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Proporzioni nelle emissioni in un sistema


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Inviato

Ho letto una frase sul libro di Forzoni “la moneta nella Storia” che mi ha stupito. Parlando delle emissioni di Settimio Severo dice “è probabile che la gestione del bimetallismo non comportasse aumenti paralleli. Per un nuovo aureo non era necessario coniare 25 denari o 100 sesterzi, man mano che si scendeva nella scala dei pezzi monetati”

Significa che per stare in piedi il sistema monetario doveva rispettare un equilibrio tra i volumi dei nominali pari al loro rapporto?? cioè 1:25:100

E’ una domanda, forse qualcuno versato in economia potrebbe spiegarmi che cosa succederebbe in un sistema monetario trimetallico se vengono emessi solo aurei, non lo so, ma credo di immaginarlo, dopo qualche tempo scarseggerebbero i denari e il cambio con il denario scenderebbe 1: 20 o 1:15. Pertanto è probabile che in un qualche modo il sistema augusteo debba avere rispettato, almeno a grandi linee, queste proporzioni. Mi sembra però strano, almeno agli inizi ho l’impressione che l’aureo fosse veramente raro.

Caius


Staff
Inviato

Interessantissima riflessione...

Credo però che per trarre conclusioni plausibili non si debba considerare troppo il parametro costituito dal numero di emissioni auree giunte fino a noi.

E' chiaro che la quantità di queste monete "andate disperse" nel corso dei secoli è stata molto elevata e ben più alta di quella riguardante emissioni enee o argentee.

Awards

Inviato

Penso anch'io che a nostro sfavore ci sia la reale possibilità che le emissioni auree siano state oggetto di massicci processi di "rifusione" in tempi più o meno antichi.

Si possono comunque fare due considerazioni: a favore della scomparsa in antico delle prime emissioni auree si potrebbe citare il fatto che, come leggevo qualche settimana fa, quando Cesare tornò dalle gallie portando enormi quantità d'oro, l'aureo si svalutò di circa il 30%, ma se andiamo a guardare cataloghi d'aste o siti online, di quegli aurei non è che ce ne siano così tanti rispetto a periodi successivi...

Un secondo punto riguarda l'aumento della popolazione nell'impero Romano nel corso del tempo. Infatti, il conio aureo era e rimaneva prerogativa delle zecche romane, non era sostituito da emissioni provinciali, così come i denarii, quindi la coniazione aurea nel II-III secolo, prescindendo dalle contingenze economiche doveva tenere conto di tale aumento di popolazione.

L'argomento è assolutamente interessante.

giampy


Inviato
Ho letto una frase sul libro di Forzoni “la moneta nella Storia” che mi ha stupito. Parlando delle emissioni di Settimio Severo dice “è probabile che la gestione del bimetallismo non comportasse aumenti paralleli. Per un nuovo aureo non era necessario coniare 25 denari o 100 sesterzi, man mano che si scendeva nella scala dei pezzi monetati”

284265[/snapback]

Credo che il senso della frase sia questo: entro certi limiti una variazione nelle disponibilità relative dei metalli monetati componenti il sistema non avrebbe causato un cambiamento dei rapporti di valore tra i metalli stessi, in quanto questi rapporti erano stabiliti e garantiti dallo stato. Ovviamente questo valeva finchè non si verificavano eventi su larga scala: l'esaurimento delle miniere d'argento iberiche fu uno dei fattori che provocarono la scomparsa del denario e la costituzione di un sistema di fatto bimetallico oro-bronzo.

P. :)


Inviato
Parlando delle emissioni di Settimio Severo dice “è probabile che la gestione del bimetallismo non comportasse aumenti paralleli. Per un nuovo aureo non era necessario coniare 25 denari o 100 sesterzi, man mano che si scendeva nella scala dei pezzi monetati”

.....

Caius

284265[/snapback]

Sarebbe utile leggere la frase nel suo esatto contesto ma in base al pensiero di tanti studiosi, letto sui vari manuali, è molto probabile che la moneta aurea fosse coniata in grandi quantità e senza uno specifico legame con l'argento. questo perchè la circolazione dell'argento e del bronzo doveva essere rapida mentre quella dell'oro, considerato l'elevato valore intrinseco e in base alla legge di Gresham, era decisamente più lenta. L'aureo era soggetto alla tesaurizzazione e, per il pagamento di tributi, era destinato inevitabilmente alla rifusione per essere ancora una volta tesaurizzato sotto forma di lingotti per poi poter essere nuovamente trasformato in moneta aurea all'occorrenza.

Dunque il quantitativo di moneta d'oro giunta fino ad oggi non rispecchia assolutamente le grandi quantità coniate in antico che certamente sono state riciclate mediante la fusione; la stessa cosa non poteva avvenire per la moneta d'argento (che comunque fù talvolta tesaurizzata, soprattutto quei nominali con alto tenore di argento e più pesanti) e soprattutto per la moneta bronzea.

Ecco dunque come interpreto la frase: " Per un nuovo aureo non era necessario coniare 25 denari o 100 sesterzi"; se ad esempio doveva essere pagato un tributo si coniava tanta moneta d'oro quanto ne occorreva, utilizzando i lingotti delle riserve auree dello Stato. Contemporaneamente non si coniava anche l'argento e questo perchè tanto il tributo aureo non sarebbe entrato in circolazione ma semplicemente riscosso e immediatamente rifuso.


Inviato

Forse la frase può essere letta anche a rovescio: "Non era necessario coniare un nuovo aureo per coniare 25 nuovi denari o 100 nuovi sesterzi". Nel senso che l'aumento della massa circolante di nominali medi e bassi, non compensata dalla circolazione di una accresciuta massa di moneta aurea, di per sè avrebbe dovuto causare la svalutazione dell'argento e del bronzo rispetto all'oro, ma questo non avveniva perchè i rapporti di valore erano strettamente garantiti dallo stato. O sbaglio?

P. :)


Inviato

Il contesto è il seguente. Settimio aumentò a dismisura la spesa pubblica, a causa dell'aumento della paga ai legionari, donativi ed opere pubbliche varie. Dal punto di vista monetario questo comportò una disarmonia tra i vari metalli, vennero coniati moltissimi aurei, senza rispettare il rapporto 1.25 (appunto), ma soprattutto, per fare cassa, il fino del denario venne pesantemente alleggerito, dal 75% a circa il 55%. Purtroppo questo ultima decisione si rivelò improvvida. Infatti mentre il cittadino non è in grado di percepire maneggiandolo se una moneta ha un fino del 90 80 o 70 %, quando ci si avvicina al 50% l'alleggerimento del fino diventa evidente a tutti. pertanto avvenne un fenomeno nuovo e molto pericoloso: la gente perse la fiducia nel denario, che era la colonna portante delle finanze imperiali. Mentre lo stato imponeva il cambio 1:25 coll'aureo (cambio fiduciario e forzoso) al mercato nero si cambiava un aureo per 30 denari. Questo rischiava di mandare in rovina i banchieri e i cambiavalute che erano costretti a garantire un cambio ufficiale. Questo pesante squilibrio è stato l'inizio della fine per il denario, costringendo pochi anni più tardi Caracalla a creare il doppio denario per cercare di riequilibrare la situazione.

Altra confusione di quel periodo, il denario ebbe due corsi separati, la gente accettava il vecchio cambio solo in "denari di Marco" perchè il denario di Marcaurelio era gradito essendo ad alto titolo, mentre rifiutava i denari di Settimio, o pretendeva quantomeno un cambio più favorevole.


Inviato
Forse la frase può essere letta anche a rovescio: "Non era necessario coniare un nuovo aureo per coniare 25 nuovi denari o 100 nuovi sesterzi". Nel senso che l'aumento della massa circolante di nominali medi e bassi, non compensata dalla circolazione di una accresciuta massa di moneta aurea, di per sè avrebbe dovuto causare la svalutazione dell'argento e del bronzo rispetto all'oro, ma questo non avveniva perchè i rapporti di valore erano strettamente garantiti dallo stato. O sbaglio?

P.  :)

285040[/snapback]

Personalmente non ho dubbi che lo Stato romano si curasse di mantenere proporzionati i rapporti di valore fra i metalli di cui era composto il monetato immesso sul mercato... volendo citare uno fra i più autorevoli studiosi numismatici, Ermanno Arslan, egli scrive che quando lo Stato doveva commerciare con i paesi stranieri lo faceva esclusivamente utilizzando la monetazione aurea che veniva scambiata "a peso"; ci si preoccupava di incidere ogni moneta con una profonda tacca per demonetizzarla, anche perchè essa era destinata alla rifusione; il suo improvviso rientro in circolazione avrebbe destabilizzato certamente il sistema monetario provocando una svalutazione dell'oro rispetto all'argento e questo perchè l'elevata offerta di oro inevitabilmente ne causava un abbassamento del valore. Dunque essi erano a conoscenza del problema; diverso però potrebbe essere se pensiamo che sia stato prodotto un grosso quantitativo di argento per pagare le truppe; tale immissione sproporzionata (senza quindi una coniazione parallela di altrettanta moneta bronzea e aurea) avrebbe certamente portato alla svalutazione dell'argento per gli stessi motivi espressi sopra, svalutazione che di fatto vi fù, ma le cui cause non ci sono del tutto chiare.


Inviato

B) DE GREGE EPICURI

Esatto Caiuspliniussecundus, però non mi risulta che il "doppio regime del cambio" potesse essere tollerato dallo Stato, per cui di fatto si trovano ripostigli anche del III secolo pieni di "vecchi denari" e comunque di denari fino al 194 d.C. e non oltre, ovviamente per la legge di Gresham. Questo è vero particolarmente sul limes ed oltre (Germania). Secondo Tomaso Lucchelli, la gran quantità di denari arrivata in quelle zone era legata soprattutto ai cosiddetti "sussidi", in pratica ai donativi alle popolazioni semi-vassalle e "ricattatrici", perchè non facessero invasioni e razzie. Tornando al tema, mi pare però che la parità fra oro/argento/bronzo abbia subito moltissime variazioni, a seconda dell'esaurirsi di certe miniere di Ag, o dell'arrivo a Roma di oro dopo le campagne (es. dalla gallia), ecc. Ci sono stati anche editti che imponevano il ritiro della vecchia moneta (anche bronzea) perchè non facesse concorrenza a quella nuova: mi risulta che per un breve periodo anche i sesterzi siano stati tesaurizzati. Insomma, le affermazioni di Forzoni mi paiono un po' troppo sintetiche.


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