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L’arte degli incisori romani


caiuspliniussecundus

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Una piccola premessa (perdonatemi la prolissità): nell’arte romana convivono due anime, una legata alla tradizione plebea, caratterizzata da un minuzioso realismo, e una colta, frutto dell’ellenismo importato in Italia dai Greci.

La prima corrente è di derivazione italico/etrusca. Ne abbiamo degli esempi magnifici nell’arte funeraria dove il defunto veniva ritratto con tutti i suoi difetti fisici o con i segni della senilità. Presto tuttavia l’arte romana venne in contatto con l’ellenismo. E una corrente di classicismo greco venne a permeare la ritrattistica e l’arte romana, soprattutto al tempo di Augusto. A tratti, a seconda dei periodi, prevale l’una o prevale l’altra. Volendo fare un esempio dell’uno e dell’altro stile: immagine A. vecchio, età repubblicana (Museo di Torlonia, ritratto di Patrizio); B. Antinoo, favorito di Adriano.

Mentre nel primo caso l’artista si sofferma sulle irregolarità del volto del vecchio e quasi ne sottolinea le asperità e le deformità, nel caso di Antinoo l’artista si attiene ad un canone di estetica messo a punto da Policleto nel V secolo aC, caratterizzato da una perfezione formale assoluta e dalla politezza del tratto.

Venendo ai ritratti degli imperatori, ho cercato di capire se i maestri incisori di Roma seguissero più l’arte romano-repubblicana o il classicismo greco. Mi è venuta questa sorta di classifica, ma se ne può discutere ampiamente … (siamo qui per questo, no?)

Ritratti veristi (tipo romano plebeo): Nerone, Galba, Vitellio, Vespasiano, Tito, Nerva, Massimino, Filippo, Gallo

Ritratti classicheggianti (tipo greco ellenistico): Augusto, Livia, Agrippina, Tiberio, Adriano, Sabina, Caracalla, Eliogabalo, Alessandro Severo

Non riesco a definirli: Caligola (ritratto enigmatico), Antonino Pio , Marcaurelio.

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tornando sul preferito di adriano..antinoo.. i suoi ritratti sono classicheggianti cosi come ha notato caius..adriano fu forse l'imperatore che più risentì l' influenza greca..eppure nei suoi ritratti traspare il carattere verista del ritratto.fermo restando il carattere pragmatico dei romani..secondo me era il contesto,la situazione del momento che spingeva a queste deviazioni dal pragmatismo..

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Venendo ai ritratti degli imperatori, ho cercato di capire se i maestri incisori di Roma seguissero più l’arte romano-repubblicana o il classicismo greco. Mi è venuta questa sorta di classifica, ma se ne può discutere ampiamente … (siamo qui per questo, no?)

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Lo stile ritrattistico che sorge a Roma in epoca repubblicana, si pone in contrasto voluto con la mondana ed intellettuale eleganza del cittadino ellenistico. A Roma si intendeva celebrare l'austerità e la forza di volontà di una stirpe di vecchi contadini abituati alla fatica ed alla disputa politica oltre che pieni di fierezza sul passato della propria gente. Lo stesso concetto di nobilitas, in epoca antica, è strettamente legato al ritratto. Sallustio (Bell. Iug., LXXXV; 25) fa scandire a Mario aspre parole contro i patrizi romani che lo disprezzavano "perchè non ho immagini (di antenati) e la mia nobiltà è nuova". Lo stesso rituale funebre, quello patrizio, prevedeva la realizzazione di una maschera di cera del volto del defunto che veniva poi conservata in un armadietto a sportelli nell'atrio della casa (il centro) ed il membro più autorevole della famiglia apriva la teca solo in determinate occasioni. Questo straordinario rituale legato al culto degli antenati e quello stesso "ius imaginum" teso all'esaltazione della gloria patrizia, appaiono non influenzati, nel loro originarsi ed istituirsi culturalmente a Roma, dal mondo greco. Il greco Polibio ci descrive, nelle "Storie", i rituali funebri patrizi al tempo di Scipione Emiliano: "quando ha finito di parlare del morto, l'oratore incaricato dell'elogio funebre ricorda i successi e le imprese dei suoi antenati, dei quali sono presenti le immagini, cominciando dal più antico. Così rinnovandosi continuamente la fama di virtù degli uomini valorosi, si immortala la gloria di coloro che hanno compiuto qualche nobile impresa ed il nome di coloro che hanno servito bene la patria è conosciuto da tutti e si trasmette ai posteri. E, quel che più importa, i giovani sono spinti a sopportare tutto per procacciarsi la gloria che si accompagnava ai valorosi". Possiamo rintracciare in questo, aspetti didattici di educazione e richiamo alla virtù, alla tradizione ed alla fierezza, ma soprattutto possiamo visitare la modalità di relazionarsi con la morte propria dei romani: la certezza dell'immortalità era affidata alla memoria dei posteri ed il ritratto era il veicolo privilegiato a cui questa era affidata.

Sono partito da tanto lontano (me ne scuso) nonostante la riflessione iniziale prenda in considerazione, giustamente, la ritrattistica dell'epoca imperiale perchè l'argomento del ritratto romano è pienamente intriso di valenze ideali ed antropologiche che sono peculiari della romanità ed affondano le radici nelle epoche precedenti ai cesari. L'arte dei ritratti, infatti, nonostante come tutte le altre forme artistiche di Roma alla fine sia stata "contaminata" dalla civiltà greca, non abbandonerà la sua valenza di celebrazione della persona (che deve essere sempre riconoscibile nella sua identità) in quanto personificazione di virtù e potere. Essa non è quella esclusivamente estetica, ricca di modellato e di plasticismo un pò barocco che portava i greci ad eccedere nell'idealizzazione, ma è quella politica della celebrazione del potere personale dell'imperatore. Il processo evolutivo che porterà dal realismo rigido e quasi maniacale dell'età repubblicana a quello più elegante e modellato dell'epoca imperiale non sarà a discapito del realismo stesso (mi limito a considerare i ritratti in numismatica perchè nella scultura ci sono casi in cui l'idealizzazione e il gusto greco in effetti sembrano predominare) che, seppure ammorbidito, sarà ricondubile alla ritrattistica propriamente romana. (Cfr. Bianchi Bandinelli R., Roma: l'arte romana nel centro del potere, BUR; Beccati G., L'arte nell'età classica, Sansoni; Vollenweider, Avisseau-Broustet, Cammées et intailles: les portraits romains du Cabinet des médailles, Bibliotheque Nationale de France). Enrico :)

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Condivido tutto quanto detto prima di me :)

In effetti la moneta romana prende subito le distanze da quella ellenistica; con Augusto viene imposto il criterio ritrattistico che perdurerà per quasi tutta l'età imperiale, per vedere poi un certo ritorno alla stilizzazione del ritratto nel basso impero, per poi giungere all'esemplificazione massima del ritratto con i bizantini.

Da Augusto a Claudio il ritratto è molto impostato a sottolineare la figura autoritaria dell'imperatore, una figura sana che rispecchia l'uomo perfetto, capigliatura non troppo folta e barba assente, sguardo autorevole ma non troppo severo e nemmeno troppo mistico. I ritratti di questo periodo si somigliano tutti e, proprio per seguire la schematizzazione di cui ho scritto, probabilmente essi si allontanavano dalla realtà assoluta.

Con Nerone vi è un cambio radicale, questo imperatore, amante dell'arte e del mondo ellenico ne viene influenzato, ecco che compare la barba e una capigliatura più "sbarazzina", il ritratto rispecchia esattamente la realtà con tutte le sue imperfezioni tanto da poter seguire la metamorfosi fisica dell'imperatore durante le fasi della sua vita. Anche i suoi successori mantengono l'abitudine farsi ritrarre in maniera molto realistica, con qualche eccezioni dovuta generalmente all'ego dell'imperatore. Ad esempio Commodo si fece spesso ritrarre in atteggiamenti mistici proprio per sottolinearne la volontà di essere accostato ad una divinità (Ercole). Poi viene il periodo degli imperatori soldati ed ecco che, proprio per sottolineare, ancora una volta, l'aspetto realistico e autoritario del sovrano, essi si fanno ritrarre in abiti militari, con i capelli cortissimi (taglio alla militare) e uno sguardo duro; ad esempio notare l'evoluzione dei ritratti di Massimino I e del figlio Massimo, a seconda del periodo rappresentato e della funzione svolta dall'imperatore in quel momento, essi sono raffigurati A- in abito militare, capello cortissimo e sguardo rude (I° periodo, bellico); B- trionfali, abito paludato e sguardo più sereno (2° periodo); C- età matura, togati e sguardo mistico (vale per Massimino I che, invecchiando, tende ad accomunarsi ad una divinità in prospettiva della divinizzazione dopo la sua morte).

Insomma il ritratto romano cerca di trasmettere sempre una realtà che rispecchi esattamente l'animo dell'imperatore in qualità di rappresentante dello Stato; con la sua moneta Roma vuole esprimere la sua potenza prima di tutto.

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Supporter

Vi presento questo denario che mi ha molto affascinato. Trovo che il ritratto di Vespasiano sia un curioso mix tra "verismo" romano e idealizzazione ellenistica. La moneta è coniata a Efeso e lo stile è nettamente diverso da quello molto veristico della zecca di Roma che a volte diventa quasi "caricaturale".

Efeso:

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vespasiano.doc

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Una discussione molto stimolante: qualcuno di voi mi potrebbe dire qualcosa di più su Claudio? Oltre a quanto detto da Centurioneamico, credo che ci siano in lui tendenze opposte, dal ritratto idealizzato e "perfetto" con ad esempio l'allungamento del collo a cui teneva moltissimo, ad altre effigi che mostrano qualche segno del tempo sul volto o le guance cadenti, come ad esempio, non a caso, nella monetazione provinciale come quella efesina...

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Quest’ultima osservazione sul collo lungo di Claudio mi ha stupito, qualcuno ne sa qualcosa??? Ho sempre pensato che fosse così veramente….

Adesso cerco di continuare nel mio contorto pensiero sulla ritrattistica, perché mi piacerebbe capire come fu ritratto ogni imperatore e perché. L’immagine sulle monete era troppo importante per essere lasciata al caso o alla buona volontà degli incisori. E’ l’andamento di queste mode ondivaghe che trovo interessante. Augusto quando divenne monarca assoluto pretese un ritratto non realistico bensì idealizzato. I ritratti vigorosi dei primi anni, lasciaronmo il passo ad un immagine armoniosa ispirata ad un canone classico, ben poco somigliante ad Augusto, però. Anche la pettinatura risente di questo neoclassicismo, rassomilgiando al doriforo di Policleto. . Per dirla con Zanker (è meglio far parlare lui…) : “il nuovo ritratto è studiato da cima a fondo, è un volto d’arte, in cui tratti fisiognomici reali si mescolano sapientemente alle forme dell’arte classica. Il volto di Augusto appare tradotto in una bellezza senza età. Il nuovo ritratto fu un grande successo, benché avesso probabilmente poco a che fare col suo aspetto effettivo…. …giacchè le opere di Policleto rappresentavano nella coscienza del tempo la forma suprema di raffigurazione umana, un’immagine di perfezione e sublimità, pertanto il nuovo ritratto mette in immagine la qualifica di Augustus nella pienezza dei suoi significati. L’arte definisce la prosizione preminente del princeps con un linguaggio chiaro come le res gestae.”

E quindi appare chiaro il motivo di questa trasfigurazione dell’immagine di Augusto sulle monete, non diversamente dai numerosi busti e statue che riempivano l’impero. E qui si poteva andare avanti su questa strada. Il suo successore offrì un ritratto dignitoso ma schivo, che rifletteva il suo carattere umbratile. Poco presente sulle monete, Tiberio preferì lasciare spazio alla figura della madre, del padre, del figlio e dei nipoti. Quello che non mi è chiaro è il successivo ritorno a ritratti spiccatamente veristici. Con Nerone il ritratto di tipo classico/ trasfigurante viene abbandonato, (mirabili ritratti di Nerone, capolavori di ritrattistica che ci stupiscono incessantemente). Ma perché Nerone rinunciò a farsi ritrarre come un regnante divinizzato? C’è un ritorno al ritratto tardo repubblicano, ben descritto da Minerva, latore dei valori di fierezza e durezza dei contadini laziali. Gli imperatori successivi, Vespasiano Tito e Nerva ci hanno regalato dei capolavori di arte ritrattistica di stampo plebeo, sono forse i vertici assoluti della ritrattistica sulle monete. Ma questo ritorno all’antico ha qualche significato politico? L’unico link che riesco a fare è su Vespasiano, imperatore filo senatoriale. Può essere che anche nell’arte ufficiale abbia scelto una linea di ritorno alla tradizione e alle forme espressive tardo repubblicane.

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Ritratti veristi (tipo romano plebeo): Nerone, Galba, Vitellio, Vespasiano, Tito, Nerva, Massimino,  Filippo, Gallo 

Ritratti classicheggianti (tipo greco ellenistico):  Augusto, Livia, Agrippina, Tiberio, Adriano, Sabina, Caracalla, Eliogabalo, Alessandro Severo

Non riesco a definirli:  Caligola (ritratto enigmatico), Antonino Pio , Marcaurelio.

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Non sono sicuro che questa classifica corrisponda alla realta'... secondo me e' molto piu' "verista" (nel senso stretto del termine) un ritratto di Antonino Pio che uno di Nerva... proprio quest' ultimo imperatore, per quanto poco abbia regnato, ha un'ampia gamma di rappresentazioni che vanno dalla rappresentazione "eroico-classicheggiante" tipo

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...ID=196&Lot=2316

alla "caricatura" -scusate il termine, ma non trovo altro modo per descrivere questa...

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...cID=183&Lot=456

- per giungere ad un ritratto che potremmo definire piu' realista ma... guardate un po':

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...ID=168&Lot=1715

Ricorda qualcuno? ;) Al che mi chiedo: quanto Vespasiano c'e' nelle raffigurazioni di Vespasiano?

PS. Per capire come gli incisori erano condizionati... volete vedere Adriano in versione "sbarbata"? :D Eccolo:

http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...ID=176&Lot=1366

A volte un ritratto e' anche un messaggio...

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Da quanto ci racconta Svetonio, Claudio era di alta statura (coerente con il collo flessuoso) e ben proporzionato; aveva faccia espressiva ed una bella capigliatura bianca. Plinio il Vecchio scrive che agli angoli degli occhi aveva cuscinetti di carne striati da piccole venature e qualche volta pieni di sangue. In pratica direi che quello che le monete riportano è un Claudio attendibile...i ritratti che ci presentano sia Svetonio che Plinio a noi numismatici non risultano improbabili ;) .

Per quanto riguarda le "variabili fisiognomiche" che di uno stesso imperatore possiamo apprezzare in varie monete, personalmente le considererei causate dalla capacità tecnica, personale, dei vari incisori. In un'epoca in cui si operava a "mano libera" la bellezza e la preziosità della resa del cesello stava proprio lì, nell'evidenza della tecnica del singolo incisore o se vogliamo: la sua firma B) .

Enrico :)

Modificato da minerva
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Svetonio descrive Claudio come "di corporatura alta e non magra, con il collo robusto, e una figura prestante"; questo oltre alle gambe malferme, alla balbuzie e al fatto che sputava quando parlava...

Che io sappia, tornando al collo "robusto", proprio per questo teneva moltissimo a che nelle monete esso fosse più lungo del normale...

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Se l'imperatore Claudio si facesse rappresentare con il collo più lungo del normale non lo possiamo sapere...e la cosa, sinceramente, non mi convince affatto però: ad impossibilia nemo tenetur :D o almeno, a me sfuggono le fonti che sostengono ciò e, nell'evidenza, questo ritratto mi pare ben proporzionato oltre che davvero eccellente e coerente con le notizie delle fonti, i busti che ci sono pervenuti e la finalità del ritratto numismatico. http://www.coinarchives.com/a/lotviewer.ph...ID=250&Lot=8611. Enrico :)

Modificato da minerva
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