizzare che il Tallero Napoleonico sia l'H5 con le iniziali F.S., che si dice non autorizzato dal Governo di Vienna, che ne fece distruggere proprio per questo motivo un certo quantitativo (nel 1815?).


Inviato
Ho finalmente visto la lettera. Rimaniamo ancora sulla questione del tallero fiorentino. Il puntuale "recensore" a proposito dell'annotazione nel registro della zecca osserva che le parole "SIRIES FECIT", corrispondenti alla sigla S. F. presenti al dritto del Tallero teresiano, sarebbero una svista dell'estensore che avrebbe confuso le iniziali di Schoebl (non Schobl come più volte viene detto nell'articolo dimenticando la umlaut) e Faby con quelle del Siries, maestro di zecca a Firenze. Peccato che oltre a qualche zoppicatura nel tedesco il nostro recensore dimostri dunque incertezze anche sul latino in quanto il Siries certamente non si chiamava Fece (terza persona del perfetto di facio) che invece ben si accorda con la volontà di attribuire al Siries l'opera di coniazione. Inattendibili dunque sul punto sia l'annotatore, sia il "recensore". Quest'ultimo però si supera quando vuole insegnare il latino al punto 1. Che i titoli siano nell'iscrizione redatti al maschile è assolutamente inesatto: al dritto l'abbreviazione REG. sta più che evidentemente per REGINA (di Ungheria e di Boemia) e dunque anche i titoli del rovescio (che si noti continuano quelli del dritto) possono leggersi al femminile, con L'UNICA ECCEZIONE di quello di dux (evidentemente poco marziale in questo caso il femminile ducissa, peraltro inesistente nella lingua latina) con riferimento alla Borgogna. Infine R. IMP. va sciolto è vero come Imperatrix Romanorum, ma non credo che la lingua degli avi sia eccessivamente violentata traducendo con Imperatrice romana che allude, non meno del più letterale Imperatrice dei romani, al Sacro romano impero.

Scusate la pedanteria, ma il "tono" magistrale del "recensore" richiede di rispondere a tono anche rischiando di fare i "maestrini".

P.S. Rinvio allla giornata di domani altre puntate della replica.

temo che tu debba non solo rileggerti la lettera (perchè il senso di alcune cose ti è leggermente sfuggito ed attribuisci

all'autore cose diverse da quelle che ha invece scritto, per esempio che FECIT sia il nome di Siries lo dici tu e non certo chi ha scritto la lettera (rileggere con attenzione prego)) ma magari fare anche un ripassino

di latino e perchè no anche di tedesco :P .


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Inviato

"ö" si rende "oe" qualora non sia disponibile il carattere con la dieresi checchè ne cianci qualcuno.

Comunque, passando ad altro, mi chiedo una cosa; possibile che persona intelligente come Ganganelli non si sia reso conto che con l'eccezione del discorso dei Talleri fiorentini (su cui comunque in fondo l'articolo non sbaglia) sono tutte critiche a dettagli del tutto marginali e ininfluenti dell'articolo? Ha l'articolo fatto o meno chiarezza su come sono fatti questi talleri e come si riconoscono nei limiti del possibile? E soprattutto qualcuno conosce questo "Domenico Carlos"?


Inviato
"ö" si rende "oe" qualora non sia disponibile il carattere con la dieresi checchè ne cianci qualcuno.

Colui che ciancia come tu dici è l'utente Costi perchè è lui che disquisisce sulla questione (non mi pare che nessun altro

l'avesse sino ad ora menzionata) dando regole che non esistono.

Comunque, passando ad altro, mi chiedo una cosa; possibile che persona intelligente come Ganganelli non si sia reso conto che con l'eccezione del discorso dei Talleri fiorentini (su cui comunque in fondo l'articolo non sbaglia) sono tutte critiche a dettagli del tutto marginali e ininfluenti dell'articolo?

Ha l'articolo fatto o meno chiarezza su come sono fatti questi talleri e come si riconoscono nei limiti del possibile? E soprattutto qualcuno conosce questo "Domenico Carlos"?

Beh oltre alla questione dei talleri fiorentini ci sarebbe anche quella dei talleri Veneziani del 1848

(vedi mio post precedente, o sbaglio?). E non farmi essere cattivo ma due indizi fanno una prova :P :P

Non credo poi che Ganganelli sia poco accorto, anzi, e purtroppo ci sono

diverse cose su cui Carlos (che, seppur nome non noto, come afferma Ganganelli dimostra di saperne in materia) va nel merito anche su cose non marginali, ma non c'è da prendersela c'è solo da prenderne spunto per fare ancora meglio la prossima volta,

anzi è già ottima cosa aver sollevato un dibattito.


Inviato

Perché non invitiamo Carlos su lamoneta?


Inviato (modificato)

RILETTURE e RIPASSINI

Caro expo mi consenta di osservare quanto segue:

1) La questione del tedesco è marginale, tuttavia posso dirLe che in questo caso ben a ragione si può dire che un bel tacer non fu mai scritto. E' REGOLA che la umlaut si renda nel nostro caso con oe: quindi assolutamente Schoebl e non Schobl

2) A proposito del latino: il Sig. Domenico Carlos così scrive: "...ho notato altre imprecisioni: innanzitutto i titoli abbreviati del rovescio resi nella traduzione al femminile, mentre in realtà andrebbero più correttamente traslati al maschile, perché queste erano le intenzioni degli incisori, come testimonia l'unico titolo espresso per intero sulla moneta (Dux non Ducissa)..."; premesso che l'iscrizione va letta nel suo complesso (e quindi - si noti - al dritto l'abbreviazione REG. sta per regina) è ERRATO il dire che il sostantivo DUX sia maschile. Nel nostro caso anzi è proprio femminile e l'iscrizione nel suo complesso va tradotta (non traslata) così: Maria Teresa per Grazia di Dio Imperatrice dei Romani (o Romana), Regina di Ungheria e di Boemia, Arciduchessa d'Austria, Duchessa di Borgogna, Contessa di Tirolo.

Morale: I RIPASSINI LI FACCIA CHI LI DEVE FARE!

3) A proposito dei maestri di zecca Luigi o Carlo Siries: il Sig. Domenico Carlos così scrive citando l'annotazione più volte ricordata: "...con l'esergo S.F. che vuol dire SIRIES FECIT, nome dell'incisore [errore questo dell'ufficiale di zecca, che confuse le iniziali di Schobl (sic!) e Faby con quelle IDENTICHE del Siries, attivo alla zecca di Firenze, Nda]"; premesso che dubito che si tratti in questo caso di un errore dell'ufficiale di zecca (che invece a mio avviso sembra voler così "toscanizzare" la moneta) non vi è dubbio, a leggere l'italiano, che il Sig. Domenico Carlos intenda dire che S.F. sono le iniziali del Siries. Purtroppo tuttavia F. non sta per l'iniziale del nome di battesimo di uno dei Siries (che si chiamavano Luigi e Carlo) ma appunto per FECIT, il che dimostra che nell'ottica dell'annotatore l'abbreviazione S.F. ha tutt'altro significato di quello che si pretende di attribuirle.

Morale: LE RILETTURE LE FACCIA CHI LE DEVE FARE!

4) Questi elementi valgono di per sé soli (insieme alle fonti principali da cui si attinge: il Catalogo Alfa, che appunto è solo un catalogo e qualche sito internet, per quanto ben fatto) a far considerare complessivamente di scarso pregio le osservazioni proposte nella lettera del Sig. Domenico Carlos (quanto ai Talleri "rivoluzionari" del 1848, tornerò a parlarne prestissimo) che - questo va riconosciuto - ha il solo merito di alimentare la discussione a proposito di una moneta su cui la disinformazione è ancora grande anche tra gli addetti ai lavori.

Modificato da Costi92

Inviato

Abbiate pazienza ma continuo a capire una cosa, forse voi che avete più presente la questione riuscite a spiegarmela.

Vorrei capire perchè è stato tirato dentro come incisore Luigi Siries, che mi risulta abbia cessato l'attività (o deceduto) nel 1811.

Se, come mi sembra di capire, si parla del 1814-1815 caso mai ci si dovrebbe riferire a Carlo Siries (1778-1854).

Io mi sono fatta l'opinione, per quel che può valere, che i talleri a Firenze furono davvero coniati; in fin dei conti riprendevano monete, per l'appunto altri talleri, coniati fino a poco tempo prima in Toscana ma con immagini diverse (nemmeno poi troppo per Francesco II, marito guarda caso di Maria Teresa) e che a loro volta riprendevano talleri per il commercio coniati formalmente per Pisa e soprattutto Livorno (splendidi); come si vede una lunga tradizione per il tipo.

In fin dei conti i commerci con l'oriente attraverso Livorno erano ancora assai sviluppati ed una moneta del genere, ben accetta in levante, faceva comodo.

I libri della zecca non riportano solo il passo citato ma anche le tratte di talleri per diversi anni, dal 1814 in poi: se non erano quelli di Maria Teresa dovremmo pensare che avessero ripreso i talleri del periodo 1771-1775 di Leopoldo I, ma mi sembra francamente poco probabile.

Con quali coni e con quali eventuali piccole differenze rispetto a quelli austriaci penso sia difficile da stabilire, anche perchè probabilmente avranno cercato di fare copie il più possibile somiglianti agli originali (sigle degli incisori comprese, che quindi non sono riferimenti agli incisori fiorentini).

Ritengo anche che, a parte l'aspetto di documentazione di commerci con il levante, quella moneta abbia comunque una importanza relativa per la monetazione toscana, tanto più che ne era espressamente vietata la circolazione nella regione.


Inviato (modificato)

Giuseppe, nel discorso che si tratti di Luigi o Carlo Siries (per la vicinanza delle date potrebbe essere l'uno o l'altro) la questione non cambia. Uno dei due Siries viene infatti tirato in ballo dalla ben nota annotazione sui Talleri che si sarebbero dovuti coniare a Firenze. Quindi è vero che la sigla S.F. sarebbe stata riprodotta per rendere il più possibile somiglianti i Talleri toscani agli originali (ma la sigla non è sempre presente nei Talleri austriaci), ma è altrettanto vero che, a stare all'annotazione, la sigla veniva sciolta, se vuoi con un po' di "sciovinismo", come SIRIES FECIT.

Per il resto hai messo il dito nella piaga: se mai furono coniati con quali coni ciò avvenne? Tu dici che "si sarà cercato di fare copie il più possibile somiglianti agli originali". Concordo pienamente, ma mi domando quali fossero gli "originali" copiati giacché a quell'epoca già circolavano decine di coni diversi del Tallero teresiano (erano stati coniati a Karlsburg, A Guenzburg, a Vienna, a Kremnitz, a Praga, a Milano e forse, parrebbe, a Venezia).

Quindi ammesso che siano mai stati coniati rimane allo stato delle nostre conoscenze impossibile riconoscere i Talleri fiorentini, salvo forse per il fatto che presentassero eventualmente la sigla S.F. al dritto (che però è presente in moltissimi degli altri coni dell'epoca). Questa circostanza è anche quella che ci fa dubitare della loro stessa esistenza e ciò anche con riferimento all'elevato numero dei pezzi che si pretendono coniati, il Pucci ipotizza 400.000, circostanza che, se fosse vera, dovrebbe avercene conservati parecchi.

Modificato da Costi92

Inviato

Costi, mi preme farti capire che non ho intenti polemici o critiche da fare; non sbaglia mai solo chi non fa mai niente.... per cui apprezzo il vostro lavoro.

Detto questo aggiungo qualche altra annotazione, ma giusto per approfondire un pò il tema su Firenze (incidentalmente, a me interessa anche poco quella moneta, non la ritemgo "toscana", coniata a Firenze o meno).

Sugli incisori:

Giusto per conoscenza generale (a volte c'è un pò di confusione sul tema): Luigi Siries in realtà sono TRE persone:

Luigi Siries attivo alla corte di Luigi XV di FRancia e morto nel 1754.

Luigi Siries figlio che risulta iniziare i suoi lavori a Firenze nel 1749 sotto Francesco II.

Luigi Siries figlio del figlio (il 3° insomma) nato nel 1743 e deceduto nel 1811.

Sulle monete in cui si trovano le sigle, in genere i grossi moduli, si vede fino a circa il 1772-1774 (vado a memoria) in genere la sigla L.S.F. (Luigi Siries Fecit) e solo in pochissimi casi quella S.F., in genere 1771-1772.

Dal 1775 sembra essere stata quasi sempre usato il monogramma [LS] cioè un L ed una S sovrapposte.

Al di là dello stabilire se una appartenesse al solo Siries 2° e l'altra al Siries 3° (questione sulla quale preferisco non entrare....) sembra comunque anacronistico l'uso S.F. nel 1814 per Luigi (e per giunta tre anni dopo la sua morte); Carlo Siries non ha mai usato d'altra parte quelle sigle.

Per i talleri toscana di "imitazione" austriaca c'è poi anche il notevole precedente dei talleri di Francesco imperatore d'Austria (e granduca di Toscana assieme): nel 1763 circa, proprio per quegli stessi motivi commerciali che indicavo prima, la Toscana coniò talleri esattamente uguali a quelli austriaci ma questa volta l'incisore (il Weber) ci mise le sue iniziali (I.Z.V.); da notare che da Vienna furono inviati addirittura i CONI da copiare esattamente ed anzi fu preteso che fossero IDENTICI.

Anche su questi talleri ci sono state parecchie discussioni, per vari motivi, ma qui li ho citati solo come precedente significativo.

Ovviamente non ti so dire come siano andate le cose nel 1814-1815, solo che non sarebbe affatto strano che abbiano preso dei modelli esistenti e rifatti pari pari; in fin dei conti c'erano precedenti e fondati motivi per farlo.


Inviato (modificato)

Giuseppe concordo su tutto pienamente e ti ringrazio per il prezioso contributo.

La questione della sigla S.F. viene solo fuori dall'annotazione sul libro della zecca fiorentina: "Resta approvata -sotto questo giorno 20 luglio - 1814 - e per aver corso soltanto fuori dello Stato, la battitura del tallero detto della regina di lire 6 fiorentine sul modello, bontà e peso della stessa moneta la quale si fa attualmente a Venezia. Sulla faccia anteriore l'effigie di Maria Teresa con la legenda [...] con l'esergo S.F che vuol dire SIRIES FECIT, nome dell'incisore. Sul rovescio [...] sul contorno [...]. La bontà è a once dieci d'argento fino per libbra peso per ogni libbra pezzi dodici col rimedio sino in grani sei al piú per ciascun pezzo conforme si è riscontrato essere su 12 talleri nuovi di Venezia esattamente pesati alla presenza dei principali Ministri di questa Zecca e che si conservano sigillati nella Cassa".

Che quindi i coni eventualmente imitassero quelli austriaci è certo, è possibile anche che fossero identici, ma mi domando, identici a quali? Voglio insomma dire che per un numismatico non è solo importante accertare se una moneta fu o no mai coniata, ma anche identificarla, circostanza che, lo ripeto, appare, nel nostro caso, allo stato delle nostre conoscenze, impossibile.

Modificato da Costi92

Inviato

Come avrai notato dal documento che ti ho inviato il Pucci ne riporta una parte ed il riferimento al Siries fecit non c'è, anzi attribuisce le sigle S.F. alle iniziali degli incisori di Gunzburg che identifica come Iosef Faby e Anton Stehr; al di là che il documento della zecca sia veramente cosi esplicito sul significato di SF (non ho quella parte, magari se hai una copia dell'ORIGINALE sarei interessato), la cosa può anche avere poco significato; il dato però relativo alle tratte nei vari anni esiste, cioè uscite di talleri dalla zecca di Firenze.

Ovviamente si può disquisire all'infinito su che talleri fossero...

Chiudo qui, anche perchè mi sembra di stare monopolizzando una discussione su un suo aspetto tutto sommato maginale; se hai comunque bisogno di materiale che ho od altro scrivimi pure in privato.


Inviato

Salve a tutti

In merito alla questione dei talleri fiorentini,se qualcuno è interessato,vi segnalo anche l'interessante articolo di Michael Broome del 1984 in 'the American Numismatic society' (New York) dal titolo: A FLORENTINE RESTRIKE TALER.

Articolo a sua volta segnalatomi da un collezionista austriaco specializzato in MTT.


Inviato
RILETTURE e RIPASSINI

Caro expo mi consenta di osservare quanto segue:

1) La questione del tedesco è marginale, tuttavia posso dirLe che in questo caso ben a ragione si può dire che un bel tacer non fu mai scritto. E' REGOLA che la umlaut si renda nel nostro caso con oe: quindi assolutamente Schoebl e non Schobl

2) A proposito del latino: il Sig. Domenico Carlos così scrive: "...ho notato altre imprecisioni: innanzitutto i titoli abbreviati del rovescio resi nella traduzione al femminile, mentre in realtà andrebbero più correttamente traslati al maschile, perché queste erano le intenzioni degli incisori, come testimonia l'unico titolo espresso per intero sulla moneta (Dux non Ducissa)..."; premesso che l'iscrizione va letta nel suo complesso (e quindi - si noti - al dritto l'abbreviazione REG. sta per regina) è ERRATO il dire che il sostantivo DUX sia maschile. Nel nostro caso anzi è proprio femminile e l'iscrizione nel suo complesso va tradotta (non traslata) così: Maria Teresa per Grazia di Dio Imperatrice dei Romani (o Romana), Regina di Ungheria e di Boemia, Arciduchessa d'Austria, Duchessa di Borgogna, Contessa di Tirolo.

Morale: I RIPASSINI LI FACCIA CHI LI DEVE FARE!

3) A proposito dei maestri di zecca Luigi o Carlo Siries: il Sig. Domenico Carlos così scrive citando l'annotazione più volte ricordata: "...con l'esergo S.F. che vuol dire SIRIES FECIT, nome dell'incisore [errore questo dell'ufficiale di zecca, che confuse le iniziali di Schobl (sic!) e Faby con quelle IDENTICHE del Siries, attivo alla zecca di Firenze, Nda]"; premesso che dubito che si tratti in questo caso di un errore dell'ufficiale di zecca (che invece a mio avviso sembra voler così "toscanizzare" la moneta) non vi è dubbio, a leggere l'italiano, che il Sig. Domenico Carlos intenda dire che S.F. sono le iniziali del Siries. Purtroppo tuttavia F. non sta per l'iniziale del nome di battesimo di uno dei Siries (che si chiamavano Luigi e Carlo) ma appunto per FECIT, il che dimostra che nell'ottica dell'annotatore l'abbreviazione S.F. ha tutt'altro significato di quello che si pretende di attribuirle.

Morale: LE RILETTURE LE FACCIA CHI LE DEVE FARE!

4) Questi elementi valgono di per sé soli (insieme alle fonti principali da cui si attinge: il Catalogo Alfa, che appunto è solo un catalogo e qualche sito internet, per quanto ben fatto) a far considerare complessivamente di scarso pregio le osservazioni proposte nella lettera del Sig. Domenico Carlos (quanto ai Talleri "rivoluzionari" del 1848, tornerò a parlarne prestissimo) che - questo va riconosciuto - ha il solo merito di alimentare la discussione a proposito di una moneta su cui la disinformazione è ancora grande anche tra gli addetti ai lavori.

Oh mamma, non so proprio da dove cominciare,

forse è il caso che ognuno rimanga delle proprie idee senza polemiche, ma una cosa a dimostrazione di quel che ho detto voglio sottolinearla (ultimo mio intervento, prometto se no già lo so che divento polemico e pesante, mi automodero).

Tu scrivi:

citando l'annotazione più volte ricordata: "...con l'esergo S.F. che vuol dire SIRIES FECIT, nome dell'incisore [errore questo dell'ufficiale di zecca, che confuse le iniziali di Schobl (sic!) e Faby con quelle IDENTICHE del Siries, attivo alla zecca di Firenze, Nda]"; premesso che dubito che si tratti in questo caso di un errore dell'ufficiale di zecca (che invece a mio avviso sembra voler così "toscanizzare" la moneta) non vi è dubbio, a leggere l'italiano, che il Sig. Domenico Carlos intenda dire che S.F. sono le iniziali del Siries.

A lettere l'italiano è vero assolutamente il contrario

a dimostrazione che è bene leggere le critiche con animo costruttivo e non con risentimento partendo prevenuti.

Carlos riporta l'annotazione e nell'annotazione c'è scritto che S.F. sta per SIRIES FECIT.

E' l'annotazione che lo dice non Carlos, anzi Carlos tra parentesi corregge l'errore dell'ufficiale di zecca.

Morale: I RIPASSINI FACCIAMOLI!!!!! E MAGARI QUANDO LI FACCIAMO METTIAMOCI ANCHE UN PO' DI ATTENZIONE SENZA ATTRIBUIRE AD ALTRI COSE NON DETTE.


Inviato
Io mi sono fatta l'opinione, per quel che può valere, che i talleri a Firenze furono davvero coniati; in fin dei conti riprendevano monete, per l'appunto altri talleri, coniati fino a poco tempo prima in Toscana ma con immagini diverse (nemmeno poi troppo per Francesco II, marito guarda caso di Maria Teresa) e che a loro volta riprendevano talleri per il commercio coniati formalmente per Pisa e soprattutto Livorno (splendidi); come si vede una lunga tradizione per il tipo.

In fin dei conti i commerci con l'oriente attraverso Livorno erano ancora assai sviluppati ed una moneta del genere, ben accetta in levante, faceva comodo.

I libri della zecca non riportano solo il passo citato ma anche le tratte di talleri per diversi anni, dal 1814 in poi: se non erano quelli di Maria Teresa dovremmo pensare che avessero ripreso i talleri del periodo 1771-1775 di Leopoldo I, ma mi sembra francamente poco probabile.

Con quali coni e con quali eventuali piccole differenze rispetto a quelli austriaci penso sia difficile da stabilire, anche perchè probabilmente avranno cercato di fare copie il più possibile somiglianti agli originali (sigle degli incisori comprese, che quindi non sono riferimenti agli incisori fiorentini).

Ritengo anche che, a parte l'aspetto di documentazione di commerci con il levante, quella moneta abbia comunque una importanza relativa per la monetazione toscana, tanto più che ne era espressamente vietata la circolazione nella regione.

Quoto totalmente


Inviato

Permettetemi di intervenire non in quanto coinvolto nella stesura dell'articolo e nemmeno collezionista della moneta in questione, ma solamente in quanto "cultore della materia". Credo che la lettera del Sig. Carlos (sembra uno pseudonimo, sarà un collezionista che vuole rimanere anonimo? Sembra peraltro che Ganganelli lo conosca e lo tratti con notevole deferenza), al di là del tono cattedratico sul quale penso sia inutile polemizzare, contenga alcune osservazioni assolutamente degne di nota. Sarebbe anzi forse il caso di integrare queste osservazioni (ovviamente previa autorizzazione) in una eventuale futura nuova versione dell'articolo ad usum Lamonetae. Altre osservazioni mi sembrano invece piuttosto capziose o comunque abbastanza irrilevanti. Purtroppo non ho davanti in questo momento né l'articolo né la risposta quindi perdonate qualche possibile imprecisione.

1a) Sulla questione S.F. mi sembra che la critica si attesti sul fatto che la sigla è stata "sciolta" in "Tobias Schoebl and Josef Faby". Mi sembra evidente che la "and" sia un errore di battitura dell'estensore che aveva davanti un libro in inglese e ha scritto in automatico. Se poi la critica è diretta al fatto che la sigla non è stata "sciolta" correttamente, mi sembra strano che una sigla si "sciolga". Al massimo si interpreta, altrimenti in una moneta come questa

http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-PIOVIIP2/15

dovremmo "sciogliere" la sigla P-P in "Pasinati Pasinati" e non "fratelli Pasinati" o "Pietro e Giovanni Pasinati" (vado a memoria) come si trova in tutti i cataloghi. La questione comunque, corretta la svista dell'"and", mi sembra sostanzialmente irrilevante e la citazione del documento fiorentino, in relazione a questo, mi pare serva solo ad aumentare la confusione.

1b) La legenda della moneta è indiscutibilmente di genere femminile. Rentzmann (grazie al sito di Mirko!) scioglie la legenda come "Dei Gratia Romanorum Imperatrix Hungariae Bohemiae Regina Archidux Austriae Dux Burgundiae Comes Tyrolis". Quindi DVX, ARCHIDVX e COMES sono invariabili per genere (le forme femminili costruite sul genitivo come ducissa, comitissa, marchionissa sono poco usate e decisamente poco eleganti) e la dizione corretta è ROMANORVM. In effetti, oltre al fatto che il titolo esatto è quello, anche una minima variazione dei titoli aveva la sua importanza in termini di legittimità (per fare un esempio, si pensi sulle monete sabaude alla differenza tra "dux SABAVDIAE" e "marchio IN ITALIA"). Rispetto a ROMANORVM il Sig. Carlos ha quindi ragione: la questione in sé ha relativa importanza ma in questo caso la precisione è importante, a mio parere.

2) I talleri fiorentini del 1814. Una "presunta" coniazione è una coniazione che "si presume" sia avvenuta ma di cui non si hanno le prove. Queste prove non sono certo l'ordine di battitura citato dal Sig. Carlos, dato che un ordine di battitura per sua natura precede logicamente e temporalmente la coniazione, quindi al più può essere usato per affermare che la coniazione è molto probabile, ma non che è certa (non ci sono parecchi controesempi?). Prove certe (a meno di impicci del responsabile di zecca...) sono invece i verbali di estrazione e i rendiconti di zecca, che sono citati sopra da Giuseppe ma non dal Sig. Carlos. Di conseguenza, a mio parere l'articolo è probabilmente lacunoso (in quanto non cita le prove dell'avvenuta coniazione che invece sembra esistano) ma la critica sul punto è a sua volta incoerente. A parte questo, questi talleri sono identificabili? Se no, la questione è in effetti irrilevante.

3) Termine della coniazione: giugno o luglio 1939. L'esercizio finanziario 1938-1939 termina il 30 giugno 1939. Esistono i documenti per l'esercizio finanziario 1939-1940? Dicono qualcosa sull'eventuale coniazione di talleri nel mese di luglio 1939? Solo in questo modo possiamo sapere con certezza se il dato riportato nell'articolo è corretto o meno (ovviamente a meno di prendere per certo quanto riportato dal Sig. Carlos).

4) I discorsi sulla diffusione del tallero e sulle contromarche sono assolutamente corretti se presi come integrazioni al discorso svolto nell'articolo, se interpretati come critiche mi sembrano invece piuttosto ingenerosi. Gli autori dicono chiaramente (e lo stesso Ganganelli riporta) che obiettivo dell'articolo era fornire un rapido manualetto per l'identificazione dei talleri battuti in Italia, non una disquisizione sul tallero di Maria Teresa in genere. Forse su questo si è generata un po' di confusione, alimentata anche da un certo taglio dell'articolo (la presenza di un abstract denuncia chiaramente che almeno uno degli autori è ricercatore in discipline scientifiche ;) ) ma credo che ora si possa riportare la questione nei suoi giusti termini, che non sono quelli "accademici".

5) Il tallero del Governo Provvisorio di Venezia. Confesso qui la mia totale ignoranza. Se quanto riporta expo77 è corretto (riconoscibilità dalle contromarche) questi talleri andavano in effetti quanto meno menzionati.

6) Anche sulla bibliografia sono abbastanza d'accordo con il Sig. Carlos: meglio nessuna bibliografia che una bibliografia incompleta. Ma io sono un maniaco della bibliografia, forse ve ne sarete accorti da Lamonetapedia :P

Per riassumere, ci sono sicuramente nell'articolo alcune imprecisioni e omissioni, ma il fatto che l'articolo abbia attirato critiche dimostra che è stato ritenuto degno di essere letto con attenzione, cosa che non si può dire di molti articoli pubblicati su riviste anche più titolate. Se si fosse trattato di una "peer review" l'articolo avrebbe avuto probabilmente l'ok alla pubblicazione con qualche richiesta di modifiche. Direi che si può ringraziare il Sig. Carlos e considerare la sua lettera uno stimolo per gli autori a fare ancora meglio la prossima volta ;)


Inviato
Su CN di questo mese è apparsa una lettera di critiche al nostro articolo sul tallero a firma di Domenico Carlos. Alcune sono molto sensate, altre le trovo ingenerose.

...

Poi ci si contesta il "tono della novità" riguardo alla doppia piuma nei talleri coniati a Roma. Qui si fa un processo ai toni e mi sembra un po' ingiusto visto che desumere un "tono" da uno scritto è operazione assai soggettiva. E infatti so bene che la doppia piuma è citata e anzi ben evidenziata dall'Alfa (testo che non merita assolutamente per questo di venire riportato in bibliografia anche se ci viene criticata anche questa mancanza). Quindi nessun tono di novità ma comunque se ne deve parlare visto che tutti gli altri prezzari (ben piú diffusi) non la citano.

...

Ciao Massimo,

sono d'accordissimo su questo che hai sottolineato ed ho riportato qui sopra: anch'io ho trovato abbastanza fuori luogo contestare "il tono" (...) di quanto avevamo scritto sulle due piccole piume nascenti. Inoltre, non ci viene invece riconosciuto il merito d'essere "andati ben oltre" quel particolare (che è condizione necessaria ma non sufficiente): citando non-pochi casi in cui le doppie piume ci sono, ma non si tratta di talleri coniati a Roma...

Un salutone,


Inviato

Concordo con Giuseppe sul non disquisire più a lungo sulla questione del Tallero la cui effettiva coniazione rimarrà incerta finché qualcuno non sarà capace di individuarne le eventuali caratteristiche. Peraltro il fatto che l'Hafner abbia classificato oltre 150 tipi di Tallero senza poter tra questi indicare quello ipoteticamente coniato a Firenze lascia dubbi, credo legittimi, sulla sua esistenza. Quoto appieno anche Paleologo laddove dice che a tale stato delle nostre conoscenze la questione è irrilevante.

Per il resto credo si possa riassumere quanto segue:

1) Come rileva Toto sul Tallero romano si è andati molto oltre le conoscenze che si avevano fin qui e l'indizio della doppia piuma non è altro che uno dei parametri per classificare un Tallero come coniato a Roma, tant'è che molti Talleri londinesi o viennesi sono tuttora da molti classificati come romani.

2) Quanto al Tallero che si presume coniato nella Venezia assediata nel 1848-1849 sono necessarie alcune precisazioni e chiarimenti:

a) Non si tratta certamente di un conio diverso da quelli usati nella zecca a Venezia in epoca immediatamente precedente. Non è insomma una tipologioa di Tallero diversa.

b) Conosciamo, a quanto mi consta, solo due Talleri la cui differenza rispetto agli altri consiste nell'aggiunta (cito da Gionata Barbieri) "al dritto delle legende: “ZECC.VE./ASS.SETT.1848” e “VEN.ASS.//1848/ZEC.VEN.AR.//DE’CIT” (cioè rispettivamente, “Zecca di Venezia, Assedio Settembre 1848” e “Venezia Assediata 1848, Zecca di Venezia argento dei cittadini”)".

c) La tipologia delle iscrizioni aggiunte in incuso in forma circolare non autorizza a credere alla loro ufficialità; può essere che l'iscrizione sia stata aggiunta da qualche addetto alla zecca, ma è altrettanto possibile che ciò sia avvenuto ad opera di privati (anche in un momento successivo, circostanza plausibile considerato il carattere epico dell'evento nella memoria dei veneziani).

d) E' dunque al più probabile che durante il Governo provvisorio si sia continuata la coniazione di Talleri (non molti dato che l'assedio limitava di certo assai i commerci con l'esterno) o, circostanza ancor più plausibile, che siano stati emessi i Talleri presenti in zecca al momento dell'insurrezione.

3) Per quanto riguarda la bibliografia per formazione professionale (tra gli autori dell'articolo ci sono anche accademici di materie umanistiche) sono contrario ad elenchi fatti con il copia/incolla o a citare lavori che vengono menzionati solo ad pompam vel ostentationem. Si cita e si utilizza solo quello che effettivamente serve. D'altra parte il merito (ahimè non da tutti riconosciuto) dell'articolo sta nel suo carattere "pioneristico": poca è la bibliografia che riguardava il tema e ancor meno quella che meritava di esser citata.


Inviato

Giuseppe, sì lo conosciamo tutti bene ed è anche citato nella bibliografia dell'articolo. La moneta è anche inserita nel "catalogo" on line di Incuso. Lo stesso Guenter Roeck, che è l'autore del sito, classifica però la moneta sotto la zecca di Guenzburg e l'attribuisce ad una data incongruente (1790?) con quella che sappiamo degli eventuali Talleri fiorentini. In più quel Tallero è molto lontano dalle tipologie dei Talleri italiani. Visti i contatti della zecca di Firenze con quella di Venezia bisognerebbe semmai a mio avviso pensare ad una vicinanza con i Talleri coniati a Venezia o a Milano.


Inviato

Per quanto riguarda i talleri di Venezia, dei quali non ho conoscenza specifica, e' possibile reperire su Google Books delle informazioni frammentarie -in quanto volumi visualizzabili solo in parte- che, rimesse assieme con un po' di pazienza possono dare delle indicazioni.

Ad esempio su un numero della Rivista italiana di numismatica e scienze affini, i volumi sono quelli 59-62 (1957-1960), a pag 90 di uno dei volumi citati si dice:

Durante l'assedio furono battuti dalla zecca di Venezia anche talleri di Maria Teresa con la data 1780 (Correr 2926, Papadopoli 8481), ma essi sono difficilmente distinguibili da quelli originali.

Su Numismatica e antichità classiche, 1974 a pag 263 si legge:

Su due esemplari conservati al museo Correr di Venezia (Correr 2926 e Papadopoli 8481), di cui siamo lieti di poter riprodurre per la prima volta le foto, si leggono al dritto, ai lati del busto di Maria Teresa, a semicerchio, delle diciture che spiegano e contraddistinguono l'eccezionale battitura

Su un esemplare si legge: VEN. ASS. SET /1848 e ZEC. VEN. ARG. / DE' CIT. (Venezia assediata settembre 1848 e Zecca Veneta). Sull'altro ZEC. VEN. e ASS. SET. 1948 [sic] (Tav. I e II). Diciture apposte in un secondo tempo su questi due talleri, destinati a rimanere a Venezia in ricordo di quei giorni memorabili.

Non e' possibile avere a disposizione dal sito altre informazioni, ad esempio sugli autori degli articoli.


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